Lo scorso 9 giugno 2022 il BEREC ha reso note le nuove Linee guida aggiornate sull’attuazione del Regolamento 2015/20120/UE, sulla neutralità della rete, definendo inammissibili le opzioni tariffarie “zero-rating”, ossia quando il fornitore del servizio applica una tariffa più vantaggiosa del traffico dati associato ad un’applicazione o categoria di applicazioni specifiche.
Anche la Corte di Giustizia dell’Unione europea era intervenuta sulla materia, con una recente sentenza del 2020, statuendo che le pratiche di rating zero sono vietate ai sensi del Regolamento 2015/2120, a salvaguardia di una gestione ragionevole e non discriminatoria del traffico dati secondo modalità trasparenti e proporzionate.
Ma in che modo queste tariffe impattano sulla net neutrality?
La neutralità della rete: com’è regolata e perché è importante
La neutralità della Rete è espressamente prevista e disciplinata dal Regolamento (UE) n. 2015/2120 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2015 (entrato in vigore il 30 aprile 2016) “che stabilisce misure riguardanti l’accesso a un’Internet aperta e che modifica la direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica e il regolamento (UE) n. 531/2012 relativo al roaming sulle reti pubbliche di comunicazioni mobili all’interno dell’Unione”.
Al fine di favorire “il funzionamento ininterrotto dell’ecosistema di Internet quale volano dell’innovazione”, nel rispetto del “principio della neutralità tecnologica” (Considerando n. 2), il Regolamento 2015/2120/UE mira a “garantire un trattamento equo e non discriminatorio del traffico nella fornitura di servizi di accesso a Internet e i relativi diritti degli utenti finali” (ex art. 1).
Pertanto, gli utenti hanno il “diritto di accedere a informazioni e contenuti e di diffonderli, nonché di utilizzare e fornire applicazioni e servizi, e utilizzare apparecchiature terminali di loro scelta, indipendentemente dalla sede dell’utente finale o del fornitore o dalla localizzazione, dall’origine o dalla destinazione delle informazioni, dei contenuti, delle applicazioni o del servizio, tramite il servizio di accesso a Internet (art. 3) mentre i fornitori telematici, nel rispetto di condizioni contrattuali trasparenti ex art. 4, hanno l’obbligo di trattare “tutto il traffico allo stesso modo, senza discriminazioni, restrizioni o interferenze, e a prescindere dalla fonte e dalla destinazione, dai contenuti cui si è avuto accesso o che sono stati diffusi, dalle applicazioni o dai servizi utilizzati o forniti, o dalle apparecchiature terminali utilizzate”.
Il Regolamento 2015/2120/UE preclude la possibilità di bloccare, rallentare, alterare, limitare, discriminare specifici contenuti, applicazioni o servizi, salvaguardando la neutralità del traffico telematico in condizioni trasparenti, non discriminatore e proporzionate.
Le linee guida Berec
Per assicurare la corretta applicazione della disciplina, è prevista la periodica adozione di linee guida da parte del BEREC.
Il 30 agosto 2016 il BEREC, in stretta collaborazione con la Commissione europea, ha pubblicato le prime linee guida – aggiornate nel 2020 nell’ambito del documento “BEREC Guidelines on the Implementation of the Open Internet Regulation”.
Nell’ottica di salvaguardare un trattamento equo e non discriminatorio del traffico dati nel rispetto del principio della neutralità tecnologica, vengono tra l’altro censurate, per violazione dell’art. 3 del Regolamento 2015/2120/UE, le pratiche di gestione che bloccano o rallentano applicazioni o servizi specifici mediante offerte a prezzo differenziato diverso da quello ordinariamente previsto per tutto il resto del traffico telematico.
L’ultimo aggiornamento, appunto, quello del 9 giugno 2022, quando sono state pubblicate le nuove Linee guida aggiornate sull’attuazione del Regolamento 2015/20120/UE, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3 del citato regolamento.
Le pratiche commerciali zero-rating
In altre parole, secondo gli orientamenti formalizzati dal BEREC, le opzioni tariffarie zero costituiscono pratiche differenziate “inammissibili” quando il provider applica in tutto o in parte una “tariffa zero”, ovvero una tariffa più vantaggiosa del traffico dati associato ad un’applicazione o categoria di applicazioni specifiche mediante l’erogazione di pacchetti che attribuiscono al cliente abbonato il diritto di utilizzare senza restrizioni, fino al limite di dati compreso nella tariffa che ha acquistato presso il provider, tutte le applicazioni e i servizi disponibili, mentre l’uso di determinate applicazioni coperte da una “tariffa zero” non è incluso in tale limite anche una volta esaurito il volume di dati acquistato, con la possibilità di continuarne la fruizione senza alcuna restrizione, contrariamente agli altri servizi a tariffa diversa da zero soggetti invece a misure di blocco o rallentamento del traffico quando si esaurisce il volume di dati incluso nel pacchetto acquistato a tali condizioni.
In particolare, lo “zero-rating” è una pratica commerciale, diffusa nel mercato mobile e configurabile quando, fornendo un accesso gratuito ad Internet soltanto in relazione ad alcuni limitati servizi, non viene conteggiato il traffico dati associato per accedere a determinate applicazioni selezionate dagli operatori mobili mediante appositi accordi commerciali con gli ISP interessati, talvolta grazie al plusvalore generato dai ricavi pubblicitari di advertising online che così consentono ai fornitori telematici di discriminare la Rete, influenzando il comportamento dei consumatori.
La sentenza della Corte di Giustizia
Dopo aver sancito che, pur nella libertà degli utenti di concordare con i fornitori dei servizi di accesso a Internet tariffe ad hoc per volumi di dati specifici e velocità differenziate a condizione che i predetti accordi non abbiano l’effetto di limitare l’esercizio dei diritti aggirando le disposizioni vincolanti del Regolamento 2015/2120/UE, la Corte di Giustizia ha ribadito il principio generale, ispiratore della disciplina europea, secondo cui “quando forniscono servizi di accesso a Internet, gli operatori di tali servizi dovrebbero trattare tutto il traffico allo stesso modo, senza discriminazioni, restrizioni o interferenze, indipendentemente dal mittente o dal destinatario, dal contenuto, dall’applicazione o dal servizio o dall’apparecchiatura terminale”.
Ne consegue che “qualsiasi pratica di gestione del traffico che vada oltre tali ragionevoli misure di gestione del traffico, bloccando, rallentando, alterando, limitando, interferendo, degradando o discriminando tra contenuti, applicazioni o servizi specifici o categorie specifiche di contenuti, applicazioni o servizi, dovrebbe essere vietato, fatte salve le stringenti eccezioni giustificate e definite previste dal presente regolamento”.
I giudici di Lussemburgo affermano che la tariffa commerciale a costo zero (cd. zero-rating) integra una violazione dell’articolo 3 del Regolamento 2015/2120/UE, determinando una discriminazione che, sebbene circoscritta ai termini dell’accordo commerciale siglato, pregiudica la neutralità della Rete, sull’assunto che “il divieto ivi sancito è generale e oggettivo, per cui vieta qualsiasi misura di gestione del traffico che distingue tra determinate forme di contenuto Internet, indipendentemente dal fatto che il fornitore di servizi di accesso a Internet effettui tali distinzioni mediante un accordo, una pratica commerciale o qualche altra forma di comportamento”.
Al riguardo, giova precisare che l’articolo 3 del Regolamento 2015/2120/UE prevede espressamente che i fornitori di servizi di accesso a Internet debbano trattare tutto il traffico in modo uguale senza discriminazioni, restrizioni o interferenze, a prescindere, in particolare, dalla applicazioni o servizi utilizzati, pur consentendo ai medesimi di attuare misure ragionevoli, trasparenti, non discriminatorie e proporzionate di gestione del traffico, nell’ottica di salvaguardare un trattamento equo e non discriminatorio del traffico mediante la fornitura dei servizi di accesso a Internet.
Pertanto, secondo una lettura interpretativa completa e coerente delle disposizioni normative di cui al Regolamento 2015/2120/UE, la Corte di Giustizia ritiene che anche “l’accordo con il quale un determinato cliente sottoscrive un pacchetto in base al quale, una volta esaurito il volume di dati compreso nella tariffa acquistata, tale cliente ha accesso illimitato solo a talune applicazioni e servizi coperti da tariffa zero può comportare una limitazione dell’esercizio dei diritti di cui all’articolo 3 del Regolamento 2015/2120/UE”.
Ne consegue che “l’articolo 3 del regolamento 2015/2120 deve essere interpretato nel senso che i pacchetti “zero-rating” messi a disposizione da un fornitore di servizi di accesso a Internet attraverso accordi conclusi con utenti finali sono incompatibili con l’articolo 3 del Regolamento 2015/2120/UE.
In base alla disciplina cogente di diritto derivato dell’UE, gli ISP possono bloccare o rallentare il traffico Internet soltanto, in via eccezionale, quando ciò si renda necessario per ottemperare a un obbligo giuridico prescritto da norme legislative, nonché per garantire l’integrità e la sicurezza della rete e per gestire congestioni di rete temporanee, a condizione che categorie di traffico equivalenti siano trattate allo stesso modo.
Conclusioni
In attuazione delle coordinate interpretative espresse in materia dalla Corte di Giustizia UE, ora anche il BEREC sancisce l’obbligo generale di trattare tutto il traffico allo stesso modo, precludendo qualsivoglia pratica commerciale offerta dagli ISP, come la tariffazione differenziata, che include appunto opzioni tariffarie zero in grado di distinguere il flusso del traffico internet dati.
Le nuove linee guida del BEREC rappresentano un’implementazione applicativa concreta della sentenza della CGUE finalizzata a garantire l’effettiva apertura della Rete Internet con conseguente illegittimità delle pratiche commerciali a “tariffa zero” come accordo di tariffazione differenziata inammissibile e contrario al Regolamento 2015/20120/UE, anche nell’ottica di assicurare, in chiave pro-concorrenziale, la libera competitività tra le imprese, evitando il rischio di un’eccessiva concentrazione di potere di mercato in capo alle grandi aziende “high-tech”.