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Biblioteche “svuotate” a causa dei libri digitali? Come trasformarle in hub per la telemedicina

La digitalizzazione ha liberato spazi all’interno delle biblioteche accademiche prima occupati da libri e riviste scientifiche cartacee. Lo stesso accadrà con quelle civiche, fortemente radicate sui territori. Perché allora non sfruttare questi spazi vuoti per offrire servizi di telemedicina? Ecco come

Pubblicato il 29 Lug 2022

Francesco Beltrame Quattrocchi

Ordinario di Bioingegneria Università degli Studi di Genova; Presidente di ENR - Ente Nazionale di Ricerca e promozione per la standardizzazione

Gianluca De Leo

Tenured Full Professor at Augusta University, Georgia, USA

Vahé Heboyan

Tenured Associate Professor at Augusta University, Georgia (GA), USA

Xi'an Jiaotong

University, PEOPLE’S REPUBLIC OF CHINA

Tianyuan Luo

Associate Professor at School of Economics and Finance

biblioteche cubi

La telemedicina è ormai ampiamente considerata come strumento in grado di assicurare il principio di continuità di cura. Gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese la utilizzano da molti anni e hanno anche identificato investimenti specifici nel settore per il prossimo futuro. Ma come garantire alla tecnologia gli spazi adeguati a raggiungere il più alto numero di persone possibile?

Paesi con territori vasti, e poco accessibili, o con una popolazione in crescita potrebbero trasformare gli spazi vuoti delle biblioteche civiche, creatisi in seguito alla crescente digitalizzazione dei libri, come telemedicine hub. Una trasformazione forse difficile da immaginare, ma di sicuro fattibile e utile.

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La telemedicina negli Usa e in Cina

Attualmente, negli Stati Uniti esistono diversi servizi a pagamento che permettono di mettersi in contatto con un medico attraverso una videochiamata con il telefono cellulare (telehealth consultation). Questi servizi sono particolarmente usati da imprenditori che per motivi di lavoro devono viaggiare spesso e da famiglie che preferiscono la flessibilità e la disponibilità immediata del servizio anche se il costo è maggiore.

La telemedicina non solo mette in comunicazione pazienti con medici, ma può anche essere utilizzata per ottenere una second opinion tra specialisti. Sempre negli Stati Uniti, ospedali localizzati in zone rurali, che spesso non hanno personale in ogni dipartimento, utilizzano la telemedicina per collegarsi, per esempio, con specialisti per determinare la gravità di casi sospetti di ictus (telestroke) ed eventualmente per organizzare il trasporto del paziente all’ospedale più adatto e più vicino.

Nella Repubblica Popolare Cinese, durante i diversi picchi di contagio dovuti al Covid-19, la telemedicina si è rivelata essere una soluzione efficace ed efficiente in grado di continuare a offrire servizi ai pazienti. Il rapporto “Future of Humans” del settembre 2020 della società svizzera di servizi finanziari UBS ha predetto che il mercato cinese legato alla telemedicina sarà valutato più di 50 miliardi di dollari nel 2025.

La digitalizzazione dei libri e il nesso con la telemedicina

Benché nell’edizione 2019 del rapporto annuale dell’Association of American Publishers, le vendite di libri cartacei negli Stati Uniti rappresentino ancora il 92%, la digitalizzazione dei libri è in contino aumento. Da diversi anni, le biblioteche accademiche di tutto il mondo hanno già riscontrato il fenomeno di digitalizzazione di articoli scientifici.

Tale digitalizzazione ha significativamente diminuito i tempi necessari per identificare e ottenere un articolo e per effettuare delle literature review utili a determinare lo stato dell’arte delle ricerche su un argomento specifico e indispensabili per definire nuove linee di studio.

Oltre a ridurre i tempi per la ricerca, la digitalizzazione ha liberato spazi all’interno delle biblioteche accademiche, prima occupati da libri e riviste scientifiche cartacee. Spesso tali spazi sono diventati makerspaces dove studenti e docenti possono costruire prototipi, esplorare idee e condividere risultati preliminari. Alle volte, questi nuovi spazi sono anche usati come incubatori di startup.

Sfruttare gli spazi vuoti nelle biblioteche per offrire servizi sanitari digitali

Assumendo che il processo di digitalizzazione prosegua nei prossimi anni, è possibile immaginare che anche le biblioteche civiche si troveranno presto con spazi vuoti.

Una caratteristica importante delle biblioteche civiche è legata alla loro diffusione nel territorio. Comuni localizzati in zone rurali, montagnose, o difficilmente raggiungibili hanno spesso biblioteche civiche che non solo hanno a disposizione materiale per la lettura ma, essendo spesso posizionate nella zona più centrale del Comune, offrono o potrebbe facilmente offrire, l’accesso veloce alla rete Internet nazionale. Anche gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese hanno biblioteche civiche sparse nei loro territori. È importante ricordare che le dimensioni dei territori degli Stati Uniti e della Repubblica Popolare Cinese sono entrambi circa 30 volte il territorio dell’Italia, ma la popolazione totale degli Stati Uniti è circa sei volte la popolazione dell’Italia e quella della Repubblica Popolare Cinese è circa 24 volte la popolazione dell’Italia.

Lo spazio lasciato libero nelle biblioteche civiche potrebbe essere suddiviso in piccoli cubi che, opportunamente insonorizzati, garantirebbero una totale privacy. Il cubo, collegato alla rete Internet veloce, dotato di uno schermo touchscreen, microfono, telecamera potrebbe offrire una connessione a un medico.

Un’ulteriore telecamera bluetooth ad alta definizione aiuterebbe a diagnosticare condizioni della cute. Altri dispositivi potrebbero essere usati all’interno del cubo per aiutare il medico a effettuare la diagnosi e a predisporre la terapia. Il cubo, in combinazione al sistema di prenotazione elettronico già presente nelle aziende sanitari locali (ASL), aiuterebbe la popolazione a considerare il servizio offerto alla pari del medico di famiglia.

Il cubo potrebbe diventare un servizio di telemedicina, dedicato in particolare alle persone più anziane che non hanno raggiunto un livello di fruibilità sufficiente a utilizzare uno smartphone, o dedicato alle persone che vivono in zone senza copertura Internet o che vivono troppo lontane da un medico di famiglia.

Conclusioni

In Italia, il Codice dei Beni Culturali del 2004, all’articolo 101, definisce biblioteca “…una struttura permanente che raccoglie e conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la lettura e lo studio”. La conoscenza (knowledge) di un medico, disponibile tramite un sistema di telemedicina, potrebbe essere un nuovo servizio messo a disposizione delle biblioteche civiche. Il fine della biblioteca di promuovere “la lettura e lo studio” rimane invariato. Anzi, la biblioteca potrebbe servire come luogo dove le persone non solo ricevono il consulto medico ma dove possono iniziare un percorso di conoscenza e letture specifiche, un percorso guidato che li aiuti a diventare consapevoli delle loro patologie, un percorso che possa influenzare positivamente e guidare il trattamento di cura suggerito.

Telemedicina: l’algoritmo è meglio del dottore? Forse, ma non è garante dei nostri diritti

Il problema legato alla necessita di un training particolare per i medici che si troverebbero a fare diagnosi remote rimane. Ma è anche vero che le nuove generazioni di medici non sono necessariamente abili a “tastare” il corpo come lo erano i medici di alcuni decenni passati che non avevano a disposizione la diagnostica con immagini e risultati di laboratori analisi avanzati.  Ancora una volta, vale la pena ribadire il ruolo fondamentale del medico, non sostituibile in modo alcuno bensì potenziato nella sua azione diagnostica e terapeutica dall’ICT ove opportunamente considerata.

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