Che l’intelligenza artificiale causi una diminuzione dei posti di lavoro non è ancora un dato certo. Le proiezioni a questo riguardo sono contrapposte. Alcuni studi si concentrano sui nuovi posti di lavoro e le nuove professioni. Altre sul tema dell’automazione industriale e l’obsolescenza di alcune professionalità.
Stiamo parlando di futuro e non abbiamo certezze a riguardo. Il dibattito, tuttavia, è polarizzato su alcuni aspetti che potrebbero permetterci di iniziare a ragionare su un possibile futuro, con la consapevolezza di non avere soluzioni facili e certe.
Intelligenza artificiale, quale impatto sul lavoro? Ecco le quattro scuole di pensiero
Tra questi, ad esempio, il reddito universale è ampiamente riconosciuto come uno strumento che potrebbe combattere l’inevitabile disuguaglianza generata da una crisi occupazionale legata alla progressiva automazione dei processi produttivi.
Il rapporto tra intelligenza artificiale e mondo del lavoro
Nel suo ultimo libro Martin Ford (Il dominio dei robot. Come l’intelligenza artificiale rivoluzionerà l’economia, la politica e la nostra vita, Il saggiatore, 2022) analizza le varie posizioni sull’argomento. Ford è stato uno dei primi studiosi di tecnologia ad affrontare il rapporto tra intelligenza artificiale e mondo del lavoro con un approccio analitico. Secondo Ford, l’intelligenza artificiale, al di là dei proclami poco chiari su robot senzienti e programmi di chat autoconsapevoli, è prima di tutto un grande strumento di potenziamento della produttività industriale. Dalla logistica alla grande distribuzione, all’informatica e al marketing, l’impatto dell’IA sui modelli produttivi è semplicemente immenso. Una miriade di attività che prima venivano realizzate da esseri umani, oggi vengono realizzate attraverso software, robot e programmi di IA.
Il contraltare di questo è che molte mansioni che oggi permettono un regolare salario a milioni di persone potrebbero diventare obsolete nel giro di 5-15 anni.
Il dibattito etico
Oggi una buona parte del dibattito su IA verte su tematiche etiche. Si tratta di tematiche importanti: come relazionarsi alle macchine intelligenti? Che differenza esiste tra la nostra e la loro intelligenza? Esiste la possibilità che le macchine prendano il controllo della società, come in Matrix? O che sviluppino una coscienza e siano disposte a combattere per la propria libertà come in Blade Runner?
Domande importanti, ma che spostano il dibattito dal piano sociale a quello teorico. E questo potrebbe essere un grave errore. O almeno ne sono convinti personaggi come Ford e altri, che vedono nell’IA uno strumento straordinario, ma che potrebbe destabilizzare completamente l’economia. E che dunque va analizzata dal punto di vista sociale ed economico, prima di tutto.
IA e contrazione dell’occupazione: un dibattito polarizzato
Coloro che non credono che l’IA avrà un enorme impatto sul mercato del lavoro di solito si concentrano su alcuni argomenti.
La posizione ottimistica
Argomento principale. Il progresso è sempre stato caratterizzato da una trasformazione del lavoro. Per ogni settore destabilizzato dalle nuove tecnologie, ce n’è sempre uno nuovo che nasce e che assorbe personale.
È un argomento senz’altro interessante. La storia ci insegna, che nell’ultimo secolo la società da agricola è diventata prima manifatturiera e poi basata sui servizi. Mentre le produzioni si estendevano nei paesi emergenti. In pratica, l’innovazione tecnologica ha spostato le persone da un settore obsoleto a un nuovo, ma non ha distrutto il lavoro. Anche oggi le grandi piattaforme di ecommerce, hanno messo in difficoltà certi settori del retail fisico (brick & mortar), ma allo stesso tempo hanno creato nuovi posti di lavoro. Basti pensare che la sola Amazon impiega 1.3 milioni di dipendenti. Perché dunque essere ossessionati dai pericoli dell’intelligenza artificiale? Se qualche settore cadrà vittima della nuova tecnologia, la stessa industria dell’automazione, dell’IA e del deep learning assumerà milioni di persone. È una posizione ottimistica, influenzata dall’idea neoliberal che il mercato si autoregola e che esiste una mano invisibile che regola anche i robot.
Martin Ford: l’IA tecnologia abilitante come l’elettricità
Martin Ford spiega tuttavia che l’IA non è una tecnologia come le precedenti, che nascono in un settore e sono specialistiche. La stessa internet se ci pensiamo ha creato un nuovo mondo. Ma non ha influenzato, almeno non finora quello fisico. IA è diversa. Secondo Ford, è come l’elettricità. L’elettricità è una tecnologia abilitante che rende possibile tutte le altre tecnologie e applicazioni. Senza elettricità, niente computer, niente internet, niente luce, niente lavoro. L’intelligenza artificiale si sta sviluppando in una miriade di ambiti applicativi: commercio, logistica, agricoltura, automotive, marketing, salute, pubblicità, internet.
L’intelligenza artificiale è abbinata alla promessa di trasformare la produttività di tanti settori che oggi stanno vivendo sfide complesse. Si pensi per esempio alla bassissima marginalità di giganti come Amazon, l’automazione potrebbe rendere finalmente solidi questi business model che sono basati su numeri giganteschi ma marginalità con il contagocce. L’automazione promette dunque di trasformare interi settori e divenire una tecnologia abilitante. Diventa per questo improbabile che l’automazione spinga alcuni settori verso la disoccupazione e altri verso l’occupazione. È più probabile invece che, con velocità diverse, renda più efficienti la maggior parte dei settori. Con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di occupazione.
Un futuro di lavoro senza tutele
Argomento numero due. Non c’è bisogno di immaginarsi il futuro per analizzare l’impatto dell’IA sul mercato del lavoro. I dati degli ultimi decenni mostrano che è aumentata la produttività industriale, ma non sono diminuiti i posti di lavoro
Anche questo è un argomento di valore. Tuttavia, ciò che i dati fanno emergere è un quadro un po’ diverso. È vero che l’occupazione, in questo momento, è in buona salute, è anche vero che molte ricerche includono negli occupati anche le persone impegnate a vario titolo nella gig economy, il mondo dei lavoretti, dove si guadagna a cottimo, senza tutele.
È il mondo dei rider, degli autisti di uber, dei freelance che trovano lavoro tramite le piattaforme di lavoretti. Sono milioni i gig workers e non se la passano affatto bene. Vanno a gonfiare le statistiche occupazionali, che si basano su quante persone stanno cercando lavoro, in quanto non cercano lavoro sui canali ufficiali. Ma non si può dire che versino in condizioni soddisfacenti. Non è un caso invece che gli indici di disparità lavorativi e di povertà indicano un progressivo peggioramento.
Conclusioni
Insomma, è vero che la produttività sta aumentando e c’è occupazione. Ma il rapporto tra produttività e indice dei salari è in picchiata. E questo potrebbe essere l’effetto collaterale dell’automazione. In pratica sta aumentando la produttività, ma essendo essa in gran parte basata su automazione, software, robot e programmi di IA rende i lavoratori meno necessari, più interscambiabili e quindi meno in grado di negoziare salari adeguati. Per dirla in un altro modo: se la produttività è in crescita grazie all’automazione, i lavoratori sono meno necessari. Servono ancora, non è imminente la dismissione del loro ruolo. Ma un grande cambiamento è in corso. Sono le macchine e i software a fare la differenza. Dovremmo dunque ragionare sul fatto che questo potrebbe essere il primo passo verso una trasformazione del lavoro con la progressiva perdita di importanza della componente umana.
Un dibattito serio, costruttivo e profondo su questi temi è fondamentale per inquadrare meglio l’intelligenza artificiale, che ha certamente indubbi vantaggi ma anche grandi rischi. E questo potrebbe riaprire un dibattito altrettanto serio e costruttivo sul reddito universale.