Nel 2021 è stato avviato – con il supporto non condizionato di CSL Behring – il progetto REmoTE, il cui acronimo: Rarità (R), Emofilia (Emo), TElemedicina (TE), evidenzia sia l’aspetto “remoto” della possibilità di contatto con il paziente, che le specificità necessarie per la gestione dell’emofilia, in un percorso integrato, “caratterizzato da un approccio Value Based Health Care che va oltre il farmaco”, come sottolineato da Oliver Schmitt, Amministratore Delegato di CSL Behring Italia.
Garantire continuità assistenziale e supportare le cure alle persone con emofilia mediante un servizio di tele-vicinanza (televisita e teleassistenza), in una visione di lungo periodo non solo nell’emergenza pandemica, è stato fin dall’inizio l’obiettivo del progetto, che ha avuto come capofila il centro di Coordinamento regionale per le emocoagulopatie della AOU “Federico II” di Napoli.
L’emofilia e il progetto REmoTe
L’emofilia è malattia rara di origine genetica, dovuta ad un difetto della coagulazione del sangue. In condizioni normali, in caso di fuoriuscita dai vasi sanguigni, il sangue forma un “tappo” che impedisce l’emorragia. Questo processo comporta l’attivazione delle piastrine e di numerose proteine del plasma. Due di queste proteine, il fattore VIII ed il fattore IX, sono carenti o presentano un difetto funzionale nelle persone affette da emofilia. A causa di questo deficit, gli emofilici vanno incontro ad emorragie più o meno gravi, le più frequenti delle quali avvengono a livello articolare (emartri). Gli emartri limitano la funzione delle articolazioni di queste persone, e impediscono una vita normale. Nel recente passato, presidi di telemedicina (telefoni cellulari, “giochi intelligenti”, sensori portatili etc) sono risultati utili nella valutazione continua a distanza di episodi emorragici e di eventi avversi associati al trattamento; nella valutazione dell’attività fisica svolta da ciascuno, e nel miglioramento della funzionalità muscolo-scheletrica (tele-riabilitazione) di persone con emofilia (Blood Transfus 2019; 17: 385–390). In corso di pandemia di Covid-19, mediante l’utilizzo della telemedicina, le persone con emofilia sono state prese in carico e seguite dalla rete nazionale dei Centri Emofilia.
Il progetto RemoTE si basa due assunti fondamentali:
- che l’utilizzo della telemedicina non possa essere “standardizzato”, ma vada personalizzato e reso sinergico con le specificità organizzative, cliniche e territoriali di ogni singolo Centro, in modo da garantire la continuità del processo di cura, sia nel caso di erogazione in presenza che da remoto.
- che sia fondamentale il coinvolgimento, l’informazione e la formazione dei pazienti che -rispetto alle tradizionali visite in presenza- assumono un ruolo centrale e proattivo.
Con questa logica, il progetto, iniziato nel 2021 con gli attori evidenziati in Figura 1, sta oggi procedendo e si sta ampliando con il contributo di altri Centri di riferimento regionali e nazionali, quali l’Ambulatorio di Emofilia Pediatrica “B.Trambusti” e la U.O.S.D Centro Emofilia e Trombosi dell’Azienda Ospedaliera Policlinico di Bari.
Telemedicina in Italia: dopo l’emergenza è il momento di fare sistema
Già dalle primissime fasi di sperimentazione con un numero ridotto di pazienti individuati in collaborazione con le Associazioni, emerge che presso la AOU Federico II, l’85% dei pazienti emofilici ha espresso un gradimento molto alto per la prestazione, e il 100% di essi ha valutato la qualità audio/video buona (valore massimo), il dispositivo utilizzato da tutti è stato il PC. I dati raccolti presso la AOU di Careggi documentano che il 100% dei pazienti ha dichiarato il massimo gradimento del servizio, quasi nessuna difficoltà nell’interazione, che tutti hanno utilizzato il PC definendo buona la qualità audio/video. Tutti i pazienti erano residenti in comuni al di fuori della regione Toscana, testimoniando così che la televisita facilita il personale sanitario nella gestione dell’assistenza ai pazienti che evitano spostamenti non più necessari lungo la Penisola.
La soddisfazione dei pazienti è anche testimoniata dalle dichiarazioni di Cristina Cassone, presidente FedEmo, Federazione delle Associazioni Emofiliaci «La telemedicina, è un’importante risorsa sia il paziente con emofilia, sia per la gestione ordinaria della malattia sia per consulti potendo interagire con l’ematologo in maniera semplificata dal proprio domicilio».
Valutazione positiva è stata espressa anche dai medici (anche quelli inizialmente meno convinti), che hanno verificato come -se progettata tenendo conto delle specifiche esigenze- la soluzione di telemedicina offra al clinico l’opportunità di una gestione più continuativa e logisticamente meno complicata del trattamento, supposto che:
1) rappresenti uno strumento complementare e non sostitutivo rispetto alle visite in presenza, praticabile in funzione delle condizioni del paziente,
2) con l’eccezione ovviamente di quanto possibile solo mediante un contatto fisico con il paziente, consenta di implementare tutte le attività eseguite durante una visita ambulatoriale;
3) oltre all’interazione audio e video, consenta di scambiare documenti non solo durante la visita, ma anche in precedenza e nel follow-up
La metodologia
Come evidenziato nel DM 77 del 22.05.2022, “le prestazioni di telemedicina non sostituiscono completamente le prestazioni assistenziali tradizionali, ma le integrano per migliorarne efficacia, efficienza, appropriatezza e sostenibilità”. Occorre quindi che la telemedicina non si riduca ad una tecnologia ed una attività autonoma, alternativa e scollegata con le attività in presenza, ma rappresenti risorsa aggiuntiva, complementare alle attività tradizionali e praticabile -secondo il parere del medico- qualora le condizioni del paziente lo consentano.
A seconda delle esigenze e delle opportunità, che possono variare nel corso del tempo ed a fronte dello stato di salute del paziente, deve quindi essere possibile erogare prestazioni secondo ambedue le modalità, assicurando la continuità e la coerenza del percorso di cura e l’integrità del quadro clinico del paziente in modo da consentire la completezza e la sicurezza della decisione medica.
Con questo obiettivo, la soluzione di telemedicina deve essere progettata -sia dal punto di vista organizzativo che tecnologico- in modo da essere integrata nei contesti delle singole strutture, tenendo conto delle specifiche caratteristiche clinico-organizzative, delle esigenze della patologia, delle infrastrutture informatiche già utilizzate (si pensi alle cartelle cliniche specialistiche, diverse per ogni patologia e per ogni Centro) nonché delle aspettative e del coinvolgimento del paziente, che assume un ruolo sempre più determinante.
Nello specifico della televisita, va anche considerato che questa non è una semplice videochiamata, ma deve implementare tutte le attività che sono eseguite durante la visita in presenza: dalla prenotazione, alla produzione di documentazione da parte del paziente, al momento di incontro -video e audio- con il medico, fino al follow-up (programmato e/o estemporaneo) relativo a comunicazioni del paziente sulle risultanze di accertamenti prescritti e/o sul proprio stato a fronte della terapia prescritta (figura 2).
A questo scopo, pur facendo riferimento ad un modello generale di televisita, per realizzare soluzioni realmente valide per l’organizzazione ed accettate sia dal medico che dal paziente, occorre “partire dal basso”: ovvero analizzare i processi esistenti nei singoli contesti sotto il profilo sanitario, organizzativo e amministrativo, individuando quali attività possano essere eseguite sostituendo il contatto in presenza con interazioni a distanza attraverso una piattaforma di comunicazione sicura, rapidamente disponibile, di facile utilizzo e possibilmente gratuita, senza determinare condizionamenti tecnici e/o organizzativi sull’organizzazione.
Solo partendo dall’analisi del contesto target e dei suoi requisiti, si possono individuare -rispetto al modello generale di riferimento di figura 2- quelle particolari esigenze che è necessario considerare ed implementare nella soluzione di telemedicina per renderla realmente usabile nell’ambiente previsto, senza determinare inefficienze e difficoltà, sia nell’azienda che nei confronti dei pazienti.
Nello specifico, come rappresentato in figura 3, il Centro di emofilia della AOU Federico II prevede che il paziente emofilico non debba effettuare la prenotazione della successiva visita presso il CUP.
È il medico stesso che, alla fine della visita, in base alle condizioni di salute del paziente ed alle esigenze di cura, definisce l’appuntamento successivo e lo prenota sull’agenda dell’ambulatorio. Al paziente viene semplicemente comunicato un “numero di prenotazione” che dovrà essere comunicato al momento dell’accesso per la successiva visita. L’impegnativa viene trattenuta nell’ambulatorio, e sarà trasmessa dall’ambulatorio stesso agli uffici aziendali di rendicontazione dopo l’effettuazione della visita.
Questa procedura, oltre a rendere l’assistenza il più aderente possibile alle reali necessità del paziente (anche nel caso di ripianificazioni a fronte di esigenze/emergenze contingenti), evita un inutile onere aggiuntivo al paziente stesso. Consente inoltre anche l’uso di ricette non dematerializzate (“ricette rosse”) che sono -per i vincoli dei sistemi informatici di molte Regioni- l’unico modo per effettuare prescrizioni a pazienti esenti da ticket e non residenti nella regione stessa (caso questo molto frequente nei centri di riferimento per le malattie rare). Situazione che, se non risolta rapidamente su tutto il territorio nazionale, pone seri limiti al reale utilizzo della medicina secondo gli obiettivi previsti nel PNRR.
Può sembrare un dettaglio o un caso particolare, ma nei sistemi informatici sono proprio i dettagli e le eccezioni non previste a rendere spesso inaffidabile se non del tutto inattuabile tutto un processo.
Nel suo complesso, la metodologia seguita nel progetto REmoTe, che era stata messa a punto fin dall’inizio della pandemia dall’Osservatorio sulla Telemedicina Operativa dell’ALTEMS nell’ambito dell’iniziativa “Telemedicina Subito!” (cfr. www.dati-sanita.it ) è riassumibile nei seguenti passi:
- Analisi del processo clinico-organizzativo usuale, basato sull’erogazione delle prestazioni in presenza
- Definizione dello stesso processo gestendo l’interazione con il paziente con strumenti telematici di uso comune (Skype, Teams, Zoom, … ) o piattaforme già esistenti presso l’Azienda, dettagliando le modalità d’uso, le eventuali criticità e le relative soluzioni.
- Individuazione ed attuazione degli adempimenti necessari ai fini della rispondenza, dal punto di vista organizzativo e tecnologico, a quanto prescritto dal Regolamento UE 2016/619 (GDPR)
- Analisi delle esigenze dei pazienti e produzione del materiale formativo ed informativo necessario.
- Individuazione di indicatori di processo da raccogliere al termine di ogni prestazione, con cui misurare la validità della soluzione ai fini clinici, di impatto sociale e di programmazione aziendale
Questo approccio, non invasivo rispetto allo scenario esistente, non costoso e rapidamente implementabile, oltre che in grado di fornire subito un servizio ai pazienti sia del tutto compatibile e sinergico con quanto previsto nell’ambito del PNRR in termini di future piattaforme regionali e nazionali. Quando queste infrastrutture saranno disponibili (orientativamente nel 2024) sarà infatti sufficiente sostituire semplicemente le piattaforme di comunicazione oggi adottate con quelle regionali e/o aziendali lasciando invariato il processo clinico-organizzativo studiato e sperimentato nel frattempo e capitalizzando sull’esperienza acquisita nel frattempo.
La telemedicina in Ue e in Italia
Le prestazioni di telemedicina si devono integrare con quelle tradizionali per migliorarne efficacia, efficienza, appropriatezza e sostenibilità. Per essere realmente utilizzabili, i sistemi informatici devono tenere conto delle esigenze e peculiarità delle diverse patologie, dei singoli centri e dei pazienti coinvolti.
Nel 1990, la Comunità Economica Europea affidò ad una Commissione di esperti una riflessione in merito alle effettive possibilità, potenzialità e ambiti di applicazione della telemedicina nello sviluppo e nella qualificazione delle prestazioni in sanità. Nei decenni successivi, vi è stata una profonda evoluzione nel concetto di telemedicina. Di fatto, nel gennaio 2022, nell’ambito del programma “telematics systems in areas of general interest“, l’Advanced Informatics in Medicine (AIM) ha definito la telemedicina come «l’integrazione, il monitoraggio, la gestione e la cura delle persone, nonché l’educazione delle persone stesse e del personale medico e paramedico, usando sistemi che consentono un pronto accesso alla consulenza di esperti ed alle informazioni del paziente, indipendentemente da dove il paziente o le informazioni risiedano». Nella realtà italiana, la telemedicina, definita come “Uso da remoto della competenza medica nel luogo dove insorge la necessità” (SALUTE E BENESSERE, 24 maggio 2022), è considerata approccio preferenziale per l’erogazione di visite di controllo e di prestazioni che non richiedano il contatto diretto con il paziente. Le “Indicazioni nazionali per l’erogazione delle prestazioni in Telemedicina”, definite dal Ministero della Salute e approvate dalla conferenza Stato-Regioni il 17.12. 2020, forniscono un inquadramento delle prestazioni erogabili in telemedicina mediante tele-assistenza, consulto medico online (tele-consulto), e altre prestazioni sanitarie a distanza (tele-visita, tele-refertazione, tele-monitoraggio).
La necessità di reti di contatti dedicate e di collegamenti ad hoc, indispensabili per garantire prestazioni qualificate; per ottimizzare interventi tempestivi, e per interfacciare centri ospedalieri e unità abitative di persone, ha molto limitato, nel recente passato, la diffusione delle soluzioni di Telemedicina. Delle 1.633 prestazioni di telemedicina eseguite in Italia nel 2020 (prima della pandemia) e che hanno coinvolto ≈ 500 persone, ALTEMS (ALTEMS-Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari, Università Cattolica del Sacro Cuore) ha documentato che 223 erano per persone con patologie neurologiche, 98 per patologie oncologiche e 87 per malattie neuropsichiatriche infantili. La pandemia di COVID-19 ha reso indispensabile una riorganizzazione della sanità per consentire una efficiente risposta alle esigenze per la cura e l’assistenza delle persone con malattie croniche, e per facilitare la loro interazione con il clinico e il farmacista. Con la messa a punto della necessaria organizzazione per il contatto “da remoto” e “a distanza”, la tele-visita è entrata nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) come accesso innovativo a prestazioni riguardanti più ambiti, ed ha offerto prestazioni ambulatoriali sicure e garantito monitoraggi accurati.
L’implementazione della telemedicina nella riorganizzazione del SSN
Con l’avanzamento tecnologico, il ricorso a dispositivi/strategie di sanità digitale (tele-visita, tele-salute, tele-sedute, tele-assistenza, tele-collaborazione) diventa sempre più essenziale per superare barriere organizzative e territoriali.
Se però l’innovazione è la parola chiave per il futuro della Sanità (nonché delle Società Scientifiche Biomediche e delle Associazioni pazienti), investimenti tecnologici avanzati e rinnovamento culturale (formazione) rappresentano condizioni imprescindibili di questo processo di riorganizzazione. Anzi, se il reperimento di risorse è essenziale, ancor più importante è il rinnovamento culturale in sanità e l’ingresso nella pratica di concetti quali:
- “casa come primo luogo di cura”;
- “educazione medica” dei singoli pazienti e delle Associazioni;
- coinvolgimento del paziente in ambiti decisionali in medicina, ovvero favorire un ruolo attivo del paziente nella identificazione della patologia e nella precocità del trattamento
- rinnovata alleanza medico-paziente.
Concetti che non devono solo rappresentare slogan o titoli per presentazioni nei convegni, ma devono essere realmente messi in atto nella implementazione delle singole soluzioni, considerando nel dettaglio le esigenze e le caratteristiche dello specifico contesto in cui si intende operare.
Nel suo ambito, ciascuno di questi obiettivi è stato considerato nel progetto REmoTe, consentendo il raggiungimento di un risultato globalmente positivo. L’esperienza ha anche confermato l’importanza di una formazione continua sia per professionisti della salute che per i pazienti, non solo dal punto di vista dell’uso delle tecnologie, ma anche -forse soprattutto- per quanto riguarda l’impegno per adottare in modo sistematico i nuovi modelli di cura con il relativo piano relazionale medico-paziente.
Nell’ambito della cura dell’emofilia, sulla scia del successo di REmoTe, è stato avviato il progetto SPES, che utilizza l’ultrasonografia articolare su persone con emofilia che hanno sviluppato anticorpi inibitori. L’innovatività di questo progetto consiste nel fatto che l’ecografia articolare viene effettuata a domicilio da persone con emofilia o da loro familiari (in precedenza formati all’uso corretto dell’ecografo). Si basa due passi:
- l’utilizzo diretto da parte dei pazienti (eventualmente guidati in remoto da un professionista sanitario) di un’apparecchiatura ecografica iper-portatile per la raccolta di immagini ecografiche significative, attività che altrimenti avrebbe richiesto una visita in presenza;
- la condivisione di queste immagini con lo specialista per poter di conseguenza effettuare -in un contesto di televisita- la valutazione completa e clinicamente valida della salute delle articolazioni e l’identificazione eventuali emartri subclinici ed impostare una terapia adeguata e quanto più possibile precoce.
Altrettanto innovativo è il progetto PwH (Preserving Joint Health and trained Beyond) che utilizza sensori portatili per monitorare l’attività fisica di persone con emofilia e migliorare il loro stile di vita, specie di quelli obesi. Informazioni che, trasmesse al medico, renderanno possibile sostituire le visite in presenza con le televisite.
Conclusioni
Questi scenari prefigurano l’aumento di requisiti specifici, che dovranno essere man mano presi in considerazione ed implementati nei sistemi di televisita dei centri interessati. È una ulteriore riprova che l’utilizzo di architetture aperte e basate sulla integrazione e disponibilità dei dati (vedi anche l’articolo “Sanità digitale, un modello di Clinical Data Repository per gestire i dati: cos’è e come usarlo” su Agendadigitale) rappresentano un requisito fondamentale sia per i nuovi sistemi che per l’evoluzione e l’integrazione di quelli esistenti. Senza di questo, tutte le iniziative previste rimarranno circoscritte a pochi contesti che diventeranno col tempo sempre meno evoluti e l’innovazione digitale si tradurrà in una ulteriore frammentazione di dati e processi, con la conseguenza di rappresentare più un ostacolo che una risorsa per la cura del paziente.