L’uso di strumenti di intelligenza artificiale per ridurre gli sprechi e aumentare la produttività nel settore della ristorazione e, più in generale, in quello alimentare non è fantascienza. Anzi, è vitale per i tempi che stiamo vivendo così come l’aiuto della tecnologia per rendere più efficiente il riciclo dei rifiuti elettronici.
L’IA contro gli sprechi alimentari: la sfida del decennio
L’intelligenza artificiale, infatti, è spesso percepita – con “occhio hollywoodiano” – come quella tecnologia connessa ad entità “sovraumane” ed a robot umanoidi in grado di sostituirsi all’uomo nei più svariati campi applicativi. E, probabilmente, nel futuro se ne potrà parlare. Ma mettendo da parte il lato futuristico, l’applicazione pratica di questa tecnologia ai tempi odierni interessa – ed ottimizza – sempre più settori utili all’uomo ed all’ambiente. Un settore in particolare è, appunto, quello dello spreco alimentare, che potrebbe dare una spinta sensazionale verso la razionalizzazione della produzione animale e vegetale.
L’azienda statunitense PreciTaste, ad esempio, utilizza sensori e algoritmi basati sull’intelligenza artificiale per svolgere un compito piuttosto specifico: prevedere la quantità di cibo che le persone ordineranno in un determinato momento e assicurarsi che venga preparato in modo tempestivo. Nel mondo della ristorazione, peraltro, quello degli sprechi alimentari è una vera e propria piaga. Si pensi alla cucina di un fast-food che prepara cento hamburger, ne vende settanta ed è costretto a buttarne via trenta per mancanza di ordinazioni. Perché, fondamentalmente, i ristoranti prevedono un dato afflusso per un dato giorno che non sempre si rivela esatto. Si pensi, inoltre, all’ambiente. Ogni hamburger (quindi, pezzo di carne) “viaggia” per decine o centinaia di chilometri mediante furgoni e camion che emettono una considerevole quantità di anidride carbonica. Per non parlare poi dell’energia necessaria per allevare le mucche e trasformare la loro carne nel prodotto finale. Infine, si pensi a tutta la logistica per farli arrivare a quel dato banco frigo, per poi vederli mandare al macero.
Adottare un sistema di controlli “intelligente” che riesca ad eliminare – o, quantomeno, a ridurre drasticamente – gli sprechi, quantomeno dalla consegna del prodotto alla tavola, è la sfida del decennio. È possibile, ad esempio, monitorare l’intero ciclo con sensori e telecamere a parete dotati di intelligenza artificiale, che possono seguire un ordine dal momento in cui gli ingredienti “grezzi” lasciano le celle frigorifere fino a quando il prodotto è pronto per essere consegnato al cliente. Ovviamente, tutto è adattabile al caso concreto: il numero di fasi di preparazione e la disposizione delle stesse può variare notevolmente da ristorante a ristorante (ad esempio, una catena di fast-food può variare da un’altra) così come da supermercato a supermercato.
L’intelligenza artificiale nel piatto: tutti i vantaggi per l’agri-food e contro gli sprechi
Un’applicazione pratica di PreciTaste
PreciTaste, ovviamente, non può rivelare quali catene stiano prendendo in considerazione la sua tecnologia. Tuttavia l’azienda di New York sta lavorando con il gigante elvetico Franke, che produce anche cucine professionali per il mondo della ristorazione. Proprio con tale ditta PreciTaste vuole sperimentare la sua tecnologia in alcuni ristoranti facenti parte di catene di fast-food statunitensi e non (peraltro Franke è fornitore di McDonald’s dagli anni ’70). Per far funzionare il sistema ideato da PreciTaste, le telecamere intelligenti a rilevamento di profondità da essa utilizzate devono essere addestrate a riconoscere la quantità di un dato ingrediente (ad esempio, il riso) che rimane “non utilizzato” nel vassoio di preparazione del dato prodotto alimentare. Sapere quando rifornire quel dato ingrediente dipende dall’andamento della domanda, che a sua volta dipende da fattori quali il tempo e le festività locali che possono determinare se vi saranno clienti che andranno a mangiare fuori e cosa ordineranno. Tra l’altro, tutto questo (e altro ancora) viene inserito nello stesso tipo di algoritmi predittivi che aiutano rivenditori come Amazon a gestire le loro reti logistiche.
L’IA per rendere più efficiente il riciclo dei rifiuti elettronici
Un altro esempio di applicazione pratica ce la dà l’azienda di Boston Phuc Labs, che sta lavorando a un nuovo modo di utilizzare l’intelligenza artificiale per rendere più efficiente il riciclo dei rifiuti elettronici, altro grande problema del nostro secolo. Il sistema messo a punto dall’azienda americana parte dai detriti lasciati dopo che i macchinari per il riciclo di batterie e altri rifiuti elettronici hanno ridotto in frantumi i relativi vecchi apparecchi elettronici. In genere, questi rifiuti vengono trattati con diverse tecniche, tra cui la separazione chimica. Tuttavia, Phuc Labs sospende le particelle in acqua, quindi incanala la risultante “fanghiglia” attraverso minuscoli tubi, dove una telecamera intelligente ne cattura il passaggio al ritmo di cento fotogrammi al secondo. Ogni fotogramma viene analizzato da un computer che esegue un algoritmo di intelligenza artificiale addestrato a distinguere le particelle metalliche “preziose” (e recuperabili) da tutto il resto. Quando una particella raggiunge l’estremità del tubo, un piccolo e potente getto d’aria viene “sparato” contro il flusso, reindirizzando la parte d’acqua, contenente la particella interessata, in un serbatoio. L’acqua viene fatta ricircolare ripetutamente nel sistema fino a quando non vengono separati quasi tutti i preziosi frammenti di metallo utili all’azienda per il riciclo. La tecnologia messa a punto da Phuc Labs è ancora in fase iniziale, ma l’azienda statunitense sta lavorando a un programma pilota con l’azienda filippina IRI (Integrated Recycling Industries Philippines Inc.) per l’implementazione del suo sistema nel paese del sud-est asiatico. Questo nuovo tipo di filtraggio messo a punto da Phuc Labs sarebbe impossibile senza l’intelligenza artificiale, anche se – vi è da dire – non si tratta di un’intelligenza artificiale “sofisticata”. I sistemi di “visione artificiale” sono probabilmente la forma più “studiata e messa in pratica” di intelligenza artificiale, con sistemi perfezionati ormai da decenni. Sono utilizzati in svariati campi, dalla fotocamera dei moderni smartphone ai sistemi a guida autonoma. Identificare minuscole particelle metalliche in rifiuti elettronici, giusto per fare la differenza, è un gioco “semplice” per un sistema di intelligenza artificiale. Estrarle, però, è una sfida più grande. Phuc Labs è stata in grado di costruire una delle prime versioni del sistema utilizzando un sistema di visione computerizzato già pronto per l’uso, chiamato Roboflow. I tecnici dell’azienda di Boston l’hanno addestrato identificando manualmente alcune centinaia di immagini di particelle, disegnando scatole intorno alle particelle ed etichettandole di conseguenza. Il software di Roboflow, poi, ha fatto il resto.
Anche con l’IA, lessi s more
L’intelligenza artificiale è un elemento unico del sistema di filtraggio dei laboratori Phuc Labs, ma funziona perché il sistema “chiede poco” all’intelligenza artificiale, valutando se si è di fronte ad un pezzo di metallo o meno. In sostanza, gli ingegneri di Phuc Labs hanno messo su una “banale” procedura appresa dall’intelligenza artificiale. Tra l’altro, in molte altre applicazioni dell’intelligenza artificiale nel “mondo reale”, gli ingegneri hanno scoperto che cercare di fare meno cose possibili con l’intelligenza artificiale è la chiave che, alla fine, porta al successo.
Un esempio emblematico è rappresentato dai sistemi di guida autonoma, che non sono riusciti a mantenere le precedenti promesse di piena autonomia, ma stanno trovando successo nella navigazione di alcuni veicoli in ambienti più limitati e “indulgenti”, come quelli attraversati da treni, navi e camion a lunga percorrenza. La strada, in parole povere, è ben altra cosa. Peraltro, i sistemi di intelligenza artificiale di oggi mancano di buon senso, possono comportarsi in modo irregolare di fronte a eventi inaspettati e hanno una capacità minima di trasferire le conoscenze “apprese” in un campo a situazioni analoghe. In questo modo, si potrebbe dire che l’intelligenza artificiale di oggi “non possiede alcuna intelligenza”: siamo dinanzi ad una elaborazione di informazioni complesse. Il risultato è che vi sono diversi professionisti, come gli ingegneri e i Data Scientist, che devono pianificare, progettare hardware e scrivere software per costruire un’impalcatura all’interno della quale un’intelligenza artificiale possa essere addestrata a svolgere una serie di compiti che sono stati definiti nel modo più “ristretto” possibile. Tra l’altro, non è così fuori dalla realtà come alcune delle tecnologie di intelligenza artificiale che ultimamente stanno ricevendo maggiore attenzione siano anche quelle “meno conosciute” dai non addetti ai lavori, come DALL-E di OpenAI (che è in grado di creare immagini intelligenti sulla base di suggerimenti testuali) o la chatbot LaMDA di Google, in grado di produrre conversazioni così simili a quelle umane che uno degli ingegneri dell’azienda ha dichiarato essere “senziente” (un’idea smentita immediatamente da Mountain View[1]). Sistemi come DALL-E e LaMDA sono soprattutto progetti di ricerca. Ma un giorno sistemi come questi potrebbero essere sufficientemente flessibili per affrontare problemi che oggi rimangono di esclusiva competenza dell’intelligenza umana. I sistemi di intelligenza artificiale stanno già iniziando a diversificarsi e a svolgere una gamma più ampia di compiti. Ma questa è un’altra storia.[2]
Note
- L’intervista con l’intelligenza artificiale LaMDA di Google, in italiano: è senziente? Corriere della Sera. https://www.corriere.it/tecnologia/22_giugno_14/lamda-google-italiano-medium-1baf7b5c-eb42-11ec-b89b-6b199698064a.shtml ↑
- How to Build AI That Actually Works for Your Business. The Wall Street Journal. https://www.wsj.com/articles/how-to-build-ai-that-actually-works-for-your-business-11658548830 ↑