“Risparmiare energia è il modo più economico, più sicuro e più pulito per ridurre la nostra dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili dalla Russia,” recita l’introduzione del documento RepowerEU dedicato a risparmio energetico ed efficienza energetica. In questa direzione, l’Unione Europea mira a implementare misure a medio e lungo termine. Nel luglio 2021 la Commissione aveva proposto un aumento dell’obiettivo dell’UE in materia di efficienza energetica del 9% entro il 2030 nell’ambito del pacchetto “Fit for 55”.
Ora è necessario andare ancora oltre: il nuovo obiettivo stabilito dal Piano RepowerEU pubblicato lo scorso maggio è 13% di efficienza energetica al 2030. E secondo il Parlamento Europeo, l’asticella va alzata ulteriormente: lo scorso 11 luglio una proposta unitaria dei quattro maggiori gruppi politici chiedeva di innalzare il target vincolante di efficienza al 14,5% al 2030.
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RepowerUE, i consigli ai Governi
Quali azioni concrete possono intraprende i governi dei paesi membri? Il RepowerEU li elenca:
- Aumentare l’ambizione dell’obbligo nazionale di risparmio energetico;
- Fermare i sussidi ai combustibili fossili, e promuovere le tecnologie per le energie rinnovabili nei trasporti e nell’industria;
- Rafforzare l’attuazione dei risultati degli audit energetici;
- Estendere gli standard minimi di prestazione energetica degli edifici;
- Rafforzare i requisiti energetici nazionali dei nuovi edifici;
- Inasprire i requisiti del sistema di riscaldamento nazionale per gli edifici esistenti;
- Introdurre divieti nazionali per le caldaie basate sui combustibili fossili negli edifici;
- Anticipare la fine dei sussidi degli Stati membri per le caldaie a combustibili fossili dal 2027 al 2025.
Come appare da questo elenco, molto si può fare intervenendo sugli edifici: abitazioni, uffici, sedi industriali impiegando grandi quantità di energia con meccanismi molto spesso non ottimizzati. Le ragioni sono varie: immobili vetusti, sistemi di riscaldamento non aggiornati e basati su combustibili fossili, assenza di misure di coibentazione. Agendo sui consumi generati dal patrimonio edilizio, è possibile alleggerire in modo significativo la domanda di energia, con conseguente maggiore capacità per l’Europa e i singoli Paesi di rispondere autonomamente alla produzione necessaria.
Gli strumenti tecnologici per intervenire sugli edifici
Nell’ambito dei sistemi intelligenti, quelli di energy management sono in grado di portare i maggiori vantaggi in termini di riduzione dei comuni energetici: è qui che si entra nel settore degli smart building. Si tratta di soluzioni tecnologiche che utilizzano sensori, Intelligenza artificiale, Internet of Things e cloud per operare un controllo dei sistemi di riscaldamento e ventilazione degli edifici e impostare un’autoregolazione del termostato in base al meteo, al tempo di occupazione dell’edificio, alle esigenze di mantenimento della temperatura e del comfort interni. Questo tipo di tecnologia è perfetto per essere applicato al settore terziario, come uffici pubblici, scuole, capannoni industriali, fabbriche, grande distribuzione: più la scala è ampia e più lo saranno i risultati. Ma quali sono i risultati?
- Risparmio energetico in termini economici: può variare tra il 15% e il 30% in base al tipo di edificio, alle esigenze di performance e alla tecnologia offerta dal provider;
- Abbattimento delle emissioni di CO2;
- Miglioramento del confort interno per chi abita o lavora nell’edificio.
Il mercato è già molto attivo nel settore smart building: secondo l’ultimo report di Juniper Research, entro il 2026 gli edifici intelligenti raggiungeranno i 115 milioni di unità, una crescita del 150% a livello globale.
Come si muove l’UE
Da parte sua l’Unione Europea sta agendo in due direzioni: stabilendo misure che dovranno essere adottate dai singoli Paesi, e finanziando progetti di sperimentazione e innovazione applicati al settore energia.
Tra le linee guida da implementare, lo scorso dicembre la UE ha proposto che dal 2027 gli edifici pubblici non debbano produrre emissioni nocive, e dal 2030 anche i nuovi edifici privati. Ciò significa che gli edifici dovranno richiedere bassi consumi energetici, essere alimentati il più possibile da fonti rinnovabili e non dovranno emettere emissioni di CO2 derivanti da combustibili fossili. La Commissione UE ha inoltre suggerito nuovi standard minimi in ambito di efficienza energetica: propone che il 15% del patrimonio con classe G debba passare alla classe F entro il 2027 e alla classe E entro il 2030, per quanto riguarda gli edifici pubblici e non residenziali; tempo fino al 2030, invece, per gli edifici residenziali per passare da G a F e fino al 2033 per arrivare alla classe E. Queste sono le direttive comunitarie, ma ogni paese è tenuto a decidere quali misure adottare e a stabilire scadenze specifiche per raggiungere i nuovi obiettivi di efficienza, in base alle differenti circostanze nazionali.
Al contempo, la UE ha stanziato dei fondi per progetti di ricerca e sperimentazione in ambito comunitario. Un esempio è Smart2B, che mira a creare un sistema di edifici intelligenti che interagiscano con i loro occupanti e la rete in modo reale, per sfruttare al meglio l’efficienza energetica e la flessibilità locale. Altro progetto è AI4Cities, nato con l’intento di aiutare le città nella transizione verso processi a neutralità carbonica utilizzando soluzioni intelligenti per ridurre le emissioni di gas serra negli ambiti della mobilità e dell’energia.
Cosa succede in Italia
Secondo il rapporto Digital Market Outlook di Statista, il mercato italiano dei sistemi di energy management – o smart building – nel 2021 ha segnato 74 milioni di euro di ricavi e tenderà a superare i 90 milioni entro la fine dell’anno in corso.
La tendenza è positiva ed è in crescita il numero di aziende che si rivolge a provider per l’installazione di sistemi di energy intelligence, una domanda che nasce dall’esigenza di rispondere ai requisiti di sostenibilità dettati dai piani green delle stesse. Tuttavia è evidente che di più si potrebbe fare: manca una pianificazione a livello nazionale in particolare per la pubblica amministrazione. Il governo potrebbe predisporre un budget destinato esplicitamente a sostenere la PA nell’installazione dei sistemi sopra descritti: efficientando l’intero apparato della pubblica amministrazione i risultati in termini di risparmio energetico e ambientale sarebbero enormi. Non solo: dotare gli edifici pubblici di sensori e sistemi automatici di controllo della temperatura sarebbe fondamentale per attuare le misure che potrebbero scattare il prossimo inverno come parte del piano di austerity del governo, tra cui l’imposizione di un limite di 19 gradi in uffici pubblici e negozi.
Conclusioni
Intervenire sull’efficienza energetica degli edifici è una strategia dall’enorme potenziale per rispondere alle due esigenze più urgenti del momento: ridurre i costi spesi per l’energia, e portare avanti concretamente la transizione ecologica. Le soluzioni sul mercato ci sono, anche in Italia, e meriterebbero di essere messe a frutto con un intervento ad hoc del governo sulla PA su scala nazionale.