L’intelligenza artificiale, in oltre 60 anni di ricerca e sviluppo, è riuscita a ottenere dei risultati che mai ci saremmo aspettati nell’ambito del game play, riuscendo a superare in certi casi le capacità umane. È però altrettanto vero che l’IA ha ancora bisogno di apprendere dall’essere umano, specialmente dai suoi errori e che le intuizioni dei videogiocatori possono aiutare la comunità scientifica a risolvere dei problemi che l’intelligenza artificiale non riesce a risolvere da sola.
Ci riferiamo, in particolare, al lavoro di una squadra di informatici e bioinformatici della McGill University, il cui obiettivo è quello di mappare il microbioma intestinale umano.
Borderlands Science: come i videogiochi aiutano la comunità scientifica
I ricercatori della McGill hanno sviluppato un programma che, grazie all’abilità e all’intuizione dei videogiocatori, può aiutare la comunità scientifica a risolvere dei problemi che l’intelligenza artificiale non riesce a risolvere da sola.
Tra i lavori di questo team, in collaborazione con la Massively Multiplayer Online Science e The Microsetta Initiative, c’è Borderlands Science, contenuto all’interno del videogioco Borderlands 3 (un action RPG sparatutto in prima persona uscito nel 2019 che ha venduto finora 15 milioni di copie).
In questo videogioco di fantascienza, in cui tra l’altro spicca un forte senso di ironia, ci troviamo nella navicella spaziale Sanctuary III, la quale funge da quartier generale. All’interno si può trovare un cabinato in cui i giocatori possono risolvere vari rompicapo, utili alla comunità scientifica. Risolverli dà in cambio valute di gioco capaci di sbloccare potenziamenti speciali.
Giocando a questo minigioco, il gamer può contribuire realmente alla ricerca scientifica. Siccome nel nostro corpo oltre la metà delle cellule sono estranee (solo il 43% delle cellule sono di origine umana) e possono influenzare la nostra salute in modo negativo, più si studiano questi microbi, più si può imparare e conoscere la loro struttura, il loro funzionamento e dunque anche il nostro corpo. Ad esempio, alcuni microbi che vivono nel nostro corpo sono associati al morbo di Alzheimer, altri al cancro; nell’intestino umano possono avvenire diversi disturbi e patologie come il diabete e l’obesità. Pertanto, mappare i vari batteri può aiutare a comprendere tale ecosistema per trovare trattamenti efficaci.
Questi microbi sono composti da DNA e, anche se ogni DNA è diverso da un altro, i microbi hanno una struttura simile tra di loro. Se si sequenziano tutte le diverse specie nell’organismo, si possono scoprire nuove informazioni.
La Microsetta Initiative ha raccolto migliaia di campioni di feci umane per estrarre e sequenziare il DNA dei microbi contenuti in esse. L’intelligenza artificiale, però, non è in grado di organizzare tutti i dati e le informazioni. Il DNA, sebbene sia simile tra i vari microbi, non è identico e nel mappare tutte le sequenze, il computer può commettere dei piccoli errori che, protratti nel tempo, possono corrompere le analisi in tutti i passi successivi. Ci sono dunque milioni e milioni di sequenze, da 150 nucleotidi ciascuna, che contengono però errori dovuti all’analisi automatizzata. Queste sequenze sono state divise in diverse porzioni che in Borderlands diventano rompicapi che i videogiocatori possono risolvere.
I filamenti di DNA sono rappresentati dalle caselle e lo scopo è quello di allineare quelle dello stesso colore dentro la griglia, anche se non sempre sarà possibile ordinare tutto perfettamente. Le colonne sono presentate in modo diverso ai diversi videogiocatori, in modo da avere per ciascuno delle versioni differenti dello stesso problema al fine di confrontare le strategie adottate per ogni modalità.
Con questo minigioco si possono identificare gli errori commessi dalle analisi computerizzate. Al tempo stesso si aiutano i ricercatori a sviluppare degli algoritmi più efficienti, che possano mappare e confrontare i microbi riducendo l’errore. Inoltre, tutta la comunità scientifica può beneficiare dei risultati ottenuti e la ricerca può portare alla creazione di un catalogo universale di tutti i microrganismi.
La semplificazione di un argomento del genere attraverso un videogioco può portare alla partecipazione attiva di un enorme numero di persone, non solo di scienziati, e più persone partecipano, maggiori saranno i tentativi simultanei di decifrare un certo codice.
I ricercatori hanno già iniziato a studiare i risultati prodotti dalle migliaia di enigmi completati e le soluzioni dei giocatori hanno aiutato a creare delle sequenze che differiscono da quelle degli algoritmi precedenti. Le soluzioni possibili in ogni rompicapo infatti sono moltissime.
L’IA nell’industria dei videogiochi
Nell’industria dei videogiochi, che negli ultimi anni ha addirittura superato gli incassi dell’industria cinematografica e musicale messe assieme, l’intelligenza artificiale svolge un ruolo fondamentale. Sempre più spesso è un vero e proprio giocatore che si interfaccia con i vari personaggi, sia nemici che amici. Essa si comporta come farebbe un giocatore reale, muovendosi in modo “intelligente” nel mondo di gioco.
Breakout
Ad esempio, allenandosi con l’apprendimento non supervisionato, l’IA è riuscita a scovare alcune tecniche per avere il massimo rendimento nel gioco Breakout. Ha scoperto che il modo per raggiungere il risultato in un tempo molto breve era quello di distruggere i mattoncini laterali. Il caso del videogioco Atari non è isolato, vediamo nell’articolo altri casi in cui l’IA si è dimostrata una gamer infallibile o un valido supporto per il game play.
The Last Of Us II
Si pensi a The Last Of Us II, considerato uno dei videogiochi con il più alto livello di realismo (non solo grafico). Si rimane sorpresi nel vedere cosa avviene durante uno scontro nell’area di battaglia: i nemici e gli alleati controllati dall’algoritmo usano le coperture fornite dall’ambiente per ripararsi, servendosi di una specifica arma in base all’esigenza del momento e scegliendo strategie che difficilmente verrebbero in mente nemmeno al gamer. Il giocatore può addirittura portare i nemici contro cui combatte a scontrarsi con un terzo gruppo ostile. Per rendere i cani da guardia più realistici, è stata perfino sviluppata un’intelligenza artificiale di gioco capace di simulare il loro comportamento nel dettaglio: sanno ascoltare, fiutare e attaccare in modo davvero molto convincente.
Red Dead Redemption II
In videogiochi come Red Dead Redemption II (un open world ambientato nel far west americano) si potrebbero passare decine di ore solamente ad osservare il paesaggio e ciò che accade: un serpente che viene catturato da un’aquila in volo, un orso che va a caccia nel fiume, dei passanti che si scambiano pensieri sulle proprie vite e su ciò che capita nel mondo di gioco, un carro a cui si rompe una ruota durante il tragitto e molto altro. Non sono eventi “scriptati”, accadono attraverso modelli di intelligenza artificiale capaci di simulare le decisioni umane, il mondo selvaggio, i dialoghi, comprese le imperfezioni tipiche dell’agire concreto. Tali sistemi hanno accesso a quel che accade in tutto l’ambiente di gioco, sapendosi perciò adattare a ogni circostanza in modo molto realistico.
No Man’s Sky
Anche No Man’s Sky è famoso per utilizzare l’AI per generare interi mondi. In questo videogioco si vestono i panni di un astronauta che può viaggiare con la sua navicella in un universo letteralmente infinito, dove ogni esopianeta che incontra nei vari sistemi solari ha un’atmosfera diversa, materiali, temperature, gravità differenti ed è popolato da esseri viventi-creature e piante-generati anch’essi in modo procedurale. Non si troveranno mai creature già viste in pianeti esplorati precedentemente.
In che modo i giocatori risolvono i rompicapo più difficili
È interessante notare che i ricercatori hanno analizzato in che modo i giocatori hanno trovato le soluzioni nei rompicapi più difficili, ad esempio rimuovendo spesso le caselle messe precedentemente (le caselle gialle, nella colonna di destra nella schermata, permettono di spostare le altre caselle colorate e sono presenti in numero limitato) e mettendoci molto tempo prima di fare una scelta definitiva. Inoltre, si osserva se c’è un pattern dominante nella soluzione degli enigmi, lasciando ad esempio spazi vuoti negli angoli in basso a destra e a sinistra.
Si guardano gli errori di fondo e si studiano con precisione gli schemi dietro ad ogni soluzione. Vengono analizzate tutte le scelte, non solo le migliori, in modo che si possano sviluppare degli algoritmi che imparino le strategie messe in atto dagli esseri umani. Sono importanti le soluzioni trovate, ma per l’apprendimento della rete neurale artificiale lo sono soprattutto le strategie per arrivare a tale risultato.
Intelligenza artificiale e videogame: come il deep learning cambierà le regole del gioco
Per costruire i puzzle è stato usato l’algoritmo “greedy”. I risultati ottenuti passano attraverso un apprendimento con rinforzo, nel quale un agente interagisce con l’ambiente in cui si trova. L’ambiente risponde alle azioni dell’agente con una ricompensa o una punizione, che lo informa sulla qualità delle sue azioni. L’agente deve cercare di ottenere la ricompensa maggiore (meglio se a lungo termine). Bisogna però determinare in modo corretto la funzione di ricompensa utilizzando delle funzioni.
Il processo di imitazione che deve apprendere l’intelligenza artificiale è basato sui risultati ottenuti dalle azioni e dalle strategie usate dai videogiocatori nel risolvere i puzzle. Sono stati raccolti finora milioni di dati, contenenti sia i successi che gli insuccessi degli utenti per delineare una funzione che si avvicini al modo di pensare dei giocatori. Si può descrivere il problema in termini di apprendimento supervisionato, in cui si utilizza una sequenza di elementi di input e di output in cui la posizione è essenziale se si tratta di una sequenza. I trasformatori sono i modelli utili in questo caso. Facendo dei cambiamenti nell’elaborazione dei dati per adattarsi al compito, il trasformatore può prevedere i passaggi dell’utente. Dopo alcuni esperimenti, si riuscirà a prevedere la posizione degli spazi vuoti (che permettono di allineare le caselle nel gioco) e a trovare la soluzione.
Insomma, l’intelligenza artificiale è eccellente in molti compiti, superiore agli esseri umani in diversi ambiti, ma ha ancora bisogno di apprendere dall’essere umano, specialmente dai suoi errori. Per essere più efficace deve sapere dove un essere umano sbaglia e dove i suoi algoritmi commettevano imprecisioni, grazie al confronto con le sequenze risolte in modo corretto dagli individui. Questo è l’unico modo per avere pieno controllo dello sbaglio e per non perpetuare errori a cascata come nel caso del sequenziamento genico. Solo conoscendo gli errori che un’IA può essere davvero simulativa del comportamento umano, come abbiamo visto anche per Red Dead Redemption 2.
Mi domando se adesso non sia possibile istruire un’IA a giocare al minigioco per offrire ai ricercatori dati ulteriori.