La mobilità intelligente, o smart mobility, è un tema caldo nell’epoca post-pandemica e della transizione verde. Tuttavia, tra gli ostacoli alla creazione di politiche sulla mobilità (digitali e non) basate sui dati compaiono la mancanza di alfabetizzazione al dato per le pubbliche amministrazioni (PA) e la carenza stessa di dati.
Come incrementare le competenze digitali della PA e incentivare la messa a disposizione di dati aperti?
Smart building e smart mobility: un’alleanza strategica sulla via della sostenibilità
Il progetto Gioconda
Domande che trovano in parte risposta grazie al progetto Gioconda: progetto Interreg che vede la partecipazione di diversi attori dell’area Insubrica (Provincia di Brescia, Politecnico di Milano, Regione Lombardia, Provincia di Lecco, Provincia di Brescia, EasyGov Solutions, Varese WEB, Università della Svizzera italiana e la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana) e la Fondazione Bruno Kessler il cui obiettivo è quello di comprendere il fabbisogno di dati – in questo caso della mobilità locale – analizzando gli ostacoli nell’elaborazione di politiche pubbliche basate sui dati.
Il progetto non si focalizza esclusivamente sulle amministrazioni pubbliche, ma anche sulle aziende di proprietà pubblica e sulle aziende private che interagiscono con le PA nella fornitura di servizi. Questo aspetto è essenziale nell’affrontare il tema della smart mobility: mezzi quali gli autobus o il bike sharing sono quasi sempre forniti da queste tipologie di aziende. In contesti come questo, gli enti privati possono beneficiare da dati resi aperti (o messi a disposizione in altra maniera) dalla PA e viceversa.
Smart mobility e transizione verde
Il tema della smart mobility, oltre a essere diventato un tema importante nel periodo post-covid, è considerato anche un settore chiave nella transizione verde come una soluzione importante per ridurre l’inquinamento atmosferico.
Negli ultimi decenni le pubbliche amministrazioni hanno investito per potenziare i trasporti pubblici con diversi livelli di successo. La pandemia del covid ha poi costretto le persone a muoversi sempre meno usando i mezzi pubblici in quanto luoghi di assembramento.
Questo secondo aspetto ha rafforzato la richiesta di mezzi condivisi alternativi al trasporto pubblico locale (TPL), quale ad esempio il bike sharing e i monopattini elettrici.
Open data sulla mobilità per servizi efficienti
Partire quindi dalla disponibilità di dati per la mobilità, diventa quindi un ottimo punto di partenza per l’elaborazione di politiche efficienti ed efficaci sul rilascio di open data guidati da una necessità.
Per raccogliere il fabbisogno di dati e comprendere gli ostacoli al loro utilizzo, il metodo utilizzato è stato quello del focus group. Coinvolgendo rappresentanti di PA, servizi pubblici e aziende digitali attive nell’analisi dei dati e nel settore mobilità, i partner del progetto GIOCOnDa hanno condotto due focus group orientati ad individuare politiche sui dati di mobilità, buone pratiche, problemi da affrontare.
Le lacune in termini di alfabetizzazione al dato all’interno delle PA e delle aziende
Dialogando con questi attori, il progetto ha permesso di evidenziare le lacune in termini di alfabetizzazione al dato all’interno delle PA e delle aziende; le mancanze in termini di fiducia e incentivi che impediscono la messa a disposizione di dati che restano in mano a singole aziende; e il potenziale delle politiche pubbliche che resta inespresso a causa della mancanza di dati e/o dell’incapacità di analizzarli per formulare soluzioni pratiche.
Un fondamentale punto di accordo è emerso tra gli attori coinvolti nei focus group: le politiche italiane sulla mobilità non sono basate sui dati. Le problematiche riscontrate sono di tre tipi. In primo luogo, quando i dati sono disponibili, non sono interoperabili fra loro oppure sono difficilmente rinvenibili. Secondo, anche venendo meno il primo punto, spesso le PA non hanno le capacità per raccogliere, sistematizzare e analizzare il dato. Infine, la forte autonomia degli enti pubblici in Italia crea regole e pratiche per la messa a disposizione e l’uso dei dati diverse tra zona e zona, che insieme ai diversi livelli di alfabetizzazione al dato delle diverse PA crea un panorama frammentato e scarsamente prevedibile per gli attori economici.
Le opportunità
Tuttavia, dai focus group emerge un discreto numero di opportunità per affrontare queste problematiche.
In primo luogo, armonizzare la regolamentazione imponendo quali dati debbano essere aperti e a quali condizioni creerebbe uno scenario di maggiore certezza per gli attori pubblici e privati che operano nel mercato e nell’amministrazione. Regole certe, insieme a certezze su quali dati siano messi a disposizione dai vari livelli della PA (e non solo), permettono di creare un clima di fiducia in cui enti pubblici e privati possono scegliere di mettere a disposizione ulteriori dati utili, ad esempio, allo sviluppo di servizi o politiche pubbliche.
La nascente normativa europea sulla governance dei dati va in questa direzione, regolamentando i dati aperti (Open Data Directive) e la messa a disposizione di altre tipologie di dati (Data Governance Act e Data Act). Tuttavia, è fondamentale armonizzare le regole anche a livello locale.
In secondo luogo, è necessario armonizzare le pratiche, oltre alle regole. Per rafforzare il clima di fiducia e certezza, secondo i partecipanti ai focus group è necessario che i dati messi a disposizione siano rintracciabili e utilizzabili. Questo secondo aspetto è strettamente legato al tema dell’interoperabilità dei dati, ovvero la possibilità di utilizzare insieme dati provenienti da spazi diversi.
Infine, per progettare politiche efficaci in termini di mobilità è necessario considerare l’impatto sulla mobilità di misure non legate strettamente a questo tema. I partecipanti hanno citato lo smart working come esempio di politica del lavoro che però ha un forte impatto sulla mobilità locale.
Come anticipato sopra, la pandemia da Covid-19 ha cambiato abitudini ed esigenze in materia di mobilità. Tuttavia, la maggior parte della normativa è di epoca pre-Covid.
Dai focus group emerge che armonizzando norme e pratiche si può incentivare la messa a disposizione dei dati. Con più dati a disposizione sarà possibile non solo elaborare nuove politiche, ma anche, ad esempio, creare algoritmi predittivi sull’incidentalità in determinate aree e per determinati soggetti, permettendo una diversa pianificazione urbana.
Conclusioni
La messa a disposizione di più dati avrà un effetto positivo solo se accompagnata da una forte alfabetizzazione al dato. Questo è possibile anche tramite l’interazione tra PA: se un ente ha pratiche di analisi dei dati e di elaborazione di politiche basate sui dati di successo, la pratica può essere trasferita presso altri enti.
Inoltre, la messa a disposizione dei dati si scontra sempre con i legittimi limiti imposti dalla tutela della riservatezza (dei dati personali e non).
Al netto dei legittimi limiti giuridici, esiste una mole di dati dal grande potenziale ma ancora non aperti a causa di disincentivi di mercato e mancanza di certezza e fiducia a livello regolatorio.
Da questi punti è quindi possibile cominciare ad elaborare una serie di proposte di policy provenienti dagli attori coinvolti nel settore cercando di individuare una serie di incentivi che armonizzino il rapporto fra pubblico e privato nella creazione di open data visti come un bene comune.