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Siti istituzionali e servizi online comunali: ecco come essere conformi al bando PNRR

Il PNRR mette a disposizione dei Comuni ingenti risorse per riprogettare i propri siti e servizi online, ma nella progettazione occorre non delegare ai fornitori. I dettagli delle nuove linee guida AGID e i consigli per fare bene

Pubblicato il 17 Ott 2022

Michele Vianello

consulente e digital evangelist

Trasparenza e privacy, confronto con la protezione dei dati personali

Oggi viene richiesto alle Amministrazioni Comunali uno sforzo importante nella progettazione e nella gestione dei siti istituzionali e dei servizi online. Le risorse economiche, rispetto al recente passato, ci sono ma viene richiesto uno sforzo progettuale notevole e il taglio del cordone ombelicale che troppo spesso le ha legate ai fornitori.

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Le nuove linee guida AGID

A luglio AGID ha pubblicato le nuove linee guida di “design dei siti Internet e dei servizi digitali”, che dettano precise indicazioni anche in materia di erogazione dei servizi pubblici in modalità digitale.

Lo sviluppo e l’implementazione dell’offerta dei servizi digitali online ai cittadini e alle imprese, fruibili attraverso identificazione con SPID/CIE, l’ampliarsi del mercato e la diversificazione dell’offerta hanno fatto sì che il sito istituzionale debba oggi diventare soprattutto una piattaforma di offerta di servizi ai cittadini.

Era giunto finalmente il momento che AGID dettasse indicazioni di riferimento sui requisiti e sulla qualità dei prodotti, anche per evitare il proliferare, soprattutto nei Comuni di minore dimensione, di una offerta di bassa qualità, a volte non rispondente a quanto previsto dal CAD (DLGS 82/2005 Codice dell’Amministrazione Digitale) e dalle linee guida AGID sulle identità digitali e i sistemi di pagamento elettronico.

Da queste prime considerazioni traiamo una prima indicazione: il sito istituzionale di un Comune (di qualsiasi Pubblica Amministrazione) andrà progettato come architettura informatica e architettura comunicativa, assieme all’ambiente abilitato all’offerta dei servizi online ai cittadini e alle imprese.

Soprattutto, questa attività non potrà essere, in alcun modo delegata ai fornitori. Ricordo inoltre che, nonostante quanto previsto dal DLGS 33/2013, ovvero Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, la trasparenza e la diffusione di informazione da parte delle pubbliche amministrazioni, moltissimi siti dei Comuni non prevedono l’accesso, grazie ad un ambiente web dedicato, alle diverse banche dati.

L’obbligo di pubblicare, nella sezione “Amministrazione Trasparente”, molte banche dati non esaurisce interamente l’obbligo di pubblicazione da parte delle Amministrazioni Comunali. E, in tutti i casi, in molti siti comunali l’ambiente Amministrazione Trasparente (ma, anche Albo Pretorio), è indirizzato sul dominio web del fornitore. Cosa che, come vedremo, nelle nuove linee guida è esplicitamente vietato.

Da queste ulteriori osservazioni ne traiamo una seconda indicazione. Il sito istituzionale andrà progettato consentendo all’ambiente web di comunicare con i software gestionali e le relative banche dati che in questo modo andranno aperte ai cittadini. In tutti i casi, gli ambienti “Amministrazione Trasparente” e “Albo pretorio” dovranno essere ricondotti esplicitamente al dominio web del sito istituzionale del Comune.

Le nuove linee guida di “Design dei siti Internet e dei servizi digitali” sono integrate, in una logica di corretta applicazione, dall’ottimo lavoro, di dettaglio, fatto dal team di “Designers Italia”. Mi riferisco soprattutto al documento “Design dei siti web dei Comuni italiani”, che offre alle Amministrazioni importanti indicazioni in materia di offerta di servizi e di design. Ci si ispira inoltre nel criterio di “conformità” a quanto previsto dal documento “eGovernment benchmark 2020-2023”.

Le nuove linee guida e il documento di Designers Italia descrivono un sito, per molti versi, profondamente diverso da quelli oggi pubblicati dai Comuni. La quasi totalità dei siti, oggi, grosso modo, rispetta quanto già previsto in materia di design. Per usare una metafora, il “vestito” è “sufficientemente elegante”. Il problema è che il contenuto non è pensato in modo organico, non ha al centro la risposta ai bisogni dei cittadini, il linguaggio utilizzato è burocratico. Soprattutto, l’offerta di servizi e di modalità di pagamento in modalità digitale, sempre che siano presenti, non sono integrati all’ambiente web.

L’ambiente web non è integrato, attraverso processi fondati sull’interoperabilità con i software di gestione documentale. Ho già segnalato le gravi carenze in materia di accesso ai documenti ma, la cosa più grave spesso si verifica nella gestione del flusso documentale tra l’ambiente web di domanda di un servizio in modalità digitale (ambiente SPID/CIE) e il protocollo (ambiente software documentale). L’istanza del cittadino non viene inoltrata al protocollo utilizzando un sistema di API (application programming interface), ma spesso utilizzando le mail o la PEC.

Diciamolo con franchezza, per rispettare quanto previsto dalle nuove linee guida AGID, larga parte dei siti dei Comuni andrebbe rifatta radicalmente.

Le misure previste dal PNRR

Per aiutare i Comuni in questa attività, i Bandi PNRR hanno previsto la misura “Esperienza del cittadino”. Attraverso questa misura vengono messe a disposizione dei Comuni ingentissime risorse economiche per rifare i siti istituzionali e i modelli di erogazione dei servizi al cittadino.

Un ulteriore bando ha messo a disposizione dei Comuni le risorse per acquisire l’abilitazione all’utilizzo di SPID e di CIE nell’erogazione dei servizi digitali. L’adesione al bando “Esperienza del cittadino”, vista l’entità delle cifre a disposizione, è stata notevole, talché il bando è stato recentemente finanziato per la seconda volta.

Molti si sono meravigliati per l’entità delle risorse considerandole sproporzionate rispetto alla qualità dei prodotti e ai prezzi di mercato dei siti dei Comuni “pre-bando”.

Se pensiamo che un Comune di piccole dimensioni potrebbe avere a disposizione anche 50.000 euro per rifare sito e servizi digitali e lo rapportiamo agli attuali prodotti presenti sul mercato si tratterebbe davvero di una cifra sproporzionata. In realtà si tratta di rifare il sito (e servizi digitali) con criteri progettuali totalmente diversi e nuovi.

Va perciò richiesto ai fornitori uno sforzo per migliorare la loro offerta prodotti. Va inoltre preteso dai Comuni l’utilizzo di procedure comparative improntate alla qualità e al prezzo anche per evitare rischi di lock in e prezzi sproporzionati drogati dall’entità delle risorse messe a disposizione dal bando PNRR.

Ricordo che il bando dettaglia minuziosamente le condizioni affinché il prodotto finale sia considerato conforme e il Comune possa fruire delle risorse e pagare il fornitore (ex post) per l’attività svolta.

Tali condizioni combaciano con le disposizioni delle linee guida emanate da AGID “design dei siti Internet e dei servizi digitali” e con il citato documento di “designers Italia”. Possiamo dire con certezza che il bando PNRR offre alle Amministrazioni tutte le risorse necessarie per rifare il sito e ripensare le modalità di erogazione dei servizi in modalità digitale ai cittadini.

Naturalmente la condizione di partenza è che i Comuni assumano una loro autonomia progettuale nei confronti dei fornitori che in queste settimane “sgomitano” alle loro porte.

I livelli di responsabilità in gioco

Deve essere chiaro, fin da subito, che, per raggiungere gli obiettivi delle linee guida e del bando, vanno evidenziati due livelli di responsabilità.

Uno riguarda esplicitamente i fornitori e attiene alle caratteristiche del prodotto per quanto attiene l’accessibilità, la tutela della privacy, il layout espositivo, la garanzia di interoperabilità tra i diversi ambienti, il rilascio di API, l’essere responsive anche nella fruizione dei servizi online.

Un secondo attiene strettamente al Comune e riguarda il modello comunicativo da rivolgere ai cittadini, la qualità e il costante aggiornamento dei contenuti, l’utilizzo di corrette tassonomie nella pubblicazione dei contenuti, l’abbandono dell’autoreferenzialità verso i cittadini.

La gestione del sito e dei suoi contenuti dovrà essere una nuova, vera attività trasversale che coinvolge tutta l’Amministrazione. E, nei Comuni di minore dimensione, tale attività dovrà essere uno stimolo ad accelerare l’adozione di forme di Unione e di gestione consorziata.

Le aree da progettare e il nodo interoperabilità

In una ideale gerarchia delle priorità per rispettare quanto previsto dal bando e dalle linee guida, ritengo vadano messe al primo posto l’area “Personale” e le “Schede dei servizi”. Mi limito ad alcune osservazioni sull’area “Personale”.

Ogni sito, obbligatoriamente dovrà presentare un’area “personale” per ogni cittadino, che dovrà contenere gruppi di informazioni definiti: “le mie pratiche”, “i pagamenti”, “i documenti”, “i messaggi”, “le scadenze”, il “profilo”.

Per raggiungere il livello di “conformità” previsto sono necessari alcuni requisiti: l’area “le mie pratiche” dovrà consentire al cittadino l’accesso ai procedimenti che lo riguardano per godere di quanto già previsto dal CAD e dalla Legge 241, ovvero un fascicolo digitale che consenta di vedere chi è il RUP del procedimento, i suoi recapiti, lo stato di avanzamento del procedimento, i tempi previsti di consegna dell’istanza.

Queste funzioni necessitano di meccanismi di interoperabilità tra l’ambiente web e i software di gestione documentale. In tutti i casi, i diversi settori dell’Amministrazione dovranno fascicolare digitalmente i procedimenti come previsti dal CAD e dalle linee guida sulla gestione documentale (pienamente applicabili del 1° gennaio 2022) come condizione per mettere queste informazioni a disposizione dei cittadini.

L’area “i pagamenti”, per essere popolata, necessita che le banche dati del software dei servizi finanziari (a partire dalle ricevute pagoPA), dialoghino con l’ambiente web.

L’area “i messaggi” e “le scadenze” dovrà dialogare ad un tempo, con il sito e con l’appIO.

Come si vede viene richiesto un vero e proprio salto di qualità soprattutto per quanto attiene l’interoperabilità, soprattutto per evitare il rischio di lock-in.

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