Siamo vicini al nuovo anno ed è fresca la lettura della Enews del Presidente del Consiglio in cui Matteo Renzi annuncia che il Governo riuscirà a varare i primi decreti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione a gennaio. Tra questi è lecito supporre che sarà compresa la riforma CAD nota come “Carta della Cittadinanza Digitale”, contenuta nell’art. 1 della L. 124/2015 (la c.d. “Riforma Madia”) che anche il Ministro Madia recentissimamente definito in dirittura d’arrivo per l’inizio del 2016.
La riforma che il Governo si appresta a varare è di particolare complessità, attesa l’ampiezza delle deleghe che il Governo è chiamato ad esercitare in materia digitale, che incidono su ampi settori dell’ordinamento e su dinamiche consolidate negli anni.
La completa attuazione della Carta della Cittadinanza Digitale potrebbe infatti potenzialmente consegnarci un Paese in cui i rapporti tra cittadino e PA si svolgono prevalentemente utilizzando il digitale e dove l’uso della carta rappresenta l’eccezione più che la regola.
Anche solo descrivendo così la riforma ci si rende conto che, a parte stabilire nel CAD il principio generale, saranno molte le norme, regolamenti e procedure interne da modificare e, soprattutto, occorrerà cambiare la concezione radicata delle modalità con cui il cittadino si rapporta con l’Amministrazione.
Come ho già avuto occasione di scrivere si può avere idea della difficoltà ed enormità del lavoro a venire pensando ai cambiamenti avvenuti per i professionisti della giustizia con il processo telematico, oramai abbastanza rodato, in cui si sono scardinati modi di lavorare plurisecolari a favore di una digitalizzazione spinta e di nuove modalità operative, operazione che ha richiesto fatica, formazione, collaborazione e studio.
Vale la pena allora, per chi non ne avesse piena conoscenza, vedere quali sono i principali contenuti della delega e fare qualche considerazione e commento preliminare al riguardo.
Dati i mesi trascorsi dalla approvazione della Riforma della PA, approvata peraltro in mesi estivi e dati i molti contenuti della norma, la parte sulla riforma dell’amministrazione digitale della Legge è stata infatti ingiustamente tenuta in secondo piano con il risultato che una grande parte di cittadini, professionisti ed imprese non ne conoscono i contenuti o non sanno affatto del suo prossimo avvento, se non per alcuni contenuti, quali ad esempio la messa a regime del sistema di identità digitale, che ne è il contenuto più noto ma non il principale.
Passeremo allora in rassegna i più principi maggiormente attinenti all’innovazione nel rapporto cittadino-PA contenuti nella delega legislativa della Carta della Cittadinanza Digitale.
La Legge 124 ha infatti delegato il Governo a modificare il Codice dell’Amministrazione Digitale (mediante uno o più successivi Decreti Legislativi) introducendo norme legate alla comune finalità di garantire attraverso l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ai cittadini e alle imprese il diritto di accedere a tutti i dati, i documenti e i servizi di loro interesse in modalità digitale oltre alla semplificazione nell’accesso ai servizi alla persona. Le nuove norme dovranno inoltre ridurre la necessità dell’accesso fisico agli uffici pubblici.
In particolare, i principi da attuare, sono relativi a:
· individuare strumenti per definire il livello minimo di sicurezza, qualità, fruibilità, accessibilità e tempestività dei servizi on line delle amministrazioni pubbliche; prevedere, a tal fine, speciali regimi sanzionatori e premiali per le amministrazioni stesse:
questo principio riguarda la effettività delle riforme digitali: occorre stabilire degli standard minimi, al di sotto dei quali il cittadino può trovare interlocuzione presso uno o più punti di ascolto in caso l’Amministrazione, a livello centrale o locale, pur essendo tenuta a farlo, non si conformi alla digitalizzazione dei processi. Ne sono un esempio tipico le situazioni in cui una comunicazione digitale non viene “ritenuta valida” o in cui si richiede la conferma cartacea presso gli uffici di informazioni già fornite in digitale. E’ un principio la cui attuazione sarà probabilmente sfidante per il Governo. La Legge chiede infatti di assicurare la Amministrazione che non attua le previsioni relative alla digitalizzazione e alla qualità dei servizi in digitale riceva una sanzione e che, al contempo, vi sia un incentivo per l’Amministrazione che si colloca sopra gli standard minimi in tema di digitale. Il tema impatta sui limiti della competenza Stato-Regioni-Enti locali, sia perché è molto difficile rinvenire in sede ad una Amministrazione esistente il potere di sanzionare ogni altra Amministrazione per una così ampia gamma di ipotesi.
· ridefinire e semplificare i procedimenti amministrativi, in relazione alle esigenze di celerità, certezza dei tempi e trasparenza nei confronti dei cittadini e delle imprese, mediante una disciplina basata sulla loro digitalizzazione e per la piena realizzazione del principio «innanzitutto digitale» (digital first), nonché l’organizzazione e le procedure interne a ciascuna amministrazione:
nel principio in questione si parla espressamente di inversione dell’attuale paradigma: digital first dunque come metodo di procedimento e di organizzazione della Pubblica Amministrazione. Sorprende che il dibattito sui contenuti della Riforma Madia non abbia avuto al centro questo tema. Il Governo è infatti chiamato ad innovare profondamente il procedimento amministrativo ed il Codice dell’Amministrazione Digitale potrebbe, in questo senso, dettare norme che rivoluzionano i temi dell’acquisizione, della gestione e della comunicazione dei documenti tra P.A., cittadino ed impresa. La definizione di “cittadino e impresa” è peraltro certamente da intendersi in senso ampia, tesa ad abbracciare qualsiasi attività economica e professionale e vi è da tenere in conto che il Regolamento UE eIDAS (910/2014), già vigente, contempla norme sul documento elettronico (equivalente del nostro documento informatico) che ne vietano il disconoscimento “per il solo motivo della sua forma elettronica”. E’ dunque ragionevole aspettarsi una riforma di portata generale, tesa appunto a digitalizzare l’intero procedimento amministrativo e prevedere, come si diceva, l’uso della forma cartacea come tecnica residuale di gestione e comunicazione.
· garantire, in linea con gli obiettivi dell’Agenda digitale europea, la disponibilità di connettività a banda larga e ultralarga e l’accesso alla rete internet presso gli uffici pubblici e altri luoghi che, per la loro funzione, richiedono le suddette dotazioni, anche attribuendo carattere prioritario, nei bandi per accedere ai finanziamenti pubblici per la realizzazione della strategia italiana per la banda ultralarga, all’infrastrutturazione con reti a banda ultralarga nei settori scolastico, sanitario e turistico, agevolando in quest’ultimo settore la realizzazione di un’unica rete wi-fi ad accesso libero, con autenticazione tramite Sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale (SPID), presente in tutti i luoghi di particolare interesse turistico, e prevedendo la possibilità di estendere il servizio anche ai non residenti in Italia,
Si tratta di un principio estremamente esteso e di contenuti eterogenei, tanto che per esporlo è preferibile dividerlo in tre parti. La prima parte attiene alla realizzazione ex novo di infrastrutture per la diffusione della banda larga mediante bandi per finanziamenti pubblici che consentano la dotazione della necessaria connettività a scuole, strutture sanitarie e nel “settore turistico” per arrivare agli standard di diffusione di banda previsti dall’Agenda Digitale Europea. E’ interessante la previsione che la diffusione di banda sia anche a favore del settore turistico. Quest’ultimo settore può essere interpretato come comprendente le strutture alberghiere, culturali, di ristoro e ricreative turistiche – ma, anche come comprendente le località e le parti del territorio oggetto di turismo, nelle quali la diffusione della banda larga certamente propizia sia i flussi turistici internazionali e nazionali, sia la creazione di infrastrutture che li possano gestire (è infatti ormai necessario disporre di connettività per poter gestire i contatti con i turisti ed i turisti domandano connettività dove arrivano). Si tratta dunque di una infrastrutturazione che, almeno sulla carta, dovrebbe interessare amplissime parti del territorio e delle imprese. Resta da vedere come si concilierà questo con la previsione che l’accesso al wi-fi avvenga via SPID, credenziale di cui i turisti stranieri non saranno certo dotati. Sembrerebbe ragionevole prevedere che al wi-fi diffuso a fronte della norma in questione l’accesso possa avvenire via SPID ma non sia questa l’unica modalità possibile, prevendendo così credenziali temporanee speciifiche per il turista residente temporaneo. In mancanza, il turista non italiano e munito di SPID sarebbe escluso dalla banda larga per fini turistici e già si possono immaginare le polemiche per musei e piazze con wi-fi “riservato SPID”. Si ricordano esperienza passate di identificazione obbligatoria tramite cellulare per accedere a wi-fi pubblico, anche dove non vi era copertura cellulare, con il risultato che la copertura era inutilizzabile. Proprio questo tipo di problemi andrebbe risparmiato ai turisti e cittadini che utilizzino la prossima generazione di wi-fi pubblico. Di estremo rilievo anche la previsione a favore di bandi per la infrastrutturazione delle scuole, sulla quale il MIUR sembra essersi già portato avanti con il Piano Scuola Digitale.
· (seconda parte) …prevedendo che la porzione di banda non utilizzata dagli uffici pubblici sia messa a disposizione degli utenti, anche non residenti, attraverso un sistema di autenticazione tramite SPID;
proseguendo nell’esame del principio in questione, si nota come esso contempla sia ulteriori norme sul wi-fi pubblico, prevedendo che tramite SPID sia resa disponible anche l’eccedenza di banda degli uffici pubblici. Questo tipo di wi-fi potrebbe, a differenza di quello turistico, effettivamente essere riservato ai cittadini muniti di SPID in quanto si può presumere che gli utenti nei pressi di un ufficio pubblico siano comunque cittadini in grado di procurarsi una identitità digitale e, con ogni probabilità la capacità di banda così ottenibile sarebbe non adeguata ad un uso generalizzato, anche da parte di turisti che potrebbero avere necessità intensive. Vi sono poi da tenere in conto maggiori necessità di sicurezza in quanto i sistemi che erogherebbero la banda sono comunque i sistemi informativi delle PA e non sistemi dedicati al solo wi-fi e anche questo supporta la considerazione che solo gli identificati SPID potranno accedere.
· (terza parte) …garantire l’accesso e il riuso gratuiti di tutte le informazioni prodotte e detenute dalle amministrazioni pubbliche in formato aperto, l’alfabetizzazione digitale, la partecipazione con modalità telematiche ai processi decisionali delle istituzioni pubbliche, la piena disponibilità dei sistemi di pagamento elettronico nonché la riduzione del divario digitale sviluppando le competenze digitali di base;
La terza parte del principio prevede contenuti che appaiono sinergici a quelli oggetto del più volte annunciato FOIA (il Freedom of Information Act), che, tuttavia, appare più compiutamente previsto all’art. 7 della Legge di Riforma della PA e che comunque potrebbe essere oggetto di normativa specifica anche esterna alla Riforma della PA. Sembrerebbe dunque che questo principio riguardi quella parte di norme che dovrebbero comunque essere contenute nel CAD per garantire un generale principio di accessibilità e riuso delle informazioni prodotte dalle PA. In base a tale principio ogni Amministrazione (e cittadino) che ne avesse necessità dovrebbe poter accedere ed utilizzare i documenti online e le informazioni prodotte da una PA, anche per evitare duplicazioni e ridondanze (si pensi al caso del cittadino che produce ad una Amministrazione evidenze che sarebbero desumibili dal sito di un’altra Amministrazione). Da notare inoltre la previsione di una maggiore intensificazione dell’uso dei sistemi di pagamento elettronico (si veda anche ulteriore principio tra quelli seguenti al riguardo), a quanto pare non limitati ai soli pagamenti da/verso la PA. A livello generale vi infatti la previsione di azioni, contenute nel CAD, tese a formare i cittadini all’uso delle tecnologie digitali. D’altra parte la previsione di una sostanziale obbligatorietà dell’uso delle tecnologie digitali nella prevalenza dei processi e procedimenti della PA non può che andare di pari passo con l’aumento della consapevolezza ed esperienza dei cittadini nell’uso di tali tecnologie e con la disponibilità, per quelle particolari categorie che siano per particolari motivi, impossibilitati a farne uso personalmente, di strumenti per accedervi in via mediata/con assistenza.
· coordinare e razionalizzare le vigenti disposizioni di legge in materia di strumenti di identificazione, comunicazione e autenticazione in rete con la disciplina di cui all’articolo 64 del CAD e la relativa normativa di attuazione in materia di SPID, anche al fine di promuovere l’adesione da parte delle amministrazioni pubbliche e dei privati al predetto SPID;
· favorire l’elezione di un domicilio digitale da parte di cittadini e imprese ai fini dell’interazione con le amministrazioni, anche mediante sistemi di comunicazione non ripudiabili, garantendo l’adozione di soluzioni idonee a consentirne l’uso anche in caso di indisponibilità di adeguate infrastrutture e dispositivi di comunicazione o di un inadeguato livello di alfabetizzazione informatica, in modo da assicurare, altresì, la piena accessibilità mediante l’introduzione, compatibilmente con i vincoli di bilancio, di modalità specifiche e peculiari, quali, tra le altre, quelle relative alla lingua italiana dei segni;
I principi in questione possono essere letti in abbinamento: l’identità digitale SPID era stata già istituita dal Decreto Sviluppo-bis, che aveva già modificato il CAD, e regolata da un DPCM attuativo ma durante l’anno di sviluppo della soluzione possono essere emerse esigenze di messa a sistema della norma in maniera da assicurarne la piena effettività. E’ per tale motivo che il Ministro della Funzione Pubblica ha più volte, a partire dal convegno di Venaria Reale, annunciato l’attuazione della Carta della Cittadinanza Digitale come “Decreto PIN Unico”, perché, nella pratica, SPID nelle intenzioni (e nelle norme) è destinata a diventare il portale d’accesso, il biglietto da visita della PA verso il cittadino e dunque ad essere identificata con la “nuova” PA digitale. E’ peraltro notizia recente che i primi gestori dell’identità sono stati accreditati da Agid, dunque tutto sembra pronto. Resta da vedere come le nuove norme potranno promuovere l’utilizzo di SPID da parte di amministrazioni e privati. Il modo più semplice sembrerebbe quello di prevederne – come è già stato fatto – la necessità per accedere ai servizi, ulteriori modalità potrebbero essere quelle di dotare alcune categorie di SPID – ma tale processo potrebbe scontare ostacoli di legittimità essendo comunque la distribuzione delle SPID attività svolta da privati in concorrenza – o di prevedere modalità semplificate per l’ottenimento/identificazione da parte chi sia già in possesso di certificati digitali di firma, ad esempio diffusi tra imprese e professionisti e alcune categorie di dipendenti pubblici. Altre modalità che si potrebbero immaginare leggendo i principi della delega potrebbero consistere nell’abbinare l’identità SPID al domicilio digitale, se questo fosse reso finalmente effettivo ed efficace come prevede il principio. In tal modo il cittadino che avesse l’identità SPID potrebbe avere un punto di accesso su una sorta di portale (Italia Login?) dove trovare tutte le comunicazioni di proprio interesse provenienti dalla PA ed eleggere in tal modo il domicilio digitale. Naturalmente tale procedura dovrebbe essere resa tecnicamente compatibile con la struttura tecnica della nuova anagrafe digitale ANPR , la quale – ad oggi – prevede solo l’indicazione di un indirizzo di PEC quale domicilio digitale (peraltro con procedura non chiara ed anche da definirsi). Anche soltanto la effettività del domicilio digitale PEC, per coloro che lo desiderassero, rivoluzionerebbe il rapporto cittadino-PA, con la Pubblica Amministrazione che sarebbe a quel punto obbligata ad effettuare qualsiasi comunicazione in digitale e non più in carta e dunque il combinato dei due principi in questione è un punto di forte riforma e grande innovazione della delega e, si auspica, dei decreti che verranno.
· razionalizzare i meccanismi e le strutture deputati alla governance in materia di digitalizzazione, al fine di semplificare i processi decisionali;
· ridefinire le competenze dell’ufficio dirigenziale di cui all’articolo 17, comma 1, del CAD, con la previsione della possibilità di collocazione alle dirette dipendenze dell’organo politico di vertice di un responsabile individuato nell’ambito dell’attuale dotazione organica di fatto del medesimo ufficio, dotato di adeguate compe- tenze tecnologiche e manageriali, per la transizione alla modalità operativa digitale e dei conseguenti processi di riorganizzazione finalizzati alla realizzazione di un’amministrazione digitale e aperta, di servizi facilmente utilizzabili e di qualità, attraverso una maggiore efficienza ed economicità;
Si tratta di principi volti a semplificare a rendere effettivi i meccanismi decisionali a presidio della digitalizzazione dell’Amministrazione, attualmente caratterizzati da duplicazioni di competenze, organi previsti per Legge ma non attivi, organi attivi e nominati ma privi di poteri, scarsa chiarezza sui processi decisionali (basti pensare al fatto che tutte le decisioni fanno capo ad una “Cabina di Regia” presso la Presidenza del Consiglio che non è mai stata formalmente istituita e non si è mai riunita). Allo stesso modo la riforma dovrebbe (finalmente) garantire effettività e poteri all’ufficio dirigenziale presso ogni Amministrazione a presidio della digitalizzazione dei processi e modalità operative, garantendo un presidio e referente locale agli organi che, centralmente, supervisioneranno l’attuazione della riforma.
· adeguare il testo delle disposizioni vigenti alle di- sposizioni adottate a livello europeo, al fine di garantirne la coerenza, e coordinare formalmente e sostanzialmen- te il testo delle disposizioni vigenti, anche contenute in provvedimenti diversi dal CAD, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e si- stematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo e coordinare le di- scipline speciali con i princìpi del CAD al fine di garan- tirne la piena esplicazione;
· adeguare l’ordinamento alla disciplina europea in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche;
non va dimenticato – e vale soprattutto per i critici della digitalizzazione spinta – che molte delle norme che il Governo è chiamato ad attuare promanano da regolamenti europei già vigenti ed obbligatori. Non si tratta dunque di andare in avanscoperta o di attuare processi che altri Stati ignorano, ma di seguire obblighi cui tutti gli Stati europei si stanno conformando e che, se non attuati, porrebbero i nostri procedimenti amministrativi fuori dalla compatibilità con le procedure degli altri Stati membri. Ciò comporta la necessità di adeguamento urgente della normativa. Basti pensare che l’identità digitale potrà avere validità presso ogni Amministrazione europea, così come la nuova “firma elettronica”, così come gli istituendi servizi di Recapito Elettronico Certificato, la cui validità come “raccomandata digitale” è paneuropea.
· prevedere che i pagamenti digitali ed elettronici effettuati con qualsiasi modalità di pagamento, ivi incluso l’utilizzo per i micropagamenti del credito telefonico, costituiscano il mezzo principale per i pagamenti dovuti nei confronti della pubblica amministrazione e degli esercenti servizi di pubblica utilità;
L’ultimo tra i principi evidenziati si spiega da solo: da notare che si parla di qualsiasi modalità di pagamento elettronico e si menziona espressamente il credito telefonico come mezzo per i micropagamenti. Dunque la pubblica amministrazione dovrà interoperare con ogni sistema che consenta di inviare validamente pagamenti in valuta corrente. Al riguardo si può già immaginare che vi sarà dibattito sui pagamenti in criptovalute diverse dall’Euro (es. bitcoin) i quali, essendo non assimilati ai pagamenti in Euro per recente giurisprudenza, potrebbero non soddisfare le norme civilistiche sulla valuta in cui i pagamenti devono essere espressi, in mancanza di esplicita norma al riguardo. Allo stato si può immaginare che i sistemi oggetto dell’azione derivante dal principio sui pagamenti saranno tutti quelli che consentono di attuare un trasferimento bancario o equivalente in Euro. Da notare inoltre che la prossima attuazione della Direttiva PSD2 sui sistemi di pagamento amplierà probabilmente di molto le tecnologie e la platea dei soggetti in grado di gestire i pagamenti verso la PA. In sostanza, combinando la norma sui pagamenti alle tecnologie di SPID possiamo immaginare che la grande parte delle operazioni di accesso, gestione documentale e pagamento potranno (o dovranno) avvenire in via telematica a seguito della attuazione della riforma.
Si prepara, insomma, un 2016 all’insegna della PA digitale.