Il 2016 si apre tra polemiche per i veri o presunti casi di malasanità, e per i veri o presunti tagli alle spese delle regioni. In realtà se innegabili sono i problemi del nostro Sistema Sanitario, altrettanto innegabili sono i segnali positivi di un possibile rilancio. Dopo anni di tagli la legge di stabilità non riduce il Fondo Sanitario Nazionale che viene consolidato a 111 Mld: 2,1 in meno di quanto promesso alle regioni con il patto per la salute, ma comunque più dello scorso anno. Sempre nella legge di stabilità sono previste nuove norme e concorsi straordinari per sbloccare le assunzioni di medici, infermieri e personale tecnico sanitario la cui carenza stava mettendo in crisi un numero elevato di strutture. Che sia la tanto auspicata svolta? L’inversione di tendenza rispetto al processo di declino che ha stritolato in questi anni il nostro Sistema Sanitario Nazionale?
In realtà i problemi che affliggono il nostro sistema sono così gravi e strutturali che una vera svolta che porti verso una Sanità moderna e sostenibile non può che passare attraverso l’avvio di un processo di rinnovamento organizzativo e tecnologico vero e profondo. Alcune regioni – come ad esempio Lombardia, Toscana e Friuli Venezia Giulia – hanno avviato riforme importanti che mirano a superare la frammentazione e migliorare la continuità assistenziale spostando le cure verso il territorio; a livello nazionale, tuttavia, il sistema rimane frammentato e privo di un disegno organico comune. E’ cresciuta la consapevolezza della necessità di modernizzare il sistema e questo si è tradotto in una maggior spesa per tecnologie digitali – aumentata del 17% secondo l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano – e in una centralità del sistema salute nell’ambito del piano di crescita digitale del governo. Oggi però, parafrasando il rapporto dell’Osservatorio, si fa ancora fatica a passare “dai patti ai fatti” e mentre la carenza di governance ed l’incertezza normativa si traduce in ritardi e potenziali incoerenze nell’attuazione dei piani, le nuove norme sul procurement volute dall’ANAC rischiano di soffocare sul nascere l’innovazione.
Possiamo dunque dire che se il 2015 è stato un anno di presa di consapevolezza, il 2016 deve rappresentare l’anno della reale svolta. Ci sono tre buoni motivi perché questa svolta debba avvenire ponendo al centro l’innovazione Digitale:
La qualità del nostro Sistema Sanitario italiano è in declino e questo rischia di minare l’equità sociale e il senso di sicurezza e fiducia nello stato dei cittadini. L’opinione pubblica e gli operatori stessi del sistema percepiscono una crescente inadeguatezza del nostro sistema sanitario e da fonti autorevoli vengono segnali di un progressivo deperimento della qualità della cura che non possono essere trascurati. Secondo l’Euro Health Consumer Index dal 2010 al 2014 l’Italia è passata dal 15° al 22° posto dei 34 censiti a livello Europeo: siamo in particolare tra i peggiori Paesi europei riguardo prevenzione, gestione dei pazienti anziani sul territorio e possibilità di offrire cure di nuova generazione. Dal “Bilancio di sostenibilità del Welfare italiano” del Censis e dalle ricerche delle associazioni dei consumatori per il forum Ania-Consumatori emerge come nel 41,7% dei nuclei familiari, almeno una persona rinunci alle prestazioni sanitarie a causa delle lunghe liste d’attesa e dei costi elevati. Secondo l’ultimo rapporto dell’OCSE, infine, l’aspettativa di vita in buona salute all’età di 65 anni in Italia è tra le più basse nei paesi OCSE, con 7 anni senza disabilità per le donne e circa 8 anni per gli uomini. Si tratta di segnali incontrovertibili che vanno compresi e affrontati mettendo da subito mano ad una radicale modernizzazione del sistema.
La spesa sanitaria reale, quella a carico della collettività nel suo insieme, è destinata a crescere determinando la tenuta o meno dei bilanci pubblici e di quelli delle famiglie. In un Paese con una popolazione sempre più anziana, e per di più non in buona salute, i costi di cura sono destinati a crescere e comunque risultano in larga parte non programmabili e non comprimibili. Oltre un certo limite tagliare la spesa sanitaria pubblica serve solo a buttare sulle spalle delle famiglie gli oneri delle cure rendendo il sistema ancora più iniquo ed inefficiente. Secondo l’ultimo Rapporto pubblicato dall’OCSE la spesa sanitaria pro capite in Italia è in discesa per il terzo anno consecutivo e risulta ampiamente al di sotto della spesa di alti Paesi OCSE ad alto reddito: nel 2013 si sono spesi 3.077 dollari pro-capite, pari all’8,8% del PIL, che ci collocano al 18° posto sui 34 Paesi OCSE, dietro a Germania (11%), Francia (10,9%), Grecia (9,2%) e Portogallo (9,1%). In questa situazione l’unica leva in grado di garantire la sostenibilità economica futura è l’innovazione, posporre gli investimenti in modernizzazione è un falso risparmio, è un po’ come non fare manutenzione a una vettura, dobbiamo essere consapevoli che ciò porterà a oneri e disagi assai maggiori nel futuro.
La Salute è uno dei più importanti settori economici, in grado da solo di influenzare lo sviluppo e l’attrattività del sistema Paese. Il settore della Salute produce oggi 98 miliardi di valore aggiunto annuo ed è cresciuto dal 2000 al 2011 a tassi del 21%, e anche nei successivi anni di crisi economica ha mantenuto un tasso di crescita di circa il 4% annuo. Il numero totale degli occupati potrebbe aumentare dai 2,5 milioni stimati nel 2012 a circa tre milioni previsti per il 2020. L’indotto sociale ed economico di questo settore è così importante che meriterebbe di essere tutelato e sviluppato con politiche industriali, fiscali, educative e di innovazione adeguate. Oggi viceversa, con un sistema poco moderno e performante come il nostro, rischiamo che la globalizzazione in atto con la liberalizzazione delle cure transfrontaliere si trasformi in una pesante minaccia. Dando la possibilità ai cittadini europei di farsi curare in altri Paesi a spese del proprio Servizio Sanitario Nazionale, la cosiddetta “Schengen della Salute” mette di fatto i Sistemi Sanitari dell’Unione Europea in competizione tra loro. In assenza di un rilancio del settore un gran numero di cittadini italiani tenderanno a spostarsi oltre-confine per ricevere un’assistenza di qualità, con conseguente emorragia di denaro pubblico e declino di un settore fondamentale dal punto di vista economico, sociale e occupazionale. Già oggi con un sistema di fatto chiuso la bilancia complessiva è pesantemente passiva, con la liberalizzazione rischiamo un’emorragia di costi. Occorre ricordare che la propensione alla mobilità per le cure degli Italiani è piuttosto elevata se si pensa che la mobilità passiva interregionale è pari a 3,7 Mdi/anno. In futuro rischiamo quindi di “importare servizi di cura” pesantemente dagli altri Paesi europei, subendone un danno economico e sociale elevatissimo. Basti vedere quanto accaduto con la mobilità tra interregionali: regioni come la Sicilia o la Calabria hanno subito in questi anni enormi costi per rimborsare prestazioni sanitarie erogate ai propri cittadini presso strutture sanitarie delle regioni del nord, di cui in questo modo hanno sostenuto lo sviluppo economico e scientifico. In una società sempre più mobile e globale una Sanità efficiente determinerà la capacità del nostro Paese e delle nostre regioni di attrarre e mantenere talenti, risorse e attività economiche sul territorio.
Si tratta di tre buoni motivi per affermare che quello della Salute è un settore troppo strategico per essere trattato alla stregua di una spesa improduttiva da tagliare. Alle nuove sfide si può e si deve fare fronte nel 2016 attraverso una trasformazione vera e profonda del modello di cura che sfrutti appieno le potenzialità del digitale: Fascicolo Sanitario Elettronico, Servizi Digitali ai Cittadini, Telemedicina e Cartella Clinica Elettronica sono altrettanti “treni” di opportunità che stanno passando adesso e non possiamo e non dobbiamo perdere.