Ci sono dei broker che alimentano il mercato delle false recensioni su Amazon. Bene sapere che è un reato a vari livelli.
Amazon ora infatti presenta due denunce in Italia: sono le prime in Europa. Negli Stati Uniti, invece, le azioni legali hanno bloccato il mercato dei servizi di boosting delle recensioni.
Recensioni false su Amazon: broker su Telegram
Il fenomeno del boosting illecito consiste nel far fare recensioni false, o comunque non genuine, verso un corrispettivo, per far salire un prodotto nel ranking di Amazon (o di latri ecommerce o piattaforme: il fenomeno si è visto anche su Tripadvisor, ad esempio).
Dato che non necessariamente il prodotto recensito meglio e di più con questo sistema è anche il migliore, Amazon rischia la perdita di fasce di mercato a favore di soggetti che selezionano in modo più efficace i prodotti che vendono.
Non solo: la condizioni di utilizzo vietano espressamente questo modo di far “salire” i prodotti in classifica.
Amazon doveva, quindi, fare qualcosa per interrompere il commercio di recensioni pagate dai produttori.
Troppe recensioni false su Amazon (e non solo): come riconoscerle
La denuncia per recensioni false su Amazon
Mentre in Spagna Amazon si è esposta con una causa civile verso un soggetto ben identificato, in Italia ha depositato una denuncia – forse una querela, dato il reato ipotizzato di truffa- contro un soggetto di cui non è stata divulgata l’identità o la ragione sociale.
Sarà la Procura della Repubblica di Milano a svolgere le indagini che, però, non si preannunciano semplicissime: si parla di circa 11.000 siti web e gruppi o canali social (spesso Telegram) su cui gli utenti possono vendere una recensione a cinque stelle verso un corrispettivo in denaro o per uno dei prodotti recensiti.
I reati per le recensioni comprate
I reati ipotizzati sono molteplici, ma quello più ovvio ed immediato da ipotizzare è il delitto di truffa, eventualmente aggravato.
Personalmente trovo l’ipotesi suggestiva, perché bisognerebbe ipotizzare la sussistenza in concreto dei tre elementi strutturali del reato: ossia induzione in errore, ingiusto profitto e altrui danno, almeno per quanto riguarda il lato dell’utente medio.
Se guardiamo il lato dell’utente, non necessariamente le cinque stelle inducono all’acquisto di un bene che, in relazione al suo prezzo, non ha quel valore e non funziona come dovrebbe.
Se guardiamo all’ingiusto profitto, l’acquisto del bene non per forza determina un depauperamento del patrimonio dell’utente, che acquista un bene che, verosimilmente, ha il valore del prezzo che viene pagato.
Parallelo ragionamento si può fare per il danno ingiusto: se compro un bene, che funziona ed ha il valore del prezzo pagato, non c’è danno.
Quello che viene leso, semmai, è un bene giuridico che la Cassazione ha spesso ritenuto irrilevante sul piano penale, ma ipoteticamente idoneo a far sorgere una controversia civile: ossia la libera determinazione a contrarre, tutelata dagli articoli 1337 e 1338 del Codice civile.
Il discorso cambia se i prodotti venduti con questo sistema hanno un rapporto qualità prezzo scarso o se la qualità del prodotto è effettivamente bassa: in questo caso anche l’utente sarebbe parte lesa.
Più verosimilmente, i soggetti su cui le recensioni false hanno impatto – e sono soggetti a tutela penale – sono i concorrenti di chi le utilizza e la piattaforma stessa.
Il danno per i concorrenti è evidente: si induce in errore – ma è difficile dimostrarlo – l’utente con le recensioni false e si erodono fasce di mercato ai competitors.
La piattaforma, invece, patisce un danno di immagine diretto non solo con gli utenti, ma anche con i fornitori: in questo senso anche i termini dell’induzione in errore sono più sfumati.
Non sono ipotizzabili le aggravanti della minorata difesa o dei motivi futili, semplicemente perché mancano i requisiti legali minimi: l’utente medio può reclamare ad Amazon e può controrecensire ed ha, quindi, difesa.
Il movente economico, poi, non è mai futile ed abietto per definizione (e pacifica giurisprudenza della Cassazione)
Chi scrive ritiene, in modo forse eretico, che la fattispecie rientri più nel contesto applicativo dell’articolo 640 ter del Codice penale, ossia la frode informatica.
Questo perché la fattispecie punisce anche chi interviene senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico.
Amazon opera tramite un sito internet, le recensioni false sono effettuate contro le condizioni di contratto ed utilizzo ed alterano le informazioni sui prodotti messi in vendita.
Quindi vi è un’alterazione effettuata senza diritto su un sito internet: la frode informatica, quindi, sembra integrata pienamente, e l’ipotesi di reato pare molto più solida della fantasiosa truffa aggravata.
Nei primi commenti alla notizia si è ipotizzato anche il reato di turbata libertà dell’industria e del commercio (articolo 513 del Codice penale) per cui “Chiunque adopera violenza sulle cose ovvero mezzi fraudolenti per impedire o turbare l’esercizio di un’industria o di un commercio è punito, a querela della persona offesa, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032”.
Il punto è che la frode informatica è più grave della turbata libertà dell’industria e del commercio che, quindi, dovrebbe essere “assorbita” dalla prima (per il principio di specialità delle norme penali).
Rischia anche chi fa la recensione?
Per quanto il singolo soggetto che ha scritto una recensione a cinque stele verso corrispettivo sia, in astratto, punibile in concorso con chi effettua il servizio di brokeraggio, è concretamente molto difficile ipotizzare che la Procura della Repubblica di Milano possa perseguire le migliaia di utenti che si sono prestate al traffico di recensioni.
Vero è che oltre al concorso è ipotizzabile il delitto di sostituzione di persona previsto dall’articolo 494 del Codice penale: ma solo nelle ipotesi in cui il soggetto che ha scritto la recensione falsa abbia utilizzato un account altrettanto falso.
Conclusioni
La Procura della Repubblica di Milano potrebbe anche agire rapidamente in via preventiva, sequestrando siti e canali social su cui viene effettuato il commercio illecito di recensioni.
E’ probabile che una singola azione di forza di questo tipo possa bloccare quasi del tutto il fenomeno: anche gli utenti che hanno arrotondato scrivendo recensioni false, a quel punto, difficilmente continuerebbero, considerando il rischio di procedimento penale.
Sarà interessante, comunque, verificare l’ipotesi di reato che verrà – o meno – contestata: i rapporti tra truffa e frode informatica sono ancora oggetto di indagine scientifica e giurisprudenziale tra gli addetti ai lavori.