Dopo il boom del 2021, il fenomeno delle cessioni di opere con NFT sembra aver rallentato, ma l’uso dei Non Fungible Token nel mondo dell’arte non si è certo fermato.
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Sono ancora molte le incertezze sul piano normativo sull’utilizzo di NFT nel mondo dell’arte, così come i falsi miti da sfatare e le convinzioni erronee di acquirenti e “mintatori”, tra cui, ad esempio, quale sia l’effettivo contenuto dell’acquisto di un NFT e se si possa parlare di veri e propri certificati di autenticità. Questi ed altri temi sono stati al centro della discussione durante la privacy week, tenutasi a Milano dal 26 al 30 settembre, nel panel “NFT nel mercato dell’arte: le opportunità reali dopo la bolla”.
L’NFT è un insieme di metadati che non include l’opera
Per meglio comprendere le implicazioni e le conseguenze delle cessioni in NFT occorre fare un passo indietro, per sgomberare il campo da ogni equivoco: il non fungible token non include l’opera o il contenuto digitale a cui è associato.
Un non fungible token, o NFT dir si voglia, è in estrema sintesi un insieme di metadati, che include un codice identificativo univoco del bene digitale cui si riferisce, e che può essere scambiato per mezzo di smart contract. Tali metadati potranno eventualmente indicare anche la localizzazione del bene digitale cui si riferiscono ed includere un link ad esso: quest’ultimo, tuttavia, resterà custodito su altri supporti o spazi di archiviazione.
Analogo discorso vale in caso di utilizzo di NFT in relazione a beni “fisici”, posto che il non fungible token può riferirsi ad un bene nativo digitale, ma sembra poter essere efficacemente associato anche ad un bene fisico appositamente digitalizzato.
Dunque, se nella circolazione di un NFT ogni operazione resterà tracciata ed impressa in blockchain, il bene a cui un NFT è associato non sarà materialmente all’interno del token, ma verrà solo richiamato ed eventualmente localizzato dal token.
L’acquisto di NFT non include automaticamente i diritti d’autore
Quanto all’oggetto della cessione, sarà in ogni caso necessario avere riguardo ai termini e condizioni della piattaforma utilizzata ed alle clausole relative all’oggetto della cessione, oltre che all’annuncio di vendita di ciascun token (che potrebbe esprimersi al riguardo, come spesso avviene ad esempio nel settore degli NFT musicali). Ma occorre altresì ricordare che in linea di principio l’acquisto di un NFT non porta con sé automaticamente la titolarità degli eventuali[1] diritti d’autore sul bene collegato.
Ai sensi dell’art. 109 l. aut., infatti, con la cessione di uno o più esemplari dell’opera non sono trasmessi anche i diritti di utilizzazione economica, salva la diversa pattuizione delle parti.
Può essere d’aiuto sul punto ricordare la distinzione tradizionale tra corpus mysticum, ossia l’opera intesa quale bene immateriale, che spetta all’autore in virtù della creazione dell’opera stessa, e corpus mechanicum, ossia gli esemplari dell’opera, l’oggetto materiale in cui l’opera è espressa o riprodotta. Nel caso di specie, anche eventualmente in formato digitale[2], posto che il non fungible token consente di identificare univocamente tutti e gli unici file-originali dell’opera digitale, limitandone in tal modo la riproducibilità.
In altri termini, così come avviene comprando un libro, un dipinto o una scultura nel mondo analogico, con l’acquisto di un NFT non si acquisterebbero automaticamente anche i diritti di utilizzazione economico dell’opera da esso richiamata, che resteranno in capo al titolare ove non espressamente trasferiti.
Tali diritti esclusivi comprendono, il diritto di pubblicare l’opera, di riprodurla, di diffonderla e comunicarla al pubblico, di distribuirla e metterla in commercio, di modificarla, elaborarla o trasformarla e in generale, per usare la terminologia della legge, di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo.
Ne consegue che l’acquirente del non fungible token, in mancanza di autorizzazione da parte del legittimo titolare e salvo quanti previsto dai T&C ove si sia fatto uso di una piattaforma per lo scambio di NFT, non potrà lecitamente esercitare tali facoltà.
A titolo esemplificativo, sembra interessante richiamare le condizioni contrattuali della casa d’asta Christie’s che regolavano la vendita dell’ormai nota opera “Everydays: The First 5000 Days” di Beeple e che chiarivano come con l’NFT non si sarebbe acquistato alcun diritto ulteriore rispetto alla proprietà dell’opera d’arte digitale in esso incorporata.
L’integrazione dei diritti con gli smart contract
Ciò non esclude che uno o più dei citati diritti di utilizzazione economica possano essere ceduti all’acquirente di un NFT, ma sarà necessaria un’espressa pattuizione in tal senso. In attesa che ciò divenga possibile by design (dato il contenuto ancora estremamente essenziale degli smart contract), occorrerà ingegnarsi per trovare il modo di integrare tali pattuizioni con lo smart contract ed i meccanismi di circolazione degli NFT, dovendo in alternativa scontare l’inconveniente di una circolazione parallela dei diritti, in parte su blockchain ed in parte secondo sistemi tradizionali.
Ad ogni buon conto, posto che la legge richiede la prova scritta della trasmissione dei diritti patrimoniali d’autore, utilizzando i non fungible token sembra potersi ridurre il rischio di contenzioso con riguardo ai diritti effettivamente ceduti, potendo garantire una registrazione trasparente ed immutabile dell’oggetto della cessione nella blockchain.
Non sarà invece possibile il trasferimento dei diritti morali dell’autore, a tutela della paternità delle opere e volti ad impedire alterazioni dell’opera che possano arrecare pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.
Sarà in ogni caso onere dell’acquirente appurare quali diritti sono oggetto della cessione, eventualmente anche verificando la catena delle transazioni precedenti, posto che, laddove l’acquirente dovesse esercitare una o più di tali facoltà, in assenza del relativo trasferimento, potrebbe incorrere in violazioni di diritti altrui.
Casi celebri di citazioni in giudizio
Non si deve dimenticare, al contempo, che anche il soggetto “mintatore”, ossia colui che crea e mette in circolazione l’NFT, sarà tenuto a verificare i diritti di cui è titolare e la propria legittimazione a disporne: Si eviterà così di trovarsi in situazioni simili a quelle che hanno riguardato: R-A-F Records e Damon Dash, per il minting da parte di quest’ultimo dell’album Reasonable Doubt di Jay-Z; Quentin Tarantino, citato in giudizio da Miramax per l’annuncio di un’asta di sette scene inedite, sottoforma di NFT, della sceneggiatura di Pulp Fiction; o ancora la piattaforma Hitpiece.com, marketplace di NFT musicali dedicati ad artisti o loro album, lanciato in versione beta nel dicembre del 2021 e presto messo offline a seguito delle contestazioni di Recording Industry Association of America (RIAA).
Il dubbio sul certificato di autenticità
Essendo il sistema decentralizzato, infatti, non vi è un vero e proprio controllo circa la legittimazione a disporre dei relativi diritti e in generale circa la veridicità delle informazioni “mintate” con l’NFT e, per converso, potrebbero riscontrarsi difficoltà sul piano della tutela, per il diffuso anonimato degli utenti delle piattaforme di scambio di NFT, ma anche per i limiti tecnologici ai possibili interventi volti a ristabilire la situazione di diritto, una volta mintato l’NFT.
Si dubita dunque che un NFT possa effettivamente costituire un certificato di autenticità di quanto in esso incluso o richiamato, mentre invece sembra essere più idoneo a garantire la catena delle transazioni che lo riguardano ed a tenere efficacemente traccia della circolazione dello stesso e dunque delle vendite avvenute, del valore scambiato e dei soggetti coinvolti (sebbene spesso anonimi o pseudonimi), con interessanti vantaggi sul piano della certezza del diritto.
Non solo, identificando in maniera univoca un file o una serie limitata di “oggetti digitali”, un NFT potrebbe più realisticamente costituire un certificato di “unicità” o “scarsità” rispetto al file ad esso associato, potendo in qualche modo traslare su un bene digitale (normalmente infinitamente ed indistinguibilmente riproducibile) caratteristiche tipiche di beni fisici.
Peraltro, guardando a ciò che sta avvenendo sul mercato, l’identificazione del bene-file sembra prevalere sulla fruizione del relativo contenuto (che diviene del tutto eventuale) e ciò sembra aver aperto nuove possibilità e nuovi mercati per artisti e creators, oltre che un rinnovato interesse rispetto alle loro produzioni artistiche, anche grazie alla disintermediazione, rovescio della medaglia della tendenziale decentralizzazione del sistema NFT.
Conclusioni
In definitiva, nonostante le questioni ancora aperte ed alcune incertezze sul piano giuridico, tipiche di ogni fenomeno nuovo ed in rapida evoluzione, le prospettive sembrano incoraggianti, in primis ma non solo nel mondo dell’arte, in considerazione della possibilità di automatizzare molte delle necessarie operazioni attraverso smart contract, di tenere traccia di soggetti e vicende circolatorie di diritti (in via decentralizzata) oltre che del loro momento genetico e, non ultimo, di creare meccanismi di remunerazione automatizzata in favore dei titolari di diritti d’autore, in proporzione ai valori realizzati nella circolazione dell’opera.
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Note
- Si tratta infatti di “oggetti digitali” di vario genere, tra i quali immagini e foto, video, estratti di codice sorgente, testi e musica, opere d’arte digitali, ma anche tweet, domain name, biglietti per concerti o altri eventi, collectible di vario genere, beni fisici e duplicati digitali di beni fisici. ↑
- Cfr. mutatis mutandis anche Cass. n. 19335/2022, che ha qualificato il file esecutivo relativo ad elaborati grafici alla stregua di corpus mechanicum. ↑
- Lettura consigliata: ANNUNZIATA F. – CONSO A., “NFT – L’arte e il suo doppio. Non Fungible Token: L’importanza delle regole oltre i confini dell’arte”, Montabone editore, 2021 reperibile al link: https://www.hoepli.it/libro/nft-l-arte-e-il-suo-doppio/9788832275490.html