La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha definito “storico” l’accordo raggiunto con l’approvazione del Digital Services Package. Lo si può considerare, in effetti, una dimostrazione di come l’Europa, pur con tutte le sue contraddizioni, non perda di vista il suo obiettivo di essere in prima linea nel panorama mondiale del rispetto dei principi democratici, a partire dalla libertà di pensiero, di espressione e d’informazione, per arrivare alla libertà d’impresa.
Prendendo atto che la nostra società è pervasa dalla dimensione digitale, all’interno della quale si estrinsecano, come in un gioco di specchi, tutte le nostre relazioni sociali, politiche, democratiche e perfino economiche e finanziarie, l’Europa ritiene infatti strategico e prioritario provare a governare l’ecosistema digitale, secondo il principio generale per cui “ciò che è illecito offline deve essere illecito anche online“.
Digital services act, passi avanti verso un digitale sostenibile
Non a caso, il legislatore europeo con il nuovo regolamento sui servizi digitali ha operato come previsto dal Green Deal europeo, un immediato cambio di direzione verso una maggiore sostenibilità dell’online. Il vero obiettivo perseguito con il Digital Service Act, infatti, è quello di rendere la comunicazione digitale in tutte le sue dimensioni più trasparente, affidabile, contribuendo al corretto funzionamento del mercato interno dei servizi intermediari, cercando di armonizzare la normativa per ottenere tra l’altro una maggiore protezione dei consumatori.
Tale innovazione normativa al pari del GDPR e, ad avviso di chi scrive, della bozza di regolamento ePrivacy, può essere considerato parte della strategia del mercato unico digitale (strategia DSM), intendendo imporre trasparenza nei contenuti e delle modalità di diffusione del contenuto stesso verso un utente identificato. Alla base delle normative vi è la necessità di arginare la capacità delle big tech di orientare le inclinazioni, le scelte, nonché di diffondere informazioni e talvolta disinformazioni verso cittadini e utenti della Unione Europea.
IL DSA e le responsabilità dei prestatori di servizi digitali
Come anticipato l’aspirazione del nuovo pacchetto normativo è quella di garantire un ambiente online sicuro, prevedibile e affidabile; pertanto, il concetto di “contenuto illegale” dovrebbe rispecchiare ampiamente le norme vigenti nell’ambiente offline. Viene così chiarito che se il prestatore di servizi intermediari deliberatamente collaborasse con un destinatario dei servizi al fine di commettere attività illegali, i servizi non dovrebbero essere considerati come forniti in modo neutro e il prestatore non dovrebbe pertanto poter beneficiare delle esenzioni dalla responsabilità.
Contestualmente viene precisato al considerando n. 56 che il “Regolamento” non fornisce la base giuridica per la profilazione dei destinatari dei servizi, al fine dell’eventuale individuazione di reati da parte dei prestatori di servizi di memorizzazione di informazioni. Quanto predetto al fine di evitare una profilazione generalizzata di Stato sulla prevenzione dei reati che rischia di diventare una pesca a strascico delle opinioni divergenti.
Con il Digital Service Act il legislatore richiede che vengano offerte indicazioni dagli intermediari agli utenti sul come venga identificato il destinatario di uno specifico contenuto, in ragione della sua appartenenza a un certo profilo ogni qualvolta gli venga raccomandato un determinato contenuto, e se del caso, sui principali criteri di profilazione utilizzati. Da notare che viene precisato che le prescrizioni del Digital Service Act si dovrebbero raccordare alle pertinenti disposizioni del GDPR; di conseguenza, tra l’altro i fornitori di piattaforme online non dovrebbero presentare inserzioni pubblicitarie basate sulla profilazione, come definite all’articolo 4, punto 4), del GDPR, utilizzando le categorie speciali di dati personali, più comunemente noti come dati sensibili. E tutto questo a prescindere dalla circostanza che il contenuto in questione sia una pubblicità commerciale, una notizia di attualità o la raccomandazione di un film, di un brano musicale o di un servizio del quale fruire.
Digital services act, la Ue a una svolta: cosa cambia per utenti, aziende e big tech
Algoritmi e trasparenza, verso un digitale più democratico
Certo non sarà facile aprire la scatola dell’algoritmo, difatti c’è un tema di trasparenza generale degli algoritmi e c’è un tema di educazione del cittadino che deve essere messo in condizione di capire cosa c’è dietro i dati che gli vengono continuamente richiesti.
Inoltre, va considerato che i profilatori utilizzano una vasta gamma di tecniche per raccogliere dati, molte delle quali si avvalgono di Intelligenza artificiale, e c’è chi dice in dottrina che gli stessi programmatori non hanno il pieno controllo delle effettive logiche adottate dal software.
Ad ogni modo resta che già il dover:
- indicare in modo chiaro le condizioni di servizio e i relativi requisiti;
- fornire informazioni esplicite sulla modalità di raccomandazione dei contenuti, che potranno comunque essere contestati dagli utenti;
- adottare trasparenza nei sistemi di suggerimento e nelle pubblicità online rivolte agli utenti;
- non utilizzare pubblicità mirata rivolta ai bambini o basata su dati sensibili degli utenti;
- collaborare con le autorità nazionali se richiesto;
- denunciare i reati,
comporta un passo importante verso una maggiore democrazia del digitale in una società immersa nel mondo virtuale, che tende sempre più a contare in modo predominante rispetto al reale che ne resta quasi schiacciato.