i rapporti UNCTAD

I rischi delle criptovalute nei paesi in via di sviluppo e la soluzione nigeriana

La United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD) ha suggerito ai paesi emergenti di adottare una serie di misure volte a disincentivare il ricorso alle criptovalute alla luce dei rischi per la stabilità finanziaria e la sovranità monetaria degli Stati. Ecco cosa ha fatto la Nigeria

Pubblicato il 22 Nov 2022

Federico Gabbricci

ricercatore The Thinking Watermill Society

Crypto-Investing-2021-GP-2

Lo scorso giugno la United Nations Conference on Trade and Development (UNCTAD) ha pubblicato tre rapporti[1] aventi ad oggetto l’utilizzo delle criptovalute nei paesi in via di sviluppo e i possibili rischi che queste possono comportare.

Il “policy brief n.100[2], in particolare, ha avuto modo di evidenziare come negli ultimi tre anni, vi sia stato un aumento nell’utilizzo dei cryptoassets tale che nella classifica mondiali dei venti paesi maggiormente utilizzatori figurano ben quindici developing countries[3].

Un simile stato di fatto ha allarmato l’UNCTAD la quale è preoccupata che il massiccio utilizzo, non regolamentato, di tali strumenti possa portare rischi per la stabilità finanziaria di questi paesi da un lato rendendo meno efficaci gli strumenti di politica monetaria delle banche centrali nazionali se non anche minando la sovranità monetaria stessa degli Stati con una possibile sostituzione de facto della valuta legale con cryptoassets (cryptoization).

Official launch of the eNAIRA by President Buhari

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I suggerimenti dell’UNCTAD volti a disincentivare i cryptoasset

L’Agenzia delle Nazioni Unite ha pertanto suggerito ai paesi emergenti di adottare una serie di misure volte a disincentivare il ricorso a questi nuovi strumenti tra cui:

  • vietare alle istituzioni finanziarie di detenere vendere e promuovere criptovalute;
  • prevedere un obbligo di registrazione per i crypto-exchanges;
  • adottare politiche fiscali sfavorevoli all’utilizzo di questi strumenti;
  • creare sistemi di pagamento digitali pubblici efficienti da contrapporre agli attuali cryptoassets.

Sono molti i paesi in via di sviluppo (e non) che hanno tentato di regolamentare il fenomeno delle criptovalute[4], chi vietandole esplicitamente (Cina, Algeria, Egitto ad esempio); chi vietandole implicitamente, impedendo alle banche, alle istituzioni finanziarie di operare con questi strumenti e di fornire servizi ad essi connessi alla clientela (Bahrain, Libano e Tanzania ad esempio); chi scegliendo di imporre la normativa antiriciclaggio ai crypto-exchanges (tutti i paesi dell’Unione Europea inclusa l’Italia).

A ben vedere, tuttavia le misure regolamentari proposte dall’UNCTAD e quelle adottate da molti Stati difettano di efficacia poiché tentano di normare un fenomeno che per le caratteristiche proprie della decentralizzazione permette di eludere facilmente gli obblighi imposti da un singolo Stato.

Criptovalute, è l’ora della trasparenza regolamentare

Se non puoi batterli, unisciti a loro

E allora forse, non potendo “battere” a livello legislativo tali strumenti la soluzione, potrebbe essere proprio quella di “unirsi a loro” facendo sì che siano gli stessi Stati a fornire una alternativa nei pagamenti digitali ugualmente, se non più efficiente delle criptovalute “private” così da incentivare i cittadini ad utilizzare strumenti di pagamento pubblici.

Idealmente, infatti, se ci concentriamo sugli utilizzi leciti di questi strumenti, possiamo distinguere due tipologie di soggetti che si avvicinano alle criptovalute:

  • chi le acquista come investimento finanziario per guadagnare dalla differenza fra il prezzo di acquisto e di rivendita
  • chi le acquista come strumento di pagamento, per beneficiare dei vantaggi in termini di velocità, affidabilità ed economicità delle transazioni che tali strumenti presentano rispetto ai tradizionali metodi di pagamento.

È proprio a quest’ultima categoria di soggetti che gli Stati dovrebbero rivolgersi fornendo una alternativa statale alle criptovalute.

Una siffatta idea è sostenuta dalla stessa UNCTAD[5] per la quale la creazione di valute digitali statali potrebbe fornire ai cittadini benefici in termini di inclusione finanziaria, economicità e velocità delle transazioni unita ad una maggiore garanzia di affidabilità, (rispetto alle cryptocurrencies tradizionali) data dal fatto che i valori digitali verrebbero garantiti da una Banca Centrale.

Un tale approccio consentirebbe alle banche centrali di mantenere il controllo della politica monetaria e minimizzerebbe i rischi di una possibile cryptoization nei paesi in via di sviluppo.

I rischi della creazione di valute digitali statali

Non si può tuttavia non rilevare come la creazione di valute digitali statali non sia un processo facile poiché queste dovrebbero essere progettate in modo di evitare da un lato che le autorità esercitino un controllo eccessivo sugli utilizzatori di tali valute e dall’altro che le stesse non vengano utilizzate per svolgere attività illecite, beneficiando di uno strumento di pagamento privo di qualsivoglia forma di controllo.

L’esempio della Banca Centrale Nigeriana

La sfida risiede dunque nell’ideare e realizzare un sistema che riesca a bilanciare queste due contrapposte esigenze; a tal proposito si può citare l’esempio della Banca Centrale Nigeriana che per utilizzare la sua valuta digitale, l’eNaira, ha pensato di fornire due diversi wallets, uno con un plafond ridotto di massimo 300 dollari per il cui rilascio non viene chiesta la presentazione di alcun documento di identità ed un altro, che permette di detenere fino a 12.000 dollari, il cui rilascio è condizionato alla presentazione dei documenti di identità.

L’esperimento nigeriano sembra funzionare, dal suo lancio nell’ottobre 2021 l’eNaira ha infatti già registrato transazioni per un valore di 10 milioni di dollari, cifra questa molto ingente se si considera che nel paese il salario minimo mensile ammonta a 66 dollari; sarà interessante continuare a monitorare il fenomeno per studiarne eventuali limiti e criticità ma non è da escludere che l’esperienza africana possa fornire a noi europei preziosi consigli su come portare a compimento lo sviluppo dell’euro digitale.

Note

  1. Rapporto 100, 101 e 102 reperibili al seguente indirizzo https://unctad.org/publications-search?f[0]=product%3A655
  2. UNCTAD, All that glitters is not gold: The high cost of leaving cryptocurrencies unregulated, https://unctad.org/system/files/official-document/presspb2022d8_en.pdf
  3. https://triple-a.io/crypto-ownership-data/
  4. The Law Library of Congress, Regulation of Cryptocurrency Around the World: November 2021 Update, https://tile.loc.gov/storage-services/service/ll/llglrd/2021687419/2021687419.pdf
  5. UNCTAD, Public payment systems in the digital era: Responding to the financial stability and security-related risks of cryptocurrencies, https://unctad.org/webflyer/public-payment-systems-digital-era-responding-financial-stability-and-security-related

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