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Lo streaming fa volare il valore del copyright nell’industria musicale: i dati

Il valore globale del copyright musicale non è mai stato così grande, mentre autori, editori e le CMO stanno vedendo una quota maggiore ora rispetto a quando i CD avevano raggiunto il picco nel 1999. Lo streaming ha spinto al rialzo non solo i ricavi delle case discografiche ma di tutta la filiera dei diritti

Pubblicato il 21 Nov 2022

Enzo Mazza

CEO F.I.M.I. (Federazione industria musicale italiana)

musica 4

Di recente è stata pubblicata una nuova ricerca dell’economista Will Page, ex chief economist di Spotify, noto per il libro “Tarzan Economics”.

Nell’ultimo studio, dove con non poche difficoltà vengono depurati i dati dalle inevitabili sovrapposizioni, emergono numeri molto interessanti in relazione alla crescita del valore complessivo del copyright nell’economia dell’industria musicale.

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Copyright musicale: i numeri di Will Page

Nel 2021, il totale dei ricavi legato al copyright musicale, secondo Will Page aveva un valore di 39,6 miliardi di dollari, molto più dei 25,9 miliardi di dollari riportati nell’IFPI Global Music Report (GMR) come totale del settore discografico dello stesso anno, e in crescita del 18% rispetto al 2020. Le ricadute post-pandemia hanno visto gli abbonamenti dei consumatori e lo streaming finanziato dalla pubblicità continuare a salire, mentre le licenze business-to-business da parte degli organismi di gestione collettiva si sono riprese solo parzialmente.

La parte del leone nella crescita del valore complessivo dei diritti arriva, come è noto, dal segmento discografico, con 19,8 miliardi di dollari nel 2019 saliti a 25,8 miliardi nel 2021. Un effetto trascinamento generato per lo più dalla crescita esplosiva dello streaming musicale. Effetti positivi anche sul segmento delle collecting degli autori ed editori, che, nonostante la crisi dei concerti nel 2020, nel 2021 è tornato quasi ai livelli pre-pandemia anche qui grazie al digitale.

Nel 2001, il valore globale della musica registrata era di 28,3 miliardi di dollari e comprendeva etichette, Società di gestione collettiva (CMO) e ricavi diretti che gli editori raccoglievano all’epoca. Di quella torta, all’epoca solo il 23% era attribuito all’editoria musicale. Ma nel 2020 la torta è cresciuta del 15% per raggiungere $ 32,5 miliardi di cui la quota agli editori è aumentata della metà per raggiungere il 35%.

Nel 2021, lo studio di Will Page ha confermato come lo streaming abbia superato la soglia del 50% sul totale dei ricavi per la prima volta, costituendo la maggior parte del valore del copyright. Nel 2022, secondo le previsioni lo streaming continuerà a costituire una quota maggiore di una torta sempre più grande, nonostante il parziale rimbalzo dei concerti questa quota rappresenterà il 55%.

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La crescita delle opportunità di monetizzazione legate al digitale

L’estensione delle opportunità di monetizzazione legate al digitale sono evidenti in tutti i mercati. Il valore del copyright è destinato ad una crescita costante.

Goldman Sachs ha rivisto al rialzo le previsioni musicali globali 2022/2023 del 7%/5% rispettivamente, e le previsioni al 2030 del 10%, principalmente trainate dall’aumento dell’ARPU dello streaming, dai ricavi da Paesi emergenti, piattaforme e vendite fisiche. Gli analisti prevedono una crescita del +24%/+8% nel 2022/23, che è inferiore di tre punti rispetto al passato a causa dell’impatto di una macroeconomia più debole e della Russia, mentre le previsioni per il 2022-2030 CAGR restano invariate a +9%. Per lo streaming, si prevede un +12% CAGR 2021-30 (vs.+11% precedente), trainato da volumi, prezzi e piattaforme emergenti.

Come giustamente osserva Will Page, se si riuscisse a catturare meglio i ricavi delle società di musica di produzione off-grid come Epidemic Sounds (che MIDIA, una società di consulenza, stima in poco più di un miliardo di dollari) i dati potrebbero evidenziare un’ulteriore crescita.

Piattaforme fai-da-te come Distrokid, TuneCore, EmuBands e molte altre che, collettivamente, generano quasi un dollaro su dieci dai servizi di streaming e oggi sono difficilmente considerate all’interno di questo complesso modello economico che valorizza l’intero mercato del copyright. Non è pertanto impossibile ipotizzare che l’intera economia dei diritti d’autore e connessi nella musica possa sfiorare presto i 40 miliardi di dollari, e molto probabilmente, se non ci fosse stata la pandemia, questa cifra sarebbe già stata raggiunta.

Gli effetti dei nuovi mercati

Le previsioni sulle opportunità di monetizzazioni allo stato possono solo stimare gli effetti di nuovi mercati come, ad esempio gli NFT o nuove piattaforme attive nel web 3.0

Poi c’è la spinosa questione dell’inflazione: un dollaro nel 2001 varrebbe circa 65 centesimi oggi e questo potrebbe ulteriormente risultare in una crescita se considerato a valori costanti. Da notare infatti che, ad esempio, dall’avvento di Spotify negli USA, il valore dell’economia musicale americana è cresciuta dal 26% del 2011 al 38% del 2021 e dato che la misurazione del mercato viene effettuata in dollari questo ha sicuramente inciso sulla crescita della share.

Conclusioni

Will Page giunge così a due conclusioni. Primo: il valore globale del copyright musicale non è mai stato così grande, e le cifre più recenti confermano questo punto. Secondo: gli autori, gli editori e le loro CMO stanno vedendo una quota maggiore ora rispetto a quando i CD avevano raggiunto il picco nel 1999, segno che lo streaming ha spinto al rialzo non solo i ricavi delle case discografiche ma di tutta la filiera dei diritti, crescita peraltro confermata anche dal Global Collection Report di Cisac, la confederazione delle società degli autori ed editori che annunciato un +27.9% a €3.1 miliardi guidati dalla crescita organica dello streaming e dai modelli di abbonamento video on demand (SVOD).

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