L’impiego delle nuove tecnologie e la digitalizzazione hanno cambiato in profondità l’organizzazione produttiva e di mercato nonché il modo stesso di lavorare, mettendo in discussione concetti giuridici consolidati.
Ne consegue che occorrono nuove regole a tutela dei lavoratori per far sì che il modello di diritti e tutele sul quale si fonda il mercato del lavoro in Europa non possa essere messo a rischio da una vorticosa e non controllata digitalizzazione del lavoro.
Come classificare correttamente i lavoratori delle piattaforme digitali
Nuove forme di organizzazione del lavoro, quale il lavoro mediante piattaforme digitali[2], rendono più complesso classificare correttamente i lavoratori come subordinati o autonomi. Ne deriva che alcuni lavoratori possono essere privati di diritti e tutele associati alla condizione di lavoratore subordinato, mentre altri non possono fruire della reale indipendenza garantita dalla condizione di lavoratore autonomo.
Ma non solo: con gli strumenti algoritmici sempre più diffusi nel mondo del lavoro, emergono con sempre maggiore vigore le questioni relative alla sorveglianza, con il monitoraggio degli orari, dei turni e delle ore di lavoro fino ad applicazioni più complesse che riguardano l’assegnazione degli incarichi e il calcolo delle retribuzioni, ma anche i temi dell’uso dei dati, dell’uguaglianza e della discriminazione, e più in generale l’applicazione della gestione algoritmica e la trasparenza dei rapporti.
A complicare il quadro rileva anche la forte eterogeneità della tipologia dei lavoratori coinvolti, oltre che delle diverse tipologie di lavoro interessate, con una forte presenza di “categorie deboli” che meritano attenzione e tutela ed esigono un quadro giuridico chiaro ed uniforme.
La proposta di Direttiva Ue per un miglioramento delle condizioni del lavoro mediante piattaforme digitali
L’impegno verso un miglioramento delle condizioni del lavoro mediante piattaforme digitali era già presente negli orientamenti politici presentati all’inizio del suo mandato dal presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen[3].
Impegno che traspariva già nelle conclusioni di una riflessione del Consiglio, adottata il 13 giugno 2009, sull’evoluzione del mondo del lavoro con le nuove forme di lavoro e le implicazioni per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
La Proposta di direttiva sul “Miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali” COM 2021 761 final (di seguito: Proposta) adottata il 9 dicembre 2021 affronta, in modo organico, i temi connessi al lavoro nel mondo digitale, con l’obiettivo di migliorarne le condizioni e tutelare maggiormente quanti vi operano[4], attraverso il riconoscimento dei loro diritti e delle condizioni di parità di trattamento.
Terminata, prima dell’estate, la fase di consultazione, la Proposta di direttiva con possibili modifiche ed integrazioni dovrà essere adottata dal Parlamento europeo e del consiglio; gli Stati membri avranno due anni di tempo per recepirne le disposizioni nella legislazione nazionale.
Servono più tutele per chi lavora con le piattaforme digitali: ecco quali
I contenuti della Proposta
La Proposta interviene seguendo tre obiettivi:
- garantire la corretta qualificazione giuridica e chiarezza della situazione occupazionale del soggetto che presta la propria attività mediante le piattaforme digitali, anche assicurando l’accesso ai diritti posti a tutela del lavoro, la protezione della salute e della sicurezza compresa la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali;
- affrontare l’uso di pratiche di gestione algoritmica[5] e del loro impatto sulle condizioni di lavoro che, a volte, possono contribuire a celare rapporti di subordinazione sottraendo ai soggetti in tal modo le garanzie cui avrebbero diritto; occorre garantirne l’equità, la trasparenza e la responsabilità;
- migliorare la trasparenza, la tracciabilità e la consapevolezza delle evoluzioni future e migliorare l’applicazione delle norme nei singoli paesi con una attenzione particolare ai casi di rapporti transfrontalieri.
Viene ampliato l’ambito soggettivo di applicazione dei diritti minimi: si applicano a tutti coloro che, nell’ambito dell’Unione, svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali[6] e che hanno instaurato con le stesse, in via di fatto o di diritto, un contratto o un rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore negli Stati membri, tenuto conto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE.
Il luogo in cui si svolge l’attività lavorativa determina l’ambito oggettivo: è del tutto ininfluente il luogo in cui sono stabilite le aziende o in cui il servizio è offerto o fornito al destinatario.
La Proposta fa rinvio agli Stati membri per la definizione di procedure atte a verificare e garantire il corretto inquadramento giuridico del rapporto di lavoro svolto mediante piattaforme digitali, per accertare la sussistenza o meno di una relazione di subordinazione che determina l’applicazione di tutte le tutele giuslavoristiche previste sia dalla legislazione interna che da quella europea.
Accanto al principio, più volte affermato dalla giurisprudenza europea, del primato dei fatti (indipendentemente dal nomen juris utilizzato, la sostanza fattuale del rapporto lavoristico prevale sulla forma giuridica) si affianca la presunzione legale di subordinazione in presenza di almeno due degli elementi espressamente indicati all’art. 4 (retribuzione, regole vincolanti, supervisione, mancata autonomia organizzativa, lavorare per terzi).
Le novità contenute nella proposta
L’elemento fondante e innovativo della proposta è rappresentato dall’aver affrontato il tema nella sua complessità: dalla qualificazione del rapporto di lavoro tramite piattaforma digitale alla gestione algoritmica dei rapporti di lavoro, partendo dalla constatazione (come già visto) che i sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati basati su algoritmi stanno assumendo nelle imprese un ruolo sempre maggiore, arrivando sino a sostituire le decisioni prima assunte dai dirigenti: assegnano compiti, impartiscono istruzioni, valutano il lavoro svolto, offrono incentivi o impongono sanzioni.
Di questa trasformazione, nella gran parte dei casi, i lavoratori spesso non sono consapevoli: non solo non dispongono di informazioni sulle modalità di funzionamento degli algoritmi, ma nemmeno hanno notizia sui quali loro dati personali vengono utilizzati e nemmeno sul modo in cui il loro comportamento incide sulle decisioni prese dai sistemi automatizzati.
Necessariamente, quindi, tale trasformazione deve determinare anche un cambiamento nella struttura delle tutele introdotte dallo Statuto dei lavoratori il cui obiettivo era quello di limitare il potere di controllo del datore di lavoro ai fini della tutela della dignità del lavoratore.
Oggi la Proposta si preoccupa di qualificare ed assicurare la corretta determinazione e qualificazione del rapporto di lavoro, di promuovere la trasparenza, l’equità e la responsabilità nella gestione algoritmica e di migliorare la trasparenza del lavoro mediante piattaforme digitali, anche transfrontaliere e quindi intervenire sui differenti approcci che persistono tra gli Stati membri nella disciplina tra autonomia/subordinazione nel mondo del lavoro come nella regolazione specifica del lavoro tramite piattaforma[7].
Intervento questo sicuramente necessario: a livello UE si registra infatti, la presenza di un elevato numero di procedimenti giudiziari relativamente a tali aspetti, con le conseguenti incertezze e le difficoltà di mantenere condizioni di parità tra gli Stati membri.
L’introduzione del principio di “presunzione legale” di subordinazione, nel caso in cui la piattaforma digitale controlli “l’esecuzione del lavoro” della persona che lo svolge, è strumentale per confermare il principio dell’irrilevanza della qualificazione.
I cinque elementi qualificanti del rapporto di subordinazione
La Proposta definisce i cinque elementi qualificanti del rapporto di subordinazione che configurano, alla presenza di almeno due di loro, un rapporto di subordinazione:
- determinazione effettiva del livello della retribuzione o fissazione dei limiti massimi per tale livello;
- obbligo, per la persona che svolge un lavoro mediante piattaforme digitali, di rispettare regole vincolanti specifiche per quanto riguarda l’aspetto esteriore, il comportamento nei confronti del destinatario del servizio o l’esecuzione del lavoro;
- supervisione dell’esecuzione del lavoro o verifica della qualità dei risultati del lavoro, anche con mezzi elettronici;
- effettiva limitazione, anche mediante sanzioni, della libertà di organizzare il proprio lavoro, in particolare della facoltà di scegliere l’orario di lavoro o i periodi di assenza, di accettare o rifiutare incarichi o di ricorrere a subappaltatori o sostituti;
- effettiva limitazione della possibilità di costruire una propria clientela o di svolgere lavori per terzi.
Una tale impostazione non è stata esente da critiche (rischio di allargare troppo il perimetro della subordinazione, difficoltà di definire modalità e ambito della “prova contraria”) ma è sicuramente la strada da perseguire, sia pure seguendo gli esiti della consultazione.
Nel nostro ordinamento, dove regolazioni specifiche sono già presenti (lavoro a domicilio, attività sportiva, lavoro a progetto…) non è una grossa novità: potrebbe, eventualmente, essere limitata ai lavoratori tramite piattaforma in ragione proprio delle caratteristiche peculiari della prestazione.
Sono introdotti obblighi (informazione specifica sui sistemi di monitoraggio utilizzati dalla piattaforma, sui sistemi decisionali utilizzati per prendere o sostenere decisioni che incidono significativamente sulle condizioni di lavoro dei lavoratori delle piattaforme digitali) e diritti (riesame umano delle decisioni significative) tesi a tutelare, indifferentemente, tutti coloro che svolgono un lavoro mediante piattaforma digitale con o senza un contratto o un rapporto di lavoro.
Sono posti in capo ai datori di lavoro anche obblighi di “fornire informazioni”, se richieste dalla pubblica autorità, sul numero dei lavoratori che svolgono regolarmente un lavoro mediante piattaforma e ai termini e alle condizioni applicabili a tali rapporti contrattuali.
La Proposta rappresenta un primo sforzo per dare risposte alle esigenze di regole e garanzie da applicare ai lavoratori del mondo digitale e guidare l’impatto dei nuovi strumenti tecnologici sul controllo a distanza dei lavoratori e consente egualmente di sfruttare le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale ma senza ledere i diritti fondamentali.
Gli obblighi di trasparenza nell’ordinamento italiano
Parimenti un passo necessario verso una maggiore trasparenza nel rapporto di lavoro è, nel nostro ordinamento, rappresentato dal decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104 [8] che, interviene novellando la normativa esistente[9], in tema di informazione e trasparenza sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, con maggior livello di dettaglio, introduce disposizioni che disciplinano le informazioni sul rapporto di lavoro, le prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro, nonché una serie di ulteriori misure a tutela dei lavoratori.
La prima rilevante novità è costituita dall’allargamento dell’ambito di applicazione: il diritto di informazione si estende a tutti i lavoratori del settore pubblico e privato e interessa ogni tipologia di contratto anche non standard e, “nei limiti della compatibilità”, rapporti di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente. Le informazioni riguardano non solo il momento dell’assunzione ma anche ogni modifica che interviene nel corso del rapporto e sono specificati nel dettaglio contenuti, modalità ed termini degli obblighi di informazione con il chiaro obiettivo di ampliare e rafforzare gli obblighi informativi del datore di lavoro e introduce misure di tutela in favore del lavoratore anche a fronte di comportamenti ritorsivi del datore di lavoro.
Ma soprattutto rilevano quei passaggi del decreto che appaiono anticipare la Proposta di direttiva e introducono ulteriori obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati (algoritmi) deputati a fornire indicazioni rilevanti finalizzati ad incidere sul rapporto di lavoro ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, la retribuzione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.
Il decreto legislativo richiede che il datore di lavoro proceda all’informativa quando la disciplina della vita lavorativa del dipendente, o suoi particolari aspetti rilevanti, siano interamente rimessi all’attività decisionale di sistemi automatizzati e sussiste anche nel caso d’intervento umano meramente accessorio.
Indicazioni di dettaglio su taluni specifici profili degli obblighi informativi e sugli aspetti sanzionatori connessi all’inadempimento degli obblighi informativi da parte del datore di lavoro sono oggetto rispettivamente di due circolari, la n.19 del 20 settembre 2022 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la n. 4 del 10 agosto 2022 dell’Ispettorato nazionale del lavoro.
E le sfide connesse all’accelerazione dei processi di digitalizzazione dell’organizzazione del lavoro, della produzione, dell’erogazione dei servizi con particolare riferimento ai modelli di prestazione “a distanza” dell’attività lavorativa, all’adozione di strumenti tecnologici per contenere il rischio di contagio, in ambito lavorativo pubblico e privato, sono anche al centro del Protocollo d’intesa stipulato il 22 aprile 2021 tra il presidente del Garante per la protezione dei dati personali, e il Capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Segno di una nuova percezione di temi sempre più interconnessi.
Note
- Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano. Ricerca presentata al convegno «Smart working: il lavoro del futuro al bivio». Dopo l’exploit registrato nel 2021 (con 4 milioni di lavoratori coinvolti), si registra un lieve calo nel 2022 anche se le grandi aziende appaiono in controtendenza. Ma le stime del 2023 vedono una ripresa anche nel settore pubblico. ↑
- La stessa Commissione europea ha evidenziato come oltre 28 milioni sono nell’UE coloro che oggi già lavorano attraverso piattaforme di lavoro digitali, numero destinato a toccare i 43 milioni nel 2025. ↑
- Orientamenti politici per la prossima Commissione europea 2019-2024, “Un’Unione più ambiziosa. Il mio programma per l’Europa“. ↑
- Presidente von der Leyen – Orientamenti politici per la prossima Commissione europea 2019-2024, “Un’Unione più ambiziosa. Il mio programma per l’Europa” ↑
- Per gestione algoritmica si intende l’uso di algoritmi, ossia sistemi automatizzati, per affiancare o addirittura sostituire funzioni manageriali quali il monitoraggio e la valutazione del lavoro. Modalità, del resto, in aumento in tutto il mercato del lavoro e spaziano dal semplice monitoraggio degli orari, dei turni e delle ore di lavoro ad applicazioni più complesse che riguardano l’assegnazione degli in carichi e il calcolo elle retribuzioni. ↑
- La Proposta definisce “lavoro mediante piattaforme digitali“: qualsiasi lavoro organizzato tramite una piattaforma di lavoro digitale e svolto nell’Unione da persone fisiche sulla base di un rapporto contrattuale tra la piattaforma di lavoro digitale e la persona fisica, indipendentemente dal fatto che esista o no un rapporto contrattuale tra la persona e il destinatario dei servizi. ↑
- Un primo tentativo di regolazione unitaria era stato fatto dalla Commissione con la proposta di regolamento del 21 aprile 2021 riguardante in generale l’uso dell’intelligenza artificiale, dove si sottolineava l’esigenza di un punto di contatto e aggregazione “presso la piattaforma digitale” per conoscere le modalità ma anche per tutelare i propri interessi. ↑
- Adottato in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea. ↑
- D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152. Attuazione della direttiva 91/533/CEE concernente l’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro. ↑