dopo FTX

Il futuro delle crypto è legato alla proof-of-reserve degli exchange: gli scenari

Dopo il crollo di FTX, un nuovo strumento cerca di dare una risposta a un problema che scuote il mercato: è la Proof-of-Reserves, che permette di condurre un audit indipendente da una terza parte, con l’obbiettivo di fotografare la solidità di un exchange. Sempre, ovviamente, in attesa di una legislazione univoca

Pubblicato il 13 Dic 2022

Gianluca Albè

A&A – Albè & Associati Studio Legale

Federica Bottini

A&A – Albè & Associati Studio Legale

ftx

Il collasso di FTX ha dato un colpo significativo al mercato delle cryptovalute che, solo un anno fa, vedeva i suoi massimi storici per tutte quelle listate su Coinmarketcap.

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I dettagli della caduta rovinosa di FTX

FTX, l’exchange di Sam Bankman-Fried, che fino a poche settimane fa era il terzo a livello mondiale, si è infatti sgretolato in pochi giorni portandosi dietro con sé Alameda Research, una società di traiding anch’essa di proprietà di Sam Bankman-Fried, a cui parrebbe aver prestato 8 miliardi di dollari ed accettando, a garanzia, i propri token.

Dopo il “tentativo” di Binance, che avrebbe voluto acquistare l’exchange rivale comunicando pubblicamente la firma di una lettera di intenti poi subito ritirata, FTX – a cui addirittura era stato assegnato da Truevalue Labs, società di rating ESG, un punteggio di governance più alto di quello di Exxon Mobil – ha presentato una istanza ai sensi del Chapter 11 of the United States Bankruptcy Code nel distretto del Delaware non consentendo più di fatto ai propri utenti né di fare cash-out né, tantomeno, di trasferire quanto presente su un altro exchange e/o su un ledger.

E nel primo report di John J. Ray, nuovo CEO della società nominato dalla corte distrettuale del Delaware e noto ai più per essere già stato commissario liquidatore della società energetica texana Enrom, è stata delineata una situazione ancora più assurda: le spese venivano approvate con un emoji sulla chat interna e, addirittura, sono stati rilevati “trasferimenti non autorizzati” per più di 370 milioni di dollari proprio il giorno in cui è stata presentata l’istanza presso la corte.

Nel frattempo, come se non bastasse, c’è stata della speculazione su un altro exchange, Crypto.com, e sul suo token CRO, che però è stata subito arrestata essendo la società fondata a Singapore nel 2016 fra Bobby Bao, Rafael Melo, Kris Marszalek e Gary Or dimostratasi più che solida.

Ci si è posti quindi davanti a tanti quesiti, a cui è difficile rispondere o, quantomeno, non con una risposta univoca.

Pulizia del mercato

È stato segnalato, non da pochi, che una pulizia del mercato è – e sarebbe – necessaria quasi come sorta di applicazione della teoria dell’evoluzione Darwiniana moderna.

Nell’ultimo decennio si è assistito a parecchi schemi Ponzi, ICO senza un white paper degno di nota (quindi quel documento che illustra la tecnologia blockchain applicata, il team che la sostiene e, naturalmente, il potenziale commerciale per gli investitori) e progetti NFT connotati da scam e/o “imitazioni” di collezioni più blasonate perdendo di mira quello che – personalmente – è il potenziale del settore, quindi l’applicazione della blockchain a realtà aziendali sane e micropayments/cryptopayments.

La Proof-of-Reserve (PoR) come soluzione ai problemi?

Dopo il passaggio dalla Proof-of-Work alla Proof-of-Stake, in particolare di Etherum, quindi dalla prova del lavoro dei miners a quella della scelta da parte di chi ha deciso di mettere in stake i token, ecco un nuovo strumento che cerca di dare una risposta ad un problema imminente e che scuote il mercato.

Con la Proof-of-Reserves – nota anche come Proof of Funds (PoF) -, è condotto un audit indipendente da una terza parte, con l’obbiettivo di fotografare la solidità di un exchange, e quindi di verificare se lo stesso detiene tutto ciò che rivendica per conto dei propri clienti.

Lo schema utilizzato è quello ad albero di Merkle, quindi quell’albero chiamato così in crittografia e informatica in cui ogni nodo foglia è etichettato con l’hash crittografico di un blocco di dati e ogni nodo non foglia è etichettato con l’hash crittografico delle etichette dei suoi nodi figli. Tale struttura consente di verificare, in maniera efficiente e certa, grandi strutture di dati, che quindi non possono essere alterati.

Fatta questa fotografia, l’auditor fa un confronto per comprendere se i saldi siano disponibili per essere prelevati, in qualsiasi momento, dai clienti dell’exchange ovvero se sono stati prestati/reinvestiti anche a sua insaputa come è stato, infatti, per FTX.

Ovviamente, essendo tutto su blockchain, ogni cliente dell’exchange può verificare in modo indipendente che il proprio saldo sia stato incluso nell’audit.

Conclusioni

Ciò è quello che ha fatto, per esempio, Binance comunicando a tutti i Binanciani – i suoi utenti – in modo trasparente alcuni indirizzi degli hot e cold wallet della stessa nonché della capienza del fondo assicurativo di emergenza (Secure Asset Fund for Users) istituito già nel 2018.

Benché, come scritto, una pulizia è necessaria, si è da un lato sempre in attesa, per quanto possibile, di un intervento legislativo univoco e, dall’altro, che non sia più necessario dare tutte queste risposte optando invece per un sistema che prevenga situazioni come quella creatasi piuttosto che lavori a posteriori per spegnere gli incendi che di volta in volta vengono appiccati.

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