L’Europa lancia un chiaro messaggio sulla volontà di uniformare obblighi e standard in materia di fatturazione elettronica per la lotta all’evasione dell’IVA. La Commissione europea ha pubblicato la consultazione pubblica “Business in Europe: Framework for Income Taxation (BEFIT)” e il commissario europeo per gli affari economici e monetari Paolo Gentiloni ha annunciato che non tarderà a essere formalizzata in una proposta dalla Commissione Europea già all’inizio del 2023. Il piano propone un quadro unico di norme fiscali a livello UE, di cui la standardizzazione dell’obbligo di fatturazione elettronica rappresenta un tassello imprescindibile.
Ma nello scenario europeo, ancora molto frammentato per quanto riguarda obblighi e standard per la fatturazione elettronica, urge una normativa che sia in grado di bilanciare un adeguato supporto alle autorità fiscali e un elevato livello di interoperabilità.
Fatturazione elettronica europea, a che punto siamo: ecco la situazione
L’impatto dell’evasione dell’IVA
Oltre a rappresentare un problema di perdita di entrate nelle casse degli stati membri (che hanno perso 93 milioni di euro di mancate entrate IVA nel 2020, come specificato da Gentiloni nel primo EU Tax Symposium), l’evasione dell’IVA aumenterebbe le distorsioni di mercato e il debito pubblico, vanificando gli sforzi di ripresa tanto necessari per lo scenario economico e geopolitico attuale. I contributi fiscali recuperati con la nuova proposta – che si aggirerebbero intorno agli 11 miliardi di euro all’anno per i prossimi dieci anni – avrebbero un forte impatto anche sul piano sociale e ambientale se devoluti alla crescita responsabile e alla ridistribuzione più equa delle risorse. Inoltre, il nuovo quadro, sostituendo i sistemi di tassazione nazionali, ridurrebbe i costi di conformità favorendo così investimenti transfrontalieri e crescita sul piano globale.
All’interno del quadro BEFIT, il digitale riveste un ruolo chiave, sia per la necessità di creare un sistema fiscale che sia “idoneo all’era digitale”, sia perché rappresenta il cuore della strategia di armonizzazione del sistema fiscale globale.
Le raccomandazioni della Commissione Europea
A tale scopo, l’8 dicembre 2022, la Commissione Europea ha pubblicato il pacchetto di raccomandazioni denominato “VAT in the Digital Age”, volto a emendare le principali normative europee in ambito fiscale. L’obiettivo è quello di favorire la digitalizzazione del sistema fiscale globale, combattere le frodi e l’evasione ed estendere l’obbligo di fatturazione in formato elettronico intra-UE senza esenzioni. Le tre raccomandazioni su cui si basa la proposta di direttiva riguardano la creazione di un nuovo sistema di eReporting e fatturazione elettronica, l’introduzione di nuove regole per la gestione della platform economy e l’implementazione di un sistema unificato di registrazione dei documenti IVA. Alcuni dei benefici previsti dalla Commissione con l’introduzione del pacchetto comprendono la semplificazione dei processi amministrativi, il conseguente abbattimento di costi e un livello di interoperatività intra-UE senza precedenti.
Ma lo spirito di innovazione nel sistema fiscale non si ferma al contesto europeo. Lo schema BEFIT e il pacchetto VAT in the Digital Age si inserisce espressamente nel più ampio contesto del quadro BEPS 2.0 (Base Erosion and Profit Shifting), introdotto dall’OCSE per la promozione della tassazione corporate a livello internazionale. A partire da novembre 2021, infatti, oltre 135 Paesi membri dell’organizzazione internazionale hanno aderito a un piano multilaterale che mira a ridurre le mancate entrate IVA, che derivano dalla scarsa interoperabilità dei sistemi di tassazione internazionali e ad aumentare la trasparenza e l’equilibrio del sistema fiscale globale.
Fatturazione elettronica in Europa, lo stato dell’arte
Il progetto di armonizzazione dell’obbligo di fatturazione elettronica in Europa è sicuramente ambizioso. Il contesto di riferimento è infatti ancora in una fase di notevole frammentarietà, nonostante i significativi passi avanti dall’emanazione della direttiva 2014/55/UE. La direttiva impone che gli enti pubblici ricevano ed elaborino fatture elettroniche conformemente allo standard europeo sulla fatturazione elettronica, lasciando però ancora ai singoli stati membri ampio spazio di manovra sulle tempistiche di imposizione dell’obbligo di fatturazione elettronica, specialmente negli scambi Business-to-business (B2b).
La situazione in Italia
In questo contesto, l’Italia rappresenta un caso d’eccezione e un modello di riferimento a livello europeo, essendo l’unico Paese con obbligo totale di fatturazione elettronica, sia negli scambi tra imprese ed enti pubblici (B2g) che in quelli tra imprese (B2b). Da quanto emerge dall’elaborazione dei dati europei da parte dell’Osservatorio Digital B2b del Politecnico di Milano, sono invece 11 i Paesi con obbligo totale di invio di fattura elettronica per gli scambi B2g, 5 i Paesi con obbligo parziale di fatturazione elettronica negli scambi B2g e 13 gli stati membri che ammettono l’invio di fattura in formato elettronico su base volontaria e solo per gli scambi tra imprese ed enti pubblici.
Il nodo dei formati
Ma la mancanza di uniformità non riguarda esclusivamente lo stato di adozione dell’obbligo. Un’ulteriore criticità è la sostanziale non uniformità rispetto alle informazioni da inserire in fattura e ai canali di trasmissione attivi, che obbliga le imprese a doversi accordare volta per volta con i clienti business e le Pubbliche Amministrazioni riceventi. I formati utilizzati dai vari Paesi sono riconducibili a due principali classi di soluzioni. Da un lato ci sono Paesi che preferiscono standard nazionali a quelli europei; questi sono generalmente i Paesi che hanno avviato da più tempo un processo di conversione alla fatturazione elettronica sulla base di formati nazionali che precedono temporalmente quelli europei. Dall’altro, troviamo invece Stati membri che si sono avvicinati in tempi più recenti all’obbligo di fatturazione elettronica e fanno riferimento in maniera prevalente agli standard europei. Questa scelta è motivata dalla volontà di aderire fin da subito allo standard già obbligatorio presso le Pubbliche Amministrazioni europee, evitando così di dover convertire successivamente i propri formati di riferimento.
I cinque principali modelli in UE
Sono cinque i modelli principali adottati dagli stati membri: Real-time invoice Reporting model, Centralised Exchange model, Interoperability model e Decentralised CTC and Exchange Model. Un’analisi comparata dei cinque standard suggerisce un problema di fondo che li accomuna tutti: la difficoltà di ottenere allo stesso tempo un adeguato livello di supporto alle autorità fiscali competenti e un soddisfacente standard di interoperabilità che faciliti scambio dei documenti tra Paesi differenti.
I sistemi basati su elevati livelli di centralizzazione garantiscono un buon supporto alle autorità fiscali competenti, rinunciando però ad altrettanti soddisfacenti standard di interoperabilità. È questo il caso del Centralised Exchange model (modello italiano). Al contrario, modelli che prevedono un livello più basso di centralizzazione – come l’Interoperability model o il Decentralised CTC (adottati nei Paesi nordici) – permettono un elevato livello di interoperabilità, a discapito però del supporto alle autorità fiscali.
Riforma del sistema fiscale UE: considerazioni e raccomandazioni
Considerate quindi le numerose contraddizioni, le notevoli differenze nei livelli di avanzamento e le priorità divergenti dei Paesi membri, la creazione di un quadro normativo unitario si troverà a dover superare la sfida di bilanciare adeguatamente questi e numerosi altri fattori. Come prima cosa, sarà interessante vedere come verranno affrontati alcuni ostacoli ipotizzabili a livello puramente giuridico-normativo, primo tra questi il possibile veto di Stati come Paesi Bassi, Lussemburgo e Irlanda, che rischierebbero di perdere i loro privilegi in materia fiscale con l’introduzione della nuova normativa. Ed essendo BEFIT un’iniziativa normativo-giuridica europea di natura fiscale, questa richiederà imprescindibilmente l’approvazione all’unanimità per diventare realtà. A questo aspetto si aggiungerà certamente la difficoltà di individuare un forum di contestazione adeguato e un meccanismo credibile di risoluzione di dispute a livello internazionale.
Un secondo punto su cui sarà necessario un approccio cauto ed equilibrato è l’individuazione di un modello europeo di riferimento per la fatturazione elettronica. In questo ambito, la ricerca prodotta dall’Osservatorio Digital B2b del Politecnico di Milano propone l’adozione di un modello ibrido, basato sulla combinazione degli elementi caratteristici degli standard orientati al supporto alle autorità fiscali e di quelli che invece premiano l’interoperabilità. Il modello ibrido farebbe inoltre affidamento sulla rete aperta Peppol, in combinazione con organi fiscali nazionali che operano in qualità di “agenti validatori”. In aggiunta, questo modello potrebbe, almeno in una fase iniziale, essere compatibile anche con gli standard nazionali consentendo una più organica e graduale transizione verso uno modello unico europeo.
In ultimo, il nuovo contesto normativo in materia di IVA e fatturazione elettronica necessiterà di un più elevato livello di collaborazione tra Stati, istituzioni e mondo accademico per la comprensione e l’evoluzione dello scenario di riferimento. A tale scopo, l’Osservatorio Digital B2b si appresta a lanciare l’International Observatory on Electronic Invoicing, un progetto supportato da una varietà di attori istituzionali e di business realizzato in collaborazione con il dipartimento di diritto pubblico e tributario dell’Università di Norimberga della Friedrich-Alexander-Universität di Norimberga. L’Osservatorio Internazionale sulla Fatturazione Elettronica ambisce a diventare uno spazio di incontro, scambio e dialogo sul tema e a istituirsi come entità qualificata che collabori con le istituzioni competenti nell’indirizzamento delle politiche europee e internazionali proprio sui temi che riguardano l’IVA e la fatturazione elettronica.