La questione affrontata dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 37290 del 20 dicembre 2022 ha oggetto le modalità con le quali deve essere effettuato il disconoscimento di un documento ai sensi dell’articolo 2719 c.c. anche in considerazione dei requisiti specifici stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità. Sul punto è opportuno ricordare il contenuto dell’art. 2719 c.c. il quale dispone che le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta.
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L’antefatto
Si rivolgeva alla Suprema Corte il ricorrente dopo che la Corte di Appello di Roma aveva respinto l’impugnazione dallo stesso proposta avverso la decisione del Tribunale e, conseguentemente, le censure in essa contenute circa l’inutilizzabilità della cartolina di ricevimento della raccomandata prodotta in fotocopia dall’INPS in primo grado, relativa all’avviso di addebito.
I Giudici dell’Appello condividevano la decisione del giudice di prime cure, ritenendo a loro volta che la contestazione di conformità agli originali operata dall’opponente risultasse priva dei requisiti stabiliti dalla giurisprudenza di legittimità e ciò in assenza di tassativa indicazione di specifici elementi a conferma della dedotta differenza della copia prodotta rispetto all’originale.
Disconoscimento documento, cosa dice la Cassazione
In particolare i giudici di Piazza Cavour ribadivano quanto già affermato in precedenti decisioni e quindi che l’onere del disconoscimento, ex art. 2719 c.c., della conformità tra l’originale di un documento e la fotocopia prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro, espresso e specifico contenuto, dalla quale sia dato desumere che l’eccipiente abbia negato la genuinità della copia in questione, al riguardo non essendo sufficienti generiche o omnicomprensive contestazioni, ancorché riferibili a tale produzione.
In particolare il criterio al quale fare riferimento, tra i tanti, è quello contenuto nella decisione della Suprema Corte n. 16557/2019 nella quale si afferma che “In tema di prova documentale il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 c.c., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni (nel caso di specie la Corte, in applicazione del citato principio, escludeva che il contribuente avesse disconosciuto in modo efficace la conformità delle copie agli originali, in quanto, con la memoria illustrativa, si era limitato a dedurre la mancata produzione degli originali delle relate di notifica e la non conformità “a quanto espressamente richiesto” con il ricorso).
Conclusione
Ciò significa, ove ancora non fosse chiaro, che il disconoscimento deve contenere l’indicazione delle parti in cui la copia sia materialmente contraffatta rispetto all’originale; oppure le parti mancanti e il loro contenuto; oppure, in alternativa, le parti aggiunte; a seconda dei casi, poi, la parte che disconosce deve anche offrire elementi, almeno indiziari, sul diverso contenuto che il documento presenta nella versione originale, così come puntualmente evidenziato dalla Corte nella decisione 16836/2021.