In questi ultimi anni si è a lungo discusso, spesso con toni drammatici, dell’automazione decisionale della Pubblica amministrazione (Pa). Il dibattito si è concentrato su questioni come gli algoritmi di collocazione degli insegnanti, dove l’automazione è basata su algoritmi che rientrano nella nozione di sistema esperto (modello if/then).
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) interviene sui problemi sollevati, che qui riporteremo, con politiche di finanziamento integrate tra loro che hanno l’obiettivo di creare un sistema di dati standardizzati. Nei nuovi sistemi, basati sull’apprendimento automatico, la conoscenza relativa all’ambito di applicazione non è più fornita dall’uomo, ma piuttosto è costruita dalla macchina, sulla base dei dati cui essa ha accesso.
La nuova PA che nascerà con il PNRR, ecco i tre nodi da superare
L’apprendimento automatico
Si distinguono tre principali indirizzi nell’apprendimento automatico: l’apprendimento supervisionato, l’apprendimento per rinforzo e l’apprendimento non-supervisionato. Anche le attività in cui possono essere utilizzati cambiano radicalmente: da quelle più routinarie si passa ad analisi sempre più complesse.
Qui si entra in un terreno nuovo, ma le categorie tradizionali del diritto amministrativo possono comunque venire in aiuto: si può tralasciare l’applicazione di sistemi basati sul Machine learning in materia di provvedimenti sanzionatori (sanzioni amministrative) o comunque restrittivi, che pongono diversi problemi in relazione al principio di legalità, alla trasparenza amministrativa, alla motivazione e alla responsabilità, e ci si può concentrare su quei settori in cui i sistemi di Machine learning possono rivelarsi davvero utili, come nell’ambito dei servizi pubblici. In quest’ultimo, l’analisi di grandi quantitativi di dati permette un approccio tailor made al servizio pubblico, in funzione delle esigenze del destinatario che risultano più chiare all’amministrazione, quanto maggiore è il numero di dati che questa ha a disposizione.
Interessante è, in questo senso, il Nuovo Sistema di Garanzia che consente, con le numerose informazioni ad oggi disponibili sul Nuovo sistema informativo sanitario, di misurare secondo le dimensioni dell’equità, dell’efficacia, e della appropriatezza, che tutti i cittadini italiani ricevano le cure e le prestazioni rientranti essenziali di assistenza. Questo tipo di utilizzo, nonostante ponga meno ragioni di contrasto con i principi dell’ordinamento, ha comunque, fino ad ora, trovato scarsa applicazione. Quali sono le ragioni?
Le ragioni di una limitata esperienza
La mancanza di sistemi omogenei e una scarsa cultura dei dati hanno conseguenze che impattano su tutta l’organizzazione della Pa. Argomenti questi che meritano un approfondimento.
Mancanza dati correttamente strutturati
In primo luogo, mancano i dati. Questa affermazione sembra paradossale, visto che negli ultimi tre anni il leitomotiv sono stati i Big data a disposizione delle amministrazioni. In realtà per poter essere sfruttati al meglio, i dati non solo devono esistere, ma devono essere collezionati e organizzati in modo tale da poter essere utilizzati al meglio e, soprattutto, in modo corretto. Devono essere corredati da metadati, ossia informazioni aggiuntive che li descrivono, e devono essere raccolti in formati standardizzati che aumentano la qualità dei dati stessi.
Manca l’utilizzo dello strumento
Manca il ricorso allo strumento in sé. I dati Istat del 2020 mostravano ancora un utilizzo dei servizi pubblici digitali intorno al 36% ma, in larga misura impiegati, in realtà, per una funzione che servizio pubblico digitale in senso stretto non è, ossia per reperire informazioni o scaricare documenti.
Le ragioni del mancato utilizzo sono molteplici: alcune sono note, come il Digital divide che caratterizza il territorio italiano (sempre secondo i dati Istat 2020), per cui ancora un italiano su cinque non utilizza internet, altre sono meno discusse ma altrettanto rilevanti. In primo luogo, la frammentazione tecnologica delle amministrazioni italiane: ciascuna, soprattutto gli enti locali, ha un suo stock tecnologico e dei software, spesso proprietari che stano stati sviluppati (esternalizzandoli) in ragione delle proprie esigenze. Questo nonostante le indicazioni del Codice dell’amministrazione digitale il quale, all’articolo 68, indirizza le amministrazioni verso la scelta dell’Open source.
Soluzioni prospettate
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), come già sottolineato, interviene direttamente su entrambi i problemi appena sollevati, con politiche di finanziamento integrate tra loro.
La Piattaforma Nazionale dei dati
L’investimento 1.3 “Dati e Interoperabilità”, della missione “Digitalizzazione della Pa” del PNRR, ha come obiettivo quello di portare a compimento la Piattaforma digitale nazionale dei dati (Pdnd). Ai sensi dell’articolo 50-ter, comma 1 del Codice dell’amministrazione digitale, la Pdnd è finalizzata a favorire la conoscenza e l’utilizzo del patrimonio informativo detenuto per finalità istituzionali dalle Pubbliche amministrazioni, nonché la condivisione dei dati tra i soggetti che hanno diritto di accedervi ai fini dell’attuazione dell’articolo 50 del medesimo codice. A questo si aggiunge anche la semplificazione degli adempimenti dei cittadini e delle imprese, in conformità alla disciplina vigente.
Ai sensi dell’articolo 50-ter, comma 2, la Pdnd rende possibile l’interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati dei soggetti interessati, mediante l’accreditamento, l’identificazione e la gestione dei livelli di autorizzazione dei soggetti abilitati a operare sulla stessa. Altrettanto vale per la raccolta e la conservazione delle informazioni relative agli accessi e alle transazioni effettuate.
Lo sviluppo della Pdnd, tanto per le amministrazioni centrali quanto per quelle locali, può essere letto in una duplice direzione: da una parte consente una più articolata automazione procedimentale, con la possibilità di reperire documenti necessari per l’istruttoria di un procedimento in maniera istantanea e con una verifica automatica delle autorizzazioni necessarie, dato che la piattaforma si fa garante, e questo è un dato interessante, della legittimità della richiesta di accesso alle informazioni da parte dell’amministrazione istante. Dall’altra consentirà alle amministrazioni di fare analisi quantitativa sui dati a sua disposizione per potere attuare politiche Data driven.
Bando per i Comuni – Servizi pubblici e AppIO
La linea progettuale essenziale per realizzare il secondo obiettivo, vale a dire quello di ampliare la diffusione dei servizi pubblici digitali, è la misura 1.4.3 “Adozione App IO”, nell’ambito dell’Investimento 1.4 “Servizi e cittadinanza digitale”. L’avviso, rivolto esclusivamente ai Comuni, è stato pubblicato nell’aprile 2022 ed è scaduto il 2 settembre 2022.
L’articolo 64-bis del Codice dell’amministrazione digitale prevede che, le pubbliche amministrazioni, rendano fruibili digitalmente i propri servizi tramite il punto di accesso telematico attivato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. L’articolo 3-bis, comma 1, al fine di semplificare e favorire l’accesso ai servizi in rete della Pubblica amministrazione, da parte di cittadini e imprese, ha introdotto il diritto di accedere ai servizi online della Pubblica amministrazione “tramite la propria identità digitale e anche attraverso il punto di accesso telematico di cui all’articolo 64-bis”.
L’App IO, in sintesi, è l’esito di un progetto Open source nato con l’obiettivo di mettere a disposizione di enti e cittadini un unico canale da cui fruire di tutti i servizi pubblici digitali. L’obiettivo del finanziamento è la migrazione e l’attivazione dei servizi digitali (App IO), seguendo una logica di pacchetti che identificano il numero minimo di servizi da integrare a fronte di una singola adesione all’Avviso, con il fine di agevolare l’integrazione Full per ciascun soggetto attuatore. Con il termine Full si intende l’attivazione, in AppIO, di una media di 50 servizi per ciascun Comune.
Secondo il bando, i servizi attivabili possono essere classificati secondo tre differenti tipologie:
- Messaggi inviati allo specifico cittadino, individuato per codice fiscale, che possono essere informativi (solo testo con allegati), possono veicolare dei promemoria/scadenze (da aggiungere al calendario) o avvisi di pagamento
- Punti di accesso a servizi già digitalizzati presso i canali gestiti dall’ente, a cui l’utente di IO può accedere senza inserire nuovamente le sue credenziali (single sign on) che permettono un’interattività bidirezionale
- Tecnologie abilitanti che permettono sempre un’interattività bidirezionale, ma che richiedono ulteriori implementazioni all’ente, non presenti sul developer portal.
Per esempio, se l’obiettivo è informativo, il servizio relativo agli asili invia un messaggio che informa i genitori, di bambini di età idonea, che sono aperte le iscrizioni. Viceversa, se l’obiettivo è l’iscrizione all’asilo nido, il servizio invia un messaggio che, oltre a informare i genitori, include il punto d’accesso al flusso per completare l’iscrizione attraverso l’App IO oppure attraverso canali alternativi gestiti dall’ente. Un servizio sull’App IO è definito dall’interazione tra l’Ente e il cittadino mirata, cioè dedicata al singolo soggetto (one to one) e non prevede comunicazioni broadcast (one to many).
Dietro questo progetto, per come delineato, oltre alla prima finalità chiaramente identificabile che è quella di diffondere il più possibile i servizi pubblici digitali per il tramite di un unico punto di accesso. C’è un altro obiettivo, meno manifesto ma altrettanto importante, vale a dire la standardizzazione nel procedimento di fornitura del servizio digitale, sia dal lato front end (esperienza con l’utente), che per quanto concerne il back end (il modo in cui lo strumento è sviluppato, opera e conserva e trasmette le informazioni).
Ciò con un unico standard di sicurezza, un unico luogo in cui sono raccolti i dati (Cloud) secondo un unico registro degli scambi dei dati fra amministrazioni e fra cittadini e amministrazioni. Sviluppo Open source, quindi, significa anche maggior controllo sul codice e maggiore trasparenza.
Una PA che “risolve problemi” grazie al PNRR? Ecco le tecnologie per cambiare davvero
Problemi ancora aperti
Vi sono, ovviamente, diverse questioni giuridiche che restano aperte. Il primo aspetto riguarda la centralizzazione dello sviluppo delle infrastrutture digitali e la sussidiarietà verticale per i servizi pubblici: il coordinamento dei dati statistici e informatici dell’amministrazione statale, regionale e locale è materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117 della Costituzione. D’altra parte, il principio di sussidiarietà verticale (art. 118 della Costituzione) richiede che le attività amministrative siano di competenza dell’ente più vicino al territorio e ai cittadini (quindi, di norma, i Comuni).
Permangono dei problemi classici, come quelli relativi alla conservazione dei dati, limitazioni degli ambiti di utilizzo degli stessi. Particolarmente rilevante è il profilo di responsabilità del soggetto che certifica la liceità dell’estrazione dei dati, per il quale occorre attendere le linee guida dell’AGID sul punto.
Non da ultimo, esiste un problema sistemico di mancanza di competenze professionali all’interno delle amministrazioni. La formazione non è stata finora adeguata, anche perché le riforme sono sempre state fatte senza investimenti economici. Un passo avanti in questo senso è rappresentato dall’articolo 31-bis del decreto Legge 152/2021 che consente alle amministrazioni pubbliche di assumere personale aggiuntivo a tempo determinato al solo fine di realizzare i progetti previsti dal PNRR, rendicontando le spese direttamente nei progetti, grazie anche all’articolo 1 del decreto Legge 80/2021 sul rafforzamento della capacità amministrativa.