Sebbene spettacolari, evocativi, appassionanti, molto spesso nei film ambientati nello spazio non mancano errori o imperfezioni che toccano nell’animo fisici e astrofisici. Ma queste incertezze però vengono spesso perdonate, perché lo spettatore applica la cosiddetta sospensione di incredulità, e cioè chi guarda un film del genere abbassa le proprie pretese di realismo a favore del godimento dell’opera.
Matt Damon è imprigionato su Marte e deve fare del suo meglio per abbandonare il pianeta rosso, Sandra Bullock galleggia nello spazio, Bruce Willis deve atterrare su un asteroide e salvare l’umanità, e nel salvare l’umanità si cimenta anche Matthew McConaughey, che ha il suo bel da fare con un buco nero.
Sono i protagonisti di The Martian, Gravity, Armageddon e Interstellar, esempi di film fantascientifici che ci raccontano storie ambientate nello spazio, spesso catastrofiche. Ma la storia della fantascienza ha radici più lontane, potremmo citare anche altri titoli come Ultimatum alla Terra, Spazio 1999, 2001: Odissea nello spazio, Star Wars, Star Trek, Indipendence Day, o la più recente serie The Expanse.
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Gravità e gravità zero: da Gravity a The Core
Nei film di fantascienza o comunque ambientati nello spazio c’è sempre qualcuno che fluttua o un’astronave che orbita. Per capire come avviene il moto dei corpi nello spazio dobbiamo però capire un po’ di più sulla gravità. Gli astronauti in orbita, ad esempio quelli nella Stazione Spaziale Internazionale (Iss), fluttuano non perché a quella distanza la gravità della Terra è trascurabile, ma perché la Stazione Spaziale, e i suoi occupanti, si muovono attorno alla Terra su una traiettoria curvilinea.
Sono quindi soggetti ad una forza centrifuga, che equilibra la forza di gravità, creando appunto l’assenza di gravità. La Iss orbita a circa 400 chilometri dalla Terra ed è quindi erronea la credenza, secondo la quale, a quelle distanze dalla Terra la gravità (che segue la legge di gravitazione universale e quindi che va come l’inverso del quadrato della distanza) sia molto minore e quindi “crei” la gravità zero.
In alcuni film, come Gravity, il rapporto con la gravità non è sempre perfetto, infatti i capelli di Sandra Bullock, in orbita attorno alla Terra, dovrebbero galleggiare in assenza di gravità e non lo fanno (come invece vediamo fare ai capelli di Samantha Cristoforetti dalla Stazione Spaziale). Invece lo fanno le sue lacrime, che a loro volta non dovrebbero farlo perché, la tensione superficiale delle stesse ,dovrebbe tenerle attaccate agli occhi.
Mark Watney, interpretato da Matt Damon, è il protagonista di The Martian, deve sopravvivere da solo sul Marte. Sul pianeta rosso la gravità è il 40% di quella Terrestre, ma Mark non sembra proprio camminare come uno che si trova in quelle condizioni di gravità. E se vi venisse la curiosità di sapere che succede invece sottoterra all’interno del nostro pianeta, ci verrebbe in aiuto Josh Keyes, interpretato da Aaron Eckhart: col suo equipaggio deve arrivare al centro della Terra per salvare il pianeta, nel film The Core.
Oltre all’assurdità di costruire un macchinario per arrivare al centro della Terra per stabilizzare il suo nucleo, anche qui la fa da padrone la cattiva conoscenza della gravità. Infatti, nella realtà Josh avrebbe dovuto percepire una gravità che diminuisce avvicinandoci al centro della Terra, diventando pressoché nulla proprio al centro del nostro pianeta, come avviene in orbita, ma questo nel film non si evince.
Principio di inerzia e forze fittizie: Star Trek e Balle spaziali
Un principio fisico fondamentale per capire il moto dei corpi è quello di Inerzia, per spiegarlo ci vengono in aiuto Star Trek e Balle spaziali. Quante volte abbiamo visto l’Enterprise di Star Trek fermarsi istantaneamente dopo aver spento i motori e senza alcuno effetto sugli occupanti? Questo, sebbene ci sembri la cosa più naturale del mondo, non può accadere. Per capirlo dobbiamo partire dal Principio di Inerzia, che ci dice che se su un corpo agisce una forza risultante nulla, se è fermo rimane fermo (e questo ce lo aspettiamo), mentre se si muove lungo una retta e a velocità costante, proseguirà per sempre questo moto con la stessa velocità.
Questo principio potrebbe sembrare controintuitivo, perché va contro la nostra esperienza quotidiana. Infatti, se stiamo guidando e spegniamo il motore, dopo un po’ la macchina si fermerà. Però, ciò avviene perché la macchina è soggetta alle forze d’attrito dell’aria e della strada, che si oppongono al moto. Nello spazio, fuori dall’atmosfera, non ci sono atomi o ce ne sono pochi, e l’attrito è praticamente nullo, il principio d’inerzia è quindi verificabile.
Di conseguenza un’astronave accelerata ad una certa velocità, una volta spenti i motori continuerà lungo il suo moto, con quella velocità, potenzialmente per sempre, fino a quando non si eserciterà su di essa una forza per fermarla. E questo è maggiormente vero se ci troviamo sempre più lontani da una sorgente gravitazionale, come un pianeta o una stella. Quindi se io fossi il comandante Picard e spegnessi i motori, l’Enterprise non si potrebbe fermare istantaneamente, a meno che non la rallentassimo con dei propulsori che si oppongano al moto, o utilizzando il raggio traente proprio dell’Enterprise. Tutto ciò ci indica anche che per quanto scritto, tenere sempre accesi i motori nello spazio è uno spreco inutile di energia.
Ma le frenate o le accelerazioni brusche dell’Enterprise mi permettono di parlare anche delle cosiddette forze fittizie, e cioè di quelle forze non dovute a degli enti reali. Sono quelle forze che percepiamo ad esempio quando acceleriamo o deceleriamo mentre guidiamo la macchina e che ci spingono indietro o avanti sul sedile.
Quindi ci dovremmo aspettare che, sull’Enterpise, dopo qualsiasi accelerazione o decelerazione Picard e il resto dell’equipaggio dovrebbero essere sbalzati sistematicamente davanti e indietro, ma questo non avviene. Nella serie risolvono questo problema fisico equipaggiando le navicelle con un dispositivo fantascientifico chiamato smorzatore inerziale, che annullerebbe queste forze fittizie, di fatto salvando la vita dei passeggeri soggetti ad accelerazioni così alte da ucciderli.
Per contribuire alla spiegazione delle forze fittizie, ci viene in aiuto un inaspettato Mel Brooks, con il suo Balle spaziali. Con questo suo film, il regista parodistico prende in giro film e serie televisive fantascientifiche. E infatti assistiamo ad una simpatica scena nella quale uno dei cattivi, che fa la parodia di Darth Vader di Star Wars, in seguito al rallentamento brusco della sua astronave, si schianta su una parete e stramazza al suolo. È una buona descrizione delle forze fittizie, è quello che dovrebbe accadere sull’Enterprise, se non ci fosse lo smorzatore inerziale.
Il momento angolare in The Martian
C’è ancora qualche problema col principio di inerzia e lo vediamo in The Martian. Mark Watney è in orbita e deve raggiungere i colleghi a 200 metri di distanza. Per farlo ha la brillante idea di bucarsi la tuta spaziale sulla mano per poter utilizzare la spinta del getto d’aria, volando come Iron Man. Tralasciamo il fatto che bucarsi la tuta nello spazio non è la scelta più saggia perché corrisponde a morte certa dovuta alla differenza di pressione e l’assenza di ossigeno, sono altre le cose su cui vorrei concentrarmi.
Quando Mark parte con una certa velocità nello spazio, dove non c’è l’attrito dell’aria, non può cambiare facilmente velocità e direzione, non ha appigli per spingersi. Ed è altamente improbabile, se non impossibile, riuscire ad indirizzare il getto in modo millimetrico tale da muoversi precisamente verso la direzione che si vuole raggiungere.
C’è un secondo problema. I fisici ci dicono anche che in un sistema isolato il momento angolare si conserva. Il momento angolare è una grandezza fisica che caratterizza la rotazione dei corpi e il momento di inerzia è l’inerzia del corpo al variare della sua velocità angolare. Un esempio di conservazione del momento angolare viene fornito da una pattinatrice che impartisce una certa velocità angolare al suo corpo e inizialmente tiene le braccia larghe (e cioè ha un certo momento d’inerzia), e una certa velocità angolare. Ad un certo punto tira le braccia a sé, diminuendo il suo momento di inerzia. Di conseguenza, in accordo al Principio di conservazione del momento angolare, diminuendo l’inerzia alle rotazioni, la velocità aumenta.
Ritornando al caso specifico di Mark, il nostro Iron Man avrebbe dovuto inevitabilmente iniziare a ruotare come una trottola, senza mai potersi fermare, e nel film non lo fa.
Aerodinamica e gravità in Armageddon
C’è un’astronave con un equipaggio composto da trivellatori che deve distruggere un asteroide comparso all’improvviso e in rotta verso la Terra. Harry Stamper, interpretato da Bruce Willis, è il protagonista di Armageddon.
Oltre a oggetti che cadono come non dovrebbero cadere, mentre l’astronave di Harry atterra, la vediamo alzare il muso proprio come fanno gli aerei sulla Terra, ma l’aerodinamica terrestre e il concetto di portanza non sono utilizzabili in questa situazione, perché su un asteroide non c’è atmosfera.
E un aspetto ancora più importante è legato alla gravità, che su un asteroide è molto più debole di quella Terrestre (più di 20 volte, il calcolo esatto dipende dal raggio dell’asteroide). Tutto questo significa che nella realtà l’astronave si sarebbe scontrata sulla superficie, e poi sarebbe rimbalzata abbandonando di nuovo l’asteroide. Anche soltanto camminare su un asteroide sarebbe impraticabile: nulla a confronto dei saltelli degli astronauti delle missioni Apollo sulla Luna.
Suoni ed esplosioni
Lo strano rapporto con la gravità non è l’unico punto critico. Sempre per questioni sceniche, film e serie fantascientifiche non hanno mai lesinato su suoni ed esplosioni nello spazio. Sfortunatamente, le onde sonore si possono propagare solo all’interno di una sostanza.
Il suono è la sensazione che ci viene data dalle vibrazioni di un corpo che viene fatto oscillare, queste vibrazioni si propagano nell’aria (o qualsiasi altra sostanza) e vengono recepite dal nostro orecchio. Ma nello spazio, fuori dall’atmosfera, non ci sono molecole e atomi, e quindi non solo non c’è attrito, ma il suono non può propagarsi. Molti ricorderanno il replicante di Blade Runner, che parlava di “astronavi in fiamme al largo dei Bastioni di Orione”, e tutte le grosse esplosioni in Star Wars o Star Trek. Ma non essendoci dell’ossigeno, le esplosioni come quelle filmiche nello spazio non sono possibili, o quantomeno non in maniera così eclatante.
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Interstellar, la velocità della luce e il buco nero
Ovviamente non tutto quello che vediamo nei film è fallace, gli stessi film citati precedentemente, e tanti altri, ci danno l’opportunità di parlare di fisica e astrofisica.
Interstellar ci fornisce due esempi di situazioni fisiche molto strane ma al contempo molto realistiche e presentate adeguatamente. La buona aderenza alla realtà di Interstellar si deve anche a Kip Thorne, premio Nobel per la fisica, produttore esecutivo e consulente scientifico del film. La famosa immagine del buco nero è stata possibile grazie all’utilizzo delle equazioni della Relatività generale e di potenti computer.
La luce è un’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto a 300.000 km al secondo, questo significa che le comunicazioni tramite onde radio avvengono istantaneamente sulla Terra, ma la situazione si complica se le distanze diventano interplanetarie come avviene in Interstellar.
Se un’astronave nei pressi di Saturno (come nel film) inviasse una comunicazione verso la Terra, dovrebbe attendere circa 2 ore e mezzo per avere una risposta. E questo è molto chiaro nel film interpretato da Matthew McConaughey. Ma Interstellar ci svela qualcosa di ancora più stupefacente ed intrigante. Ci mostra che per un astronauta che si avvicini ad un corpo stellare molto denso e con gravità estrema, come un buco nero, il tempo trascorrerà molto più lentamente di quanto sta succedendo sulla Terra. E dopo pochi anni passati secondo il suo orologio, ritornando sulla Terra si troverebbe ad essere più giovane di sua figlia. È una predizione della Relatività generale di Einstein che abbiamo testato e verificato, tanto inaspettata, perché nella nostra vita giornaliera non abbiamo un buco nero dietro l’angolo, ma realmente possibile, molto più vera di un suono o una esplosione nello spazio.
La storia di molti protagonisti menzionati in questo articolo finirà bene, torneranno a casa da eroi, ma se la fisica fosse stata rispettata pienamente probabilmente tutti i finali sarebbero stati catastrofici, e avremmo dovuto terminare queste storie con un “E vissero infelici e scontenti”.