I dati che quotidianamente produciamo rimangono fini a loro stessi se non siamo in grado di leggerli, integrarli ed elaborarli con tecniche sempre più sofisticate e capaci di superare i limiti degli approcci classici.
Ed è proprio qui che entra in gioco l’Intelligenza artificiale, offrendoci grandi opportunità di interpretare le complessità dell’ambiente che sta intorno a noi, grazie alla sua intrinseca capacità di andare oltre qualsiasi logica umana. Tramite questa tecnologia oggi possiamo capire e studiare le dinamiche di sistemi molto complessi quali, per esempio, le dinamiche della crisi ambientale, permettendoci di rapportale ad altri fenomeni, al fine di poter perfezionare uno strumento capace di fare intervenire l’uomo influenzandone le sue scelte.
Già nel 1997 iniziai ad occuparmi della previsione della concentrazione degli inquinanti atmosferici industriali a partire dalle misurazioni degli inquinanti tipici del ciclo fotolitico dell’azoto, ottenendo ottimi risultati di previsione che da quel momento potevano essere adoperati per modulare la produzione degli impianti inquinanti in funzione delle condizioni atmosferiche.
Ma non solo, nell’AI/ML Analysis Working Group (Awg) del NASA Genelab, ci occupiamo di raccogliere, classificare e analizzare i dati della genomica provenienti dagli esperimenti condotti dalle varie missioni spaziali della NASA col fine di comprendere, non solo quali siano i limiti della permanenza nello spazio degli esseri umani, ma anche e indirettamente l’origine di malattie quali ad esempio il cancro, il diabete e l’Alzheimer.
L’intelligenza artificiale per l’ambiente, così aiuta a ridurre le emissioni di CO2
L’innovazione indotta dalle Intelligenze artificiali
Tutte queste innovazioni sono capaci di influenzare direttamente sia la produzione sia le caratteristiche di una vasta gamma di medicinali e terapie, con importanti implicazioni per il miglioramento della qualità della vita e della salute delle persone.
È importante notare che l’AI talvolta ha anche il potenziale di poter cambiare il processo stesso di innovazione, con conseguenze che possono essere talmente profonde da essere potenzialmente capaci di dominare l’effetto diretto.
Una delle tecnologie che sta prendendo sempre più piede in termini di innovazione tecnologica indotta dall’Intelligenza artificiale è quella che riguarda la sensoristica. Oggi si tende sempre più a progettare nuovi sensori che integrano al loro interno algoritmi di AI. Un esempio lampante è lo studio che sto conducendo in collaborazione con l’Università Israeliana Ben Gurion University of the Negev dove siamo riusciti ad unire le competenze di due mondi apparentemente lontani, quello della ricerca biochimica e quello dell’IA.
In questa attività di ricerca abbiamo realizzato una nuova metodologia la quale, basandosi sul principio di funzionamento delle macchine a risonanza magnetica di tipo Low Field (Low Field MRI), riesce a definire con grande precisione lo stato di ossidazione di un olio alimentare in una frazione di secondo quando un’analisi simile condotta con metodi tradizionali impiega sino a diverse ore per campione.
Inoltre, grazie all’AI, nell’ambito medico è possibile fornire indicazioni di diagnosi con estrema precisione non solo in termini di riconoscimento delle malattie, ma anche in termini di discriminazione delle possibili varianti. Mi riferisco in particolare a un altro studio, che ho condotto assieme a un mio tesista, nel quale siamo riusciti ad identificare e discriminare le polmoniti da Covid-19 dalle comuni polmoniti a partire dalle immagini radiografiche del torace.
Il futuro
Stiamo già assistendo alla nascita di un nuovo paradigma dell’innovazione apportata dalle IA dove questa volta il dato è proprio l’essere umano per cui la macchina costruisce un modello virtuale quale replica di noi stessi. In altre parole, stiamo migrando da una visione dell’Intelligenza artificiale intesa come metodo puramente matematico in grado svolgere attività di modellazione e di processi fisici fortemente non lineari a una visione dove le AI possono essere intese come strumento per creare i cosiddetti Digital twin umani, ossia avatar umanoidi che magari in un prossimo futuro potrebbero disporre di una vera e propria intelligenza autonoma dotata della capacità di estrapolare conoscenza e soluzioni a problemi che l’originale umano non è stato capace di affrontare.
Per esempio, ultimamente mi sono occupato di queste tecnologie dimostrando come è possibile riportare virtualmente in vita un personaggio artistico del calibro del Caravaggio semplicemente a partire da un suo autoritratto. Nel caso particolare l’human avatar del Caravaggio è stato utilizzato per illustrare le sue stesse opere mostrando di fatto un artista in abiti e look moderni per enfatizzare il contatto con la platea degli ascoltatori.
Adesso, all’interno dell’Università eCampus, mi sto occupando della sperimentazione delle prime lezioni universitarie online tenute dal mio avatar Digital twin che impersonandomi e assumendo le mie sembianze, è capace di parlare tutte le lingue possibili grazie all’integrazione con i migliori algoritmi di speech basati sempre sull’AI.
Conclusioni
In definitiva, per dare il senso di quello che sta succedendo occorre spingere verso una maggiore interazione tra il mondo della ricerca scientifica e quello dell’imprenditoria. Questo perché, se da un lato le varie discipline scientifiche stanno via via convergendo verso il concetto STEM (acronimo di Science, Technology, Engineering and Mathematics), dall’altro lato il mondo del business inizia a strizzare l’occhio a questo nuovo modo di pensare. Per avere un’interazione che sia la più proficua possibile, i due mondi devono puntare verso una sempre più stretta collaborazione mirata a formare nuove figure professionali capaci di acquisire una nuova mentalità propriamente detta STEM.
A tale proposito, per quanto riguarda le mie attività internazionali, all’interno del Forbes Technology Council nel 2023 avrò il piacere di gestire un nuovo gruppo di lavoro che avrà per nome Scientific Research & Business, con l’obiettivo di favorire il processo di convergenza tra i più grandi stakeholder del panorama business internazionale ed il mondo scientifico.
In Italia partecipo attivamente all’interno dell’associazione no profit Fly University Project ETS in qualità di membro del comitato scientifico e ambasciatore, con l’obiettivo di valorizzare i giovani talenti del nostro Paese che troppe volte non hanno l’opportunità di emergere per via di numerosi problemi, tra i quali quello economico, quello sociale e quello organizzativo. L’associazione ha una visione innovativa che pone al centro delle proprie attività i nostri giovani, con la convinzione che i manager del futuro debbano avere competenze trasversali e una forte esperienza internazionale.
La multidisciplinarietà delle competenze e l’internazionalizzazione sono i principali obiettivi di Fly che, grazie a numerose attività, permette ai giovani talenti nostrani di formarsi e vivere esperienze imprenditoriali e internazionali. Queste sono sfide che non possiamo perdere.