L’adescamento dei minori, detto anche child grooming, si realizza mediante l’instaurazione di una comunicazione di tipo condizionante tra un soggetto – solitamente un adulto – e un minore, al fine di condurre quest’ultimo, mediante inganno o minaccia, ad acconsentire e cooperare al compimento di atti sessuali o al suo sfruttamento.
Peraltro, può accadere che il condizionamento psicologico esercitato sulla vittima continui anche a seguito degli abusi o degli sfruttamenti sessuali, in tal modo l’adescatore si assicura il silenzio del minore leso e, dunque, la segretezza della relazione. Ciò induce a precisare la posizione della vittima, che non si limita a subire l’offesa, bensì coopera in maniera artificiosa all’abuso o allo sfruttamento mediante atti apparentemente consensuali.
“Child grooming”, nella mente degli aggressori: ecco come agiscono in rete
Child grooming, inquadramento del fenomeno
Il termine inglese “grooming” deriva dal verbo “to groom” che indica il comportamento di chi istruisce o prepara qualcuno per un determinato fine: il “groomer” accede nella mente del minore per ottenere complicità e segretezza. Generalmente, l’adescatore individua la propria vittima in contesti familiari o maggiormente frequentati da minori, quali scuole, parchi o centri sportivi, ove tuttavia la presenza di adulti, i genitori o i sorveglianti – intesi come persone incaricate a qualsiasi titolo della vigilanza sul minore – può ostacolare la sua azione criminosa.
È proprio tale circostanza ad avere incrementato l’utilizzo dei social network, o più in generale di Internet, come strumento principale di interazione primaria con i minori, al riparo dagli occhi attenti e vigili degli adulti, dietro uno scudo che prende le forme di un computer o di uno smartphone.
Ciononostante, non bisogna commettere l’errore, peraltro comune, di considerare il fenomeno nella sola dimensione virtuale.
Sebbene oggi non esista una nozione di child grooming universalmente condivisa, il fenomeno richiama generalmente un modus operandi basato sulla “seduzione emozionale”, una manipolazione mentale diretta a convincere il minore ad assumere comportamenti che diversamente non terrebbe.
Le modalità di manipolazione
Molteplici sono le modalità della manipolazione: minacce, regali, lusinghe, denaro o inviti a partecipare a “giochi per adulti”.
La mancanza di una nozione unitaria è determinata dalla complessità del fenomeno che non ne consente una delimitazione precisa: il child grooming si articola in azioni consecutive, alcune delle quali possono costituire di per sé comportamenti leciti o comunque socialmente accettati, ciò che li rende illeciti è pertanto lo scopo perseguito, ossia l’abuso o lo sfruttamento sessualmente del minore.
La classificazione delle diverse tipologie di child grooming impone di distinguere preliminarmente il fenomeno a seconda del contesto, familiare o extra-familiare, in cui si sviluppa.
Contrariamente all’immaginario collettivo, l’adescamento è generalmente commesso da soggetti conosciuti dal minore, per legami di parentela o per ragioni educative o di cura.
In tal caso si tratta di face-to-face grooming ed il groomer dispone già della fiducia del minore.
Diversamente, quando gli episodi di adescamento si verificano al di fuori dei contesti familiari o istituzionali e, dunque, ad opera di soggetti sconosciuti, come nei parchi, centri commerciali ed in genere negli altri luoghi aperti al pubblico frequentati maggiormente da minori, si può sentir parlare anche di street grooming.
In particolare, il grooming di strada sta ad indicare l’adescamento di ragazze giovani compiuto da un gruppo organizzato di soggetti adulti per promuovere e favorire la tratta e la prostituzione delle medesime.
Non mancano anche i casi di grooming fra coetanei, ossia di adolescenti verso altri adolescenti, che prendono il nome di peer-to-peer grooming.
Il child grooming, inoltre, assume connotati distinti a seconda del contesto online od offline in cui si realizza e se è vero che da un lato non è corretto circoscrivere il fenomeno ad una dimensione prettamente virtuale, dall’altro lato occorre ammettere certamente che le tecnologie della comunicazione hanno favorito e agevolato le condotte criminose in esame.
Le cadenze tipiche dell’adescamento in rete sono state descritte dalla dottrina, la quale ha analizzato le fasi consecutive del processo di manipolazione psicologica del minore.
Accade comunemente che la vittima sia individuata, in un primo momento, attraverso un social network o un motore di ricerca (“victim selection and information gathering”). Una volta scelta la vittima, questa viene contattata e così ha inizio l’interazione con la medesima al fine di instaurare un legame amichevole (“friendship forming stage”) destinato a consolidarsi (“relationship forming stage”).
L’adescatore spesso nasconde la sua reale identità, infatti, mente sulla propria età o costruisce profili falsi appropriandosi di immagini trovate in rete.
Superata positivamente la verifica circa l’assenza di qualsivoglia forma di controllo esercitato da un adulto sul minore, rispetto alle sue interazioni nel mondo virtuale, il groomer tenta di instaurare un rapporto intimo con la vittima scambiandosi confidenze personali (“exclusivity stage”).
La fase conclusiva vede l’introduzione della tematica sessuale, l’adescatore attua pressioni psicologiche mirate a favorire l’incontro col minore o l’invio di materiale pedopornografico, altresì minacciando, se lo ritiene necessario, di rivelare le informazioni riservate ed intime acquisite durante l’adescamento (“sexual stage”).
La configurazione del reato nell’ordinamento italiano
La Convenzione di Lanzarote in materia di “protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali”, sottoscritta in seno al Consiglio d’Europa il 25 ottobre 2007, imponeva agli Stati firmatari l’introduzione di una fattispecie di reato che permettesse di perseguire penalmente le condotte di child grooming, in particolare quelle compiute online.
In attuazione della Convenzione, la Legge 172/2012 ha previsto alla lettera Z dell’articolo 4 una nuova norma da integrare al Codice penale, recante la rubrica “adescamento di minorenni”.
Nello specifico, l’articolo 609-undecies del Codice penale prevede che: “Chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600 bis, 600 ter e 600 quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600 quater 1, 600 quinquies, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies e 609 octies, adesca un minore di anni sedici, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l’utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”.
Occorre evidenziare come il legislatore italiano abbia disatteso le linee guida dell’articolo 23 della Convenzione di Lanzarote nella parte in cui fissa la soglia di punibilità ad uno stadio avanzato, ossia quando l’autore dell’illecito ha compiutamente posto in essere gli atti esecutivi di organizzazione dell’incontro.
Nella norma penale italiana, invece, sparisce ogni riferimento alla proposta di incontro o al compimento degli atti esecutivi e, pertanto, si assiste ad un drastico arretramento della soglia di punibilità. In altri termini, il reato è integrato anche quando manca del tutto una proposta di incontro col minore, essendo sufficiente il compimento di qualsiasi atto che risulti idoneo a carpire la sua fiducia.
Dunque, i comportamenti penalmente rilevanti risalgono già alle fasi sopra descritte di “relationship forming stage” o anche di “friendship forming stage”, purché animati da fini sessuali.
Sempre discostandosi dalla Convenzione, la norma penale italiana estende la punibilità per i fatti commessi a danno di minori di età compresa tra i quattordici e i sedici anni, mentre la Convenzione prevede, come riferimento, l’età per manifestare un valido consenso (nell’ordinamento giuridico italiano è di 14 anni).
Un’ulteriore distinzione riguarda le modalità dell’adescamento, mentre la Convenzione considera il fenomeno del child grooming prettamente nella dimensione virtuale, dati i rischi elevati che la connotano, il legislatore italiano rivolge l’attenzione a qualsiasi modalità di adescamento, riducendo quella compiuta mediante le reti di comunicazione informatica “una tra le tante” penalmente rilevanti.
Se da un lato tale estensione è vista con favore, dall’altro lato si può comprendere l’impostazione della Convenzione di Lanzarote se si considera che, già da tempo, la Corte di Cassazione ha più volte sottolineato le rischiose potenzialità del Web: “il mezzo informatico e le comunicazioni mediante chat o social network rendono particolarmente agevole l’approccio anche con soggetti con i quali il contatto diretto o attraverso altri mezzi di comunicazione sarebbe più difficoltoso non essendo necessario disporre, ai fini di tale contatto, di dati personali e potendo raggiungere l’interlocutore anche attraverso una semplice ricerca o l’utilizzazione dei sistemi utilizzati dalle singole piattaforme per mettere in contatto tra loro gli utenti. Rilievo non minore assume, inoltre, la velocità delle comunicazioni e la possibilità di inviare fotografie e riprese video, anche contestualmente alla loro realizzazione, attraverso dispositivi portatili” (Cassazione, sentenza 19033/2013).
Educazione digitale, la prima arma di difesa
Uno strumento di difesa contro le minacce online, che coinvolge il fattore umano, è certamente l’educazione digitale, ossia quel processo di formazione, conoscenza e consapevolezza irrinunciabile alla prevenzione degli illeciti commessi tramite la rete, dunque indispensabile per la sicurezza di adulti e soprattutto minori.
Difatti, il tema dell’educazione digitale è affrontato sia a livello internazionale sia a livello nazionale.
In particolare, in ambito europeo occorre menzionare la European strategy for a better Internet for children seguita dalla recente European strategy for a better internet for kids (2022), entrambe nate con lo scopo di garantire che i minori siano protetti, rispettati e responsabilizzati nella dimensione digitale.
La prima strategia è diretta a favorire la disponibilità di contenuti online di qualità per i giovani, sensibilizzare e responsabilizzare, creare per i ragazzi un ambiente in linea sicuro e contrastare gli abusi sessuali e lo sfruttamento sessuale a danno di minori.
Verso tale direzione, si rivela centrale il coinvolgimento non solo della Commissione europea e dei paesi dell’Ue, ma anche di operatori di telefonia mobile, produttori di telefoni e fornitori di servizi di social networking, al fine di sviluppare ed applicare soluzioni concrete per una internet adatto ai minori.
La strategia europea 2022, invece, introduce molteplici novità quali un codice Ue in tema di “progettazione adeguata all’età”, uno standard europeo per l’accertamento dell’età degli utenti della rete e, ancora, meccanismi per una rapida valutazione dei contenuti illeciti che circolano nel web.
In Italia, la partecipazione dell’Autorità garante nelle comunicazioni (AgCom) si è rivelata centrale per la stesura di provvedimenti finalizzati alla protezione dei minori online.
Con la delibera 481/2014, l’AgCom ha istituito l’Osservatorio delle garanzie per i minori e dei diritti fondamentali della persona su Internet con l’obiettivo di studiare le criticità connesse all’utilizzo di Internet e dei social network e di verificare l’efficacia delle policy adottate dagli operatori.
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Conclusioni
L’interazione sociale attraverso lo schermo di un computer, all’interno della propria cameretta, trasmette un senso di protezione ai minori. Una protezione apparente che, unitamente alla ordinaria immaturità e curiosità sessuale che contraddistinguono l’età infantile e adolescenziale, porta loro a non considerare i rischi connessi alle richieste provenienti dagli altri utenti del web, etichettati come “amici” o “seguaci” dai social network (Facebook, Instagram…).
Pertanto, condividono informazioni riservate come l’indirizzo di casa, il nome della scuola, i luoghi frequentati durante il giorno, le abitudini familiari, condividono selfie o video che li ritraggono anche nella loro intimità.
Come combattere tale fenomeno? Attraverso l’informazione. Alla luce delle precedenti riflessioni, i bambini non andrebbero esclusi dalla rete, bensì accompagnati nella navigazione. I casi di child grooming impongono doveri precisi in capo agli adulti: la vigilanza sui minori non è sufficiente se non è accompagnata da un processo di educazione digitale, ossia dalla conoscenza dei pericoli online e delle tecniche di prevenzione nonché dalla condivisione di tale sapere con i più giovani, affinché possano sentirsi liberi di fruire delle risorse offerte della rete con consapevolezza.