registro delle opposizioni

Telemarketing, iscritti al registro e tormentati lo stesso: ecco come risolvere

Le fragilità del ROP sono strutturali, ampiamente previste e denunciate prima della sua entrata in vigore Gli operatori illegali continuano a imperversare come e più di prima. Ma sono davvero invincibili? Una difesa è possibile e si incardina sulla doppia azione del Codice di Condotta e della Certificazione delle competenze

Pubblicato il 13 Feb 2023

Lelio Borgherese

Presidente di Assocontact

telemarketing - registro pubblico opposizioni

Sono passati sei mesi dall’introduzione del ROP – il Registro delle Opposizioni nato per fermare le chiamate indesiderate da parte di operatori illegali di telemarketing. Data l’attesa – oltre cinque anni – e l’importanza dell’iniziativa per milioni di cittadini e centinaia di outsourcer legali, è lecito farsi una domanda: il ROP sta funzionando? Il sito ufficiale presenta i dati aggiornati al 6/02: 3.8 milioni di iscritti. È un risultato ottimo? Mediocre? Per capirlo si possono fare due conti. E una riflessionesu due strumenti che potrebbero davvero cambiare le cose.

Nuovo RPO, Assocontact: “Ecco perché danneggia i virtuosi e non ferma il telemarketing selvaggio”

I numeri del ROP

Il Rop entra in funzione il 27 luglio, preceduto da un’ampia campagna mediatica. Testate generaliste e di settore spiegano ai cittadini il Registro e le sue funzionalità e viene dato ampio spazio anche a chi solleva critiche e pone interrogativi: Associazioni dei consumatori, Call e Contact Center e anche Assocontact, l’Associazione Nazionale dei Business Process Outsourcer.

Per evitare barriere d’ingresso l’iscrizione al ROP viene resa gratuita e semplicissima. Per mail, telefono o portale web basta dare il numero di cellulare che si vuole rendere non contattabile e l’iscrizione è fatta. Persino forzando i limiti introdotti dallo Spid sul riconoscimento digitale. Del resto, la categoria più colpita sono gli anziani, la domanda di sicurezza è alta. La gente stufa. Lo Stato fa lo Stato e fornisce uno strumento semplice, gratuito, ben comunicato a difesa di tutti. E infatti il ROP parte subito bene e il primo giorno si iscrivono in 500.000, il 23 agosto in 1.200.000 Ma è settembre il mese del “boom”: si avanza al ritmo di 700.000 iscritti a settimana.

Finalmente gli italiani hanno lo scudo a lungo invocato. Lo stop alle chiamate moleste sembra realtà.

La campagna “non farti disturbare” del Mise

Il 16 ottobre la campagna di comunicazione sul ROP cambia marcia. L’agenzia pubblicitaria Made in Genesi scrittura Francesco Pannofino e pianifica una campagna da grandi eventi: spot, radio e tv, campagne web, Social e stampa e affissioni e digital walls nelle principali città italiane ripetono un messaggio lineare “Iscriviti, non farti disturbare”. Qualcuno arriva a dire che l’“effetto-Pannofino” ha un effetto moltiplicatore x3 sulle iscrizioni. Per gli outsourcer “la campagna in corso fornisce (…) una rappresentazione tanto netta quanto fuorviante, scorretta e grottesca (…) descrivendo ogni chiamata di telemarketing come un disturbo”. Così il 21 novembre il Coordinamento di Assoservizi per la Comunicazione di Confcommercio (Assocall, Assocontact, Asseprim) chiede al Mise di ritirare lo spot: “Il Ministero che dovrebbe tutelare la nostra possibilità di fare imprese invita i cittadini a difendersi da ciò che facciamo quotidianamente e dalla nostra categoria. È in sostanza un inaccettabile ed illegittimo invito istituzionale al boicottaggio dei nostri servizi”.

Siamo a dicembre, il Mise non risponde, la campagna continua ma contrariamente alle attese le iscrizioni si sono fermate. Qualcosa non torna. Un passo indietro. Sono le 23.27 del 15 ottobre, poche ore prima del lancio della Campagna media, e il sito wayback machine che raccoglie a intervalli di tempo randomici gli screenshot di svariati milioni di pagine web, mostra i numeri dichiarati dal Registro delle Opposizioni: si contano 3.200.000 iscritti.

A inizio dicembre, un mese e mezzo dopo la campagna di comunicazione massiva, gli iscritti sono 3.700.000. Nessun effetto Pannofino, nessun traino dal passaparola nonostante gli inizi. Ma soprattutto nei primi sondaggi dei giornali serpeggia l’idea che il ROP non schermi, anzi. Qualcuno sospetta che le chiamate si siano moltiplicate dopo l’iscrizione. I 3.700.000 rimangono stabili fino a febbraio e oggi appaiono irrisori se paragonati ai quasi 80 milioni di sim di bacino di utenza del ROP, allo sforzo mediatico prima, durante e dopo, al lavoro quinquennale delle Istituzioni impegnate nella sua attivazione. Qualcosa, quindi, non ha funzionato.

Cosa non ha funzionato e come risolvere

E questo qualcosa molto probabilmente è stato proprio il ROP, nella sua concezione e non nel lavoro esecutivo, invece impeccabile. Le fragilità del ROP sono strutturali, ampiamente previste e denunciate prima della sua entrata in vigore perché è stato concepito come un faro acceso di giorno (focalizzato cioè sulle imprese legali iscritte al ROC) e spento di notte (disinteressato ai criminali abituati a muoversi nell’ombra). Gli operatori illegali continuano a imperversare come e più di prima. Ma sono davvero invincibili?

Telemarketing: ecco perché quello legale va tutelato

Come Presidente di Assocontact credo che si tratti di una battaglia difficile ma totalmente alla nostra portata se si arriva a un patto di sistema con Garante, committenti, outsourcer, polizia postale, cittadini e OTT e grandi player della telefonia.
Schiero un così nutrito numero di attori non perché sia il solo modo per pareggiare e contrastare le forze dei nemici (spesso anzi piccole e piccolissime organizzazioni illegali), ma perché il terreno di gioco è divenuto molto complesso. Ragion per cui serve molta integrazione e coordinazione e un modello di difesa basato su una rete intelligente di presidi per individuare le diverse forme di illecito con cui i criminali agiscono. Si tratta infatti di organizzazioni localizzate fuori dal raggio di azione della giurisprudenza italiana ed europea o di realtà minuscole che nascono e muoiono nel giro di settimane. Operano attraverso tecnologie che camuffano numeri e identità del chiamante, carpiscono i dati trafugati e commercializzati in mercati paralleli e sfruttano disattenzioni e disinformazioni dei cittadini.

Una difesa basata su Codice di Condotta e Certificazione delle competenze

La difesa possibile si incardina quindi sulla doppia azione del Codice di Condotta e della Certificazione delle competenze.

Il Codice di Condotta promosso inizialmente da Assocontact e OIC e di cui sono cofirmatari Confcommercio e Confindustria, Asstel, Asseprim, Assocall, DMA Italia, si riferisce alle attività di trattamento dei dati personali effettuati per promuovere beni o servizi.

Il Codice rafforza il controllo in ciascun attore della filiera attraverso la condivisione delle responsabilità e si basa sul rispetto dei principi di

  • liceità, proporzionalità, correttezza e trasparenza nei confronti degli interessati, adottando, in particolare, specifiche misure volte ad assicurare l’idonea informazione dell’utenza, l’adozione della corretta base giuridica del trattamento e l’esercizio dei diritti degli interessati;
  • privacy by design e by default, per garantire il controllo di tutta la filiera, dalla raccolta del dato di contatto per arrivare al contratto, passando per la telefonata. Senza dimenticare l’eventuale raccolta del consenso che porta a tre i pilastri (“le tre C”: Consenso, Contatto, Contratto).

Prevede inoltre l’applicazione delle più adeguate misure di sicurezza, organizzativa e tecnica al trattamento dei dati al fine di garantire i migliori  standard di protezione dei dati personali.

Attualmente il Codice è stato inviato per la seconda volta al Garante Privacy, dopo aver integrato le modifiche suggerite.

Conclusioni

La Certificazione delle competenze professionali e l’adesione al Codice di Condotta sono le due facce di uno stesso blocco di operatori virtuosi che vogliono distinguersi e distinguere il mercato dagli operatori criminali, sottraendo loro quote di mercato anche con la sponda delle ultime decisioni del Garante Privacy, che ha comminato multe ingenti ai Brand che non hanno saputo dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare che terzi infrangessero la legge. In questo senso gli Outsourcer certificati costituiscono il perno di un’alleanza committenti-garante-call center in chiave anti-frode.

Un’alleanza e un’integrazione da allargare anche ai system integrator, ai grandi brand della telefonia e agli OTT per mettere in campo gli strumenti tecnologici necessari (antispoofing e smart contract) o per smascherare le insidie che vi si nascondono.

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