il roadshow

Anitec-Assinform, “IA motore di sviluppo per le imprese: come passare dalla teoria alla pratica”

Che l’intelligenza artificiale sia veicolo di sviluppo e competitività per PMI lo sa (e ce lo dice) anche ChatGPT, ma ora che gli strumenti sono alla portata del grande pubblico, il loro “potenziale” a supporto delle aziende deve essere trasformato in realtà operativa. La svolta è possibile, occorre creare consapevolezza

Pubblicato il 20 Feb 2023

Roberto Saracco

coordinatore Gruppo di lavoro “Intelligenza Artificiale” di Anitec-Assinform

intelligenza artificiale ai act

Quale potrebbe essere il vantaggio per piccole medie imprese in Italia nell’adottare intelligenza artificiale? Lo abbiamo chiesto direttamente a ChatGPT e quella che segue è la prima parte della risposta e devo ammettere, ci ha stupito in positivo.

Ma oltre agli strumenti, serve la consapevolezza di quanto sia ormai imprescindibile mettere a terra le potenzialità dell’intelligenza aritficiale e questa può e deve partire dal basso, cioè da quelle imprese che già hanno cominciato a trasformare il loro business.

Ma andiamo per gradi.

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I vantaggi dell’AI per le piccole e medie imprese in Italia: cosa ne pensa ChatGPT

“L’intelligenza artificiale (IA) è una tecnologia in rapido sviluppo che sta cambiando il modo in cui le aziende operano in tutto il mondo. Le piccole e medie imprese (PMI) in Italia potrebbero trarre notevoli vantaggi dall’adozione dell’IA, sia in termini di efficienza che di competitività.

In primo luogo, l’IA può aiutare le PMI ad automatizzare i processi aziendali ripetitivi e a liberare il tempo dei dipendenti per attività più strategiche. Ad esempio, le chatbot basati sull’IA possono gestire le richieste dei clienti in modo efficiente, mentre i sistemi di automazione delle fatture possono ridurre i tempi di elaborazione dei documenti. Inoltre, l’IA può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati, che possono fornire informazioni preziose per migliorare la produzione, l’efficienza dei processi e l’identificazione dei mercati di nicchia.

In secondo luogo, l’IA può aumentare la competitività delle PMI in Italia, poiché consente loro di offrire servizi e prodotti innovativi che potrebbero essere altrimenti impossibili o troppo costosi da realizzare. Ad esempio, un’azienda di produzione alimentare potrebbe utilizzare l’IA per sviluppare nuovi prodotti personalizzati in base alle preferenze dei consumatori, mentre un’azienda di logistica potrebbe utilizzare l’IA per ottimizzare i percorsi delle consegne e ridurre i costi di trasporto.

Infine, l’IA può aiutare le PMI a mantenere un vantaggio competitivo a lungo termine, poiché consente loro di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e delle tecnologie. Ad esempio, un’azienda che utilizza l’IA per analizzare i dati dei clienti può identificare rapidamente nuove opportunità di mercato e adattare la propria offerta di prodotti e servizi di conseguenza.”

Ma come si è arrivati a questo punto e come questo viene, e può, potrà essere utilizzato dalle imprese, soprattutto PMI, in Italia?

Come impara l’intelligenza artificiale

Negli ultimi due anni l’intelligenza artificiale ha fatto progressi enormi, soprattutto su due versanti: la possibilità di essere applicata a moltissimi settori e la relativa semplicità di adottarla.

L’intelligenza artificiale si basa sui dati: è in grado di estrarre informazioni, effettuare deduzioni e, soprattutto, imparare dai dati. Questo lo può fare utilizzando un insieme crescente di algoritmi e avendo acquisito la capacità di imparare, cioè di:

  • provare a utilizzare dei dati per arrivare a una risposta,
  • seguire un approccio diverso, ottenendo quindi un risultato diverso,
  • confrontare i due risultati e valutare quello che si avvicina maggiormente al risultato atteso,
  • ripartire dal risultato migliore ripetendo il tutto,

A furia di “riprovare” viene derivata una conoscenza operativa su cosa funziona (o funziona meglio) e questo, come per gli umani, porta all’apprendimento.
Pensiamo a un bambino che continua a gettare gli oggetti dal seggiolone. Lo fa in modo ripetitivo (portando spesso all’esasperazione dei genitori) e alla fine impara che gli oggetti cadono. L’IA fa, in un certo senso, la stessa cosa ma lo fa ad una velocità impensabile per un umano e senza mai stufarsi, miliardi e miliardi di volte. In mezzo a tanti tentativi emerge la strategia vincente. È in questo modo che AlphaGo, il computer di Google che si è allenato al gioco (complicatissimo) del Go è riuscito a battere il campione del mondo.

Per diventare bravo ha sfidato sé stesso milioni e milioni di volte (per imparare a giocare a scacchi a livello di un campione il computer di Google ha giocato -con se stesso – quasi 50 milioni di partite e lo ha fatto in 9 ore…).

L’apporto delle Generative Adversarial Networks

Questo approccio, tutto sommato recente, si basa sulle Generative Adversarial Networks, Generative in quanto in grado di generare degli scenari operativi, Adversarial in quantovengono messi in opposizione l’uno all’altro per scegliere quello che più si avvicina allo scopo assegnato. L’IA non capisce nel senso “umano”, non ha una conoscenza paragonabile alla nostra (quando ad un campione di scacchi -Garry Kasparov- che era stato sfidato da un computer -DeepBlue di IBM- avevano detto che il computer prima di giocare valutava milioni di mosse e volevano sapere quante ne valutava lui, il Kasparov rispose “solo quelle che hanno senso”!).

Questo approccio alla creazione di intelligenza artificiale è interessante in quanto non richiede enormi moli di dati; quelli presenti in una impresa (dati di produzione, di gestione dei flussi delle supply e delivery chain) sono in genere sufficienti. Anzi, volendo vedere le cose da un altro punto di vista, i dati che le aziende si trovano oggi in casa (si pensi alla enorme quantità di dati generati attraverso i sensori, le IoT) sono talmente tanti che la loro messa a valore è impossibile senza strumenti di data analytics e di intelligenza artificiale (quest’ultima può anche essere vista come una data analytics aumentata).

Come trasformare il potenziale dell’IA in realtà operativa

A questa intelligenza artificiale “in the small” si affianca quella “in the large” cioè quella che fa leva su sterminate quantità di dati, quella che ha permesso di generare il testo dell’incipit di questo articolo. L’interessante, dal punto di vista delle imprese è che oggi questa intelligenza in the large è resa accessibile attraverso strumenti facilmente utilizzabili, quali in Dall-E2, Stable Diffusion (questi per generare immagini a partire da descrizioni testuali), AIVA, Soundraw (questi per generare musica), GPT-3 (ChatGPT è una versione evoluta di GPT-3, usato per generare testi) con Sparrow (l’equivalente di ChatGTP di Google) appena dietro l’angolo.

Questa disponibilità “potenziale” della intelligenza artificiale a supporto delle aziende deve essere trasformata in realtà operativa.

Non stupisce quindi che Anitec-Assinform (A-A) abbia creato un gruppo per esplorare quanto l’intelligenza artificiale possa aumentare la competitività delle aziende italiane e come fare per passare, come sul dirsi, dalla teoria alla pratica.

Il gruppo di intelligenza artificiale in A-A vede la partecipazione di aziende che operano nel settore ICT, quindi, fondamentalmente, sul versante della offerta.

Evidentemente queste aziende utilizzano l’intelligenza artificiale anche al loro interno e quindi, in un certo senso, rappresentano anche il versante domanda. Oltre a questa ovvia considerazione, però, queste aziende hanno giornalmente riscontri dal versante domanda – i clienti – e sono in grado di portare sia il contributo dal versante offerta sia di rispecchiare i problemi che nascono dal versante domanda.

Le difficoltà che impediscono la diffusione dell’IA nelle aziende

È proprio su quest’ultimo che è opportuno fare alcune considerazioni.

Dopo avere affermato come l’intelligenza artificiale sia da un lato un elemento importante per efficienza e competitività delle imprese (lo dice lei stessa nell’incipit di questo articolo!) e, dall’altro, come sia sostanzialmente disponibile, la domanda da porsi è come mai questa non trovi una applicazione diffusa, certamente non in Italia.

Il gruppo di lavoro è pervenuto a delle conclusioni che si possono riassumere in:

  • Difficoltà alla adozione di IA:bassa qualità dei dati. Spesso le aziende non hanno dei dati direttamente utilizzabili. Una loro ripulitura richiede tempo e denaro;
  • difficoltà di accedere a dati non direttamente posseduti dall’azienda, quali quelli che potrebbero essere ricavati dalle supply chain e dai clienti/utilizzatori (la legislazione europea e ancor più quella italiana sono molto stringenti);
  • assenza di competenze/skill in azienda per l’adozione e il mantenimento di strumenti di IA;
  • la stragrande maggioranza delle aziende che si dota di IA lo fa acquisendo a scatola chiusa strumenti che usano l’IA. Non viene quindi stimolata una crescita di competenza all’interno dell’azienda. Si noti come l’evoluzione in questo settore sia molto rapida e quindi non basti avere le competenze oggi, occorre avere un piano di mantenimento e crescita;
  • il contesto complessivo (deep fake, assenza di trasparenza, rischi di non essere in linea con i regolamenti, i costi di compliance) tende a scoraggiare l’adozione specie per le piccole aziende.

Adozione di IA per efficientamento

  • la maggioranza delle imprese che adottano l’IA lo fa per migliorare l’efficienza aziendale, non per migliorare, ampliare l’offerta;
  • manca una visione su come si potrebbe utilizzare l’IA per fare evolvere il biz.

Come imprimere una svolta nei prossimi mesi

A fronte di questo scenario certamente negativo il gruppo ha messo in luce diversi aspetti positivi che possono imprimere una svolta nei prossimi mesi:

  • il PNRR -almeno sulla carta- punta molto sulla crescita di competitività delle imprese nazionali da un lato e su un deciso miglioramento di efficienza della PA. Questo richiede un passaggio al mondo digitale, e quindi porta con sé una enfasi sui dati (creazione, disponibilità e capacità di gestione) elemento abilitante alla adozione di IA;
  • l’IA è ormai parte del toolkit di tutte le aziende software e dei system integrator che operano in Italia e quindi questi possono fare un’opera di evangelizzazione verso le PMI;
  • il mondo universitario sta rendendo l’IA pervasiva in molte delle discipline STEM per cui ci si può attendere una crescita nella preparazione delle nuove leve. Tuttavia, rimane a livello italiano una cronica mancanza di skill. Sarebbe opportuno, inoltre, che l’IA venisse introdotta già nelle scuole tecniche superiori. Da notare a questo riguardo il dibattito che si è acceso sul ChatGPT nella formazione scolastica: da un lato gli oppositori che vedono nel ChatGPT uno strumento per evitare di studiare e farsi fare compiti ed … esami, dall’altro un gruppo crescente di insegnanti -specie nelle università US- che vede nel ChatGTP un formidabile strumento che aiuta la formazione.

Allarghiamo l’orizzonte ai mercati internazionali

Queste considerazioni sono focalizzate all’ecosistema italiano. Tuttavia, è opportuno fare alcune considerazioni più ampie.

Lo sviluppo dell’IA avviene in tutto il mondo, con Usa, Cina in posizione predominante. Gli investimenti a livello globale sono stati di 92,95 miliardi di dollari nel 2021 e secondo IDC raggiungeranno i 301,43 miliardi di $ nel 2026. La Cina è, dopo gli US, il più grande investor in IA con una previsione di 26,69 miliardi di dollari nel 2026, l’8,9% del totale. A questo riguardo occorre però segnalare che gran parte dell’investimento in IA in US è privato mentre i Cina è pubblico, che negli US il target è lo sviluppo di prodotti, in Cina è quello di creare una infrastruttura di intelligenza artificiale di cui il Governo è tra i principali utilizzatori. Sia Cina sia US investono pesantemente anche sul versante formazione.

L’Europa è un po’ indietro e la regolamentazione sui dati (con la sua rigidità) potrebbe porla in una situazione di svantaggio. La “scappatoia” di utilizzare dei sandbox, cioè permetter un utilizzo della IA in certi settori (non critici) e con maggiore flessibilità per alimentare l’innovazione potrebbe non essere sufficiente. D’altro lato, la spinta verso la creazione di data spaces, a Gaia-X (altra area su cui purtroppo l’Italia è in ritardo) potrebbe favorire la creazione dei presupposti per lo sviluppo e adozione di IA da parte delle aziende.

La Cina investe con l’obiettivo di diventare il primo attore per IA nel mondo, gli US investono per non perdere la loro attuale (e storica) supremazia. Di nuovo l’Europa si trova svantaggiata rispetto a questi colossi.

Paradossalmente, l’Italia con la sua grande ricchezza basata sulla piccola e media industria potrebbe essere nelle condizioni di generare innovazione “dal basso” se solo riuscisse a portare la maggioranza delle sue imprese ad ammodernarsi e sfruttare appieno l’IA, creando un ecosistema produttivo distribuito che sarà probabilmente il futuro dell’industria.

Conclusioni

Anche per favorire questo sviluppo, che richiede in primo luogo consapevolezza sulle potenzialità dell’IA nel concreto della vita dell’impresa e nella generazione di prodotti e servizi, e in secondo luogo la comprensione di come applicarla, Anitec-Assinform ha ideato, insieme a Piccola Industria-Confindustria, un roadshow su più di 20 città in Italia insieme alle associazioni confindustriali del territorio per dialogare con le PMI e creare questa consapevolezza e comprensione: insieme a noi, abbiamo voluto che fossero le stesse imprese della domanda a parlare dei loro progetti e di come hanno puntato sull’intelligenza artificiale per innovare il proprio business.

La prima tappa è stata il 9 febbraio a Verona, con Confindustria Verona e Confindustria Veneto, per incontrare il bacino imprenditoriale del Veneto e un pezzo di storia industriale del nostro Paese.

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