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Fascicolo Sanitario Elettronico: l’interoperabilità passa dai manuali di conservazione

I manuali di conservazione dovrebbero prevedere delle indicazioni per garantire l’interoperabilità dei documenti informatici previsti dal Fascicolo Sanitario Elettronico e in particolare i metadati che devono accompagnare il ciclo di vita dei documenti informatici. Un modello di intervento

Pubblicato il 01 Mar 2023

Carmelo Gullì

DPO Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria

Domenico Marino

Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria

Le best practice nella sanità digitale

Il sistema di conservazione del Fascicolo Sanitario Elettronico, come previsto dall’art. 44 del CAD, garantisce l’autenticità, l’integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità dei documenti informatici, ma non l’interoperabilità.

Questa mancanza sul versante dell’interoperabilità crea una serie di problematiche legati alla mancanza di regole e sistemi di codifica condivisi, che hanno portato alla diffusione disomogenea di questo importante strumento nelle diverse Regioni sia in termini di contenuti che di standard.

Come rimediare?

Fascicolo sanitario elettronico 2.0: così sarà vera svolta per sanità e cittadini

Le linee guida per accelerare l’adozione del FSE

Partiamo dal principio di questa nuova fase del FSE, avviata con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per far sì che il Fascicolo Sanitario Elettronico, nella sua versione 2.0 diventi la chiave d’accesso dei cittadini al Sevizio Sanitario Nazionale.

Nella Gazzetta Ufficiale dell’undici luglio 2022 sono stati pubblicati sia il decreto ministeriale del 20 maggio 2022 “Adozione delle Linee Guida per l’attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico” sia il decreto ministeriale del 18 maggio 2022 “Integrazione dei dati essenziali che compongono il Fascicolo Sanitario Elettronico.

Questi due decreti servono a dare il via all’attuazione dell’investimento dedicato di circa 1,4 miliardi di euro previsto nel PNRR.

Dalla lettura delle Linee guida per l’attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico si rileva che il FSE è implementato in maniera disomogenea nelle Regioni sia in termini di contenuti che di standard. Questo pone limiti importanti in termini di utilizzo. Attraverso le Linee Guida si vogliono superare tutti quei problemi che avevano ritardato e reso complicato l’utilizzo di questo che è uno strumento indispensabile e unico per una sanità moderna e digitale.

Il secondo decreto, invece, mira a risolvere un grosso problema che era stato riscontrato nell’adozione del Fascicolo Sanitario Elettronico che era costituito dalla disomogeneità dei dati fra le diverse regioni che da anni hanno implementato tale strumento.

Cosa ostacola i processi di ineroperabilità

La mancanza di regole e sistemi di codifica esaustivi e condivisi anche laddove vengono prodotti documenti clinici strutturati, può comportare un conseguente degrado della qualità del contenuto informatico che alimenta il FSE. Inoltre, l’assenza di regole condivise centralmente per l’applicazione dei sistemi di codifica e metadatazione ha contribuito alla proliferazione di sistemi di codifica locali, regionali o definiti per singola azienda sanitaria/ospedaliera.

Questi sistemi di codifica ostacolano i processi di interoperabilità sovra aziendali/regionali e producono contenuto informativo utile solo alla consultazione a livello locale.

I manuali di conservazione che recano le regole tecniche in materia di sistema conservazione e che prevedono la descrizione delle tipologie degli oggetti sottoposti a conservazione, comprensiva dell’indicazione dei formati gestiti, dei metadati da associare alle diverse tipologie di documenti e delle eventuali eccezioni, dovrebbero, però, in ogni caso garantire un efficace sistema di interoperabilità in ambito Regionale/Nazionale definendo le specifiche in maniera da garantire una uniformità di in materia di formati, metadati, codici.

Cosa dovrebbero contenere i manuali di conservazione

I manuali di conservazione dovrebbero, quindi, prevedere esplicitamente delle indicazioni per garantire l’interoperabilità dei documenti informatici previsti da FSE ed in particolare i metadati che devono accompagnare il ciclo di vita dei documenti informatici, nelle sue tre fasi principali (formazione, gestione e conservazione) inoltre i metadati facoltativi dovrebbero essere utilizzati per dare informazioni utili ai fini di ricerca. Per attuare i requisiti definiti per il nuovo FSE, le linee guida devono definire indicazioni sui manuali di conservazione ed in particolare sui documenti ad oggi obbligatori. Un utile strumento normativo per garantire l’interoperabilità è di regolamentare a livello nazionale i requisiti che devono avere i manuali di conservazione in relazione a questo.

Ad oggi, purtroppo, lo stato di attuazione del fascicolo sanitario in Italia è gestito dalle regioni in maniera disomogenea, cosa che comporta una scarsa intercomunicabilità dei dati. Una sanità regionale gestita e governata da 19 regioni e due province autonome ha prodotto il frutto malato di una scarsa capacità innovativa, una gestione più attenta ai bilanci che ai reali bisogni dei cittadini.

L’interoperabilità ha bisogno di un approccio multidisciplinare integrato che faccia sintesi di competenze informatiche, di cyber security, di protezione dei dati personali, di competenze normative (ad esempio in materia di autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie) per assicurare un livello accettabile di compliance, ma soprattutto di competenze organizzative.

Un modello di intervento

Quello che noi proponiamo è un modello di intervento per raggiungere l’interoperabilità che sfrutti contemporaneamente dinamiche top down con dinamiche bottom up.

Il rischio più grosso che bisogna evitare è quello di considerare il problema dell’interoperabilità un mero problema di software da far risolvere agli informatici. Il software è lo strumento che è tanto più valido quanto si adatta alle caratteristiche di colui che deve governare i processi. Il cuore dell’interoperabilità deve essere un modello organizzativo. Di conseguenza il software si deve adattare a questo modello organizzativo e non viceversa.

Due livelli di conservazione per il FSE

Il FSE dovrebbe avere due livelli di conservazione, la recovery nazionale e i database regionali. Spesso si tende ad individuare le cause della mancata interoperabilità in una diversità di codici informatici. Questo è solo il più piccolo e più risolubile dei problemi.

In realtà il problema più rilevante è l’interoperabilità semantica. Al di là degli aspetti software spesso non vi è un consenso e una omogeneità sui contenuti e sui linguaggi usati. Si dovrebbe essere certi che un determinato termine inserito assuma la stessa valenza e lo stesso significato nelle diverse regioni e nelle diverse strutture sanitarie.

Il secondo problema è un indirizzo univoco in materia di protezione dei dati personali e in materia di cybersecurity fra i diversi livelli territoriali e le diverse strutture e infine l’omogenizzazione dei dati. Bisogna costruire le fondamenta di un processo complesso che ha nel PNRR le risorse necessarie poter arrivare alla realizzazione di un’infrastruttura tecnologica moderna e aggiornata e che dovrebbe rendere fruibile uno strumento il cui funzionamento è fondamentale per garantire un migliore accesso alla sanità da parte dei cittadini italiani e garantire dati esatti ai fini della ricerca scientifica.

Conclusioni

Ma per evitare che restino inattuate occorre uno sforzo di sensibilizzazione di tutte le regioni affinché si dia priorità a questo strumento. La sanità deve posizionarsi in cima alle agende delle politiche regionali, ma non solo a parole. Avere una sanità digitale significa non solo assicurare ai cittadini una migliore qualità della vita e una migliore tutela della salute ma supportare anche la ricerca scientifica e il Fascicolo Sanitario Elettronico interoperabile è il primo e insostituibile strumento per raggiungere questo risultato.

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