Al netto della spinta che ci auguriamo il PNRR potrà dare al settore delle telecomunicazioni, non siamo ancora sufficientemente competitivi se paragonati ai maggiori Paesi industrializzati europei.
Partiamo in ritardo rispetto agli altri, e per questo motivo subiamo penalizzazioni enormi dal punto di vista della crescita economica e dell’innovazione.
La crisi delle telco, le carenze della politica hanno fatto danni: ecco come rimediare
I motivi del ritardo italiano sul fronte delle tlc
La prima spiegazione al nostro ritardo e alla situazione di crisi del settore telco sono gli scarsi investimenti da parte degli operatori del mercato delle telecomunicazioni.
Formazione e innovazione, le tlc hanno fatto poco
Investimenti che sono stati carenti su due fronti: quello della formazione e della riqualificazione delle risorse e quello degli investimenti in innovazione.
Basta dare uno sguardo ai dati per rendersene conto. Oggi le società di installazione di rete nazionali danno lavoro a circa 50mila dipendenti, se consideriamo anche l’indotto. Eppure queste società faticano a reperire sul mercato tutta la forza lavoro necessaria per “mettere a terra” la fibra. Le stime più accreditate ci dicono che manca all’appello un numero compreso tra i 5mila e i 10mila operatori. È chiaro che questo è prima di tutto un problema di competenze, che scarseggiano proprio perché si è investito troppo poco in formazione e riqualificazione, soprattutto nel passaggio dal rame alla fibra. Ci troviamo così nella situazione paradossale di aziende vincitrici di gare pubbliche, che sono costrette a fermarsi subito perché prive delle risorse umane di cui avrebbero bisogno per iniziare e portare a compimento i lavori.
I bassi investimenti in innovazione poi hanno finito per danneggiare per primi proprio gli operatori del settore TLC. Basti pensare che i ricavi lordi degli operatori del mercato telecomunicazioni, dal 2008 al 2020, sono crollati addirittura di 16 punti percentuali, scendendo da 44,8 miliardi a 28,5 miliardi di Euro. Tradotto, significa che in più di dieci anni la concorrenza è stata feroce sul prezzo all’utente finale, ma timida sull’innovazione, penalizzando proprio i profitti.
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Le responsabilità pubbliche: approcci “miopi” ai problemi del settore
Ma la responsabilità maggiore del ritardo attuale non è del mercato, bensì dello Stato.
Il secondo fattore scatenante della situazione critica attuale è nelle politiche pubbliche promosse dai governi che si sono succeduti alla guida dell’Italia. Politiche che non soltanto soffrono (e fanno soffrire) di mali noti e radicati come la lentezza della burocrazia, di elevati costi di transazione e di elevata litigiosità (un mix altamente nocivo per l’iniziativa privata e per lo sviluppo economico del Paese) ma che hanno perseguito troppo spesso approcci ‘miopi’ alla soluzione dei problemi.
Prezzi troppo consumer-oriented: un boomerang
Su tutti, tre esempi: il primo, come detto, riguarda la scelta di molti governi di avvantaggiare i consumatori (che infatti godono ancora oggi dei prezzi tra i più bassi in Europa). Il problema è che questa scelta l’abbiamo pagata molto cara in termini di affievolimento degli incentivi all’innovazione e di spinta per gli operatori di mercato ad adottare strategie realmente concorrenziali. La classica “zappa sui piedi”.
Limiti alle emissioni elettromagnetiche troppo stringenti
Un altro esempio è quello dei limiti elettromagnetici. Certo, si tratta di un tema molto delicato che riguarda la salute di noi tutti e che proprio per questo va affrontato con la massima cautela. Ma il punto è che aver scelto aprioristicamente di adottare limiti più stringenti rispetto a quelli utilizzati dalla maggior parte degli altri Paesi, ci ha posti inevitabilmente in una condizione di svantaggio competitivo rispetto agli altri. Oggi finalmente si è scelto un atteggiamento agnostico e non ideologico alla questione, il che è un risultato importante.
Da ultimo, gli incentivi all’innovazione con particolare riferimento al 5G. Chi ha governato negli anni passati ha avuto un approccio francamente poco comprensibile riguardo l’utilizzo dei fondi a nostra disposizione con il PNRR, con il risultato incredibilmente penalizzante di rallentare in modo ingiustificato l’avanzamento degli interventi su una tecnologia così importante.
Conclusioni
Finalmente, l’attuale governo, ha invertito la rotta: ha sbloccato i fondi e premuto l’acceleratore sulla realizzazione delle infrastrutture. Ma ci vorrà ancora del tempo per recuperare il ritardo cumulato.