waste management

Il digitale nel ciclo dei rifiuti: così le imprese possono attuare una vera transizione ecologica

Entro quest’anno dovrebbe entrare in vigore il sistema di tracciamento informatico dei rifiuti, l’ultima di una serie di novità che volte a rendere migliore, più efficiente, ecologico e anche più sostenibile il ciclo dei rifiuti. Il punto sulla transizione digitale del waste management e sui vantaggi per imprese e cittadini

Pubblicato il 31 Mar 2023

Maurizio Ristori

Partner responsabile del mercato private di Intellera Consulting

ewaste

Il settore del waste management, che riguarda ogni attività legata al ciclo dei rifiuti: dalla produzione alla raccolta, sino allo smaltimento/recupero, ben si presta a essere l’emblema dell’importanza dell’interconnessione tra transizione ecologica e digitale.

Il 2023 potrebbe rappresentare un anno di importanti (e auspicati) cambiamenti per la digitalizzazione nel settore. La vera novità è l’imminente e tanto attesa entrata in vigore del nuovo sistema di tracciamento informatico dei rifiuti, il cosiddetto RENTRI (Registro Elettronico Nazionale sulla Tracciabilità dei Rifiuti).

Ma quali sono le direttrici di questa trasformazione e qual è il ruolo delle imprese del settore (anche in vista dei fondi del PNRR)?

Rentri, cos’è e come funziona il registro elettronico per la tracciabilità dei rifiuti

Digitale e waste management

Nel ciclo dei rifiuti, la transizione digitale può realizzarsi lungo tre differenti direttrici:

  1. la digitalizzazione (e contestuale semplificazione) degli adempimenti ambientali sia “da” che “verso” gli enti pubblici competenti;
  2. l’innovazione e la trasformazione digitale dei servizi erogati al cittadino legati alla raccolta, al trasporto e alla necessaria tracciabilità dei rifiuti urbani e assimilati;
  3. la sperimentazione e lo sviluppo di strategie imprenditoriali smart che siano in grado di migliorare la competitività delle imprese del settore, garantendo loro una maggiore sostenibilità economica e una più alta capacità di adattamento (la c.d. resilienza) ai numerosi cambiamenti di natura giuridico-amministrativa, tecnica ed economico-sociale.

La transizione digitale delle PA

La transizione digitale delle Pubbliche Amministrazioni e dei numerosi altri Enti che, a vario titolo, governano il mondo del ciclo dei rifiuti è legata alla necessità di semplificare, efficientare e “sburocratizzare” il sistema di adempimenti ambientali, anche se l’auspicata transizione burocratica deve fare i conti con la complessità e specificità della materia, in continua evoluzione. Da questo punto di vista, la transizione digitale rappresenta il mezzo attraverso cui realizzare una semplificazione, con l’obiettivo di non limitarsi ad una mera dematerializzazione degli attuali adempimenti cartacei.

Settori e procedure della gestione ambientale e, in modo particolare, quella dei rifiuti, si sono da tempo convertite alla digitalizzazione e alla semplificazione burocratica. Ne è un esempio l’Albo Nazionale Gestori Ambientali, che abilita le imprese gestori di rifiuti, attraverso istruttorie, comunicazioni e rilascio dei relativi provvedimenti per mezzo di strumenti telematici collegati al Ministero dell’Ambiente, ma anche al Ministero dei Trasporti e dell’Interno per l’accertamento, rispettivamente, dei requisiti di iscrizione dei veicoli dediti al trasporto dei rifiuti e di quelli – ben più delicati – di onorabilità dei legali rappresentanti e dei responsabili tecnici a capo delle imprese esercenti sul territorio nazionale. Stiamo parlando di circa 192 mila imprese iscritte al 2021, di circa 700 mila veicoli iscritti in tutta Italia e circa 189 mila provvedimenti telematici gestiti ed emessi negli ultimi 5 anni.

Il nuovo sistema di vidimazione virtuale dei FIR (Formulario Identificazione Rifiuti)

Con il D.lgs. n.116/2020, poi, è entrato a pieno regime il nuovo sistema di vidimazione virtuale dei FIR (Formulario Identificazione Rifiuti) che permette a imprese ed enti di produrre e vidimare autonomamente il formulario di identificazione del rifiuto, avvalendosi di un servizio reso disponibile on line dalle Camere di Commercio, previa registrazione e senza alcun costo. L’accesso al servizio VI.VI.FIR è effettuato da ogni persona fisica che può autenticarsi mediante identità digitale (CNS, SPID, CIE) e indica l’impresa o l’ente per conto della quale si intende operare. Una semplificazione di grande vantaggio (e risparmio) sia per le imprese che per la PA.

Sebbene sia in vigore già da alcuni anni, il Registro telematico nazionale di raccolta dei provvedimenti autorizzatori per il recupero dei rifiuti è, invece, ancora poco noto al grande pubblico, pur rappresentando un altro esempio di digitalizzazione nel mondo dei rifiuti. La legge istitutiva del Registro telematico (D.L. n. 101/2019) ha pensato al RECER per ordinare, digitalizzare ma soprattutto omogeneizzare le autorizzazioni al riciclo. Promette però di essere molto più di un semplice collettore di permessi (circa 5mila le autorizzazioni al recupero nell’ultimo triennio) puntando a diventare anche una bussola amministrativa del recupero in Italia, nonché un efficace strumento di controllo e di accertamento da parte delle competenti autorità di eventuali irregolarità e illegalità.

Il Registro Elettronico Nazionale sulla Tracciabilità dei Rifiuti

Il RENTRI (Registro Elettronico Nazionale sulla Tracciabilità dei Rifiuti), nato dalle ceneri del vecchio SISTRI, avrà il duplice compito di garantire agli Enti preposti una tracciabilità reale dei rifiuti prodotti e raccolti sul territorio nazionale e semplificare la vita delle imprese tenute al suo utilizzo, delimitandone responsabilità ed oneri di filiera (ad esempio eliminando l’invio della quarta copia del formulario). La tracciabilità dei rifiuti è governata dall’art. 188-bis del Testo Unico Ambientale che è la norma primaria di riferimento, ma l’organizzazione e il funzionamento del RENTRI sono stati demandati a uno o più decreti ministeriali.

La digitalizzazione dei servizi al cittadino

La digitalizzazione è certamente una delle chiavi per aprire le porte ad un nuovo rapporto dei cittadini con il servizio pubblico di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani e assimilati. La transizione digitale può rappresentare lo strumento per rendere il servizio qualitativamente migliore, più efficiente, ecologico e anche più sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico.

Nella mente del cittadino comune la gestione dei rifiuti è legata ai costi tariffari derivanti (TARI) dall’erogazione del servizio pubblico. Costi che, molto spesso, non equivalgono alla qualità dei servizi erogati, nonostante i numerosi obblighi di qualità contrattuale e tecnica prescritti dalla Delibera n.15/2022 di ARERA, in vigore dal 1° gennaio scorso. Tra questi si segnala l’obbligo per l’ente locale gestore della tariffa di rendere disponibile online, tramite portale web o applicazione mobile, le istanze contrattuali gestite di consueto dagli uffici TARI. Ma ancora, i portali dovranno consentire all’utente/contribuente di poter conoscere, in ogni momento, i contenuti minimi del servizio, le percentuali di raccolta, dati di gestione, news e la carta della qualità del servizio. Insomma, il miglioramento delle performance e, di conseguenza, la soddisfazione del cittadino/utente, dipendono significativamente dallo sviluppo e dall’efficienza di sistemi e tool informatici.

Un mondo senza spazzatura è possibile: tre proposte per prodotti a impatto zero

Dal punto di vista giuridico, i commi 667 e 668 della Legge 27 dicembre 2013, n. 14 costituiscono il presupposto per l’applicazione della c.d. Tariffa Puntuale (TARIP), alternativa alla TARI, basata sulla misurazione a peso o a volume (cosiddetta puntuale) dei rifiuti urbani e assimilati conferiti al pubblico servizio. La Tariffa Puntuale ha trovato concreta applicazione nel Decreto 20 aprile 2017 emanato dal Ministero dell’Ambiente che disciplina i criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio. Secondo le analisi condotte dal Laboratorio REF Ricerche, l’introduzione della TARIP è un acceleratore per ridurre la produzione di rifiuto indifferenziato e al contempo realizza un allineamento tra le performance ambientali dei diversi modelli di raccolta: tutti i modelli (porta a porta, stradale e mista), affiancati alla TARIP, infatti, hanno risultati ambientali migliori, ovvero una minore produzione di rifiuto indifferenziato.

Nonostante i benefici dell’applicazione della TARIP, tuttavia, l’estensione di tale sistema di tariffazione è diffuso solo a macchia di leopardo in Italia. Secondo i dati del Rapporto Rifiuti Urbani 2022 pubblicato da Ispra, sono solo 1.198 i comuni italiani che adottano, con diverse modalità, la tariffazione puntuale, per un bacino di utenza al 2021 fermo a poco più di 8 milioni e 200 mila abitanti. La diffusione della TARIP si concentra soprattutto nel nord-est del Paese, in particolare nei comuni delle province di Trento e Bolzano in Trentino-Alto Adige, di Treviso e Padova in Veneto, di Mantova, Brescia e Bergamo in Lombardia, con una forte disomogeneità sul territorio nazionale.

Anche in questo caso, la premessa indispensabile all’applicazione dei sistemi di misurazione puntuale è l’adozione di sistemi, procedure e strumenti informatizzati. Le nuove tecnologie possono garantire monitoraggio ed erogazione del servizio più semplici ed efficienti, non solo per i cittadini/utenti. L’utilizzo dei cassonetti e di scarrabili smart – dotati cioè di sensori in grado di riconoscere il cittadino – permettono di identificare il conferitore dei rifiuti, di pesarne la quantità prodotta e di stabilire la qualità della raccolta differenziata. Questa soluzione digitale, come altre, è in grado da un lato di creare sistemi di gestione maggiormente sostenibili, anche dal punto di vista economico per enti gestori e per i cittadini; dall’altro di analizzare le abitudini degli utenti nel conferimento dei rifiuti, grazie ai dati sulla qualità e quantità dei rifiuti raccolti, che consentono anche di indirizzare gli utenti verso azioni ambientalmente virtuose.

Le imprese smart

La costruzione di una nuova consapevolezza ambientale dipenderà sempre più dal ruolo che le imprese sapranno ricoprire nelle diverse attività legate al ciclo dei rifiuti. Più dei singoli cittadini, le aziende sono le protagoniste del nuovo approccio al waste management, storicamente caratterizzato da una gestione più “analogica” che digitale, legata alla forza delle braccia piuttosto che delle infrastrutture e applicazioni digitali. Questo settore così “labour intensive”, tuttavia, sta elaborando la necessità di innovarsi verso gestioni più improntate alla digitalizzazione, per rispondere alle nuove esigenze ed istanze della società e del mercato.

La competitività delle imprese del settore “waste” dipende dalla possibilità di queste ultime di investire nella transizione digitale e dalla capacità di intercettare i fondi che anche il PNRR ha messo a disposizione. Gli strumenti e le soluzioni che oggi le aziende del settore possono mettere in campo per la digitalizzazione del servizio di igiene urbana sono molteplici. Ne citiamo alcuni solo a titolo esemplificativo:

  • il monitoraggio in tempo reale della flotta veicolare e/o delle squadre di lavoro impegnate sui territori;
  • l’uso di sistemi di monitoraggio del corretto funzionamento dei veicoli e delle attrezzature di bordo;
  • l’implementazione e l’organizzazione di moduli informatici che consentano di pianificare e gestire i percorsi ottimali per una raccolta dei rifiuti più efficiente ed economica;
  • la predisposizione di sistemi di analisi ed elaborazione dati in grado di generare statistiche sulla qualità del servizio reso, sulla tipologia del rifiuto raccolto, sul numero di utenti serviti e sulle tempistiche di erogazione dei servizi offerti;
  • l’utilizzo di applicazioni digitali con le quali gli utenti possono prenotare servizi di raccolta dedicati per particolari tipologie di rifiuti (ad es. i PAP) oppure segnalare le irregolarità nell’erogazione del servizio (basti pensare alla sciagurata pratica dell’abbandono incontrollato di rifiuti lungo le strade);
  • l’integrazione del sistema di raccolta dei rifiuti urbani attraverso l’utilizzo di cestini, cassonetti e mini-compattatori intelligenti (smart) per la prevenzione del sovraccarico del contenuto grazie all’impiego di una pressa interna alimentata, generalmente, da un pannello fotovoltaico; ma anche cestini gettacarte in grado di avvisare l’operatore dedicato allo svuotamento dell’imminente raggiungimento della capienza massima tramite la comunicazione di un App dedicata, con tutti i benefici del caso legati alla riduzione dei costi di gestione delle squadre addette allo svuotamento e, di conseguenza, delle emissioni di CO2 causate dai mezzi adibiti proprio alla raccolta.

Le soluzioni efficaci per garantire la sostenibilità economica degli investimenti 

Per affrontare nel modo migliore la transizione digitale è necessario dotarsi di un approccio integrato e sistemico, che coinvolga le aziende in tutte le loro dimensioni. Innanzitutto, è necessario favorire e diffondere un cambiamento culturale, passando da un approccio “analogico” ad uno digitale, che investa tutti i processi e le strutture aziendali. Introdurre le innovazioni sopra elencate vuol dire rivedere alle radici il modello di erogazione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, i relativi processi operativi e le procedure aziendali. In definitiva, si tratta di un processo di trasformazione aziendale vero e proprio.

Tutto questo è fattibile solo dotandosi di nuove competenze e professionalità, all’interno di team multidisciplinari che favoriscano la contaminazione e la diversificazione delle competenze (esperti di Internet Of Things, data scientist, cybersecurity, ecc). Per favorire questo cambiamento strutturale nel modo di pensare e di agire del personale aziendale, occorre investire fortemente in attività di formazione e change management per garantire un’adozione efficace e consapevole del nuovo paradigma digitale. Occorre avviare percorsi strutturati di reskilling e riqualificazione del personale esistente. Infine, è necessario mettere in campo ingenti investimenti su infrastrutture e applicazioni digitali, ma non solo. In definitiva, le imprese devono fare i conti con la sostenibilità economica della transizione digitale.

La capacità di innovare e sostenere gli investimenti necessari è condizionata dalla tipologia di operatore e dal contesto territoriale in cui opera. Il settore italiano, infatti, è caratterizzato da una vasta eterogeneità e dalla convivenza di operatori diversificati. Secondo i dati del Green Book 2022 della fondazione Utilitatis solo il 3% degli operatori nazionali è costituito da operatori TOP (con un fatturato maggiore di 100 milioni di euro) che producono il 37% del fatturato nazionale, mentre il 51% è rappresentato da piccoli che, insieme, producono solo l’8% del fatturato nazionale. La transizione digitale difficilmente potrà essere omogenea, a causa della diversa capacità di investimento delle imprese del settore.

Per le imprese del settore waste, più di ogni altro indotto industriale, la prospettiva ambientale e quella economica non viaggiano sempre alla stessa velocità. Il sistema di raccolta TARIP, applicato alle imprese, ad esempio, può essere vincente da una prospettiva “ambientale”, con una produzione di rifiuto indifferenziato minore, una migliore qualità delle raccolte differenziate o ancora una maggiore o minore produzione di emissioni clima alteranti; ma dalla prospettiva “economica” può produrre costi di gestione ed erogazione addirittura maggiore (almeno nei primi anni) e, dunque, un aggravio della tariffa pagata dagli utenti.

Le soluzioni per garantire la sostenibilità economica degli investimenti possono differire in funzione della dimensione degli stessi. I piccoli operatori dovranno adottare una logica di aggregazione con altri di simili dimensioni, per una gestione sinergica del territorio in vista della costituzione degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO). Questo potrà consentire agli operatori di beneficiare dalle economie di scala, riducendo il costo del servizio alla Cittadinanza. Il potenziale di economia di scala e di benefici generati dalla sinergia di più operatori è molto vasto perché i piccoli e medi operatori costituiscono il 79% del totale degli operatori attivi in Italia. I grandi operatori, grazie alla loro dimensione e raggio d’azione sul territorio, hanno maggiori possibilità di investimento. Ma per sfruttare al meglio le risorse devono adottare un approccio sistemico che favorisca la piena integrazione e le sinergie con gli altri stakeholders del territorio, evitando duplicazioni e creando servizi trasversali a valore aggiunto per il cittadino in una logica di Smart City.

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