giustizia digitale

Formati file ammessi nel processo civile telematico, perché manca ancora una soluzione univoca

Giurisprudenza contraddittoria e oscillante, specifiche tecniche vigenti, limiti dell’intervento del Legislatore, difficoltà inerenti la gestione della varietà delle tecnologie, ostacolano la possibilità di sfruttare le effettive potenzialità del processo civile telematico

Pubblicato il 11 Apr 2023

Riccardo Berti

Avvocato e DPO in Verona

Franco Zumerle

Avvocato Coordinatore Commissione Informatica Ordine Avv. Verona

processo-penale

A distanza di nove anni dall’introduzione delle Specifiche Tecniche Specifiche (Provv. 16.04.2014) del processo civile telematico (PCT), nonostante il lunghissimo tempo trascorso e la frequenza dei casi in cui le parti si trovano costrette a produrre file in formati non ammessi dalle specifiche, non si è ancora arrivati ad una soluzione univoca sul punto.

Anche la riforma Cartabia rappresenta un’occasione mancata in tema di ulteriore digitalizzazione del processo civile.

Processo civile telematico, come gestire formato e firma dei documenti: le regole

Anzi, la giurisprudenza continua a “produrre” precedenti del tutto contraddittori fra di loro, specie in relazione all’ipotesi più frequente di produzione di file in formati non ammessi, ovvero la produzione di file audio/video.

La problematica era già stata trattata in precedenza, riportando due sentenze, una di Torino (sentenza n. 1976/2021 del 20/04/2021) e una di Milano (sentenza n. 7242/2020 del 13.11.2020) che proponevano due soluzioni diametralmente opposte fra loro.

In particolare, quella di Milano sembrava legittimare ogni strada per la produzione di file audio/video (depositare un CD in cancelleria, chiedere al giudice di essere autorizzati al deposito di un CD in cancelleria o “inglobare” i file audio/video in un file PDF). Mentre molto più pericolosa era la giurisprudenza di Torino, che riconoscendo (correttamente) come non fosse necessaria una autorizzazione per la produzione di file in formati non ammessi con deposito di CD in cancelleria, concludeva per la tardività della produzione fatta a seguito della richiesta di autorizzazione al Giudice Istruttore. Che di fatto “blocca” la parte che intende depositare il CD in attesa del provvedimento del Giudice, che però arriva nella stragrande maggioranza dei casi una volta che i termini per le produzioni istruttorie sono spirati e, quindi, un provvedimento come quello di Torino che risponde “non c’è bisogno di autorizzazione” automaticamente pone fuori termine il soggetto che voleva depositare i file una volta autorizzato.

E oggi, nonostante siano trascorsi due anni e la questione sia stata ampiamente dibattuta in dottrina, non c’è ancora chiarezza sul punto e di nuovo ci dobbiamo confrontare con recenti sentenze di segno opposto fra loro!

I più recenti orientamenti giurisprudenziali

Con recentissima sentenza il Tribunale di Velletri, sezione lavoro, afferma infatti che l’unica modalità legittima per la produzione di file audio è riprodurli su supporto CD, DVD e/o drive USB, chiedendo l’autorizzazione al deposito al giudicante prima di effettuare il deposito.

Il giudicante sostiene questa tesi sulla base del fatto che l’art. 16 bis co. 9 del D.L. n. 179/2012 prevede che “Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche”. Peccato che tale disciplina sia limitata al deposito di copia cartacea degli atti, non certo al deposito di file in formati telematici ma non producibili.

Se prima del processo civile telematico le parti erano legittimate (senza necessità di autorizzazione) a produrre atti cartacei e atti informatici inclusi in supporti CD/DVD, dopo l’avvento del PCT le parti sono state spogliate della possibilità di produrre atti cartacei (sostituiti dai vari formati previsti dal PCT) ma non della possibilità di produrre atti informatici inclusi in supporti CD/DVD e relativi a formati file diversi da quelli depositabili telematicamente.

Ulteriore precisazione va rivolta alla supposta legittimità della produzione di un file audio/video in formato USB. La scelta, oltre ad essere del tutto sconsigliabile per la naturale predisposizione di questi supporti ad essere alterati nel tempo (salvo quindi il depositante sia in grado di impedire la cancellazione dal supporto del file prodotto è molto più prudente il deposito su CD/DVD, anche per evitare cancellazioni accidentali) non pare del tutto in linea con la normativa in quanto le disposizioni sui diritti di copia si applicano ai seguenti tipi di supporti: cassette fonografiche, cassette videofonografiche, floppy disk, CD (Allegato 8 DPR 115/2002, come modificato, da ultimo, dal Decreto 9 luglio 2021 del Ministero della Giustizia).

Se questa normativa può portare all’assurdo di legittimare una produzione di un floppy disk nel 2023, è chiaro che ad oggi i formati “supporto” contemplati dal legislatore sono unicamente quelli elencati nel DPR 115/2002, e che quindi una produzione di un supporto USB sia rituale unicamente ove l’”oggetto” della prova sia proprio l’USB stessa (ad esempio perché proveniente da terzi o da una delle controparti) e sia quindi significativa la sua produzione “cristallizzata” nel supporto.

Venendo al contenuto della pronuncia, la problematica sentenza del Tribunale di Velletri n. 143/2023 del 21/02/2023 così ricostruisce la vicenda:

“Il difensore della ricorrente chiedeva, altresì, l’acquisizione di un CD audio contenente la registrazione di n. 4 conversazioni intercorse tra [……..] e le signore [……..] (in data 6.07.2020); [……..] (in data 25.03.2020 e in data 9.09.2020); [……..] (in data 25.05.2020).

Il procuratore della società resistente si opponeva, reiterando peraltro l’opposizione nel corso del giudizio.

Osserva il giudicante che l’art. 13 delle Specifiche Tecniche PCT DM n. 44/2011 individua i formati dei documenti informatici di cui è ammesso il deposito telematico in particolare: .pdf .rtf .txt .jpg .gif .tiff .xml. Il comma 2, individua altri formati utilizzabili, come il .zip, il .rar ed il .arj precisando, tuttavia, che: “è consentito l’utilizzo dei seguenti formati compressi, purché contenenti file nei formati previsti al comma precedente”.

Ne consegue che l’unica modalità per poter depositare file audio (non ricompresi nel suddetto elenco) è riprodurli su un supporto CD, DVD e/o PEN DRIVE USB, chiedendo al giudicante l’autorizzazione al deposito, trattandosi di deposito non telematico. Ed infatti l’art. 16 bis co. 9 del D.L. n. 179/2012 prevede che “Il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche…”.

Per tali ragioni, precisato che la difesa della ricorrente nel ricorso introduttivo del giudizio ha tempestivamente chiesto l’autorizzazione al deposito del CD audio indicato al n. 21 dell’indice dei documenti, reiterando l’istanza di ammissione a verbale della prima udienza di comparizione del 16.03.2021, questo giudicante non ammetteva il file audio depositato in uno con il ricorso in formato zip, ed ammetteva la produzione del CD (con onere a carico del procuratore della ricorrente di duplicazione del supporto così da metterlo a disposizione della controparte).”

Molto più corretto (sebbene altrettanto rigido) è invece il punto di vista offerto dal Tribunale di Perugia, che ha anche il merito di smentire puntualmente la tesi (a volte sostenuta in dottrina) della possibilità di produrre i file video ed audio integrandoli in un pdf (tesi che i promotori sostengono sulla base del fatto che le specifiche tecniche del PCT precisano che i file “contenitore” di tipo zip, rar, arj, eml e msg non devono contenere file in formati non previsti, mentre non riporta tale dicitura per gli altri formati che solitamente non si prestano a “contenere” altri file, come appunto pdf, txt, etc.).

In particolare, il Tribunale di Perugia, nella sentenza n. 145/2021 del 26/01/2021, in relazione alla produzione di file audio a mezzo CD-ROM in cancelleria, senza previa autorizzazione del Giudice, afferma:

“Occorre, pertanto, verificare se i file audio debbano e/o possano essere prodotti in giudizio mediante deposito telematico, considerato che l’elenco sopra riprodotto non fa riferimento ad estensioni riferibili a file audio o video, ma solo a file contenenti testo (lettere a, b, c) o immagini (lettere d, e, f); oltretutto, la possibilità di introdurre all’interno di una cartella compressa (mediante utilizzo di uno dei formati consentiti .zip, .rar, .arj) è possibile solo ove la cartella zippata contenga file in uno dei formati previsti dal primo comma dell’art. 13, vale a dire i soli file con contenuto testuale o di immagine, non certo quelli contenenti tracce audio Occorre, pertanto, verificare se i file audio debbano e/o possano essere prodotti in giudizio mediante deposito telematico, considerato che l’elenco sopra riprodotto non fa riferimento ad estensioni riferibili a file audio o video, ma solo a file contenenti testo (lettere a, b, c) o immagini (lettere d, e, f); oltretutto, la possibilità di introdurre all’interno di una cartella compressa (mediante utilizzo di uno dei formati consentiti .zip, .rar, .arj) è possibile solo ove la cartella zippata contenga file in uno dei formati previsti dal primo comma dell’art. 13, vale a dire i soli file con contenuto testuale o di immagine, non certo quelli contenenti tracce audio (o video), anche se nella giurisprudenza di merito è rinvenibile un precedente che ha ritenuto ammissibile la produzione zippata in formato .rar di file audio (cfr., Tribunale, Cassino, ordinanza 07/02/2018).

Secondo la disciplina vigente in materia, pertanto, deve concludersi non solo che la trasmissione in via telematica del file compresso è ammissibile solamente allorché al suo interno siano contenuti file con le estensioni a) .pdf b) .odf c) .rtf d) .txt e) .jpg f) .gif g) .tiff h) .xml., ma anche che non è praticabile la soluzione, ipotizzata e seguita talvolta nella pratica, di utilizzare un file pdf come contenitore di un file video o audio, atteso oltretutto il rischio che le altre parti processuali e, prima ancora, il giudice, non dispongano dell’apposito programma per la sua apertura: ne consegue che il deposito di file in formati non consentiti dalle citate Specifiche Tecniche del processo telematico, come ad esempio i file video e audio, può essere effettuato solo mediante deposito in cancelleria del supporto informatico (CD- ROM) che lo contiene, come avvenuto nel caso di specie.

In conclusione, la modalità del deposito in cancelleria del CD-ROM audio, seguita dall’attore, è pienamente ammissibile e legittima risultando l’unica utilizzabile per introdurre file audio in sede di memorie istruttorie ex art. 183, comma sesto, n. 2, c.p.c. e nel rispetto del relativo termine perentorio, non occorrendo, all’evidenza, neanche una autorizzazione da parte del giudice essendo quest’ultima prevista dalla normativa vigente (cfr. art. 16 bis comma 9 del D.L. 179 del 2012, secondo cui “il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche”) solo nel caso in cui si renda necessario derogare all’ordinario principio del deposito telematico di atti e documenti per i quali tale modalità è prevista dalle norme tecniche sopra richiamate.”

La normativa in tema di formati

Resta da chiedersi quale sia la strada corretta per la produzione di file audio/video, specie in presenza di indicazioni contraddittorie sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina.

In primo luogo, dobbiamo ricordare qual è la disciplina in tema di formati ammessi nel PCT.

L’art. 13 delle Specifiche Tecniche del PCT (rubricato “Formato dei documenti informatici allegati – art. 12 del regolamento”) prevede come di seguito:

“1. I documenti informatici allegati sono privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili, e sono consentiti nei seguenti formati:

a) .pdf

b) .rtf

c) .txt

d) .jpg

e) .gif

f) .tiff

g) .xml

h) .eml, purché contenenti file nei formati di cui alle lettere precedenti.

i) .msg, purché contenenti file nei formati di cui alle lettere da a ad h.

2. È consentito l’utilizzo dei seguenti formati compressi purché contenenti file nei formati previsti al comma precedente:

a) .zip

b) .rar

c) .arj.

3. Gli allegati possono essere sottoscritti con firma digitale o firma elettronica qualificata; nel caso di formati compressi la firma digitale, se presente, deve essere applicata dopo la compressione”.

L’intenzione del Legislatore è abbastanza chiara, ovvero quella di limitare i formati ammessi ad una serie di formati testuali (lettere da a ad h) più o meno arricchiti, cui si aggiungono alcuni formati “contenitore” necessari per dare prova delle notifiche o per comprimere le dimensioni dei file o ancora per consentire di “raggrupparli” in cartelle.

Il perché di questa decisione non va ricercato, come qualcuno ha affermato in dottrina, tanto in una voluta “riduzione” dei formati in ottica di facilitare la gestione degli stessi, quanto piuttosto nella effettiva e palpabile complessità di “estendere” a formati differenti la produzione in telematico.

L’esempio che capita più di frequente nella pratica è quello dei file audio/video, anche se il Legislatore avesse scelto un formato di uso comune (ad esempio .mp3 per audio e .mp4 per video), non è detto che la produzione di tali formati sia effettivamente intellegibile dal magistrato, mp3 ed mp4 non sono infatti altro che formati “contenitori” di una varietà di codec (strumenti di codifica/decodifica del segnale registrato) molto diversi da loro e che devono essere letti da programmi distinti (è di esperienza comune la necessità di ricorrere a “lettori” diversi per leggere file audio/video che altri lettori non riconoscono, ad esempio VLC è un lettore audio famoso proprio per la generosa capacità di gestire codec anche molto poco frequenti).

Se quindi una parte vuole produrre l’mp4 generato dalla sua videocamera di sorveglianza di marca ignota ai più che adotta un codec proprietario leggibile pressoché solo dal proprio software, è chiaro che la produzione (pur formalmente avvenuta nel formato corretto) difficilmente potrà raggiungere lo scopo di essere fruita dalle controparti e dal giudice nel processo.

Questo comporta, di fatto, un difficile lavoro in capo al Legislatore che decidesse di implementare questa tipologia di file nel processo, specie per la necessità di aggiornare tempo per tempo i codec e dotare i magistrati di strumenti per visualizzare queste nuove tipologie di file in sicurezza.

Inoltre, una simile apertura sarebbe difficile da gestire per gli altri operatori del processo, costretti a complesse operazioni tecniche per “bonificare” i file che intendono produrre.

Sebbene quindi altri processi telematici (come quello contabile e sportivo), per ragioni derivanti da caratteristiche peculiari di tali riti ammettono la produzione di file video (il processo sportivo) e di file audio e video (quello contabile), nel processo civile tale estensione è ancora difficile da ipotizzare: è necessario individuare un “limite” ai formati ammessi, e questo limite non può essere lasciato alla discrezione delle parti o alle possibilità tecniche offerte dalle capacità di imbustamento di pdf, formati compressi e formati email, altrimenti ne verrebbe meno l’effettiva fruibilità salvo pretendere che il magistrato e le controparti si dotino di software appositi ad ogni nuovo deposito telematico di file non ammessi.

Sempre per questo ragionamento non è pensabile che sia legittimo l’inserimento di file audio/video in un file pdf.

Anche il file pdf è infatti un file che può “contenere” diversi altri formati, ma questi sono leggibili solo se il computer del destinatario dispone degli strumenti per aprire tali formati (che vengono trattati come file separati -pur “giustapposti” nel file pdf- dal sistema di chi li apre).

Pensare di poter ammettere la produzione di file audio/video in seno a file pdf solo perché il Legislatore non ha pensato di riportare anche in relazione a tale tipologia di file la dicitura riservata ai formati compressi e mail è quindi una indubbia forzatura della normativa, ed è necessario prestare attenzione a tali forzature perché la disciplina di cui alle specifiche tecniche è una disciplina in tema di ammissibilità delle produzioni telematiche, non di nullità (sanabile per raggiungimento dello scopo).

E per gli avvocati rischiare di veder sanzionata per inammissibilità una produzione pdf che include testo e video (con conseguente perdita anche del dato testuale) è davvero pericoloso.

Qual è la strada corretta?

Ad avviso di chi scrive la soluzione formalmente corretta per la produzione di file audio/video nel PCT è quella di produrre un CD/DVD in cancelleria entro i termini assegnati per le produzioni istruttorie e senza attendere l’autorizzazione del giudice.

La strada “indicata” dal Tribunale di Perugia nella sentenza esaminata è quindi senz’altro quella più prudenziale, specie quando il file audio/video è centrale per la nostra difesa.

La disciplina sul PCT non richiede infatti una autorizzazione da parte del Giudice per il deposito di formati non ammessi tramite Compact Disc, essendo quella di dimettere allegati non altrimenti digitalizzabili nel processo telematico una facoltà che è sempre stata ammessa per le parti e mai abrogata dall’entrata in vigore del PCT.

Basta pensare, del resto, alla facoltà di produrre oggetti fisici (come, ad esempio, capita di frequente nelle cause in tema di brevetti), che di sicuro non è limitata o soggetta ad autorizzazione in forza dell’entrata in vigore delle norme sul PCT.

Ad avviso di chi scrive l’entrata in vigore del PCT non ha quindi intaccato la facoltà dei difensori di dimettere i documenti non depositabili telematicamente senza richiedere autorizzazione, la normativa PCT infatti ha inteso obbligare il deposito telematico solo di ciò che può essere depositato telematicamente e non di ciò che non può essere depositato attraverso il sistema informatico.

Sul punto, infatti, basta leggere l’art. 196-quater disp. att. c.p.c. (articolo introdotto dalla riforma Cartabia e che “traduce” nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura la più parte del contenuto dell’art. 16-bis D.L. 179/12, incluse le uniche disposizioni in tema di “autorizzazione al deposito” nella normativa riferita al PCT) per rendersi conto che non esiste la necessità di autorizzare previamente un deposito nel caso che ci occupa.

In particolare, il nuovo art. 196-quater disp. att. c.p.c. parla di deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti e fa quindi riferimento unicamente a quegli atti e documenti suscettibili di produzione “cartacea” (ovvero a quella tipologia di atti e documenti che la normativa impone siano depositati telematicamente).

Nel caso in cui la cancelleria, invece, ci risponda che non accetta la produzione di CD/DVD salvo dietro autorizzazione del giudice, sarà quel rifiuto a giustificare la nostra istanza di autorizzazione e rimessione in termini al giudicante.

Resta il fatto che procedere in questo modo vorrebbe dire ignorare una soluzione “facile” (la produzione tramite PST dei formati audio/video “celati” in formati ammessi come zip, eml o pdf) e che consente una più efficace fruibilità dei file in formati non ammessi da parte del giudice e delle controparti (salvo ovviamente questi abbiano dimensioni non compatibili con il PCT, nel qual caso la strada obbligata è il deposito via CD/DVD) in favore di una soluzione “difficile” (la produzione di CD/DVD, poco accessibili, deperibili nel tempo, ancorati al formato e che peraltro sono copiabili solo con il versamento di diritti di copia per ben € 327,56).

Appare quindi opportuno accompagnare al deposito (o tentativo di deposito) in cancelleria del CD/DVD la produzione dei medesimi file audio/video in allegato compresso.

Tale deposito telematico di file in formati non consentiti, a prescindere quindi dalla sua ammissibilità (che ad oggi si deve escludere) consente di fatto al giudice ed alle controparti di fruire del file (legittimamente prodotto via CD/DVD) in maniera più immediata e veloce.

In alcuni casi, in cui la prova audio/video offerta non è di capitale importanza, il deposito effettuato unicamente via PCT può invece essere una soluzione efficace auspicando che la magistratura, conscia delle difficoltà che derivano anche dalla fruizione di supporti CD/DVD, ammetta la prova e non assuma le posizioni draconiane fatte proprie da qualche sentenza (tra cui Perugia).

Conclusioni

Sul punto va infine segnalato come la riforma Cartabia rappresenti un’occasione mancata in tema di ulteriore digitalizzazione del processo civile.

Sebbene l’introduzione di nuovi formati “complessi” come quelli che possono accogliere audio e video non sia (come abbiamo visto) un’operazione facile, è sicuramente necessario lavorare su questa evoluzione, se non altro perché l’alternativa (una produzione di CD/DVD che spesso non sono nemmeno fruibili dalle controparti o dai magistrati) è davvero risibile in questo momento storico.

Con le specifiche tecniche attuali, infatti, gli utenti non sono in grado di sfruttare le effettive potenzialità del processo telematico e sono invece costretti ad un “tuffo nel passato” (in cui paradossalmente potrebbero produrre legittimamente delle “cassette fonografiche”) ogniqualvolta si superano i ristretti limiti di formati previsti dalla normativa.

A questo spinoso problema si aggiungono le oscillazioni in giurisprudenza, sintomo evidente di un problema che avrebbe dovuto essere gestito dal Legislatore e che invece è stato “delegato” ai tribunali che peraltro si trovano in forte difficoltà dovendo optare per soluzioni che impongono, nel propendere per l’una o per l’altra, il diniego all’ingresso nel processo di documenti prodotti secondo la strada non seguita in sentenza.

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