scenari

Il rapido oblio degli assistenti vocali di fronte all’ascesa dei chatbot

Siri, Alexa, Cortana e gli altri assistenti vocali hanno perso il loro cospicuo vantaggio iniziale nella corsa all’IA, a favore dei chatbot. Fino a che punto, ci chiediamo allora, continuerà lo sviluppo di modelli di NLP all’avanguardia e quale sarà il destino dei ricercatori in esso impegnati?

Pubblicato il 12 Apr 2023

Achille Pierre Paliotta

Ricercatore INAPP

sibylla oraculum

Nella crescente e mai sopita querelle sui posti di lavoro persi dai lavoratori nei confronti delle macchine dotate di intelligenza artificiale (IA), sembrerebbero esserci, oggigiorno, delle vittime eccellenti. Tuttavia, queste ultime non sono le occupazioni connotate da compiti e mansioni lavorative di carattere routinario come si era, sin qui, sempre teorizzato (a solo titolo esemplificativo, addetti al commercio al minuto, ai servizi non qualificati, al trasporto merci e magazzinaggio, addetti non qualificati, artigiani, operai, agricoltori, ecc.). Queste vittime eccellenti sono, invece, Siri, Alexa, Cortana e tutta la congerie di assistenti vocali di cui è disseminato il presente ecosistema digitale.

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Come i chatbot stanno soppiantando Siri, Alexa & co

Tutti questi, nonostante la loro sedicente funzione e rilevanza sociale, almeno per un piccolo tornante della storia digitale attuale, sembrerebbero essere improvvisamente caduti nell’oblio: peccato che non si sia avuto neanche il tempo necessario ad abituarsi alla loro presenza ubiquitaria, su tutti i dispositivi digitali, che già essi vengono messi in discussione. Stessa situazione rinvenibile nei dipartimenti universitari dove moltissimi ricercatori, i quali stavano lavorando, sviluppando e pubblicando nuovi modelli di processamento del linguaggio naturale (natural language processing, NLP) sono, oggigiorno, in uno stato di profondo sconforto.

È pur vero che non si è ancora arrivati al licenziamento in tronco degli assistenti vocali ma ciò pare essere solo questione di tempo. E nessun sindacato si appresta a scendere in campo al fine di rivendicarne una sorta di rappresentanza digitale. I loro datori di lavoro li stanno già dismettendo, di fatto, abbandonando le costose ricerche di sviluppo, indirizzando i cospicui finanziamenti, invece, verso un nuovo gruppo di intelligenze artificiali, gli assistenti conversazionali (chatbots). Con ricadute anche sui programmatori in carne e ossa.

I recenti licenziamenti di Amazon hanno incluso importanti tagli ai gruppi che lavorano su Alexa i quali sembrano aver perso 10 miliardi di dollari nel 2022. A questo riguardo, il CEO di Microsoft, Satya Nadella, è stato ancora più netto definendo gli assistenti vocali “dumb as a rock”: per questa ragione l’ulteriore sviluppo di Cortana è stato quasi abbandonato. La stessa situazione si può registrare in casa Google. In una nota ai dipendenti, riportata da CNBC, intitolata “Changes to Assistant and Bard teams”, Sissie Hsiao, vicepresidente e capo dell’unità organizzativa di Google Assistant, ha comunicato di voler attribuire la priorità aziendale all’ulteriore sviluppo di Bard.

Il provvedimento di blocco di chatGPT da parte del Garante privacy italiano

Cosicché il primo confronto tra personificazioni digitali sembrerebbe vedere questi ultimi come i sicuri vincitori. Con delle eccezioni. Nella Repubblica italiana, il Garante della Privacy ha messo al bando il loro campione attuale, quel ChatGPT (Generative Pre-trained Transformer) capace di battere tutti i record di adozione tecnologica ma si tratta, pur sempre, di un provvedimento che si può facilmente immaginare come temporaneo considerata la rilevantissima bufera socialmediatica che presto si abbatterà sugli estensori dell’ennesima grida di manzoniana memoria.

Provvedimento, peraltro, emesso a pochi giorni dall’assai controversa lettera aperta, promossa dal Future of Life Institute, e che vede, tra i primi firmatari, Elon Musk e Steve Wozniak. È pur vero che, nell’adottare tale provvedimento, il Belpaese (ad onta delle posizioni già occupate nel DESI ) si trova in un’eletta cerchia di alcuni qualificati paesi nell’aver vietato ChatGPT quali la Federazione Russa, la Repubblica Popolare Cinese, l’Emirato Islamico dell’Afghanistan, la Repubblica di Cuba, l’Ucraina, la Repubblica Islamica dell’Iran, la Repubblica di Bielorussia, la Repubblica Popolare Democratica di Corea, la Repubblica Bolivariana del Venezuela, la Repubblica Araba di Siria, tra alcuni altri paesi sostanzialmente africani e post-sovietici.

In generale, i chatbots esemplificati da ChatGPT, hanno guadagnato popolarità rispetto agli assistenti vocali perché sono in grado di improvvisare risposte alle domande digitate in una casella di chat con celerità, e le persone hanno iniziato a utilizzarli anche per gestire compiti complessi come la codifica di software, la stesura di proposte commerciali, suggerire parole per completare una frase e la scrittura di brevi testi. Essi sono in grado di aggiornare le loro capacità, nel tempo, e di assimilare nuovi dati dalla rete, spesso nonostante l’affermazione negativa esplicita del chatbot stesso, quando richiesto, di non avere a propria disposizione tale funzionalità. Questo perché essi vengono alimentati da modelli linguistici sulla base di enormi insiemi di dati estrapolati dal web (Large Language Models, LLM). Oltre al più conosciuto ChatGPT, della partita sono anche Bing Chat e Google Bard.

Garante Privacy su ChatGpt? Atto dovuto, ma è solo primo round

In conclusione, Siri, Alexa, Cortana e gli altri assistenti vocali hanno perso il loro cospicuo vantaggio iniziale nella corsa all’IA. Nel loro caso, la tecnologia è rimasta in gran parte “stagnante” non riuscendo a evolversi in tempi rapidi con una sottostante struttura di comando e controllo mediante la quali essi possono sì comprendere un elenco finito di domande e richieste, ma non possono improvvisare o generare soluzioni creative come i chatbots.

Conclusioni

A questo punto, ci si può anche chiedere fino a che punto continuerà lo sviluppo di modelli di NLP all’avanguardia, che allo stato attuale sono completamente obsoleti di fronte a GPT-4. Le stesse corporations che avevano fortemente investito in queste tecnologie stanno ora dismettendole in favore degli assistenti conversazionali.

Moltissimi altri gruppi occupazionali sono, tuttavia, a rischio di perdita di posti di lavoro, non solo i programmatori di NLP, a causa della schiera di assistenti conversazionali in rapida ascesa e tra questi si possono annoverare, sempre a titolo esemplificativo, professioni quali assistenti legali, assistenti di traduzione, assistenti di ufficio, addetti alla generazione di contenuti web, ausiliari vari di concetto, addetti al telemarketing, agenti assicurativi, agenti di viaggio, sociologi, ecc.

La vera novità dell’ora presente è che sono tendenzialmente a rischio moltissime professioni, di carattere intellettuale e cognitivo, non routinarie, di cui si è sempre pensato che potessero essere finora al riparo dalla rapida ascesa delle intelligenze artificiali.

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