Il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 è, senza alcun dubbio, uno dei progetti più importanti del PNRR e anche l’Europa sta guardando con interesse alla sua evoluzione.
La completa realizzazione del fascicolo sanitario elettronico come programma del PNRR dovrà tuttavia considerare attentamente una serie di fattori garantendo così il pieno successo del progetto nei tempi stabiliti.
Ecco quali sono questi fattori e perché ci sono le condizioni, finalmente, per essere ottimisti.
Il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 farà la nuova Sanità, ma servono vision politica e competenze
Il lavorio dietro il Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0
Partiamo da un assunto: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza nasce a seguito del Covid19. In quella drammatica situazione il paese si trovò particolarmente esposto ai danni della pandemia anche per la carenza di strumenti tecnologici avanzati atti a prevenire, predire, monitorare il morbo.
Il ritardo nel dotare la sanità italiana di un nuovo medium dematerializzato in grado di utilizzare le potenzialità della Rete, dei big data, dell’intelligenza artificiale era reale. Il progetto del Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, pertanto, si propone – partendo dalle più avanzate esperienze regionali – di ricostruire su nuove basi (digitali e cliniche) la rete di comunicazione del sistema sanitario italiano che ha mantenuto nei decenni un impianto soprattutto amministrativo.
Il progetto ha visto per due anni un impegno importante da parte degli enti preposti, in primo luogo del Dipartimento Trasformazione Digitale (DTD) assieme anche al Ministero della Salute (MdS), le Regioni, SOGEI e le società ICT in House delle Regioni, le aziende informatiche di mercato. Un’attività progettuale con la quale si è cercato di risolvere non pochi problemi tecnologici, organizzativi e di raccordo con le esigenze di una sanità che ha bisogno di rapide innovazioni.
Ma spesso la ristrettezza dei tempi – che si traduce in una necessaria e più che giustificata corsa per rispettare le scadenze del PNRR, i noti milestones – non sempre ci aiuta a risolvere, in modo definitivo, problemi complessi dal punto di vista progettuale e architettonico. E la salute è uno dei sistemi tra i più complessi creati dall’umanità, come ci ha in più occasioni insegnato il grande sociologo Niklas Luhmann.
Per questo motivo nei mesi più recenti, gli enti governativi preposti e in particolare il DTD, congiuntamente al MdS, senza minimamente interrompere lo sforzo progettuale in corso, hanno intensificato la riflessione teorica sulle soluzioni architettoniche, tecnologiche e giuridiche. Anche in risposta ai chiarimenti richiesti dall’Autorità Garante della Privacy fin dall’agosto scorso rispetto al trattamento e alla tutela dei dati di salute.
Fascicolo sanitario elettronico 2.0: così sarà vera svolta per sanità e cittadini
Lo hanno fatto coinvolgendo in questa riflessione un più ampio spettro di attori e di competenze, nella volontà di dare ancora maggiore impulso al progetto e renderlo davvero fattibile nei tempi stabiliti. Si è inoltre operato per la massima responsabilizzazione delle Regioni, delle Aziende Sanitarie, delle società pubbliche in House e di tutti i soggetti interessati, compresi quelli di mercato.
I primi risultati di questa riflessione e di questo coinvolgimento sono incoraggianti e vedono un grande interesse del mondo medico, di quello scientifico e tecnologico, oltre a una non scontata convergenza istituzionale.
Il tesoro di informazioni sulla salute: come proteggerlo per il bene di tutti
Man mano che la progettualità del FSE ha preso corpo, si è anche scoperto che la nuova rete dei dati e dei big data di salute – creata dal Fascicolo con la dematerializzazione delle informazioni dei nostri corpi e delle nostre menti, dei nostri comportamenti ai fini di una vita sana – costituisce un immenso tesoro a disposizione del paese. Un tesoro di informazioni in parte nascosto.
La comunità tecnologica che ha lavorato al grande cantiere del FSE – di cui mi onoro di far parte da almeno venti anni – si è accorta, ad un certo punto, di aver scoperto effettivamente una rete del mondo recente di Internet in grado di creare un immenso valore. E questa rete interessa tutti. È quindi naturale porsi la domanda di come meglio proteggerla per il bene collettivo.
Da un po’ di tempo, per questo motivo, è in atto negli ambienti scientifici, progettuali, del mondo industriale ICT e ovviamente delle istituzioni, una riflessione che è al tempo stesso culturale, etica e giuridica, prima ancora che tecnologica.
Una riflessione che pone delle domande a cui è necessario rispondere. Come si intendono utilizzare correttamente, dal punto di vista sociale e istituzionale, i miliardi di bit, di atomi d’informazione sulle condizioni di salute di tutti gli italiani? Quelli che l’FSE 2.0, evoluzione progettuale PNRR del Fascicolo pionieristicamente realizzato da diverse regioni italiane, metterà a disposizione del sistema sanitario e amministrativo pubblico entro il 2026. Quali saranno effettivamente i soggetti che beneficeranno di questo immenso valore in termini di servizi e informazioni?
Il FSE contro l’entropia dei dati sulla salute
Forse si dimentica che le tante applicazioni tecnologiche di cui ogni giorno si parla, come i cyber bot, i robot, la blockchain, le app, i tanti device utilizzati nella sanità e nel fitness, sono creature tecnologiche che si cibano di bit e byte, ovvero di dati dematerializzati, di atomi e cellule dell’informazione. Più esattamente di particelle prive di massa (o quasi) che si muovono alla velocità della luce e che a questo scopo vanno raccolte e conservate in appositi contenitori tecnologici e con speciali reti. Sono le informazioni dematerializzate dei nostri corpi e delle nostre menti.
Per essere utilizzate nel sistema della salute, ad esempio per curare una malattia o effettuare un intervento chirurgico o prevenire una pandemia, è necessario disporre, appunto, di una rete di raccolta.
Oggi abbiamo tanti oggetti tecnologici di aggregazione, anche intelligente, di questi bit di informazione prelevati direttamente dai corpi e dalle menti degli umani, attraverso l’opera di intermediazione di medici, psicologi, dentisti, radiologi, o degli stessi cittadini. I medici interagiscono con i pazienti, anche attraverso macchine complesse, laboratori, sonde e attrezzi di vario genere, ed estraggono dati dai corpi umani. La conservazione e la lettura di queste informazioni dematerializzate è affidata a cartelle cliniche elettroniche (CCE), ad App messe a disposizione dai grandi provider del web. Le stesse che utilizzano i cittadini quando usano device consumer per monitorare il loro stato di salute e di efficienza corporea. Ma ciò che ancora manca è una rete globale che organizzi, conservi e renda disponibile al bisogno i dati ‘clinici’ di tutti.
Il fascicolo sanitario elettronico è questa rete. È il sistema di raccolta: una rete (eHealth) per raccogliere, ordinare, conservare e comunicare questa massa di dati dematerializzata che diventa così cibo per le creature tecnologiche ma anche informazione fresca, sempre aggiornata per la salute degli umani.
Senza questo sistema di raccolta le informazioni di salute e di malattia sono sparse ovunque, in mille luoghi. Si genera così una situazione di entropia. Un po’ come quando facciamo bollire per lungo tempo l’acqua in una pentola: prima sappiamo dov’è, qual è il suo volume e il suo peso. Invece, dopo l’evaporazione tutte le particelle di H2O sono sparse per la stanza e abbiamo perso le loro informazioni.
I dati sulla salute sono di proprietà dei cittadini
C’è però un problema da risolvere: questi dati sono informazioni riferite a corpi umani che appartengono alle singole persone, a cittadini con dei diritti e dei doveri. Sono dati individuali e non organizzativi o amministrativi. Non sono, ad esempio, informazioni economiche sulla crescita del PIL e nemmeno sulla spesa sanitaria. Questi dati sono di proprietà dei cittadini perché riferiti ai loro corpi, alle loro menti, ai loro comportamenti individuali. Possono essere certamente utilizzati per un interesse pubblico se i soggetti proprietari lo consentono. Se ‘autorizzano il trattamento’.
In Svizzera e in altri Stati sono state costituite perfino delle associazioni o delle cooperative alle quali è possibile aderire per conferire dati personali di salute. Associazioni benefiche possono mettere i dati a disposizione della ricerca e della cura delle malattie. Cooperative a carattere economico possono invece venderli a case farmaceutiche o enti che operano nel business della sanità, ricavandone un utile per i soci.
I dati, poi, non sono mai disgiunti dal contesto che li genera. I dati clinici sono espressione di corpi umani. Il mio colesterolo e la mia glicemia derivano da un quadro clinico del mio corpo che ha caratteri genetici specifici, comportamenti e stili di vita propri.
Ne consegue che la gestione della mia storia clinica – quella che si è accumulata in una rete tecnologica come l’FSE, in forma tecnicamente trasferibile – è un problema che mi riguarda al pari, e forse più, della gestione del mio conto in banca. Anzi vi è una nuova ricchezza di dati e informazioni che mi appartiene e che certamente devo poter utilizzare per vivere meglio, in salute e possibilmente a lungo. E, ovviamente, anche per svolgere la mia funzione di cittadino che opera nell’interesse della comunità. Lo faccio pagando le tasse quindi non si capisce perché non dovrei farlo anche mettendo i miei dati di salute in forma protetta a disposizione dell’interesse collettivo.
I problemi nella realizzazione dell’FSE 2.0
La realizzazione dell’FSE 2.0 incontra, ancor più del progetto originario creato da Cup2000 in Emilia-Romagna a partire dal 2002, questi problemi.
Come noto l’FSE 2.0, il nuovo progetto di fascicolo sanitario elettronico riformulato con i finanziamenti del PNRR, si compone, in grande sintesi, di tre parti:
- Un’estensione a tutte le regioni del territorio nazionale, in forma omogenea, del Fascicolo originario, detto FSE 1.0. Cioè del progetto che già alcune regioni hanno realizzato in modo abbastanza compiuto e che permette di condividere, nel rapporto medico – assistito, documenti dematerializzati originariamente in formato PDF. Per questa ragione la rete regionale e nazionale del fascicolo deve ricevere tutti i referti che si generano nelle aziende sanitarie e nelle cliniche a seguito delle interazioni medico-paziente. Molti passi avanti in questa direzione sono stati fatti dall’avvio de progetto.
- Una completa condivisione, con tecnologie di interoperabilità e dati standardizzati in formato omogeneo, di questi documenti dematerializzati su tutto il territorio nazionale e tra tutte le aziende sanitarie, principalmente a vantaggio della continuità di cura del paziente. E anche per raggiungere questo obiettivo si sta lavorando con impegno.
- La trasformazione di tutti i documenti in dati ‘strutturati’, cioè in un formato omogeneo e condiviso (Fhir), costantemente controllato da un ‘filtro tecnologico’ (Gateway), dando così vita a un EDS: un ecosistema dati sanitari che consenta a tutti i soggetti del SSN di utilizzare i dati così generati per la cura e la continuità di cura, il monitoraggio epidemiologico, l’azione di prevenzione e predizione delle malattie, la programmazione sanitaria e la ricerca.
È evidente che questa ultima e terza fase del progetto è quella più impegnativa, che ha incontrato le principali obiezioni dell’Autorità Garante della Privacy riferite decreto-legge istitutivo dell’EDS (gennaio 2022). Nonostante ciò, anche recentemente sono stati compiuti passi importanti di risoluzione dei problemi con un’azione sinergica delle istituzioni governative preposte.
Il trattamento e la tutela dei dati di salute
Il problema che si pone, e che fa riferimento alle leggi nazionali e ai regolamenti europei, è quello del trattamento e della tutela dei dati individuali di salute del cittadino. Si prendano come esempio i dati che compongono la mia storia clinica. Quando ai miei dati clinici si aggiungeranno quelli genetici, in un futuro non lontano, la rete di raccolta potrà fornire la matrice digitale del mio corpo, il mio digital twin. Del mio corpo e ben presto della mia mente, almeno nelle sue caratteristiche fisiologiche. Il problema, non facile da risolvere, è come questa matrice può essere tutelata ma al tempo stesso condivisa per scopi sociali ed interessi collettivi. E non mi si dica che questo è un problema di facile risoluzione giuridica e tecnologica. Forse non è nemmeno un problema tecnologico e giuridico ma di natura etica e sociale.
Si parte dalla constatazione che questi dati, questa matrice, che si forma non per autoanalisi (se non in minima parte) ma nella miriade di interazioni medico-paziente, viene conservata principalmente là dove si genera, nel luogo istituzionale della continuità assistenziale: l’azienda del SSN o regionale di riferimento per l’assistito; nel repository di questa azienda sanitaria, che non è un luogo fisico ma virtuale al tempo del cloud.
Il compito del fascicolo sanitario elettronico è quello di instradare tutti questi dati in un sistema di repository e cioè di nodi digitali. A questo punto può essere utile ricordare la distinzione tra un nodo tecnologico-digitale e un nodo tecno-umano, partendo dalla constatazione che la Rete, anche quella dell’FSE, altro non è che un grafo composto di nodi e di link in entrata e uscita. Un nodo tecno-umano è una persona dotata di tecnologia di rete; non ha importanza se limitata a uno smartphone o un potente PC. O se questa dotazione consiste in terze persone di supporto tecnologico. Anche un cardiologo che effettua un elettrocardiogramma al paziente è un nodo tecno-umano capace, con supporto, di estrarre e trasmettere informazioni dematerializzate. Quindi il nodo tecnico umano mette assieme persona, computer e tecnologia. Un nodo digitale invece è un server, è un repository, è una scatola tecnologica in grado di ricevere, imballare, conservare, elaborare e trasmettere dati che riceve da nodi necessariamente e comunque tecno-umani, perché nessuna informazione sui corpi della nostra specie può essere creata da una macchina. La differenza non è irrilevante.
Ritorniamo al nostro repository del FSE. Nelle prime progettazioni dei fascicoli sanitari, effettuate a partire dal 2005-2007, si optò per un sistema che prevedeva di raccolta dei documenti dematerializzati in repository collocati principalmente nelle aziende sanitarie, per le ragioni sopraesposte. Ogni interazione medico – paziente alimentava questo repository che svolgeva – e tutt’ora svolge in diverse regioni – la funzione di nodo digitale aziendale. Un indicizzatore, un sistema tecnologico di ricerca in rete, permetteva poi al legittimo proprietario, il cittadino, di acquisire tutti gli indirizzi elettronici dei propri referti. E quindi di leggerli. Se avevo fatto l’esame del sangue nella Asl di appartenenza e una radiografia nell’ospedale di un’altra zona, il mio fascicolo non faceva altro che fornirmi i due indirizzi elettronici che potevo, esprimendo il mio consenso, condividere con il medico curante.
Un sistema più complesso di repository
Nel nuovo fascicolo sanitario elettronico FSE 2.0, con l’innovazione introdotta nel passaggio dai documenti ai dati strutturati, la rete – e l’architettura di questa rete – prevede un sistema più complesso di repository: aziendali e regionali (facoltativi) e uno nazionale unico per tutti cittadini.
È chiaro quindi che la questione è più complessa perché si forma in rete un unico repository nazionale con la storia clinica di tutti gli italiani presso una struttura tecnologica centrale afferente al MdS. Questo fatto spiega l’intervento dell’Autorità Garante e i quesiti posti, che mentre scriviamo sono in fase di analisi e di confronto costruttivo a livello interistituzionale.
Ovviamente quando si parla di contenitori digitali al tempo delle tecnologie cloud, le problematiche non fanno riferimento al luogo fisico o geografico di collocazione dei server e dei data-repository. Per questo ultimo aspetto è sufficiente il rispetto delle norme nazionali ed europee che richiedono la collocazione dei dati in un ambito nazionale o continentale. Quello che importa è la titolarità della porzione tecnologica riferita ai soggetti istituzionali.
In ogni caso è auspicabile un’apertura, in sede di definizione progettuale – come in realtà si sta facendo – a un sistema federato di repository con piena corresponsabilizzazione, anche tecnologica, delle aziende sanitarie, delle Regioni e delle loro società ICT in House. Ciò, senza minimamente limitare il ruolo nazionale del’EDS, sarebbe certamente un aiuto a dare più solide fondamenta al progetto. Così come assolverà alla stessa funzione una più completa definizione della forma di governance della rete FSE, già indicata per sommi capi nel decreto-legge citato; nonché un costante coinvolgimento dei produttori di mercato della tecnologia eHealth che dovranno completare l’industrializzazione della rete.
Non bisogna infatti dimenticare che il fascicolo sanitario che si sta progettando in Italia è un prodotto tecnologico fortemente innovativo per il welfare europeo. L’Europa sta guardando con grande intéresse alla sua evoluzione. L’FSE è un prodotto ‘Made in Italy’ che può essere esportato dall’industria ICT nazionale nei paesi europei e perfino in altri continenti.
Conclusioni
La discussione in atto sul nuovo Fascicolo come rete fondante della comunicazione del sistema sanitario interagisce con i nostri modelli sociali di vita; con le modalità attraverso le quali i cittadini e le diverse e variegate comunità stanno prendendo coscienza del valore dei dati e dei big data di salute. Sta maturando una nuova consapevolezza sociale sullo straordinario potere del sistema tecnologico della Rete eHealth che può cambiare e manipolare le nostre vite. Anche la comunità dei tecnologi dovrà valutare con maggiore attenzione questi aspetti sociali e i rischi di forti impatti sulle comunità provenienti dall’impiego massivo delle nuove tecnologie di rete.
La completa realizzazione del fascicolo sanitario elettronico come programma del PNRR dovrà considerare attentamente questi fattori garantendo così il pieno successo del progetto nei tempi stabiliti.
Medici e cittadini, poi, dovranno essere costantemente informati sui vantaggi che possono ottenere dall’investimento in nuovi servizi erogati. La nuova fase di collaborazione tra le istituzioni governative e gli attori di questa rivoluzione tecnologica del sistema comunicavo della sanità sembra auspicarlo e consentirlo. Ci sono quindi le condizioni per essere ottimisti.