In data 22 marzo 2023, la Camera dei deputati ha approvato il disegno di legge, “Maccanti-Mollicone, contenente “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d’autore mediante le reti di comunicazione elettronica” (A.C. 217-648-A, A.S. 621). Scopo della proposta, come suggerito dal titolo stesso e specificato nell’articolo 1, è quello di intervenire nel campo del contrasto alla pirateria digitale al fine di tutelare il diritto d’autore ai sensi degli articoli 41 e 42 della costituzione, nonché dell’articolo 17 della Carta di Nizza e in ossequio alla Convenzione UNESCO sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali.
Il disegno di legge Maccanti-Mollicone
La proposta si inserisce anche nel più ampio quadro del rinnovato approccio europeo alla governance dei contenuti in rete, caratterizzato da un significativo incremento nell’adozione di strumenti legislativi volti al contrasto di materiale dannoso o illecito in rete. Proprio con riferimento alla tutela dei diritti autorali, del resto, il nuovo testo di legge, laddove approvato dal Senato, dovrà essere coordinato con la normativa europea di riferimento: in particolare, la Direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d’autore nel mercato unico digitale e il recente Regolamento (UE) 2022/2065 sui servizi digitali (DSA).
Il disegno di legge Maccanti-Mollicone, oltre a prevedere all’art. 5 l’avvio di campagne di comunicazione e sensibilizzazione volte a informare il pubblico del valore della proprietà intellettuale, si fonda essenzialmente su due linee direttrici: da un lato, l’introduzione di nuove norme penalistiche (art. 3) e processual-penalistiche (art. 4) volte al perseguimento di chi compia attività connesse alla pirateria digitale; da un lato, la predisposizione in capo all’AGCOM di significativi poteri di intervento, inclusa l’adozione di provvedimenti di carattere cautelare, adottabili nei confronti degli stessi fornitori di servizi di intermediazione (art. 2). Tale approccio mescola, in altre parole, strategie di “vecchia” e “nuova” generazione al fine di ridurre il portato del fenomeno in discussione. Da un lato, cioè, il testo proposto mira ad aggravare il trattamento sanzionatorio connesso alla commissione di atti di violazione del diritto autorale, andando così a regolare la condotta individuale di caricamento di materiali illeciti (strategia di “vecchia” generazione); dall’altro lato il disegno di legge investe altresì i fornitori di servizi di intermediazione in quanto proprietari, privati, delle infrastrutture su cui quelle condotte sono poste in essere (strategia di “nuova” generazione, sempre più diffusa nel contesto del diritto dell’Unione in materia di moderazione dei contenuti).
Le novità in campo penalistico e processual-penalistico
Per quanto concerne il primo profilo, il disegno di legge non solo introduce nuove fattispecie penalistiche, in particolare quella relativa alla condotta di chi abusivamente esegua la “fissazione su supporto digitale, audio, video o audiovideo” di una “opera cinematografica, audiovisiva o editoriale” oppure effettui la riproduzione, l’esecuzione o la comunicazione al pubblico di tale fissazione abusivamente eseguita”, ma prevede altresì l’introduzione di una clausola che escluda l’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis del codice penale per la maggior parte delle condotte punibili ai sensi della stessa legge n. 633/1941 sul diritto d’autore. Tralasciando la questione relativa all’opportunità di individuare nuove fattispecie criminose all’interno della legge sul diritto d’autore, anche alla luce del coordinamento con le fattispecie preesistenti, non sembra del tutto condivisibile la scelta di prevedere l’esclusione dell’applicabilità dell’art. 131-bis, opzione che potrebbe verosimilmente condurre a un ulteriore intasamento delle già piuttosto oberate corti italiane.
Inoltre, sul piano del diritto processuale, il disegno di legge prevede, in primo luogo, il sequestro preventivo e la confisca dei proventi realizzati in conseguenza di reati connessi alla sfera della pirateria digitale e, in secondo luogo, la possibilità dell’autorità giudiziaria di delegare le autorità competenti a richiedere a istituti di credito, fornitori di servizi di pagamento e società che emettono e distribuiscono carte di credito “le informazioni necessarie a individuare i titolari dei siti internet coinvolti e le altre persone fisiche che […] percepiscono proventi derivanti dalla loro attività di illecita messa a disposizione di contenuti protetti”. La previsione di un tale potere in capo all’autorità giudiziaria, giustificato dall’obiettivo di individuare più facilmente i beneficiari dei proventi dell’illecito, non manca peraltro di suscitare preoccupazioni relativa alla tutela della riservatezza e della protezione dei dati personali dei soggetti eventualmente coinvolti da tale ordine: preoccupazioni che risultano particolarmente evidenti alla luce della totale assenza di correttivi e garanzie volte a tutelarne gli interessi individuali.
I nuovi poteri dell’Agcom
Come accennato sopra, il disegno di legge in esame prevede anche l’introduzione di nuovi poteri in capo all’Agcom. In particolare, ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, la proposta prevede che l’Autorità Garante, con proprio provvedimento, possa ordinare ai prestatori di servizi, inclusi gli access provider, di disabilitare l’accesso ai contenuti illeciti, attraverso il blocco della risoluzione DNS dei nomi di dominio e attraverso il blocco all’instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi IP “univocamente destinati ad attività illecite”. Tali ordini dovranno essere ottemperati entro il termine massimo (invero piuttosto limitato) di 30 minuti dalla comunicazione ai prestatori coinvolti. Contestualmente, l’Autorità ordina anche il blocco pro futuro relativo all’accesso ai medesimi contenuti diffusi abusivamente.
In particolare, la previsione dell’obbligo di bloccare tali contenuti anche per il futuro (attraverso, in particolare, il blocco di ogni altro “nome di dominio, sottodominio […] o indirizzo IP, a chiunque riconducibili, comprese le variazioni del nome o della semplice declinazione o estensione”) risulta essere particolarmente severa soprattutto se posta in comparazione con la normativa rilevante in ambito europeo.
In effetti, la Direttiva 2019/790 sul diritto d’autore nel mercato unico digitale, nel disciplinare la responsabilità dei fornitori di piattaforme di condivisione dei contenuti, richiede che gli stessi compiano i “massimi sforzi” ai fini di impedire il nuovo caricamento sulle stesse di contenuti segnalati e riconosciuti come illeciti (art. 17, para. 4, lett. c). La Corte di Giustizia, nella sentenza Polonia c. Parlamento europeo e Consiglio del 2022, chiariva tra l’altro che l’esecuzione di tale obbligo dovesse fondarsi sul principio di proporzionalità e dovesse in particolare tenere in conto la tutela dei diritti delle piattaforme stesse e degli utenti. Tale prospettiva, tra l’altro coerente con la tendenza dell’Unione ad adottare nel settore digitale politiche imperniate sull’approccio basato sul rischio, non sembra trovare riscontro nel disegno di legge in esame il quale, invece di prevedere un’obbligazione di mezzi, ovverosia l’obbligo di porre in essere misure adeguate al blocco pro futuro dei contenuti illeciti, sembra invece contemplare un’obbligazione di risultato particolarmente onerosa per i prestatori di servizi e potenzialmente pericolosa per la tutela dei diritti degli utenti (in primis, la libertà di espressione).
Oltre a ciò, il comma 3 prevede la possibilità di adottare, in specifici casi di gravità e urgenza, provvedimenti cautelari adottati con procedimento abbreviato “senza contraddittorio”. La disciplina di tale procedimento abbreviato, inclusa la disciplina dei possibili strumenti di reclamo è, peraltro, da definirsi con regolamento adottato dall’AGCOM stessa. Anche in questo caso, la quasi totale assenza di previsioni garantistiche di tutela dei soggetti coinvolti solleva senz’altro alcune perplessità.
Conclusioni
In ultima analisi, il disegno di legge “Maccanti-Mollicone”, sebbene giustificato da fini coerenti con il quadro di diritto costituzionale ed europeo, sembra mosso da istanze di carattere prevalentemente punitivo.
Alla luce del quadro normativo sovranazionale, appare di rilevante importanza la necessità di associare, alle previsioni contenute nella proposta, una maggiore attenzione all’introduzione di correttivi, soprattutto sotto il profilo processuale, a tutela dei potenziali effetti collaterali sui diritti fondamentali sia dei singoli utenti della rete sia degli stessi prestatori di servizi di intermediazione.