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Il posto fisso pubblico non attira più? Ecco come attrarre i talenti



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Come attrarre al lavoro nella PA? Oggi i fattori critici di successo più consoni non sono più solo retribuzione e sicurezza del posto, ma anche la prospettiva di opportunità professionali qualificanti, gratificazioni e percorsi di carriera attraverso un approccio olistico al sistema complessivo di valorizzazione delle ricompense

Pubblicato il 22 mag 2023

Antonio Nisio

Professore Aggregato di Economia Aziendale – Università degli Studi di Bari Aldo Moro



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Lavorare nella PA è stato l’obiettivo di molti italiani. Negli ultimi anni l’attrattività del lavoro nelle PA è diminuita. La sola garanzia del posto di lavoro non è più allettante per quanti si propongono sul mercato del lavoro. Contestualmente la domanda di lavoro delle stesse PA è aumentata per la fine del blocco del turn over, le nuove sfide portate dalla trasformazione sociale ed economica, gli obiettivi del PNRR.

Non è più sufficiente il bagaglio di conoscenze, ma si dovrà contare anche sulle abilità nel saper fare, nell’affrontare e risolvere problemi, nel produrre e utilizzare efficacemente informazioni, nonché su soft skill, come ad esempio capacità di collaborare, relazionarsi, intraprendere, decidere, lavorare in team e ascoltare gli altri.

È sempre più necessario attirare talenti nelle PA, motivare i dipendenti pubblici a manifestare al meglio le loro capacità umane e professionali, far convergere i bisogni e gli interessi dei singoli con le finalità e gli obiettivi delle organizzazioni, scongiurare il disinteresse, il disimpegno, la mediocrità. Come fare? Quali strumenti utilizzare?

Come attrarre a lavorare nella Pubblica Amministrazione

La leva retributiva è un fattore di attrazione e di mantenimento delle risorse umane. Ma essa non è assolutamente sufficiente. È necessario elaborare nelle PA sistemi integrati di valorizzazione delle prestazioni e delle capacità professionali, nonché di riconoscimento del merito.

Molte delle riforme dell’organizzazione e della gestione delle PA si sono concentrate su logiche di stampo pay for performance, cioè basate su sistemi incentivanti monetari.

Gli individui, però, non sono mossi solo dalla propria dimensione economica, ma in essi coesistono la dimensione etica, religiosa, sociale etc., che non sono efficacemente soddisfatte da ricompense finanziarie.

L’esperienza mostra come sistemi di ricompense standardizzate e prevalentemente focalizzate sul denaro richiedano risorse in misura incompatibile con le disponibilità di finanza pubblica e frequentemente non impattano sostanzialmente sulle prestazioni.

Le ricompense monetarie possono, inoltre, creare un effetto spiazzamento (crowding out) rispetto alla motivazione del servizio pubblico o ai fattori stimolanti intrinsechi agli individui, in particolare se tali ricompense sono basate su obblighi giuridici e contrattuali.

Il total rewarding system nelle PA

È, pertanto, utile adottare un approccio olistico al sistema complessivo di valorizzazione delle ricompense, prevedere un insieme coerente di politiche e pratiche, nonché un articolato e variegato insieme di incentivi non solo a carattere individuale, ma assegnabili per gruppi (direzioni, dipartimenti, unità organizzative, team di progetto o di processo), quali ad esempio maggiori assegnazioni di budget nei periodi successivi, riconoscimenti pubblici, targhe premio, value awards.

Le ricompense e gli strumenti di valorizzazione sono molteplici ed eterogenei. Possiamo classificarli secondo le seguenti tre dimensioni:

  • formalità;
  • tangibilità;
  • intrinsecità.

Sono formali le ricompense previste esplicitamente da norme, contratti o regolamenti; informali sono quelle che l’organizzazione o i superiori elargiscono volontariamente e spontaneamente senza alcun obbligo.

Le ricompense tangibili sono dotate di corporeità (denaro, gift card, abbonamenti, oggetti); tra le intangibili evidenziamo encomi dai superiori, approvazione da parte dell’amministrazione, riconoscimento sociale, corsi di formazione, coaching, flessibilità nell’orario di lavoro.

Le ricompense intrinseche scaturiscono dalla stessa prestazione lavorativa, sviluppando senso di soddisfazione e gratificazione nell’individuo, motivazione a un maggior impegno, al miglioramento continuo e a consolidare comportamenti sintonici, rispetto alla cultura e ai valori dell’organizzazione.

Le determinanti del total rewarding system

Nel progettare il sistema di valorizzazione e ricompense, si deve tener conto delle caratteristiche dell’organizzazione, delle variabili di contesto e delle peculiarità delle risorse umane.

Le politiche e le attività di valorizzazione e ricompensa delle risorse umane devono basarsi sui valori e sulla cultura dell’organizzazione, discendere dalla strategia e centrarsi sui principali obiettivi, dalle caratteristiche di servizi e processi realizzati. Nelle amministrazioni, i cui servizi sono maggiormente standardizzati e/o che necessitano maggiormente di attività di front office, gli obiettivi sono principalmente focalizzati sui miglioramenti di efficienza e di qualità. In questi ambiti le ricompense estrinseche e tangibili sono maggiormente efficaci. Nelle PA knowledge intensive, incentrate sul realizzare politiche e programmi, i meccanismi di valorizzazione e incentivazione devono essere più ricercati e più permeanti.

Tra le variabili di contesto è da considerare il prestigio sociale delle PA, il quale ha una valenza motivazionale in sé e rende efficaci i riconoscimenti intrinsechi e intangibili. Il contesto normativo, inoltre, condiziona fortemente i sistemi di rewarding nelle pubbliche amministrazioni, i cui contenuti sono spessissimo limitati a quanto previsto dalle norme sul pubblico impiego e dai contratti di lavoro e, quindi, non sempre pienamente efficaci rispetto alle caratteristiche specifiche di ciascuna amministrazione.

È necessario, inoltre, che il sistema di rewarding preveda set di strumenti di valorizzazione e incentivazione diversi in ragione delle peculiarità delle risorse umane che compongono l’organizzazione. A tal fine è possibile classificare i dipendenti in ragione dell’insieme delle motivazioni per le quali lavorano e/o della fase del ciclo lavorativa in cui si trovano.

Frequentemente si ritiene che la motivazione unica che spinge le persone a lavorare sia il guadagnare denaro per i bisogni propri e delle famiglie. In realtà le persone lavorano per un complesso di motivazioni, quali:

  • il gioco, cioè l’appagamento procurato dalla stessa attività lavorativa, dal conoscere, dall’interesse, dall’esperienza e dal mettersi in gioco;
  • lo scopo, cioè la motivazione che deriva dalla coerenza tra i risultati ottenuti attraverso il lavoro e i proprio valori;
  • il potenziale, cioè la motivazione che deriva dall’accrescimento professionale per possibili future collocazioni lavorative;
  • la pressione emotiva, dovuta alla scelta di lavorare per evitare di deludere sé stessi o gli altri;
  • la pressione economica, cioè la necessità di ottenere una retribuzione e per evitare che il proprio reddito sia decurtato;
  • l’inerzia, che si ha quando l’individuo ha perso la piena coscienza del motivo per cui lavora e continua a farlo solo per abitudine.

Le sei motivazioni non sono alternative, ma coesistono in proporzione diversa. È possibile misurare la composizione del sistema motivazionale dei singoli individui attraverso indici di motivazione totale e raggruppare i dipendenti per cluster omogenei di valore dell’indice. Per ogni cluster è, quindi, possibile individuare insiemi di strumenti di valorizzazione e ricompense maggiormente efficaci:

  • nei cluster nei quali siano maggiormente prevalenti le prime tre tipologie di motivazioni, saranno in maggior misura idonee le motivazioni intrinseche e non finanziarie;
  • nei casi di prevalenza della pressione emotiva ed economica sono più efficaci le ricompense estrinseche e tangibili.

In relazione alla collocazione nel ciclo di vita lavorativa, poi, è possibile individuare misure maggiormente efficaci di valorizzazione e incentivazione.

In fase di attrazione e reclutamento i fattori critici di successo oggi più consoni non sono più solo retribuzione e sicurezza del posto, ma anche la prospettiva di opportunità professionali qualificanti, gratificazioni e percorsi di carriera. In sede di selezione deve, poi, essere data valorizzazione e riconoscimento alle capacità e alle conoscenze.

Nella fase dell’onboarding è necessario stimolare l’interiorizzazione del ruolo e la fidelizzazione attraverso ricompense prevalentemente intangibili ed intrinseche.

Nella fase della sviluppo gli elementi motivazionali possono essere diversi, a seconda delle inclinazioni del singolo, più orientato allo sviluppo di carriera o al riconoscimento del proprio ruolo. Nel primo caso, le maggiori motivazioni sono le promozioni, i ruoli di prestigio, i percorsi formativi di eccellenza, gli incrementi retributivi e le alte premialità monetarie. Nel secondo caso, i dipendenti si sentiranno valorizzati attraverso gli apprezzamenti dei propri supervisori e dei colleghi, il supporto e le rassicurazioni, le conferme nel ruolo, le ricompense monetarie legate alla produttività.

Nella fase di maturità, le ricompense più idonee possono essere il miglioramento del work-life balance, il riconoscimento da parte dell’organizzazione, le attestazioni di stima da parte del vertice aziendale e dei supervisori, il consolidamento/innovazione del ruolo, le promozioni, le gratifiche monetarie.

Nella fase terminale della vita lavorativa, è importante valorizzare gli individui, riconoscendo loro di essere portatori di esperienze, conoscenze e competenze.

Una PA capace di produrre valore pubblico deve concentrare i propri sforzi nella valorizzazione e nella crescita del fattore produttivo più rilevante, le persone che, per le loro caratteristiche peculiari, necessitano, come scritto, di un sistema di cura, motivazione, ricompensa mirato a ciascuno individuo.

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