L’ambientazione del videogioco “Floodland” è quello di una realtà post-apocalittica, o meglio post-catastrofica, dove non ci sono zombie o mostri, e i protagonisti-giocatori devono trovare modi per ricostruire la propria civiltà, dopo un innalzamento delle acque che ha provocato inondazioni.
Certo è un caso limite di catastrofe ambientale (ma neanche tanto, se pensiamo ai fatti recenti), ma può rappresentare anche se in modo estremo i cambiamenti climatici, portatori di disastri, che quasi ogni giorno ci vengono raccontati dai media.
Ascoltiamo notizie e vediamo immagini di avvenimenti critici, come tornado, bombe d’acqua, terremoti o anche solo siccità.
È come se tutto avvenisse vicino a noi, perché le notizie entrano nella nostra casa e nella nostra testa, stimolano le emozioni, ci consentono di vivere in una duplice realtà, la nostra e quella “virtuale” della notizia, della catastrofe.
Condividiamo le emozioni dei sopravvissuti.
Sopravvivere in un mondo distrutto dalle inondazioni
Ecco questo è quello che viviamo quando entriamo in un videogioco come Floodland, dove i protagonisti siamo noi e dobbiamo cercare di sopravvivere in un mondo distrutto dalle inondazioni.
Questo gioco ha il pregio di far vivere al player le difficoltà dei cambiamenti climatici, non così lontani ormai, e di far comprendere e sensibilizzare verso ciò che succede o succederà anche vicino a noi, se non modifichiamo il nostro modo di concepire la nostra vita su questo pianeta.
“Il gioco mostra lo scenario peggiore”, ha detto Kacper Kwiatkowski, progettista di Floodland.
“Le nostre prime ricerche indicavano che un aumento realistico del livello del mare sarebbe stato di diversi metri. Abbiamo deciso di ipotizzare 10-15 (metri) nel gioco per aumentarne la drammaticità. Ora sembra che questo scenario drammatico non sia necessariamente improbabile”
Giochi per sensibilizzare verso i cambiamenti climatici
L’industria del gaming ha già creato una lunga lista di giochi per sensibilizzare verso i cambiamenti climatici e verso un modo di vivere maggiormente ecocompatibile.
Un altro videogame di questo tipo è Eco, dove i giocatori devono collaborare per sopravvivere alle minacce globali, costruendo un ecosistema, oppure Terra Nil, in cui, a partire da un arido deserto, il giocatore deve ricreare un paesaggio fiorente, utilizzando tecnologie innovative e tecniche naturali, dagli impianti eolici agli alveari. L’ispirazione per Terra Nil è venuta al creatore Sam Alfred dalla terribile siccità che ha colpito nel 2018 Città del Capo, in cui ha compreso che nonostante l’avanzamento della tecnologia dipendiamo ancora dall’acqua che cade dal cielo”.
A livello globale, i giocatori di video games sono circa 3,24 miliardi (fonte Statista) e l’età media è, a sorpresa, di 35 anni, quindi non solo un pubblico di giovani, ma anche amatori che hanno seguito e seguono con passione questo mondo. La percentuale di uomini e donne che giocano è circa uguale, quindi abbiamo una inaspettata gender equity.
Le Nazioni Unite e l’alleanza Playing for the Planet
Gli attivisti e i governi sperano di poter incoraggiare un cambiamento comportamentale tra i giocatori attraverso i green nudges, che prevedono l’assegnazione di punti per la protezione dell’ambiente nei giochi di consumo e nei giochi interattivi esplicitamente educativi.
Anche le Nazioni Unite sono coinvolte nella promozione dell’azione per il clima e dell’ambientalismo all’interno dell’industria del gioco. Nel 2019, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) ha stretto una nuova alleanza tra le aziende del settore chiamata “Playing for the Planet” (P4P) nell’ambito del Vertice sull’Azione per il Clima di New York.
L’iniziativa P4P invita le aziende aderenti, come Microsoft, Google, Sony Entertainment, Niantic, Ubisoft e SEGA, a impegnarsi a proteggere il pianeta e a mettere i loro giocatori in condizione di fare lo stesso. Le aziende sono incoraggiate a prendere impegni sostenibili come collaborare per ridurre le emissioni del settore, sostenere e allinearsi con gli sforzi ambientali globali e l’agenda net-zero, e integrare “nudges verdi” nei loro giochi per incoraggiare i giocatori a cambiare il loro comportamento a favore del clima.
Nell’ambito dell’alleanza, l’UNEP ha anche lanciato la “Green Game Jam”, una competizione tra gli sviluppatori di videogiochi per creare giochi fantasiosi e influenti che incorporino “nudges verdi” di temi centrali sul clima.
I videogiochi sono un potente mezzo di apprendimento, attraverso la componente ludica, per raggiungere un vasto pubblico.
L’aspetto emotivo del gaming
Raccogliendo e leggendo le recensioni in rete degli esperti su questi videogame ho letto principalmente analisi molto dettagliate e argomentazioni in favore o contro l’aspetto tecnico del gioco. Non ho trovato invece informazioni sull’impatto emotivo e su quanto questo gioco possa influire positivamente sull’apertura di visione delle persone, come se questo aspetto non fosse altrettanto importante o interessante per chi vuole “acquistare” il videogioco.
Mi è sembrato che l’aspetto emotivo venga considerato “fuori luogo” dal contesto del gaming.
Per me invece introdurre nella presentazione ed esperienza del gioco anche l’aspetto “costruttivo” ed emozionale è fondamentale per rendere completa l’esperienza virtuale.
Un gioco “non è solo un gioco” è molto di più. Può stimolare idee, darci una visione diversa anche del nostro stesso mondo.
Ci permette di compiere un passo in un universo che magari (per fortuna, si spera) non vivremo mai, ma ci consente di aprirci a una esperienza e alle emozioni di agire per un obiettivo, la nostra salvezza, che potremo poi replicare anche nel nostro quotidiano.
Conclusioni
Ma può un videogioco cambiare le nostre scelte o modificare le nostre abitudini? Credo sia principalmente importante creare consapevolezza, per far comprendere che ogni azione conta, ha un peso rilevante.
Anche solo con la consapevolezza che ogni nostra azione, piccola o grande, ha una conseguenza.
I bambini, quando spiego loro cosa è la crisi climatica, mi chiedono: “Cosa posso fare io da solo?”
Allora io rispondo: “Tantissimo, perché tu sei uno, ma in famiglia, compresi genitori, nonni, fratelli e sorelle, siete tanti. Nella classe di scuola ancora di più e nella comunità tantissimi“.