FORMAZIONE DIGITALE

La video osservazione a scuola: indicatori e griglie per l’analisi



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L’utilizzo degli audiovisivi in ambito formativo è tornato prepotentemente alla ribalta e tra i fenomeni che hanno inciso maggiormente è l’avvento di una digitalizzazione sempre più rapida e personalizzabile. Ecco alcune indicazioni per un approccio efficace

Pubblicato il 26 giu 2023

Marco D'Agostini

Ricerca presso Università di Udine

Francesca Zanon

Università di Udine (DILL)




L’utilizzo degli audiovisivi in ambito formativo è una prassi che negli ultimi anni è tornata prepotentemente alla ribalta per una serie di fattori che hanno generato un interesse crescente e pervasivo. Tra i fenomeni che hanno inciso maggiormente in questa direzione si annovera l’avvento di una digitalizzazione sempre più rapida e personalizzabile, anche in ambito educativo e, più recentemente, la didattica a distanza che ha imposto l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche hardware e software prima marginali. È in questo nuovo scenario che la video osservazione può rivelarsi una pratica importante a disposizione di insegnanti e futuri insegnanti soprattutto grazie alle migliori condizioni tecnologiche disponibili e ad una maggiore consapevolezza pedagogica.

Un po’ di storia

La registrazione video e la successiva osservazione con l’analisi delle riprese è un’attività che prende le mosse agli inizi degli anni ’60 del secolo scorso quando le prime apparecchiature di registrazione e proiezione iniziarono a diventare portatili ad un costo relativamente accessibile. In uno scenario in cui gli audiovisivi iniziarono ad essere utilizzati come strumento a supporto della didattica con approfondimenti e visualizzazioni dei concetti espressi oralmente da parte dell’insegnante, la possibilità di registrazione si configurò come ulteriore elemento di miglioramento didattico in un’ottica di auto-osservazione, analisi critica e successiva correzione della prassi d’insegnamento.

Il primo modello di autovalutazione standardizzato è stato il Microteaching, tecnica introdotta nel 1963 da Dwight Allen e Kevin Ryan dell’Università di Stanford (cfr. Allen, Clarck, 1967) che consisteva nell’osservazione dell’azione didattica attraverso la registrazione filmica di brevi sequenze di insegnamento. La successiva visione delle registrazioni veniva commentata dall’insegnante-attore, supervisori, colleghi e esperti in un’esperienza di gruppo altamente collegiale e formativa che consentiva un’azione di miglioramento diretta e immediata.

L’obiettivo del microteaching era quello di attivare meccanismi di autovalutazione e autoregolazione da parte dell’insegnante che, rivedendosi con un “occhio esterno” insieme al gruppo di esperti, poteva compiere un’analisi critica su sezioni specifiche di insegnamento. Per questo motivo la lunghezza dei video era limitata ai 15-20 minuti e ogni frammento riguardava una sola unità didattica (D’Agostini, 2022). Secondo Hattie (2012), la possibilità di raggiungere alti livelli di apprendimento si ottiene quando l’insegnamento è reso visibile.

Il processo di microteaching

Come specificato da Pedone e Ferrara (2014) una buona e completa pratica del processo di microteaching può articolarsi in 6 fasi:

  1. Preparazione di una micro-lezione;
  2. Intervento didattico che viene video-registrato;
  3. Osservazione e riflessione critica con l’aiuto di un supervisore-formatore;
  4. Modifiche: ripianificando dove necessario l’intervento didattico
  5. Re-teach: messa in scena di una nuova lezione che viene video registrata
  6. Re-feedback: nuova analisi della seconda videoregistrazione per verificare i cambiamenti intervenuti.

Oltre al microteaching, nel corso degli anni diverse altre modalità di video osservazione si sono aggiunte ed hanno dimostrato l’importante valore pedagogico dell’analisi della ripresa video di un’azione didattica. Due modelli in particolare si sono distinti e vengono citati da gran parte della letteratura: i “video clubs” e i “lesson study”.

I video clubs sono gruppi di insegnanti che si incontrano per analizzare brevi segmenti di video raccolti nelle classi (Van Es e Sherin, 2008). I lesson study, modello di formazione giapponese, prevedono incontri periodici tra gruppi di insegnanti dove a turno uno dei partecipanti insegna mentre tutti gli altri osservano (Santagata, 2012).

In entrambi i casi l’utilizzo della registrazione audiovisiva si è rivelata un ottimo facilitatore perché ha permesso di analizzare nel dettaglio l’attività svolta consentendo di vedere e rivedere passaggi significativi come comportamenti e indicazioni che sono decisive per l’apprendimento degli studenti. Un altro aspetto decisivo è stata la possibilità data dalla rete Internet di poter condividere e scambiare, collaborare. Negli Stati Uniti i siti web che mettono a disposizione video lezioni si sono moltiplicati in modo esponenziale negli ultimi anni (Santagata, 2012).

Uno dei punti focali nella valutazione delle lezioni registrate risiede negli indicatori che vengono scelti per interpretare l’azione didattica. Nello specifico è importante comprendere come sono state costruite, nelle diverse esperienze didattiche (diversi gradi formativi, diverse materie di insegnamento), le scale di valutazione dei video che venivano visionati e analizzati. Su quali elementi ci si è soffermati principalmente e perché? In che modo si è sviluppata la analisi?

L’obiettivo di questo articolo è quello di analizzare alcuni importanti modelli interpretativi utilizzati per analizzare le video lezioni registrate e fornire un possibile modello generale che, con il dovuto grado di personalizzazione e adattamento a realtà precipue, possa integrare i molteplici aspetti da considerare in un’azione didattica.

Alcune significative esperienze di video-osservazione

Analizzando la letteratura degli ultimi due decenni si può notare come oltre ad utilizzi rinnovati del microteaching si siano sviluppate altre esperienze e percorsi di video-osservazione con conseguente analisi finalizzata a seconda degli obiettivi preposti.

Un importante studio è quello dell’analisi del comportamento non-verbale dell’insegnante in classe (Cacciopola, 2017). Le categorie di comportamento non-verbale identificate nel lavoro di Cacciopola riguardano il comportamento spaziale (prossemica, cinesica, contatto fisico e organizzazione dello spazio), i segnali vocali (qualità della voce, vocalizzazioni e silenzi) e il volto (mimica facciale, direzione dello sguardo, sorriso, ecc.). Lo studio ha proposto la creazione di un modello di analisi del comportamento non verbale degli insegnanti con la costruzione di una griglia da utilizzare in fase di visione della lezione videoregistrata. La tabella elaborata comprende le tre macro-categorie sopra descritte con la descrizione per ogni sotto-categoria delle 4 possibili azioni.

Ad ogni azione viene assegnato un punteggio: dalla meno efficace (0 punti) alla più efficace (3 punti).

Nella figura sottostante si può osservare la tabella di indicatori con le relative valutazioni (figura 1)

In un’importante rassegna del 2016 (Gentile, Tacconi, 2016) per studiare i frame interpretativi dei video, i ricercatori hanno segmentato i contenuti espressi dagli insegnanti in unità di commento. Gli autori hanno evidenziato come nelle video riprese di una lezione siano contenuti molteplici eventi didattici ed è la capacità del docente quella di prestare attenzione agli aspetti che giocano un ruolo decisivo nel favorire il processo di apprendimento. I due studiosi partono dalla concezione di una visione professionale come base per guardare ai contenuti, agli eventi e ai fenomeni che caratterizzano l’insegnamento e identificano tre modelli che esplicitano questa visione con relativi possibili indicatori.

Il primo modello fa riferimento alle operazioni di evidenziazione e riflessione e dipende da tre operazioni: a) identificare ciò che è importante; b) usare ciò che si conosce dell’ambiente; c) costruire collegamenti tra ciò che si osserva e principi più generali legati ai processi di insegnamento.

Il secondo modello, basato sugli studi di Seidel e colleghi (…), è rivolto a futuri docenti e riprendendo considerazioni ad esempio di Eidel e Shavelson (2007) riguarda i fattori che possono condurre a una didattica efficace. Ne elenchiamo alcuni: definizione di obiettivi e consegne; guida e supporto; clima di apprendimento; mappe concettuali; sviluppo di competenze e arricchimenti lessicali; sviluppo di abilità metacognitive; qualità della relazione tra insegnante e studenti; insegnamento tra pari; feedback da parte degli alunni; aspettative degli studenti. Questi aspetti offrono un quadro importante per i futuri docenti e possono dare una visione delle professione che punta l’attenzione su tre fattori: a) chiarezza di scopi e consegne comunicate dagli insegnanti; b) supporto offerto agli alunni c) clima psicologico in classe.

In questa visione professionale i due autori richiamano la tabella interpretativa dei Sherin e Russ (2015).

Un’altra importante esperienza è stata quella riguardante un gruppo di insegnanti di matematica delle scuole secondarie che ha consentito di osservare l’incidenza della videoanalisi sulla percezione da parte dei docenti delle loro abilità formative, delle loro convinzioni e del loro senso di autoefficacia (Ferretti, Vannini, 2017). In questo caso una delle domande di partenza da parte dei ricercatori era quella di capire quale tipo di cambiamento poteva generare la videoanalisi nei docenti coinvolti. In particolare, quali elementi operativi potrebbero modificarsi dopo la visione di una lezione registrata e l’analisi. In questo contesto gli indicatori scelti per l’analisi dei video è risultata decisiva per analizzare le pratiche valutative dell’insegnamento della matematica.

La ricerca si è strutturata attraverso un disegno pre-sperimentale (Campbell & Stanley, 1963) con un solo gruppo e misure in ingresso e in uscita. Gli insegnanti coinvolti sono stati 13.

Come accennato gli indicatori si sono concentrati su 3 aspetti: percezioni di apprendimento, percezione dei propri saperi e delle proprie abilità, senso di autoefficacia. Per ognuno di essi sono stati sottoposti dei questionari prima della visione e successivamente.

Un’altra importante esperienza di video analisi che consente di approfondire l’aspetto degli indicatori utilizzati è quella utilizzata come strumento di formazione per sostenere e accompagnare la crescita professionale di educatrici: un progetto biennale condotto in due nidi di infanzia della provincia di Trento e pubblicato da Vandini e Balduzzi nel 2022.

In questo caso avere la videoregistrazione ha permesso alle educatrici di riflettere su alcuni aspetti del loro agire e sulla relazione che viene instaurata con bambini e genitori (Vandini, Balduzzi, 2022). Come ricordato, nella visione dei video non c’era alcun i intento di valutazione giudicante ma serviva a cogliere dettagli e scoprire nuove possibilità educative.

Infine, in un suo articolo del 2016, Silvia Cescato ha proposto una codifica sistemica del materiale video raccolto che ha implicato l’individuazione di costrutti che consentissero di individuare elementi salienti di interazione. Nello specifico sono stati filmati un centinaio di episodi di ingresso e uscita in un nido d’infanzia di Parma. La video analisi è stata effettuata con un sistema di trascrizione individuando i processi di: svincolo, affidamento, accoglienza e coinvolgimento. Questo sistema ha permesso di individuare costanti e variabili superando il livello superficiale di osservazione etnografica (Cescato, 2016). In questo caso il lavoro ha evidenziato l’importanza di una videoanalisi microscopica in cui la descrizione delle interazioni osservabili ha rappresentato una mappa che ha orientato la ricercatrice nella codifica.

Conclusioni

L’articolo offre un’analisi della videoricerca nell’ambito dell’apprendimento, mettendone in evidenza le potenzialità ed i limiti e portando come esempi degli studi effettuati riguardanti l’apprendimento fra pari ed in diversi contesti educativi.

Si mette in evidenza il fatto che questa metodologia attinga da svariati ambiti e sia quindi da definirsi come “multidisciplinare”, e questo, a mio parere, è da considerarsi un aspetto particolarmente positivo poiché consente di avere ricostruire in modo dettagliato gli eventi osservati.

La videoricerca, in aggiunta, si caratterizza anche per essere uno strumento altamente adattabile alle diverse situazioni ed ambiti di ricerca: gli obiettivi possono facilmente essere adattati a seconda dei soggetti e degli aspetti che si vogliono evidenziare. Questa affermazione fa ben comprendere come questo metodo possa rappresentare uno strumento valido per studiare le situazioni di insegnamento ed apprendimento: l’analisi dei dati audiovisivi costituisce un’opportunità per “aprire lo sguardo”, favorisce la condivisione dei punti di vista e la messa in discussione delle proprie credenze.

Nell’ambito della ricerca, le videoregistrazioni esprimono tutte le loro potenzialità in quanto riescono ad adattarsi alle necessità ed agli obiettivi che gli studiosi perseguono: questo tipo di dati, infatti, si presta sia a codifiche di tipo quantitativo che qualitativo. In una registrazione è possibile cogliere il numero di volte in cui un certo comportamento si verifica oppure la qualità di tali atteggiamenti.

I video, dunque, si caratterizzano per la loro facilità di utilizzo e la possibilità di svolgere lavori di gruppo, coinvolgendo diversi individui nel processo di indagine.

Sebbene dunque l’utilizzo delle videoregistrazioni si caratterizzi per svariate potenzialità, gli autori sottolineano la necessità di considerare come l’impiego di tecnologie come quelle video modifichino il modo di fare ricerca.

Quest’analisi ci mette di fronte a due interrogativi.

Il primo riguarda il fatto che la registrazione può essere, in un certo senso, tendenziosa in quanto il ricercatore si concentra sugli aspetti che maggiormente lo interessano nel momento della ripresa.

Se da un certo punto di vista questo può rappresentare un limite, da un’altra angolazione diviene un’occasione per riflettere su sé stessi, sulle proprie credenze e sugli obiettivi che si stanno perseguendo. Ragionando a livello di applicazione della videoanalisi in ambito scolastico questa criticità, in un certo senso, si riduce dal momento che spesso potrebbe non essere presente una persona che si occupa esclusivamente della registrazione e pertanto questa problematica potrebbe non sussistere proprio perché la videocamera resta fissa.

Il secondo interrogativo riguarda la natura stesso dello strumento: la videocamera è da considerarsi semplicemente come uno strumento in grado di produrre delle prove oppure il suo impiego aggiunge qualcosa in più al prodotto realizzato, riuscendo a coinvolgere anche gli “spettatori” nell’evoluzione dell’evento considerato? Questo rappresenta una grande potenzialità perché consente di creare una vera e propria comunità di pratica, all’interno della quale le informazioni e i punti di vista possono essere condivisi con immediatezza e facilità. Inoltre, questa facilità di fruizione rende anche più semplice il rapporto tra i ricercatori e coloro che si formano attraverso le ricerche di tali studiosi.

Il fatto che il materiale elaborato dai ricercatori possa essere accessibile online e facilmente consultabile da tutti rende l’attività della ricerca molto più significativa in quanto la nuova conoscenza può essere trasmessa molto più agevolmente.

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