Novità per la gig economy: il lavoro tramite piattaforme verrà regolamentato da una direttiva europea che verrà discussa a breve: il contenuto è stato modificato ancora una volta, ma questa volta c’è l’accordo tra i governi.
La presunzione di subordinazione nella gig economy
Il vero tema della Direttiva è la qualificazione dei lavoratori come autonomi o come dipendenti, con tutte le conseguenze di legge (previdenziali e di welfare su tutte).
Il testo, infatti, era già al vaglio degli Stati membri, ma proprio sul tema della presunzione legale di subordinazione non c’era accordo sul testo presentato a fine 2022.
Questo era già stato modificato rispetto al precedente: la prima bozza prevedeva una presunzione di subordinazione automatica, con prova della natura autonoma del rapporto in capo alla “piattaforma”.
Il secondo testo poneva una presunzione di subordinazione nel caso in cui ricorressero due presupposti su cinque tra quelli elencati nell’articolo 4 della proposta di direttiva.
Il testo finale – su cui è stato trovato l’accordo, anche grazie al lavoro svolto dalla Presidenza svedese del Consiglio europeo – presenta sette criteri: la presunzione di subordinazione scatterà quando ne saranno presenti almeno tre nel rapporto di lavoro con la piattaforma.
I sette criteri
Di seguito il testo dell’articolo 4 oggetto di accordo e che dovrebbe, salvo imprevisti, essere approvato dal Parlamento: “A meno che gli Stati membri non prevedano disposizioni più favorevoli a norma dell’articolo 20, si presume che il rapporto tra una piattaforma di lavoro digitale e una persona che svolge un lavoro mediante tale piattaforma sia un rapporto di lavoro quando la piattaforma di lavoro digitale esercita un potere di controllo e direzione sul lavoro svolto da tale persona. Ai fini del comma precedente, il potere di controllo e direzione si considera esercitato se sono soddisfatti, in virtù dei propri termini e delle proprie condizioni applicabili o nella pratica, almeno tre dei criteri seguenti:
a) la piattaforma di lavoro digitale determina i limiti massimi per il livello di retribuzione;
b) la piattaforma di lavoro digitale impone alla persona che svolge un lavoro mediante piattaforme digitali di rispettare regole specifiche per quanto riguarda l’aspetto esteriore, il comportamento nei confronti del destinatario del servizio o l’esecuzione del lavoro;
c) la piattaforma di lavoro digitale supervisiona l’esecuzione del lavoro, anche con mezzi elettronici;
d) la piattaforma di lavoro digitale limita, anche mediante sanzioni, la libertà di organizzare il proprio lavoro restringendo la facoltà di scegliere l’orario di lavoro o i periodi di assenza;
d bis) la piattaforma di lavoro digitale limita, anche mediante sanzioni, la libertà di organizzare il proprio lavoro restringendo la facoltà di accettare o rifiutare incarichi;
d ter) la piattaforma di lavoro digitale limita, anche mediante sanzioni, la libertà di organizzare il proprio lavoro restringendo la facoltà di ricorrere a subappaltatori o sostituti; e) la piattaforma di lavoro digitale limita la possibilità di costruire una propria clientela o di svolgere lavori per terzi. 1 bis. Le norme di cui al presente articolo e all’articolo 4 bis lasciano impregiudicata la facoltà degli organi giurisdizionali e delle autorità competenti di accertare l’esistenza di un rapporto di lavoro quale definito dal diritto, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore nello Stato membro in questione, tenuto conto della giurisprudenza della Corte di giustizia, indipendentemente dal numero di criteri soddisfatti”.
Per chiarezza, i criteri della subordinazione sono la fissazione datoriale della retribuzione, l’utilizzo della “livrea” della piattaforma da parte del lavoratore, il potere di supervisione del lavoro da parte della piattaforma, il potere sanzionatorio-disciplinare sul lavoratore (variamente declinato), l’esclusività del rapporto o la limitazione della possibilità di ottenere incarichi da clienti diversi dalla piattaforma.
Ad esempio, un lavoratore con retribuzione massima fissata dalla piattaforma, che impieghi la livrea di quest’ultima e che venga da essa monitorato per finalità di controllo e di efficienza sarà, sostanzialmente, considerato subordinato sic et simpliciter.
L’automazione dei controlli
Molto interessante la valutazione effettuata dal Consiglio europeo sull’impiego dell’intelligenza artificiale nel contesto del rapporto di lavoro.
Nella relazione si leggono, infatti, propositi ambiziosi.
“Il secondo importante elemento costitutivo della proposta è la protezione dei dati personali delle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, che sono soggette all’uso di sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati da parte della piattaforma di lavoro digitale. Questa parte rappresenta la prima proposta legislativa a livello dell’Unione che disciplina l’uso dell’intelligenza artificiale sul luogo di lavoro. In quanto tale, potrebbe fungere da precursore per una normativa di applicazione molto più ampia. Data la sua natura particolarmente sensibile, la proposta prevede, in parte, una protezione maggiore rispetto al regolamento generale sulla protezione dei dati, in quanto vieta il trattamento di determinati tipi di dati personali mediante un monitoraggio o un processo decisionale automatizzato, ad esempio i dati relativi allo stato emotivo e psicologico della persona o la raccolta di dati quando la persona non sta lavorando”.
Gig economy, i presupposti di diritto
Due tematiche presentano particolare interesse: l’iter legis e la base giuridica individuata per la regolamentazione dei riders, ed alcuni dei Considerando preliminari al testo.
La prima questione chiarisce che l’accordo del 12 giugno 2023 non è stata una passeggiata.
“A norma delle basi giuridiche pertinenti, ossia l’articolo 153, paragrafo 2, lettera b), TFUE, in combinato disposto con l’articolo 153, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 16, paragrafo 2, TFUE, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata, conformemente alla procedura legislativa ordinaria. Il Parlamento europeo non ha ancora adottato la propria posizione in prima lettura. Il 2 febbraio la plenaria del Parlamento europeo ha confermato la decisione della commissione EMPL di avviare negoziati sulla base della relazione di Elisabetta Gualmini approvata dalla medesima commissione il 12 dicembre 2022. Il Comitato economico e sociale ha adottato il suo parere nella sessione plenaria del 23 marzo 2022. Il Comitato delle regioni ha adottato il suo parere nella sessione plenaria del 30 giugno 2022. Il Garante europeo della protezione dei dati ha trasmesso le sue osservazioni formali il 2 febbraio 2022”.
La seconda, relativa ai Considerando 4 e 5, vede le questioni fondamentali sul piatto della bilancia.
“(4) La digitalizzazione sta cambiando il mondo del lavoro, migliorando la produttività e aumentando la flessibilità, ma comporta anche alcuni rischi per l’occupazione e le condizioni di lavoro. Le tecnologie basate su algoritmi, compresi i sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, hanno consentito la nascita e la crescita delle piattaforme di lavoro digitali. (5) Il lavoro mediante piattaforme digitali è svolto da persone fisiche tramite l’infrastruttura digitale delle piattaforme di lavoro digitali che forniscono un servizio ai propri clienti. Attraverso gli algoritmi, le piattaforme di lavoro digitali possono controllare, in misura minore o maggiore a seconda del loro modello di business, l’esecuzione del lavoro, la sua retribuzione e il rapporto tra i clienti e le persone che svolgono il lavoro. Il lavoro mediante piattaforme digitali può essere svolto esclusivamente online mediante strumenti elettronici (“lavoro online mediante piattaforme digitali”) o secondo modalità ibride che combinano un processo di comunicazione online con una successiva attività nel mondo fisico (“lavoro in loco mediante piattaforme digitali”). Molte delle piattaforme di lavoro digitali esistenti sono imprese internazionali che sviluppano le loro attività e i loro modelli di business in diversi Stati membri o a livello transfrontaliero”.
Conclusioni
L’approccio europeo è stato molto pragmatico, anche se l’intervento poteva esser più rapido.
Di certo la specificazione dei sette criteri tutela il lavoratore, perché elimina elementi di ambiguità che, in questi casi, giocano a sfavore della parte debole del rapporto.
Va anche detto che una specificazione maggiore consente agli operatori economici di operare in un contesto caratterizzato da maggior certezza del diritto, elemento economicamente valutabile da parte di chi fa impresa.
La presunzione di subordinazione può essere anche confutata da entrambe le parti, a dimostrazione che possono esservi accordi flessibili la cui natura non subordinata è un valore anche per il “lavoratore”.
Il passaggio sull’intelligenza artificiale è all’avanguardia, in attesa del regolamento UE in materia, che si attende a giorni.