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L’IA arranca nelle PMI, ecco le barriere che frenano l’adozione



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Pubblicato il 13 lug 2023

Michela Milano

Professoressa Ordinaria presso il Dipartimento di Informatica dell'Università di Bologna, Vice Presidente dell'EurAI, Membro di AIxIA e Direttrice Centro Interdipartimentale Alma Mater Research Institute for Human-Centered Artificial Intelligence — (Alma AI)



Coltivando il verso: la sfida di scrivere poesia con GPT4

La quarta rivoluzione industriale sta avvenendo ora sotto i nostri occhi: le principali aziende ICT e i principali player internazionali di qualunque settore si stanno muovendo per utilizzare l’Intelligenza Artificiale nel proprio business, per migliorare i servizi proposti ai propri clienti, la qualità dei prodotti, i processi produttivi, manutentivi e la logistica.

Ma le piccole e medie imprese, che rappresentano il tessuto industriale italiano, e non hanno reparti di ricerca e sviluppo nel settore ICT, come possono sfruttare al meglio questa disciplina, le nuove tecnologie e i risultati straordinari raggiunti?

Esistono fortissime barriere all’adozione massiva di tecniche di Intelligenza Artificiale per le piccole (o piccolissime) e medie imprese, che tuttavia potrebbero migliorare, efficientare, semplificare i processi produttivi e non solo.

Ho personalmente incontrato molte aziende, che rappresentano l’eccellenza italiana nel proprio settore, che non conoscono l’Intelligenza Artificiale (a volte ne hanno sentito parlare), non sanno cosa farsene, come utilizzarla, per quali problemi, in che modo, con quali costi e quali tempi. E anche nel caso in cui siano interessati al suo utilizzo, non sanno a chi rivolgersi e non sanno se possono fidarsi di questi sistemi.

Intelligenza artificiale, le tre barriere principali all’adozione

A mio parere esistono tre barriere principali all’adozione delle nuove tecnologie. La prima riguarda la conoscenza, la seconda l’accesso alle tecnologie, la terza la fiducia.

La conoscenza

La conoscenza: le imprese, ma più in generale la società, non conoscono sufficientemente le nuove tecnologie. Credo sia importante da una parte impegnarsi, come ricercatrici e ricercatori, nella divulgazione massiva di queste tecniche, più che altro concentrandosi sui problemi che possono risolvere. La formazione, inoltre, all’interno delle scuole, primarie e secondarie, dovrebbe accostare i giovani al pensiero computazionale e all’Intelligenza artificiale. A livello universitario, l’Intelligenza Artificiale dovrebbe essere insegnata in tutti i corsi di laurea e non solo nei corsi STEM. Dovremmo insegnarla ai medici, agli agronomi, agli umanisti, concentrandosi ovviamente sulle potenzialità più che sui dettagli implementativi. E, infine, per tutti coloro che sono già impiegati nel mondo del lavoro, è necessaria una formazione continua per poter utilizzare e comprendere i nuovi strumenti disponibili. Solo così saremmo in grado di contrastare, e non subire, la perdita di posti di lavoro dovuta all’avvento dell’Intelligenza Artificiale che McKinsey sostiene essere il 30% entro il 2030: trasformando i posti di lavoro e dotandoci di nuove competenze.

L’accesso alle tecnologie

Attualmente tutte le piattaforme di Intelligenza Artificiale sono accessibili solo a esperti della materia. Senza una adeguata preparazione è impossibile capire come utilizzarle. Ritengo sia importante utilizzare l’Intelligenza Artificiale stessa per migliorarne l’accesso. Tramite i chatbot possiamo interagire con un utilizzatore finale in modo semplice e intuitivo, magari nella lingua madre dell’utente. E, ancora, tramite algoritmi di machine learning e ottimizzazione possiamo associare la domanda (dell’azienda) all’offerta (di un consulente ad esempio).

Questo è l’obiettivo principale di un progetto Europeo coordinato dall’Università di Bologna, Stairway to Artificial Intelligence – StairwAI, che ha progettato un chatbot in grado di comprendere il livello di formazione sull’AI dell’azienda, di acquisire il settore industriale e i problemi aperti che l’azienda vorrebbe risolvere. Tramite un servizio nominato “matchmaking“, basato su machine learning, è stato sviluppato un servizio in grado di comprendere quali tecniche di AI possono essere usate per risolvere i problemi aperti della PMI e di associare un esperto in grado di affiancare l’azienda nella risoluzione degli stessi.

La fiducia

La fiducia: immaginatevi un esperto di settore che da anni lavora e conosce ogni sfaccettatura del proprio lavoro, delle macchine che controlla, del servizio che eroga, del paziente che visita. E ora immaginatevi che questo esperto tema da una parte la propria sostituzione da parte di uno strano sistema informatico, e dall’altra che non si fidi affatto che questo sistema migliori il lavoro. È comprensibile. Ritengo che siano necessarie due azioni in questo caso.

Da una parte il co-design: i sistemi di AI andrebbero sviluppati “insieme” agli esperti di dominio così che possano comprenderne i meccanismi, e possano inserire la propria conoscenza all’interno dei modelli generati.

Dall’altra, sarebbe importante seguire nello sviluppo dei sistemi di AI le linee guida emanate dalla Commissione Europea per la creazione di sistemi affidabili. Queste linee riguardano la trasparenza e spiegabilità, ossia la capacità di un sistema di spiegare le proprie decisioni in modo comprensibile di garantire la privacy dei dati che questi sistemi usano; di fornire robustezza e sicurezza ossia la capacità di non causare danni non intenzionali e di verificarne il funzionamento; la responsabilità nel malaugurato caso che questi danni avvengano; l’equità che riguarda l’assenza di discriminazioni ed emarginazioni in seguito a risposte polarizzate del sistema e la sostenibilità ambientale e sociale.

Conclusioni

Se saremo in grado di affrontare queste sfide, potremo aumentare la diffusione dell’Intelligenza Artificiale anche nelle piccole e medie imprese, con un impatto significativo sullo sviluppo economico Italiano e, più in generale, europeo.

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