competenze digitali

Profumo (ACRI): “Il PNRR funziona quando sperimenta policy e diffonde competenze. Il caso del Fondo per la Repubblica Digitale “



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Il Fondo per la Repubblica Digitale nasce nell’ambito degli obiettivi di digitalizzazione del PNRR per contribuire ad accompagnare l’Italia verso la transizione digitale. Vediamo perché può essere considerato una positiva esperienza di utilizzo efficace e tempestivo delle risorse

Pubblicato il 18 lug 2023

Francesco Profumo

presidente di Acri – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa



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Di PNRR sentiamo parlare quasi quotidianamente sui media, a volte anche con poca cognizione. Ultimamente avviene soprattutto in riferimento alle difficoltà legate alla sua “messa a terra”, tanto che qualcuno inizia a paventare l’ipotesi di “restituire” parte delle risorse che sono state messe a disposizione del nostro Paese, perché non riusciremo a spenderle completamente.

Vorrei contribuire a fare un po’ di chiarezza su questo tema, presentando alcuni di quelli che sono stati, a mio avviso, errori di impostazione iniziale e approfondendo un caso di successo di applicazione delle risorse del PNRR, basato su un partenariato pubblico-privato, legato al tema delle competenze digitali.

PNRR, perché l’Italia ha difficoltà a spendere le risorse

È bene chiarirsi subito: il PNRR non è un tema di disponibilità di risorse, ma un’occasione per innovare processi e competenze. Nell’entusiasmo con cui è stato accolto il Next Generation Ue Plan della Commissione europea, c’è stato, a mio avviso, un evidente errore dal punto di vista comunicativo: è stata posta molta enfasi sull’ingente quantità di risorse economiche che avrebbero raggiunto il nostro Paese e meno su quella che è la vera anima dell’intera operazione, ovvero il “Recovery and Resilience Facility”, l’insieme di norme, crescita di competenze e valutazione dell’impatto, che vengono prima dei progetti e che rimangono anche dopo. Abbiamo cioè confuso il fine (riforme e processi) con il mezzo (le risorse per realizzarli).

Per questo, il nostro Paese, pur essendo globalmente in linea con la tempistica prevista per le riforme, sta scontando una grande difficoltà a spendere le risorse, che anche in questo caso potremmo rischiare di perdere.

Questo non riguarda, purtroppo, solo il PNRR. È tristemente noto che l’Italia è uno dei maggiori beneficiari dei Fondi Coesione Ue, ma si colloca agli ultimi posti per efficiente utilizzo delle risorse assegnate: ne spendiamo appena il 55%, contro una media europea del 69%.

Transizione digitale, non trasformiamo il PNRR in un boomerang

La transizione digitale è una tra le misure principali del PNRR ed è proprio quella che possiamo prendere quale esempio chiarissimo di “errore di messa a fuoco”. Quella che potrebbe essere una straordinaria occasione per innovare la Pubblica amministrazione, la scuola, la sanità, ma anche il mondo delle imprese grandi e piccole, il Terzo settore e l’intera società, rischia di trasformarsi in un’onda che può perfino allargare i divari che lacerano la nostra società. Se non rendiamo accessibili a tutti queste nuove opportunità, non facciamo altro che perpetrare le disuguaglianze esistenti.

Il gap di competenze che frena il Paese

Le implacabili statistiche europee ci dicono, infatti, che l’Italia sconta uno spaventoso ritardo sul tema delle competenze digitali: 26 milioni di persone, tra i 16 e i 74 anni, (il 54% della popolazione) non ha le competenze digitali di base. La media europea è 46% (secondo il Digital Economy and Society Index siamo al diciottesimo posto su 27!). Questo deficit di competenze si traduce non solo in una grande difficoltà per alcuni ad accedere ai servizi della Pubblica amministrazione, che si sta lentamente digitalizzando, ma anche in una incapacità di essere competitivi di fronte alle nuove richieste del mondo del lavoro.

Fondo per la Repubblica Digitale, un caso di successo di applicazione delle risorse del PNRR

Proprio su questo tema stiamo osservando, al contrario, una positiva esperienza di utilizzo efficace e tempestivo delle risorse del PNRR. Mi riferisco al Fondo per la Repubblica Digitale, istituito nel 2021, che è diventato operativo lo scorso anno grazie a un’innovativa partnership tra pubblico e privato sociale.

Cos’è il Fondo per la Repubblica Digitale

Il Fondo nasce nell’ambito degli obiettivi di digitalizzazione del PNRR per contribuire ad accompagnare l’Italia verso la transizione digitale. In via sperimentale per cinque anni (fino al 2026) il Fondo seleziona e finanzia progetti innovativi in grado di intercettare i bisogni di competenze digitali e di creare un concreto miglioramento delle condizioni lavorative delle persone coinvolte.

Al termine del quinquennio i progetti che si saranno rivelati più efficaci saranno “consegnati” al Governo, quali sperimentazioni valutate e misurate, che possono ispirare future politiche pubbliche.

Il Fondo è alimentato da versamenti effettuati dalle Fondazioni di origine bancaria, fino a circa 350 milioni di euro in 5 anni. Un apposito protocollo d’intesa tra il Mef, l’allora Ministero per la transizione digitale e Acri, l’associazione delle Fondazioni di origine bancaria, regola il funzionamento del Fondo e ne assegna l’attuazione proprio alle Fondazioni (per questo Acri ha costituito l’impresa sociale Fondo per la Repubblica Digitale).

Focus sulla valutazione d’impatto dei progetti sostenuti

Il Fondo per la Repubblica Digitale pone un forte accento sulla valutazione d’impatto dei progetti sostenuti. La valutazione è affidata a un comitato scientifico indipendente, che si avvale di un “evaluation lab”. L’obiettivo è individuare i progetti che si dimostreranno più efficaci ed efficienti nell’accrescimento delle competenze digitali e nell’occupazione effettiva dei beneficiari. Quelli selezionati verranno replicati nei prossimi anni su una scala più ampia e con una maggiore dotazione di risorse.

Fondo per la Repubblica Digitale: bandi e proposte

Il Fondo ha già messo in campo i primi 4 bandi, per i quali ha previsto un budget complessivo di oltre 40 milioni di euro. I primi due, dedicati a Neet e giovani donne, hanno ricevuto oltre 300 proposte progettuali, tra cui sono stati selezionati 23 progetti, che stanno già entrando nella fase operativa. Si tratta di iniziative di formazione molto variegate, diffuse in tutta la Penisola, che prevedono lo sviluppo di competenze in diversi campi, dal web design alla robotica, dall’intelligenza artificiale alla data analysis, dalla cybersecurity all’e-business.

Gli altri due bandi sono dedicati ad accrescere le competenze digitali di due gruppi: persone disoccupate e inattive, lavoratori con mansioni a forte rischio sostituibilità a causa dell’automazione e dell’innovazione tecnologica.

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