“Pastiche” è un termine francese che definisce nel diritto d’autore composizioni costituite da opere o brani di opere precedenti, le quali vengono riutilizzate al fine di creare un’opera nuova. L’origine del termine deriva dalla parola italiana “pasticcio”, utilizzata nel XVIII secolo per definire un tipo di opera lirica costituita da un insieme di arie e brani musicali preesistenti.
Più recentemente si è affermata nel panorama artistico internazionale la corrente dell’arte contemporanea denominata “appropriation art”, la quale si basa sulla riutilizzazione di opere preesistenti in modo cosiddetto “trasformativo”.
Per fare un esempio, sono opere dell’appropriation art quelle di Marchel Duchamps (i suoi noti “ready made”), come anche quelle di Jeff Koons che riutilizzano immagini e fotografie di altri autori (si pensi alla statua dei “puppies”, ripresa da analoga fotografia, e che ha costituito oggetto di una nota causa giudiziaria).
Diritto d’autore: un’eccezione per la caricatura, la parodia ed il pastiche
Il pastiche non è stato incluso per molto tempo nel sistema italiano delle eccezioni, dove peraltro non si rinviene neppure una norma espressamente dedicata alla eccezione della parodia. Quest’ultima, tuttavia, è sempre stata pacificamente ammessa dalla giurisprudenza italiana, quale applicazione della libertà di espressione, anche costituzionalmente garantita. In tempi relativamente recenti l’art. 5 della Direttiva 2001/29 sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione ha previsto la possibilità per gli Stati membri di introdurre un’eccezione per la caricatura, la parodia ed il pastiche.
Il legislatore italiano non si è tuttavia avvalso di questa facoltà, ma ciò non è parso costituire un problema rilevante, per lo meno per quanto riguardava la parodia. Secondo la Suprema Corte, infatti, quest’ultima è ricompresa nell’art. 70 l.a., che consente il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera (Cass. 38165/2022 nel noto caso “Zorro”). La parodia sembra tuttavia distinguersi dal pastiche. Essa viene infatti generalmente definita come l’opera che “da un lato evoca un’opera esistente, pur presentando percettibili differenze rispetto a quest’ultima, e, dall’altro, ne costituisce un atto umoristico o canzonatorio” (CGUE 3 settembre 2014, in causa C-201/13, Johan Deckmyn e Vrijheidsfonds VZW c. Helena Vandersteen e altri). Nel pastiche può esservi l’intento umoristico o canzonatorio, ma ciò non è sempre necessario.
Il trattamento da riservare all’appropriation art
In particolare, nella corrente dell’appropriation art la ripresa dell’opera precedente altrui tende ad essere un tributo, che ha intenti espressivi di vario tipo, non necessariamente umoristici. In questo contesto si è già posto il problema, nel nostro ordinamento, del trattamento da riservare alle opere di questo tipo, ed in particolare se esse fossero o meno lecite, stante la mancanza di un’eccezione espressa per il pastiche e l’assenza di una chiara tipizzazione giurisprudenziale (che invece esiste per la parodia).
Fondazione Giacometti vs Fondazione Prada
Il tema è stato affrontato dal Tribunale di Milano nel leading case del 2011 che ha visto la Fondazione Giacometti contrapposta alla Fondazione Prada. Si trattava delle opere realizzate dal noto artista statunitense John Baldessari, ascritte alla corrente della appropriation art, costituite da statue di grandi dimensioni che riprendevano le note opere dell’artista svizzero Giacometti.
Queste ultime sono statue di donne scarnificate, ove i tratti del volto non sono riconoscibili, e rappresentano il dolore e la magrezza degli anni di guerra. Le statue di Baldassari riprendevano lo stile di Giacometti, con proporzioni notevolmente maggiori, e adornando le statue di dettagli presi dal mondo della moda, come nastri, corpetti, ed altro.
Quando la Fondazione Giacometti ha agito contro la Fondazione Prada richiedendo l’inibitoria, il giudice inizialmente accoglieva la domanda, ritenendo che le opere di Baldessari costituissero un’elaborazione non autorizzata delle opere di Giacometti, non giustificata da alcuna eccezione. Successivamente l’ordinanza di inibitoria veniva tuttavia revocata. Nella decisione si faceva ampio richiamo al concetto di fair use statunitense, che ritiene legittima la cd. arte trasformativa, e si concludeva ritenendo che le statue di Baldessarri fossero lecite, in quanto “per tratti, dimensioni, materiali, forme delle sculture di Baldessari rispetto a quelle di Giacometti, l’intervento dell’artista statunitense appare consistente, mentre anche l’utilizzo dell’immagine della donna di Giacometti appare drammaticamente trasformato, dalla magrezza e dall’espressione tragica del dopo-guerra, all’espressione estatica della donna magra, non per le privazioni del conflitto bellico, ma per le esigenze severe della moda” (Trib. Milano, ord., 13 luglio 2011). Dal punto di vista di stretto diritto per ritenere lecite le opere di Baldessarri il giudice aveva dovuto fare applicazione dell’eccezione di parodia, benché non vi fosse in esse alcun intento umoristico o canzonatorio. La decisione sembrava quindi estendere la nozione di parodia, oltre i limiti fino a quel momento pacificamente riconosciuti dagli interpreti, per comprendere in essa anche situazioni diverse, che sarebbero state più correttamente ascrivibili al perimetro del pastiche (eccezione tuttavia all’epoca non riconosciuta dal nostro ordinamento e dunque non utilizzabile dal giudice).
L’ introduzione anche nell’ordinamento italiano dell’eccezione del “pastiche”
La questione sembra ora risolta dall’espressa introduzione anche nell’ordinamento italiano dell’eccezione del “pastiche” (insieme a caricatura e parodia), benché le modalità utilizzate non appaiano del tutto ineccepibili dal punto di vista sistematico. In applicazione dell’art. 17 della Direttiva 2019/790 (che non ha natura facoltativa ma obbligatoria) l’art. 102nonies co. 2 l.a. prevede infatti oggi – con specifico riguardo alle piattaforme online – che “gli utenti, quando caricano e mettono a disposizione contenuti da loro generati tramite un prestatore di servizi di condivisione di contenuti online, possono avvalersi delle seguenti eccezioni o limitazioni al diritto d’autore e ai diritti connessi: a) citazione, critica, recensione; b) utilizzo a scopo di caricatura, parodia o pastiche”. Benché la norma sia apparentemente dedicata unicamente alle piattaforme online, mi sembra evidente che le eccezioni ivi previste si debbano applicare anche al di fuori di questo perimetro, e quindi specificamente anche in ambienti ed usi di tipo tradizionale. Se così non fosse si porrebbe un problema di seria compatibilità della norma con la nostra Carta costituzionale, per violazione dell’art. 3, che impone di trattare fattispecie analoghe nello stesso modo. Per conseguenza sarebbe ingiustificabile permettere agli utenti delle piattaforme online di realizzare opere tramite il pastiche, vietandolo invece al di fuori di tale contesto.
Certamente sarebbe stato opportuno prevedere – eventualmente nell’art. 70 l.a. – un’eccezione di carattere generale per la caricatura, la parodia ed il pastiche, ma è noto che i decreti legislativi di implementazione delle Direttive dell’Unione Europea tendono talvolta ad operare in modo molto pedissequo, limitandosi a traslare letteralmente le norme comunitarie, e senza prestare troppa attenzione alla tenuta generale del sistema. In ogni caso, in virtù del nuovo art. 102novies l.a. mi pare finalmente chiarita l’ammissibilità dell’eccezione del pastiche anche nell’ordinamento italiano, e così fugato ogni dubbio in relazione alla sua teorica applicabilità – fra l’altro – alle opere dell’appropriation art.
Definizione dei limiti dell’ammissibilità del pastiche
Resta tuttavia il problema della definizione dei limiti dell’ammissibilità del pastiche, che appare tanto più urgente in un contesto come quello italiano ove (diversamente da quanto avvenuto negli USA) questa eccezione è rimasta a lungo sconosciuta e non esistono quindi solidi parametri di riferimento per la sua valutazione.
Di conseguenza, potrebbe essere utile fare riferimento all’esperienza di altri ordinamenti per trarre qualche utile insegnamento. Per quanto concerne gli Stati Uniti, si può fare riferimento alla tradizione relativa al fair use, proprio in materia di appropriation art, concetto che recentemente è stato rivisitato dalla Corte Suprema nel caso “Orange Prince” (18 maggio 2023, Andy Wharol Foundation for the Visual Art, Inc. v. Goldsmith et al.). La Corte ha sottolineato che perché l’eccezione del fair use si possa applicare è anzitutto necessario valutare se il nuovo uso ha uno scopo ulteriore o un carattere diverso rispetto a quello dell’opera originale, secondo una scala che richiede un gradiente di differenza maggiore per le utilizzazioni a fini commerciali (le quali tuttavia non sono escluse tout court dall’applicazione del fair use).
Il caso di Andy Warhol e Lynn Goldsmith
Nel caso specifico si trattava di valutare la liceità dell’uso, da parte della rivista Vanity Fair, di ritratti realizzati da Andy Warhol nel suo tipico stile (il medesimo ritratto riprodotto in serie, con colori e forme inusuali e non realistici), utilizzando fotografie precedentemente realizzate dalla Lynn Goldsmith, fotografa affermata in particolare nel settore della ritrattistica. La Corte ha ritenuto che l’uso in questione non fosse lecito, dal momento che da un lato esso aveva un fine commerciale, e dall’altro lato le differenze introdotte da Andy Wharol non erano sufficienti a creare un’alterazione apprezzabile dal punto di vista trasformativo. In altre parole, gli usi in questioni servivano al medesimo scopo (veicolare l’immagine di Prince), in entrambi i casi in contesti commerciali, così verificandosi una lesione dei diritti d’autore di Lynn Goldsmith che non appariva sufficientemente giustificata da ragioni di tutela delle trasformazioni introdotte da Andy Warhol.
Il caso The Unknowable”
Un altro utile spunto per interpretare il pastiche potrebbe essere tratto dall’ordinamento tedesco, che ha recentemente introdotto questa eccezione (nel 2021) ed ha già avuto un interessante precedente. Il caso riguardava l’opera “The Unknowable” di un noto pittore tedesco all’interno della quale, come “quadro in un quadro” era stata inserita la riproduzione di un’opera digitale realizzata da un artista inglese, consistente in un ciliegio in fiore (“Scorched Earth”).
Secondo il pittore tedesco, egli aveva inserito nel proprio quadro la grafica del ciliegio, in cui si era un giorno imbattuto in Internet, per rappresentare il trash contemporaneo quale paradiso promesso, per cui in realtà non vale la pena di vivere. Radicata la causa a Berlino da parte dell’artista inglese, questi otteneva inizialmente un’inibitoria, la quale veniva successivamente revocata in applicazione dell’allora vigente art. 24(1) della legge tedesca sul copyright (UrhG) (Landgericht Berlin, 23.4.2019 – 15 O 102/19). L’art. 24(1) UrhG prevedeva, fino al 2021, il c.d. uso libero, secondo il quale un’opera indipendente creata in libera utilizzazione di un’opera altrui poteva essere pubblicata e sfruttata senza il consenso dell’autore dell’opera utilizzata. L’eccezione in questione è stata tuttavia successivamente dichiarata incompatibile con il diritto eurounitario dalla CGUE (decisione 19 luglio 2019, causa C-476/17 Metall auf Metall, paragrafi 56-65).
Il Tribunale superiore di Berlino ha quindi ribaltato la decisione precedente e riemesso l’inibitoria, in quanto non poteva essere applicata l’eccezione della parodia (per mancanza dell’intento umoristico), né quella del pastiche (non ancora introdotta nell’ordinamento tedesco) (Kammergericht, 30.10.2019 – 24 U 66/19). Nel 2021 l’ordinamento tedesco ha tuttavia innovato le disposizioni in materia di diritto d’autore, così che l’attuale art. 51a UrhG prevede la liceità dell’utilizzo di opere precedenti a fini caricaturali, parodistici e di pastiche. Secondo il legislatore tedesco la citazione, l’imitazione e il prestito di tecniche culturali sono un elemento che definisce l’intertestualità, la creazione culturale contemporanea e la comunicazione sul social web, come avviene nel caso del remix, del meme, dei GIF, del mashup, della fan art, della fan fiction e dei campionamenti.
A differenza della caricatura e della parodia, il riutilizzo nel pastiche non deve essere necessariamente a fini umoristici o di scherno, ma può anche essere un tributo o un omaggio all’originale. La prima applicazione dell’eccezione del pastiche in Germania si è avuta con la decisione del Landgericht Berlin, 2.11.2021 – 15 O 551/19, relativa – ancora una volta – al conflitto fra l’artista inglese ed il pittore tedesco sopra citato. Nella propria decisione il Tribunale ha ritenuto che la liceità del pastiche deve essere valutata sulla base da un lato della alterazione dell’originale, e dall’altro lato della percezione oggettiva di uno spettatore che conosce l’opera originale e ha la capacità intellettuale di percepire l’interazione artistica. Per quanto riguarda il primo elemento l’alterazione può consistere nella modifica dell’opera originale, oppure anche nel suo inserimento in un nuovo contesto (per esempio l’inserimento di una grafica digitale in un’opera ad olio come nel caso dell’opera “The Unknowable”).
Per quanto invece concerne il secondo criterio, si tratta di valutare se lo spettatore dell’opera sia in grado di comprendere che la grafica è stata alterata e decontestualizzata per generare un nuovo risultato espressivo. L’intento dell’autore dal pastiche e la sua conseguente spiegazione della contestualizzazione e decontestualizzazione dell’opera originale possono essere utilizzati come indizi utili per la valutazione della sussistenza di un pastiche (in questo caso, la qualificazione della grafica del ciliegio come immagine tipica del trash di Internet, che rappresenta un paradiso fallace e kitsch per cui non vale la pena vivere).