L’Agcom ha avviato una consultazione pubblica sulle misure per garantire il rispetto da parte degli influencer delle disposizioni del Testo unico sui servizi di media audiovisivi, nella ricerca di conciliare l’attuale quadro giuridico con la professione di influencer e content creator.
L’obiettivo è garantire una maggiore trasparenza e consapevolezza nei confronti degli stakeholder e del pubblico, facendo salve le prerogative e tutele per i lavoratori del settore.
La regolamentazione del mercato della creator economy
Con il comunicato stampa del 17 luglio 2023, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha annunciato l’avvio di una consultazione pubblica sulle misure per garantire il rispetto, da parte degli influencer, delle indicazioni previste dal Testo unico sui servizi di media audiovisivi. Il successivo 21 luglio l’Autorità ha pubblicato sul proprio sito web la specifica delibera (n. 178/23/CONS) ed i connessi allegati, dando così formalmente avvio alla procedura di consultazione che avrà una durata di 60 giorni decorrenti dalla data di pubblicazione della stessa.
Gli operatori del settore invocano ormai da tempo una disciplina adeguata rivolta alle figure e al mercato di influencer e content creator. La stessa AGCOM, nel comunicato, dichiara infatti che “la crescente rilevanza e diffusione dell’attività di soggetti denominati nel linguaggio corrente con il termine di “influencer” […] ha attirato l’interesse delle istituzioni pubbliche, in considerazione dell’impatto che essi hanno sugli utenti, sui consumatori e sulla società”.
La recente iniziativa da parte della Francia di introdurre disposizioni specifiche ha avuto grande risonanza anche in Italia, a dimostrazione che le istituzioni stanno ponendo grande attenzione rispetto a questa tipologia di attività professionale. Ma quel bilanciamento operato tra advertising e protezione dei consumatori/utenti, in particolare minori, è qualcosa che alcuni creator già attuavano di propria spontanea volontà non andando a promuovere né sponsorizzare brand appartenenti a quelle categorie che la legge francese ha inteso vietare (chirurgia estetica, desistenza terapeutica, prodotti contenenti nicotina, giochi d’azzardo, etc.). Ad ogni modo, lo stato dell’arte a riguardo in ambito europeo è compiutamente descritto all’interno dell’Allegato A della citata delibera, che svolge un riepilogo del quadro normativo di riferimento.
Preme segnalare, però, che i provvedimenti regolatori che hanno come destinatari gli attori della creator economy non devono necessariamente essere di tipo normativo ma possono anche ben consistere in interventi di soft law. Codici di condotta, linee guida o protocolli possono consentire infatti un approccio più agile ed efficace su specifici elementi quali, ad esempio, la limitazione della promozione di talune categorie di prodotti o le garanzie a tutela del pubblico minorenne[1].
Perché è necessaria una regolamentazione costruttiva
Assoinfluencer aveva da tempo anticipato alla categoria dei creator l’approssimarsi di questa congiuntura storico-politica che avrebbe portato ad un maggiore interessamento da parte delle Authority degli Stati Membri dell’Unione Europea al settore della creator economy. Infatti, in occasione della plenaria dell’ERGA, il gruppo dei regolatori europei per i servizi media audiovisivi tenutasi a Napoli il 28 e 29 giugno, alla presenza dei vertici delle autorità dei 27 Stati Membri dell’Unione e dei grandi attori del mercato digitale (Meta, Google, TikTok), Assoinfluencer ha avuto modo di portare la voce e le istanze dei creator per l’adozione di un approccio costruttivo della regolamentazione di settore. I creator non vedono infatti nella regolamentazione alcun rischio di limitazione della propria attività bensì un’occasione per promuovere proprio gli aspetti più positivi della propria capacità di creare valore. Valore che però richiede tutele e garanzie, fra cui innanzitutto l’accessibilità e la non ostracizzazione della categoria. Dopodiché, sarà necessario favorire sempre una sana libertà di espressione artistica e la possibilità di autosostentamento economico, che sono entrambi requisiti indispensabili per svolgere la professione di creator.
Quel che si pone più in evidenza è però la necessità di aver contezza delle peculiarità di un ecosistema non perfettamente sovrapponibile a quello delle piattaforme streaming o del broadcasting tradizionale in quanto caratterizzato non da un’industria omogenea come quella delle grandi produzioni bensì da una molteplicità di creatori indipendenti ed autonomi di contenuti sulle piattaforme di social media.
In che cosa consiste la procedura avviata dall’Autorità
La consultazione pubblica è essenzialmente uno strumento che permette ai cittadini di partecipare attivamente ad alcune procedure, proponendo osservazioni e rilievi rispetto a decisioni o provvedimenti che le autorità o le istituzioni intendono adottare. L’Autorità ha stabilito che la consultazione avrà una durata di 60 giorni a partire dalla pubblicazione del provvedimento sul proprio sito e quindi dal 21 luglio 2023, trascorsi i quali verranno probabilmente pubblicate delle linee guida (e non un regolamento), considerate dalla stessa uno strumento maggiormente flessibile così da essere più facilmente adattabili all’attività degli influencer. Si ricorda che la consultazione pubblica è sì uno strumento partecipativo ma che le osservazioni proposte non sono vincolanti per l’Autorità, che mantiene la propria autonomia decisionale ed operativa nell’ambito delle proprie competenze.
Nel comunicato stampa con cui è stata data notizia di questa iniziativa, AGCOM propone alcune considerazioni sulla propria intenzione di tenere in considerazione il processo evolutivo che contraddistingue il percorso degli influencer: per coloro che operano in maniera sporadica e non strutturata si prevede la non applicabilità delle indicazioni che saranno invece indirizzate ai soggetti che pubblicano contenuti audiovisivi in modo continuativo. Nello stesso comunicato si ipotizza la necessità di estendere agli influencer alcuni obblighi previsti per gli operatori del settore audiovisivo come, ad esempio, l’iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione o la necessità di effettuare una SCIA (segnalazione certificata di inizio attività).
L’attenzione delle istituzioni sulla creator economy
E’ importante fare chiarezza e sgombrare il campo da eventuali malintesi: AGCOM, quale autorità amministrativa indipendente, ha il compito di indirizzo e di garanzia del rispetto delle normative previste per il settore di appartenenza. Al termine della procedura, quindi, non avremo una legge rivolta ad influencer e content creator ma verranno verosimilmente pubblicate delle linee guida che estenderanno a queste figure le disposizioni del Testo Unico con eventuali attività di coordinamento ed interpretazione delle disposizioni, tenendo in considerazione le peculiarità dei loro destinatari e il contesto di riferimento.
A prescindere dai suoi intrinsechi limiti, si ritiene però che la procedura avviata sia emblematica proprio perché evidenzia l’attenzione che le istituzioni stanno ponendo sul mondo della creator economy. Certamente si auspica che il risultato dell’iter avviato mantenga i propositi che l’Autorità ha esplicitato nel comunicato, ovvero evitare l’introduzione di “oneri burocratici non necessari”, visto che il panorama degli influencer e dei content creator annovera figure estremamente variegate tra di loro[2] e che il percorso che permette di trasformare l’attività inizialmente svolta anche in maniera amatoriale una vera e propria professione è spesso lungo, complesso e variamente intrapreso da ciascuno[3].
Un punto di partenza anche per le aziende
Come già detto in precedenza, l’iniziativa di Agcom ha il pregio di portare l’attenzione sul settore degli influencer e sulla necessità dell’introduzione di normative di settore che affianchino, a giustificabili oneri burocratici e formali, previsioni di garanzia e tutela di figure professionali che presentano una serie di caratteristiche peculiari.
Basti pensare al fatto che la pubblicazione di contenuti viene solitamente svolta avvalendosi di piattaforme che non prevedono canali di rimedio dedicati[4] e che adottano algoritmi di monetizzazione e di valorizzazione dei contenuti spesso poco trasparenti nelle loro logiche di funzionamento, su cui il creator ha un controllo estremamente limitato se non nullo.
Dopodiché è evidente che tale evoluzione può consentire di superare il vulnus culturale che producono alcuni che tutt’oggi hanno guardato e guardano con scetticismo o addirittura immotivata ostilità il mercato della creator economy e delle relative professionalità che lo compongono. L’impatto economico e sociale dell’attività di creator e influencer è riportato dalla stessa Agcom: “il mercato associato agli influencer ha raggiunto in Italia un valore pari a 280 milioni di euro nel 2021, con una crescita rispetto all’anno precedente pari al 15%. […] In Italia, un sondaggio rivolto ai consumatori ha esaminato il grado di influenza esercitato dagli influencer sulla propensione all’acquisto: l’85% dei partecipanti al sondaggio ha dichiarato di prendere in considerazione l’opinione di tali soggetti in fase di acquisto di un prodotto. In un altro sondaggio, condotto nel 2021, rivolto ai consumatori che seguono almeno un influencer sui media sociali, è emerso che tali soggetti sono seguiti in considerazione dei consigli forniti (dal 54% dei partecipanti), dell’esperienza su un tema specifico (51%) e in quanto considerati un modello di riferimento (19%). Rileva, infine, la maggiore influenza esercitata da tali soggetti sulle decisioni di acquisto della fascia di popolazione più giovane: circa il 23% dei consumatori di età compresa tra i 18 e i 34 anni acquista un prodotto suggerito da un influencer, rispetto al 16% dei consumatori di età compresa tra i 25 e i 64 anni e il 5% dei consumatori con più di 65 anni[5].
Pertanto, diventa fuor di dubbio che tale mercato sia una realtà nel sistema economico italiano e mondiale, con professionalità che meritano un’adeguata considerazione anche in sede normativa. Certezze e garanzie derivanti da una corretta regolamentazione non sono a beneficio dei soli influencer e content creator bensì anche per gli altri soggetti coinvolti. Primi fra tutti certamente i destinatari dei contenuti, ma anche le agenzie e le aziende che intendono trarre beneficio dalle capacità di queste professionalità di creare valore. E che abbiamo così modo di trarre giovamento da regole chiare, puntuali, eque e sostenibili.
Note
[1] È il caso del Belgio ove il regolatore fiammingo ha pubblicato un protocollo che contiene indicazioni specifiche ai content creator che risiedono nelle Fiandre. Il protocollo ha previsto, tra l’altro, il divieto alla pubblicazione di contenuti violenti o l’esclusione della possibilità di promuovere alcuni prodotti qualora il contenuto sia destinato ad un pubblico inferiore ai 12 anni.
[2] L’eterogeneità tra i diversi soggetti è evidente anche alla stessa Autorità che, nel quesito D4 di cui all’Allegato A, richiede se si ritenga “opportuno individuare soglie al fine di definire alcuni dei requisiti proposti, quali il numero di utenti sul territorio italiano raggiunti dal servizio, i volumi d’affari generali, l’impatto sul pubblico o la frequenza con cui il servizio è alimentato con nuovi contenuti […]”.
[3] Il trasformare la pubblicazione di contenuti in una professione è solitamente possibile quando si raggiungo numeri di visualizzazioni e di follower tali da ottenere sia adeguati livelli di monetizzazione da parte delle piattaforme sia l’attenzione delle aziende che sono disposte a pagare la sponsorizzazione o la promozione dei propri prodotti.
[4] Si converrà sul fatto che l’utilizzo di un social media come strumento professionale pone la necessità di offrire canali di supporto adeguati e dedicati, essendo, ad esempio, per un utente non professionale maggiormente sopportabile un eventuale inibizione temporanea dell’accesso.
[5] Vedasi Allegato A alla delibera n. 178/23/CONS, p. 4.