l’analisi

Come nasce l’innovazione? Così si crea il circolo virtuoso



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Sono le politiche pubbliche che devono guidare l’innovazione, o questa nasce dall’interazione tra forze di mercato e spirito imprenditoriale? Qual è il nesso tra innovazione e lavoro e qual è l’impatto sulle risorse umane? Ecco cosa cambia nell’era dell’IA

Pubblicato il 11 ago 2023

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione



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L’innovazione ha prodotto traiettorie di sviluppo che hanno cambiato il ritmo di crescita dell’economia e hanno dato impulso a trasformazioni sociali di fondo.

Ma come nasce l’innovazione e come si diffonde? Qual è il ruolo delle politiche pubbliche nell’indirizzarla e l’impatto che essa produce sulle risorse umane?

Proviamo a rispondere a queste domande, anche alla luce della necessità di indirizzare lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Dal motore all’intelligenza artificiale: le traiettorie dell’innovazione

Nell’ultimo secolo si è passati dalla fase di invenzione, evoluzione e diffusione dei motori e dei trasporti, che svilupparono la grande parte dell’innovazione nel trentennio dal 1895 al 1925, alla fase dei brevetti farmaceutici tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta, poi al trionfo dell’ICT dal 1965 al 2000, fino al dilagare delle tecnologie digitali nel nuovo secolo.

Figura 1. Cicli di innovazione: tecnologie dei brevetti nell’ultimo secolo[1].

Negli anni più recenti, dal 2016 al 2020, all’interno dell’insieme delle tecnologie digitali, troviamo importanti aumenti della brevettazione nel cloud, vere e proprie esplosioni nei big data e nell’intelligenza artificiale, e infine tracolli nell’internet delle cose, da cui fino a poco tempo fa ci si attendevano applicazioni pervasive in ogni campo di attività. L’impatto dei programmi di ricerca guidati dal governo, nelle decadi precedenti, avevano condizionato lo sviluppo dell’innovazione, anche se, spesso, in modo spiazzante e non pianificabile.

La corsa allo spazio e poi il programma di sbarco dell’uomo sulla luna intendeva dimostrare la potenza dei vettori e delle tecnologie che li controllavano: si trattava di un programma strettamente legato alla strategia delle deterrenza nucleare. Ma il suo più significativo contributo in termini di innovazione fu lo sviluppo dell’ICT, in particolare della miniaturizzazione dei computer e delle reti di trasmissione-comunicazione in particolare radio-satellitari.

L’innovazione motore dello sviluppo: un modello incompleto

La non prevedibilità dei campi di applicazione delle scoperte scientifiche, ripropone la riflessione teorica di Schumpeter sull’interazione tra forze di mercato e spirito imprenditoriale che determina lo sviluppo dei nuovi prodotti, dei nuovi processi, delle nuove logistiche della distribuzione, dei nuovi canali della comunicazione.

In una parola, l’innovazione nasce – in quella visione – nello scontro tra le dinamiche del mercato e la capacità imprenditoriale di applicare le risorse della tecnologia in modo efficiente ed economico alle fasi del processo di produzione e distribuzione dei beni.

Schumpeter distingue nettamente tra scoperta scientifica e innovazione: la seconda avviene anche senza la prima. Non c’è in Schumpeter una analisi dell’impatto dell’innovazione sulle risorse umane: esse appaiono indifferenziate e pongono all’imprenditore il solo problema del rispetto dell’ordine nella fabbrica o nell’ufficio.

Tant’è vero che Schumpeter dedica attenzione solo alla questione se il lavoro che si applica al processo produttivo “socialista” possa trarre motivazioni diverse e superiori rispetto al lavoro che si applica in un processo capitalistico.

Nel magistrale quadro proposto da Schumpeter per delineare lo sviluppo capitalistico basato sulla distruzione creatrice, e cioè sull’innovazione, non appare in primo piano il lavoro con le sue caratteristiche[2].

La ragione fondamentale di questa assenza è la visione, mutuata da Marx e dagli economisti classici inglesi, che capitale e lavoro si confrontino come due fattori produttivi sostanzialmente omogenei al proprio interno, salvo due aspetti. Il primo è costituito dagli “spiriti animali” dell’imprenditore, spiriti tra i quali Schumpeter privilegia non tanto l’avidità quanto la volontà di cambiare e di innovare. Il secondo è la volontà politica della classe lavoratrice, che può contrastare o favorire un modello di società piuttosto che un altro, influendo a livello politico-istituzionale sull’evoluzione economica.

Manca, quindi, il nesso tra innovazione e lavoro, nesso che negli anni recenti ha assunto un ruolo centrale per effetto delle analisi sul ruolo della partecipazione e sul ruolo del management nell’assicurare all’interno dell’impresa le condizioni per l’esplicarsi delle potenzialità dell’innovazione di processo e di prodotto.

L’innovazione emigra in Asia

L’innovazione emigra, anzi è già emigrata in Asia. Se il brevetto europeo tra il 2011 e il 2021 è sceso dal 15% al 10% del totale mondiale e la quota degli Stati Uniti è scesa dal 25% al 18%, l’Asia è salita dal 55% al 68%.

L’immagine di un’Asia come fabbrica del mondo si completa ora con uno dei tipici effetti dell’industrializzazione: lo sviluppo della capacità innovativa. I primi cinque paesi, come numero di brevetti nel 2021 sono stati: la Cina con 1,5 milioni di domande di brevetto, gli Stati Uniti con mezzo milione, il Giappone con 413 mila, la Corea con 268 mila. Diverso è il quadro se si considerano le domande di brevetto all’estero, rispetto all’origine, come si vede nella figura 2[3].

Figura 2. Domande di brevetto all’estero per i primi dieci paesi di provenienza

Sono ancora gli Stati Uniti che hanno il maggior numero di brevetti registrati all’estero, seguiti da Giappone, Cina, Germania, Corea, Francia, Svizzera, Regno Unito, Olanda, Canada. Questo indicatore è decisivo per capire quanto il sistema dell’innovazione contribuisce alla competitività internazionale del paese e, come si vede, l’Italia è sorpassata da paesi di minore dimensione (per popolazione e PIL), come Corea, Svizzera, Olanda, Canada.

La migrazione dell’innovazione verso l’Asia segue lo spostamento degli investimenti nell’industria. I bassi salari hanno avviato lo sviluppo virtuoso, ma è evidente che oggi il trionfo dell’Asia non è più basato sui bassi salari, ma su una eccellenza del fattore umano: crescente capacità di ricerca, crescente qualificazione a medio alto livello, buona preparazione della forza lavoro generica.

Intelligenza artificiale e nuove responsabilità

Oggi, nella discussione sull’impatto dell’intelligenza artificiale, il fattore umano è al centro della riflessione, con un ruolo ineludibile: quello del controllo degli input (addestramento), dei risultati (esiti del modello alimentato dagli input di addestramento), della responsabilità nella “pubblicazione” dei risultati (riconducibilità ad un soggetto giuridicamente responsabile dei risultati del modello e della loro applicazione).

Figura 3. Crescita dell’innovazione digitale negli ultimi 5 anni

Le vicende della pandemia prima e della guerra poi, domani forse le drammatiche conseguenze dei cambiamenti climatici, possono contribuire a modificare il quadro in cui si sviluppa l’innovazione. Un consuntivo sull’impatto dello sviluppo dei vaccini per il COVID-19 dimostra come l’investimento di risorse pubbliche possa avere effetti altamente positivi, quando è indirizzato in modo preciso ad un obiettivo chiaro di benessere collettivo. Se il beneficio privato dello sviluppo dei vaccini è stato pari a 80 miliardi di dollari, quello sociale ha raggiunto la cifra di 71 migliaia di miliardi, un effetto moltiplicativo per 887 volte. Messi insieme i due impatti rappresentano un cifra pari all’83% del Pil globale[4].

Senza infrastrutture di ricerca e ingegneri capaci di tradurre la ricerca in prodotti innovativi, il circolo virtuoso si spezzerebbe.

Dove troviamo le principali applicazioni di IA

Dove troviamo oggi le principali applicazioni di intelligenza artificiale?

Nella finanza per creare portafogli di investimento determinati statisticamente, profilazioni dei clienti automatizzate per creare profili di investimento ottimali, gestione delle transazioni rapide e frequenti in modo da ridurre gli errori.

Nella sicurezza nazionale vengono analizzati in modo automatico i grandi dati rilevati dai sistemi di sorveglianza e controllo.

Nella sanità le tecniche di individuazione e classificazione delle forme tumorali viene agevolata dal ricorso all’intelligenza artificiale, accelerando i tempi di risposta e riducendo i margini di errore.

Nel commercio la profilazione dei clienti consente di costruire offerte più confacenti alle esigenze individuali.

Nei trasporti non solo vengono applicati i sistemi di guida assistita ma anche l’ottimizzazione della logistica, in particolare di carichi, destinazioni e percorsi, promette di ridurre i consumi di carburante e i tempi di percorrenza[5].

Un incidente che coinvolge un’auto dotata di strumenti di ausilio alla guida basati sull’intelligenza artificiale solleva immediatamente la questione della responsabilità.

L’Europa si è mossa con la regolazione GDPR, altri paesi hanno seguita, altri aspettano.

Ma la diffusione dell’intelligenza artificiale dipende in modo cruciale dalla fiducia dei consumatori, e questa, senza una precisa definizione delle responsabilità, sarà molto rallentata.

Conclusioni

Questo significa che il contesto normativo può determinare in modo significativo la domanda di specializzazioni e competenze per le applicazioni di intelligenza artificiale. Fino ad oggi abbiamo guardato prevalentemente alla ricerca, cioè alla produzione delle nuove tecnologie. Ma dobbiamo guardare anche alla creazione di una base di competenza assai più estesa. Che investe gli sviluppi applicativi, la loro gestione responsabile, la capacità di assumere nuove responsabilità, verso il cliente e verso gli stakeholder.

È giunto il momento di superare il positivismo tecnologico che ha caratterizzato questa fase “esplosiva” dell’intelligenza artificiale, e cominciare a considerala non una cosa che si sviluppa da sola, ma come uno strumento gestito da uomini responsabili.

Note

  1. ) Ivi.
  2. ) La teoria dell’innovazione di Schumpeter prende corpo nel paragrafo B del terzo capitolo dei Business Cycles. A Theoretical, Historical, and Statistical Analysis of the Capitalistic Process, McGraw Hill, 1964.Il processo della distruzione creativa, come motore dello sviluppo capitalistico costituisce il titolo del Capitolo VII di Capitalism, Socialism and Democracy, Harper & Brothers 1942. Le distinzioni sulla motivazione dei lavoratori trovano spazio in questo volume nel Capitolo XVIII dedicato all’elemento umano, ma l’unico aspetto che interessa a Schumpeter è quello della disciplina, se essa sia più o meno raggiungibile sulla base di incentivi economici o sulla base di pressioni morali/sociali, nei due sistemi posti a confronto.
  3. ) Fonte: World Intellectual Property, Report 2022. The Direction of Innovation, Geneva 2022.
  4. ) Ivi.
  5. ) Rahul Jalali, The Future Of AI Accointability, Forbes May 24, 2022.

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