Neuroscienze sperimentali

L’impatto dei social sullo sviluppo cerebrale: cosa dicono gli studi



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L’utilizzo dei dispositivi mobili e dei social da parte dei giovani genera preoccupazione per l’impatto potenziale sulle strutture cerebrali in via di sviluppo e, di conseguenza, sui possibili effetti sulla salute mentale a lungo termine. Ad oggi, abbiamo dagli studi sperimentali informazioni sufficienti a sostanziare l’allarme?

Pubblicato il 28 set 2023

Dario Esposito

Sezione di Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Neuroscienze Umane, Sapienza Università di Roma

Mauro Ferrara

Neuropsichiatra Infantile

Sara Romano

Sezione di Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Neuroscienze Umane, Sapienza Università di Roma



mapping attività cerebrale
Big data e Big drain: cervello, reti, intelligenza artificiale

L’impatto sullo sviluppo cerebrale della diffusione rapida delle tecnologie digitali è oggetto di ricerca in ambito neuroscientifico, ricerca inevitabilmente in rapida espansione negli ultimi anni.

Proponiamo allora una revisione narrativa degli studi di neurofisiologia e di neuroimaging strutturale e funzionale che hanno cercato di analizzare (e dove possibile quantificare) l’impatto dell’uso dello smartphone e dei social media (SM) sul cervello in via di sviluppo.

Giovani e social: i dati

L’utilizzo dello smartphone e dei social media (SM) da parte dei giovani è pressoché universale. In linea con i dati internazionali (Atske, 2022), un rapporto CENSIS del 2021 ha rilevato che il 95% degli adolescenti italiani fa uso dello smartphone e il 46% di questi lo utilizza per più di 3 ore al giorno. La gran parte del tempo speso online dai giovani è sui SM, in particolare sulle piattaforme social maggiormente utilizzate: Instagram (72%), TikTok (62%) e YouTube (58%) (CENSIS, 2021). Nonostante la maggior parte delle piattaforme vieti formalmente l’iscrizione a minori di 13 o 14 anni, alcune indagini dimostrano che bambini anche più piccoli fanno comunemente uso sia attivo sia passivo dei SM (51% degli utenti tra 9 e 10 anni) (Mascheroni & Ólafsson, 2017; Redazione Scuola Sole24Ore, 2022). Anche alla luce di questi dati, non poteva non avere una forte risonanza la recente allerta del Surgeon General’s Advisory statunitense che evidenzia i possibili rischi legati all’uso dei SM per lo sviluppo e la salute mentale dei giovani (Social Media and Youth Mental Health: The U.S. Surgeon General’s Advisory), mettendo anche in luce la carenza di studi che indaghino accuratamente l’impatto sul cervello in via di sviluppo.

Le ricerche sui possibili effetti dell’uso prolungato dei social

Secondo quanto riportato dall’Advisory, e da quanto in linea teorica possiamo ipotizzare, l’uso prolungato dei SM potrebbe interferire con la maturazione di alcune strutture cerebrali. Le più importanti: l’amigdala (struttura fondamentale per attribuire significato emotivo alle esperienze), la corteccia prefrontale (coinvolta nel controllo degli impulsi, nelle strategie sociali e nella regolazione delle emozioni), le regioni che compongono il sistema di motivazione e ricompensa (lo striato ventrale, la corteccia prefrontale ventromediale e l’area tegmentale ventrale), che sono implicate anche nello sviluppo delle dipendenze.

Una prima linea di ricerca si è soffermata sui potenziali cambiamenti che l’uso prolungato dello smartphone nel bambino può determinare a livello delle strutture cerebrali coinvolte nella visione e nell’interazione con lo schermo.

L’impatto dello screen time sul cervello

Tra i lavori riguardanti l’impatto dello screen time sul cervello ce ne sono alcuni con approccio neurofisiologico che hanno studiato come gli schermi touchscreen di per sé possano modificare l’attività elettrica cerebrale. Gindrat e colleghi (2015b, 2015a) hanno confrontato tramite elettroencefalografia i potenziali corticali risultanti dal contatto delle dita con schermi touchscreen rispetto ai medesimi potenziali valutati in soggetti con utilizzo di dispositivi non sensibili al tocco.

Negli utenti “touchscreen” è stato valutato un aumento statisticamente significativo dei potenziali corticali dal pollice e dall’indice, proporzionale all’intensità di utilizzo: di conseguenza è ipotizzabile un’espansione della rappresentazione corticale di queste aree anatomiche, che potrebbe avvenire a scapito di altre capacità motorie, che a loro volta potrebbero dunque risentire dei lunghi tempi di esposizione allo schermo.

Gli studi di neuroimaging

L’approccio delle neuroscienze applicate ai SM si è focalizzato rapidamente sugli studi di neuroimaging, sfruttando soprattutto le metodiche di Risonanza Magnetica (RM) strutturale o funzionale. La revisione della letteratura di Crone & Konijn (2018) è tra le prime a sistematizzare le conoscenze scientifiche in merito alle aree cerebrali coinvolte nell’uso di SM. Le aree primariamente coinvolte sono quelle che riguardano l’elaborazione della ricompensa sociale, la mentalizzazione e la regolazione delle risposte emotive.

Alcuni studi di RM encefalica hanno indagato lo sviluppo delle aree corticali del linguaggio in bambini in età prescolare esposti ad un uso intensivo e precoce dello schermo. Gli autori hanno riportato una chiara correlazione tra l’uso intensivo dei media digitali nella prima infanzia e una minore integrità microstrutturale dei tratti di sostanza bianca, in particolare tra le aree di Broca e Wernicke, deputate rispettivamente alla produzione e alla comprensione del linguaggio. Sono state inoltre osservate ridotte capacità esecutive e nei processi di alfabetizzazione e lettura (Hutton et al., 2020).

L’impatto dei dispositivi elettronici sulle funzioni cognitive non è tuttavia ben definito: alcuni autori (Horowitz-Kraus & Hutton, 2018) hanno riportato, in soggetti che trascorrevano molto tempo su uno schermo, un’alterata connettività tra le regioni sensorimotorie e quelle deputate alla cognizione; altri autori si sono mostrati più cauti nelle interpretazioni (Paulus et al., 2019). Paulus e colleghi invitano i ricercatori a non guardare allo screen time come a un’entità indistinta, ma a considerare singolarmente l’influenza delle diverse attività (es. guardare video, giocare, usare i SM) sullo sviluppo cerebrale e sui rischi potenziali.

Il progetto ABCD

Il progetto ABCD (Adolescent Brain Cognitive DevelopmentSM Study (ABCD Study®), 2023) è il più ambizioso studio longitudinale in corso sullo sviluppo cerebrale di bambini e adolescenti dai 9 anni in poi. Lo studio ha reclutato finora oltre 11.000 soggetti, e ha già raccolto oltre alle neuroimmagini, anche valutazioni cognitive, comportamentali e abitudini di vita dei partecipanti. Attingendo a questo grande progetto, studiosi da tutto il mondo hanno “sezionato” la mole di dati raccolti analizzando in dettaglio aspetti diversi.

Il rapporto tra SM e sviluppo cerebrale in adolescenza


Per quanto riguarda il rapporto tra SM e sviluppo cerebrale in adolescenza: Zhao e colleghi (2022) hanno identificato modificazioni strutturali cerebrali analoghe tra individui con prolungata attività sullo schermo e coetanei con precoce dipendenza da alcool e disturbi comportamentali (è coinvolto soprattutto il circuito talamo-corteccia prefrontale). Ciò che non è dimostrabile è una chiara relazione di causa ed effetto, tra un prima (predisponente) e un dopo (la dipendenza): è possibile che il particolare pattern di modifiche cerebrali riscontrato – più che indicare una conseguenza dell’eccessivo uso dei SM – rappresenti un fattore di rischio preesistente per lo sviluppo di disturbi da dipendenza (quindi anche per l’abuso di SM, così come avviene per la dipendenza da alcool e per le dipendenze comportamentali in genere).

In un altro lavoro estrapolato dal database ABCD (Song et al., 2023), 11.815 bambini e adolescenti sono stati divisi in due gruppi, in base alla maggiore o minore frequenza di uso dei SM basati su contenuti video. I soggetti con l’esposizione più cospicua ai SM mostravano complessivamente performances cognitive peggiori, maggiore impulsività e sensibilità a ricompense/punizioni, più problemi comportamentali e più esperienze “simil-psicotiche”. Negli studi di RM funzionale a riposo questi stessi soggetti mostravano una peggiore connettività tra le aree implicate nei processi cognitivi (dato che sembra persistere nel tempo a controlli successivi).

Un aspetto interessante coinvolto nell’utilizzo dei SM è la risposta a ricompense e punizioni sociali, fattore che potrebbe essere determinante nello spingere all’abuso di piattaforme.

Gli effetti delle ricompense sociali

Crone & Konijn (2018) riportano che le ricompense sociali (es. mi piace, commenti positivi, ecc.) determinano in tarda adolescenza un’attivazione dello striato ventrale in modo analogo a quanto avviene con ricompense economiche. Per quanto riguarda invece l’elaborazione dei vissuti di esclusione o rifiuto online (altrettanto frequenti negli utenti di SM) le aree maggiormente coinvolte sembrerebbero essere la corteccia cingolata dorsale anteriore e la corteccia frontale mediale (Crone & Konijn, 2018).

Altri autori hanno mostrato il ruolo cruciale dei “mi piace” (likes) e quindi della popolarità dei contenuti multimediali (Sherman et al., 2016). In 34 adolescenti neurotipici sottoposti a RM funzionale durante la visione di un software che “simulava” Instagram, emergeva che gli adolescenti erano molto più propensi ad apprezzare i contenuti popolari (aver ricevuto molti likes dai pari), anche se rischiosi (es. riguardanti fumo, alcol, droghe).

Per tutti i tipi di foto, un dato rilevante era che all’aumentare dei likes aumentava anche l’attività cerebrale dei partecipanti che osservavano la foto, in particolare nelle aree della cognizione e memoria sociale (precuneo, corteccia prefontale mediale e ippocampo). Inoltre, sia quando gli adolescenti vedevano le loro stesse foto con molti likes, sia quando vedevano altre foto molto popolari, emergeva un’attivazione significativa del nucleus accumbens. Quest’ultimo è una sorta di hub, essenziale per il circuito della ricompensa cerebrale e cruciale nel fornire feedback positivi all’utente, aumentando potenzialmente la motivazione all’uso dei SM (Manago et al., 2008).

Il “caso” TikTok

Ma i SM coinvolgono allo stesso modo tutti gli utenti? (Go & You, 2016; Schoenfeld & Fiori, 2021). TikTok in particolare, che sappiamo essere una piattaforma innovativa capace di adattarsi ai gusti e alle preferenze del soggetto creando una “versione algoritmizzata” di quest’ultimo (Bhandari & Bimo, 2020). Diversi autori hanno cercato di capire se TikTok possa agire in maniera peculiare sul cervello in via di sviluppo.

Uno studio svolto in Cina (Su et al., 2021) ha indagato l’attività neurale attivata dalla visione dei video brevi presenti su piattaforme come TikTok. Risulta interessante che la visione di video personalizzati, rispetto a quelli non personalizzati, attiva le aree del default mode network (DMN).

Questo network include un insieme di regioni cerebrali (corteccia prefrontale dorsomediale, corteccia cingolata posteriore dorsale, la corteccia parietale e temporale bilateralmente), che mediano l’attività spontanea del cervello a riposo (l’attività cerebrale non diretta a un particolare scopo, ma piuttosto a fantasticare, meditare, ricordare, anticipare mentalmente il futuro, o in altre attività di tipo associativo). Inoltre, la visione di contenuti personalizzati migliora anche le associazioni tra DMN, corteccia visiva e uditiva primaria e aree frontoparietali, stimolando l’utente a proseguire nella visione dei video stessi.

Sembrerebbe di conseguenza che l’uso assiduo di piattaforme basate su video brevi (come TikTok) porti a sperimentare una sorta di immersione nella visione di contenuti online, tanto da tralasciare lo svolgimento delle proprie attività quotidiane.

I comportamenti di controllo

Un aspetto centrale nell’ “ecosistema” SM è quello relativo ai comportamenti di controllo, la tendenza ad aprire l’applicazione SM per controllare notifiche o aggiornamenti. Un recente lavoro pubblicato dalla rivista JAMA Pediatrics (Maza et al., 2023), ha esaminato per 3 anni una coorte di 169 studenti tra 12 e 15 anni, valutando l’associazione tra eventuali cambiamenti longitudinali nello sviluppo cerebrale e comportamenti di controllo sui SM.

I soggetti che aprivano le app di SM più di 15 volte in un giorno venivano considerati parte del gruppo con comportamenti di controllo abituali, mentre gli altri facevano parte del gruppo dei non abituali. Nei due gruppi sono state osservate traiettorie di sviluppo distinte nelle aree cerebrali che interessano la salienza affettiva, i sistemi motivazionali e l’anticipazione di ricompense e punizioni sociali. Alla prima valutazione (a 12 anni), rispetto al gruppo che non controllava abitualmente i SM, il gruppo con comportamenti di controllo abituali mostrava una minore attivazione di aree come amigdala, insula posteriore, striato ventrale e corteccia prefrontale dorsolaterale che normalmente sono implicate nella risposta ai feedback sociali. Un aspetto interessante è che questo differente pattern di attivazione può evolvere in modo diverso nel corso dello sviluppo: a 15 anni, i soggetti con comportamenti di controllo non abituali avevano una progressiva riduzione dell’attivazione di tali aree, al contrario di chi controllava più spesso i SM.

Questi risultati indicano che, nel corso dello sviluppo, i soggetti con ridotti comportamenti di controllo mostrano una progressiva riduzione della sensibilità alla ricompensa sociale, a differenza dei loro pari con tendenza al controllo costante. Questi ultimi hanno un’iniziale ipoattivazione, ma nel tempo mostrano una crescente sensibilità agli stimoli sociali. Non è chiaro se questi cambiamenti siano permanenti, né come possano influenzare lo sviluppo psicologico degli adolescenti a breve e a lungo termine; tuttavia la maggiore sensibilità al confronto con i pari e una vulnerabilità dei sistemi di autocontrollo potrebbero aumentare il rischio di sviluppare un uso compulsivo delle piattaforme o altre forme di psicopatologia.

Conclusioni

L’utilizzo dei dispositivi mobili e dei SM da parte dei giovani genera preoccupazione per l’impatto potenziale sulle strutture cerebrali in via di sviluppo e, di conseguenza, sui possibili effetti sulla salute mentale a lungo termine. Ad oggi, abbiamo dagli studi sperimentali informazioni sufficienti a sostanziare l’allarme?

Nessuno studio singolarmente fornisce risposte definite su una possibile relazione causale tra SM, alterazioni dello sviluppo cerebrale e problematiche psicopatologiche. Quello che sappiamo suggerisce di mantenere un approccio vigile, oltre che di promuovere un’adeguata consapevolezza sull’uso della tecnologia, in particolare nei primi anni di vita, attraverso la collaborazione tra famiglia, scuola e professionisti della salute. Aspettando sviluppi di ricerca che arriveranno, probabilmente presto, dalle neuroscienze sperimentali.

Bibliografia

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