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Chip: Usa e Ue devono puntare sul capitale umano per recuperare



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Per recuperare terreno nel settore dei semiconduttori, meglio farebbero Ue e Usa a puntare sullo sviluppo delle infrastrutture formative, della dotazione per la didattica avanzata e per la ricerca, poiché sarà la disponibilità di capitale umano e non di sovvenzioni che condizionerà la scelta di investimento delle aziende

Pubblicato il 8 set 2023

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione



chip, semiconduttori

Il Chips and Science Act è mirato a rafforzare la produzione di semiconduttori negli Stati Uniti. Fornisce incentivi finanziari e finanziamenti per il settore domestico per realizzare impianti di produzione di semiconduttori.

Ma al di là di quelle che sono, come vedremo, le dichiarazioni di intenti del governo e del legislatore, come stanno andando le cose? E che cosa può imparare l’Europa, che ha seguito le orme del legislatore americano?

Chips Act, obiettivi e impatti


Anche se è un passo positivo verso il miglioramento delle capacità produttive degli Stati Uniti nell’industria dei semiconduttori, il suo impatto a lungo termine dipende da diversi fattori, tra cui l’assegnazione dei fondi, la capacità del paese di far aumentare la produzione e il settore globale dei semiconduttori, e dalle dinamiche di mercato.Il Chips Act è progettato per affrontare la vulnerabilità della catena di approvvigionamento emersa durante la pandemia di COVID-19 e punta a rafforzare la sicurezza nazionale riducendo la dipendenza dall’estero della produzione di semiconduttori. Ha il potenziale per migliorare le capacità produttive degli Stati Uniti, ma il suo successo dipenderà anche dall’impegno costante sia del governo sia del settore privato ad investire in ricerca, sviluppo e produzione.

I progetti annunciati

Abbiamo analizzato i dati forniti dalla Associazione dell’industria dei semiconduttori (SIA), che costituisce la punta di diamante della lobby a favore del Chips Acts. Essa fornisce i dati dei progetti annunciati, che quindi potrebbero essere stati stimolati e proposti in previsione degli incentivi del Chips Act. Dai dati emerge una situazione molto diversificata all’interno del macrosettore che è rappresentato da SIA.

Come si vede dalla figura 1, l’area dove i progetti sono più numerosi, quella dei materiali utilizzati come consumi intermedi nella produzione dei semiconduttori (silicio, gas, metallurgia fine) ha un ruolo molto modesto nel volume di investimenti e modesto nella capacità di attivare occupazione.

La progettazione e la produzione integrata (ossia comprendente progetto e produzione industriale) che spesso coinvolgono anche ricerca e sviluppo, attivano una percentuale del totale di investimenti e di occupazione abbastanza simili, quindi si possono considerare rappresentativi della media del macrosettore[1].

È nella fonderia il punto più debole della catena di produzione dei semiconduttori secondo la visione di chi ha varato i Chips Act sia negli Stati Uniti sia in Europa.

Il rapporto tra investimenti previsti e nuovi posti di lavoro

È questo il settore dove gli investimenti sono maggiori e l’impatto sull’occupazione minore. Se calcoliamo il rapporto tra investimenti previsti e nuovi posti di lavoro creati da quegli investimenti, queste divergenze appaiono in tutta la loro importanza: si capisce che il settore presenta diversità tra i processi industriali e le attività di ricerca e progettazione, che li rendono quasi incommensurabili e che pongono questioni sulla efficacia di strumenti di intervento e sovvenzione pubblici, contraddistinti da una loro intrinseca lentezza burocratica e da controlli formali.

La figura 2 riporta il dato dell’investimento annunciato per attivare un posto di lavoro. Nella fonderia occorrono oltre 7 milioni di dollari di investimenti per creare un posto di lavoro. All’estremo opposto, nei materiali, l’investimento per occupato scende intorno a 200 mila dollari. Le attività di progettazione e produzione integrata richiedono comunque investimenti colossali per addetto, superiori ai 4 milioni di dollari.

Le ragioni della perdita di preminenza dell’industria americana

Il sito della Casa Bianca riporta gli incontri del Presidente con le imprese impegnate a dare attuazione al Chips Act. Nell’incontro con Intel, l’azienda che con più convinzione ha sostenuto la necessità di “aiutare” i produttori di semiconduttori per raggiungere negli Stati Uniti una maggiore quota di produzione domestica, il Presidente Biden e il Ceo di Intel, Patrick Gelsinger, scambiano battute assai significative. Biden sostiene che si è caduti da investimenti in ricerca del 2% del prodotto interno lordo all’1% e che anche questa caduta è alla base della perdita di preminenza dell’industria americana, soprattutto nell’attività di fabbricazione del chip, la fonderia.

Il Presidente richiama le ragioni di sicurezza che stanno dietro al Chips Act: “la Cina sta facendo di tutto per metterci fuori mercato e sviluppare molte applicazioni – incluse quelle militari”.

Poi strizzando l’occhio agli elettori, il Presidente tocca il simbolo stesso dello stile di vita americano, l’auto, e chiede: “in che percentuale incidono i chip sulla produzione di un’auto oggi e che cosa accadrà nei prossimi 5-10 anni?”. A questa domanda preparata, il preparato Gelsinger risponde: “oggi il 4%, nel 2030 il 20%”. Le famiglie americane capiscono da questo siparietto che la loro spesa per auto verrà in qualche misura sussidiata dal Chips Act, anche se non sanno come[2].

Chips Acts e risorse umane

Il Dipartimento del Commercio ha ricevuto oltre 460 dichiarazioni di interesse per investimenti in 42 Stati, con oltre un terzo dei progetti finalizzati alla produzione dei chip, l’area critica secondo il policy maker americano. Il Dipartimento del Commercio ha costruito un team di 140 persone: è a questo gruppo che viene affidato il compito di scegliere a chi dare i fondi per gli investimenti che vengono delineati nei progetti, dislocati prevalentemente in Arizona, New York, Ohio e Texas[3].

La segretaria al Commercio Gina Raimondo conforta le aziende che si sono maggiormente esposte in termini di investimenti: “stiamo spingendo il team ad andare veloce, ma ancor più importante è procedere in modo corretto…Cominceremo a dare i soldi più avanti nell’anno”[4].

Ma il Chips Act non promette solo soldi alle aziende. La parte più innovativa della legge avrebbe dovuto cambiare il segno del rapporto tra governo e ricerca, con 200 miliardi di fondi in dieci anni, compresi 81 miliardi di dollari per la National Science Foundation, un contributo in grado di raddoppiare il budget della Fondazione.

La resistenza del Congresso a finanziare la ricerca sta riducendo (con un taglio di circa 8 miliardi per il 2024) l’impatto di questa parte del Chips Act. Secondo la federazione degli scienziati americani nel 2023 ci saranno finanziamenti inferiori a quelli previsti dal Chips Act per oltre tre miliardi di dollari ed ancor maggiore sarà lo scarto nel 2024 (circa 10 miliardi di dollari).

“Senza fondi e senza il supporto delle borse per le lauree, si creano meno opportunità per gli studenti, per i giovani ricercatori, per i postdoc…una volta perse le opportunità non è che puoi recuperarle: il vuoto diventa sempre maggiore” dice Matt Hourihan, condirettore della Federazione degli Scienziati Americani[5].

La Taiwan Semiconductor Manufacturing Corporation (TSMC), il principale produttore mondiale di semiconduttori, prevalentemente progettati e sviluppati negli Stati Uniti, fatica a far procedere gli investimenti negli Stati Uniti, a causa della scarsità di personale qualificato. Sia l’investimento TSCM in Ariziona, sia quello di INTEL in Ohio hanno bisogno di un ambiente che offra un adeguata struttura formativa dedicata[6].

Le sovvenzioni e il capitale umano

Nvidia è la compagnia di semiconduttori di maggior successo, che ha registrato un incremento in borsa tale da più che raddoppiare il proprio valore negli ultimi dodici mesi. Disegna, progetta e sviluppa i semiconduttori che poi affida per la realizzazione alle “fonderie” e alle altre fasi del controllo di qualità.

Nvidia ha sempre visto come il fumo negli occhi la politica di restrizioni praticata dal governo contro l’export verso la Cina. Infatti, oltre il 20% della sua produzione viene esportato in quel paese. La focalizzazione sulla produzione dei wafer, ossia sulle fonderie, caratteristica del Chips Act americano e del similare intervento europeo, non interessa a Nvidia.

I suoi investimenti giacciono fuori dal perimetro delle fonderie, l’area investita dal maggior flusso di sussidi. Per ben che vada, il Chips Act favorirà maggiormente i rivali di Nvidia, come Intel, ma non sovvertirà le relative posizioni sul mercato: Nvidia continuerà ad essere il fornitore dei processori di punta e Intel il fornitore dei processori standard, con scarso contenuto di innovazione.

In effetti, Nvidia continua a detenere una quota di assoluta maggioranza nel mercato dei processori grafici (GPU) necessari alle applicazioni per videogiochi, e poi sviluppati per intelligenza artificiale e per lo sviluppo del metaverso. Con quasi l’80% delle quote di mercato, Nvidia si attesta come protagonista assoluto nel mercato di punta dei semiconduttori. La sua pozione è critica verso le politiche di sussidio e di isolamento del mercato cinese, ma la sua posizione di mercato non ne risentirà, né in positivo né in negativo: gli analisti finanziari ne sono convinti.

Conclusioni

L’esperienza del Chips Act americano viaggia in anticipo e con strumenti più efficaci di quelli europei, anche per ragioni istituzionali. La politica europea di intervento diretto, che altera la logica del mercato unico e della tutela della concorrenza, non solo è debole e discutibile sul piano dello stimolo alla competitività dell’industria europea, ma è anche meno efficace dell’intervento negli Stati Uniti, che trova la sua ragion d’essere fondamentale nei poteri speciali che il governo ha in materia di sicurezza nazionale.

Nonostante ciò, abbiamo visto che anche negli Stati uniti il Chips Act avanza con fatica: il punto critico è la disponibilità di adeguate competenze e quindi il ruolo della formazione e della ricerca.

In Europa c’è una tradizione consolidata di interventi a favore della ricerca, si tratta di procedure e canali amministrativi che sono collaudati da anni e controllati periodicamente rodata e in grado di funzionare con buona efficacia e senza troppi ritardi: è forse il caso di puntare le priorità del Chips Act europeo proprio su questi programmi. Se si insiste, invece, a stimolare gli investimenti in una fase in cui si è passati da eccesso di domanda a eccesso di offerta, il risultato non saranno investimenti addizionali, ma sostitutivi, nel caso migliore.

Nel caso peggiore saranno interventi che verranno utilizzati per ripianare le perdite o aumentare i profitti delle imprese. Meglio puntare sullo sviluppo delle infrastrutture formative, della dotazione per la didattica avanzata e per la ricerca, poiché sarà la disponibilità di capitale umano e non di sovvenzioni che condizionerà maggiormente la scelta di investimento delle aziende.

Note

  1. ) Semiconductor Industry Association, U.S. Semiconductor Ecosystem Map, August 15, 2023.
  2. ) White House, Remarks by President Biden On Increasing the Supply of Semiconductors And Rebuildin Our Supply Chain, January 21, 2022.
  3. ) Mackenzie Hawkins, Commerce Department Is Reaping Hundreds of Chips Act Inquiries, BNN Bloomberg, August 9, 2023.
  4. ) Kristina Partsinevelos, Cait Freda, Semiconductor makers wait for checks one year after Biden signs CHIPS Act, CNBC, August 9, 2023
  5. ) Katherine Knott, Science Funding Falters a Year After Landmark CHIPS and Science Act, Inside Higher Ed, August 29, 2023.
  6. ) Makenzie Holland, Talent issues grow as chipmakers pursue CHIPS Act money, Techtarget, August 21, 2023.

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