Non è solo una questione di diritti e giustizia sociale: la parità di genere in azienda è un elemento indispensabile per la crescita. Più equità tra donne e uomini nella forza lavoro si traduce nella maggiore disponibilità di competenze, nel miglioramento delle performance e in una positiva reputazione d’impresa. A livello di sistema, l’impatto è benefico e riguarda l’aumento del tasso di occupazione e lo sviluppo sostenibile dei Paesi.
Tuttavia, come spiega il Global gender gap report 2023 del World economic forum ci vorranno 169 anni per colmare il divario di genere nella partecipazione economica. Gli ostacoli affondano le proprie radici in fattori culturali, come l’anacronistico stereotipo per cui le donne sarebbero più adatte a ruoli di cura che ad ambiti legati alle discipline STEM, e si traducono in disuguaglianze come il gap salariale, la scarsa presenza femminile ai vertici delle organizzazioni, ma anche la mancanza di adeguati indirizzi per facilitare la conciliazione vita privata – lavoro.
Nonostante molte aziende abbiano già fatto propri i principi dell’uguaglianza tra lavoratrici e lavoratori, concretizzando azioni per favorire questo aspetto, in diverse realtà la quotidianità delle donne nelle organizzazioni è ancora lontana da questa idilliaca prospettiva. Ci sono però diverse strategie che le impresei possono adottare per abbracciare una cultura aziendale più inclusiva.
Una nota. In questo articolo, ispirandoci a quanto affermato dalla Corte dei conti UE nel proprio report 2021 sul gender mainstreaming, saranno utilizzati i termini “donne” e “uomini” come viene fatto nei trattati dell’UE, riconoscendo però che le identità di genere non sono limitate a questi due nomi.
Progressi e sfide della parità di genere in ambito lavorativo
La parità di genere è riconosciuta a livello internazionale da organizzazioni ed esperti come leva per lo sviluppo sostenibile: a sostegno di ciò, si pensi che l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di donne e ragazze è il quinto obiettivo dell’Agenda 2030 dell’ONU. Se sulla carta il nobile intento è sancito, nella realtà dei fatti il lavoro da fare per concretizzare questa prospettiva è ancora tanto. Il Global gender gap report 2023 indica che il punteggio globale relativo al divario di genere nel 2023 considerando i 146 Paesi analizzati nello studio si attesta al 68,4 per cento, un dato che sancisce un miglioramento di 0,3 punti percentuali rispetto all’anno scorso, considerando il campione costante di 145 Paesi inclusi in entrambi i report annuali.
Se si considerano invece i 102 Paesi inclusi sin dalla prima edizione del 2006, emerge che il divario quest’anno è del 68,6 per cento, un valore identico a quello dell’edizione 2020 del report e aumentato di soli 4,1 punti percentuali rispetto all’edizione 2006. Da qui gli analisti rilevano come ci vorranno più di un secolo e altri trent’anni per la piena parità, una previsione peggiorata: nel 2020 l’orizzonte temporale per il raggiungimento della parità era cento anni, per tornare a sperare di risolvere la questione entro quel lasso di tempo secondo gli esperti bisognerebbe accelerare notevolmente i progressi in quanto “mentre il punteggio di parità globale è tornato ai livelli pre pandemia, il tasso di cambiamento complessivo è rallentato in modo significativo”, si legge nel report.
Una situazione che affligge tutti. Secondo il report, nel 2022 infatti nessun Paese aveva “ancora raggiunto la piena parità di genere, anche se i primi nove Paesi (Islanda, Norvegia, Finlandia, Nuova Zelanda, Svezia, Germania, Nicaragua, Namibia e Lituania) hanno colmato almeno l’80 per cento del loro divario. Per il quattordicesimo anno consecutivo, l’Islanda (91,2%) occupa la prima posizione. Inoltre, continua a essere l’unico Paese ad aver colmato più del 90% del proprio divario di genere”.
Considerando questi trend, il report indica come “al ritmo attuale dei progressi compiuti nel periodo 2006-2023, ci vorranno 162 anni per colmare il divario di genere nell’emancipazione politica, 169 anni per il divario di genere nella partecipazione economica e nelle opportunità”.
L’importanza della parità di genere nelle aziende
Eppure, l’impatto della parità di genere sulla crescita economica è evidenziato in numerosi studi. Secondo l’Observatory on women’s empowerment 2023 di The european house – Ambrosetti solo sbloccando il potenziale delle donne nella forza lavoro sarà possibile plasmare una futura economia sostenibile. In questo senso, colmare il divario retributivo di genere e raggiungere le parti opportunità lavorative nei Paesi del G20 comporterebbe un impatto economico stimabile in 11,7 trilioni di dollari solo nel 2023.
Considerando il contesto europeo per esempio, i dati dell’EIGE – European Institute for gender equality indicano che entro il 2050 maggiore parità di genere condurrebbe a un incremento del PIL pro capite dell’Unione Europea tra il 6,1 e il 9,6 per cento, per un valore compreso tra 1,95 e 3,15 trilioni di euro. Oltretutto, maggiore uguaglianza porterebbe sempre nel 2050 a più 10,5 milioni di posti di lavoro, di cui il 70 per cento sarebbe occupato da lavoratrici. I tassi di occupazione femminile e maschile incontrandosi sul lungo periodo raggiungerebbero l’80 per cento nel 2050.
Considerando il lavoro al centro di questo processo, il cambiamento deve necessariamente coinvolgere le aziende.
Parità di genere, il vantaggio competitivo per le aziende
Puntare sulla parità di genere del resto, come spiegato in una nota al report del World economic forum, comporta per le imprese benefici quali:
- Maggiore attrazione dei talenti
- Migliori prestazioni economiche e resilienza
- Sopravvivenza a lungo termine
- Risultati di qualità superiore
- Stabilità finanziaria e performance economiche
Riguardo allo scenario globale, il rapporto rileva che “tra l’edizione 2022 e 2023, la parità nel tasso di partecipazione alla forza lavoro è aumentata dal 63% al 64%”, ma “la parità è ancora al secondo punto più basso dalla prima edizione dell’indice nel 2006 e significativamente al di sotto del picco del 2009 del 69%”. Oltretutto, è più alta la disoccupazione globale femminile di quella maschile e, quando le donne riescono a trovare lavoro, “spesso si trovano ad affrontare condizioni al di sotto degli standard”.
Donne e leadership: rompere il soffitto di cristallo
La parità di genere nel ricoprire ruoli apicali è un nodo che si lega a questo contesto. I dati indicano che esistono ancora disuguaglianze nella leadership. Il World economic forum riporta un’analisi dei dati globali forniti da LinkedIn che “mostrano una persistente asimmetria nella rappresentanza delle donne nella forza lavoro e nella leadership nei vari settori”. In un campione di 163 Paesi, le donne rappresentano nel 2023 il 41,9 per cento della forza lavoro, solo il 32,2 per cento ricopre posizioni di leadership senior.
Maglia nera a settori come “le costruzioni, i servizi finanziari e il settore immobiliare” che “presentano le condizioni più difficili per le aspiranti leader femminili, con un rapporto di rappresentanza tra C-Suite e entry-level inferiore al 50%. Negli ultimi otto anni, la percentuale di donne assunte in posizioni di leadership è aumentata costantemente di circa l’1% all’anno a livello globale. Tuttavia, questa tendenza mostra una chiara inversione a partire dal 2022, riportando il tasso del 2023 ai livelli del 2021”.
Il fenomeno della disparità di genere in azienda per cui alle donne sono maggiormente preclusi ruoli ai vertici viene descritto generalmente con la metafora del soffitto di cristallo che indica come, a un certo punto, le donne restino bloccate nella loro posizione senza avanzare nella propria carriera. Una situazione che è particolarmente accentuata nei settori tecnico-scientifici.
Lotta alla disparità salariale: il percorso verso la parità di genere
Ricoprire ruoli di leadership solitamente significa anche essere pagate di più. In uno scenario globale in cui la parità di genere nel mondo del lavoro fatica ad affermarsi, quello del divario salariale tra donne e uomini è uno degli elementi più vistosi della questione. L’OCSE ha individuato che “nel 2021, il divario salariale di genere era in media dell’11,9% in tutta l’OCSE”, il che significa che in media, una donna che lavora a tempo pieno guadagna “circa 88 centesimi per ogni dollaro o euro che un uomo che lavora a tempo pieno guadagna. Questo rappresenta solo un miglioramento relativamente modesto rispetto al 2010, quando il divario di genere era del 14%”.
Alcuni dei motivi per cui, nel corso della vita, il divario di salario tra i generi può aumentare sono riconducibili a:
- Segregazione occupazionale
- Discriminazioni sul posto di lavoro, mancanza di parità di genere in azienda
- Scarsa rappresentanza femminile nella leadership
- Difficoltà nel bilanciamento lavoro-famiglia che possono portare a lavorare di meno
STEM e gender gap
Secondo i dati tratti dal position paper “R-Evolution STEM. Le competenze tecnico-scientifiche per il futuro del lavoro”, realizzato nell’ambito dell’Osservatorio STEM e promosso da Fondazione Deloitte e dal Programma di Politiche Pubbliche di Deloitte, le donne rappresentano la maggioranza della popolazione universitaria (56 per cento, anno accademico 2021-2022). Tuttavia, nell’ambito delle facoltà STEM permane il divario di genere: le donne (anno accademico 2021-2022) rappresentano il 37 per cento, un dato quasi invariato nell’ultimo decennio. Il 58 per cento del totale degli studenti di materie STEM sono donne, il 46 per cento in Architettura e Ingegneria civile, il 23 per cento in Ingegneria industriale e dell’informazione, il 15 per cento in Informatica e Tecnologie ICT.
I dati Deloitte, da una rielaborazione dei dati Alma Laurea, rivelano che le donne nelle facoltà STEM si laureano con voti migliori (una media di 104,2 su 110, rispetto al 102,3 degli uomini) e sono più regolari nel percorso di studi. Tuttavia, nonostante vadano meglio all’università, le donne restano penalizzate nel mondo del lavoro: “A cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello il tasso di occupazione è pari al 94% per gli uomini e al 91% per le donne”, spiega Fondazione Deloitte in una nota.
Rompere gli stereotipi di genere: il ruolo delle aziende
I dati del report di Fondazione Deloitte indicano che il 71 per cento degli studenti ritiene sussistano ancora stereotipi di genere che limitano la partecipazione delle donne ai percorsi STEM. E un lavoratore su due dichiara di aver assistito a discriminazioni di genere al lavoro.
Bias e stereotipi di genere sul lavoro
Sussistono quindi problemi legati agli stereotipi femminili relativamente al lavoro, per cui ci sarebbero mestieri “da uomini” e “da donne”: si può includere in questo filone proprio lo stereotipo per cui le donne sarebbero più portate a ruoli di cura e non avrebbero propensione per le materie STEM. Un pensiero che non trova riscontro nella realtà ed è frutto di pregiudizi culturali che non hanno ragione di esistere.
Le imprese possono svolgere un ruolo cruciale nel superare gli stereotipi di genere, lavorando sulla propria cultura aziendale. Alcune azioni utili per promuovere la parità di genere in azienda sono:
- Organizzare workshop, eventi e momenti di confronto interni per diffondere consapevolezza sull’importanza della parità di genere e sul rispetto reciproco,
- Realizzare programmi di mentoring e coaching e percorsi per incoraggiare uomini e donne a svolgere incarichi e mansioni tradizionalmente non associati al proprio genere,
- Fare formazione per accrescere le competenze delle donne,
- Contemplare anche gli uomini nel ruolo di caregiver in ambito familiare, proponendo soluzioni ad hoc.
Dalla teoria alla pratica: strategie per realizzare la parità di genere in azienda
Come concretizzare nella quotidianità la parità di genere in azienda? Le strategie che si possono adottare sono, ad esempio:
- Puntare alla meritocrazia, senza distinzione di genere o di altri fattori che possono risultare discriminanti, come l’età, nell’attribuzione di promozioni e bonus,
- Adottare politiche di assunzione volte ad evitare qualsiasi forma di discriminazione tra candidati e candidate,
- Creare consapevolezza tra i propri dipendenti relativamente al valore della diversità e al rispetto, contribuendo così a creare una cultura aziendale inclusiva,
- Garantire parità di retribuzione tra donne e uomini che svolgono gli stessi ruoli e puntare alla trasparenza in questo ambito,
- Introdurre politiche aziendali volte all’empowerment femminile, come percorsi di formazione ad hoc,
- Adottare soluzioni personalizzate che permettano una migliore conciliazione vita-lavoro, come lo smart working e la flessibilità oraria.
Work-life balance
Secondo l’Observatory di The european house – Ambrosetti, tre azioni sono fondamentali per puntare alla parità di genere nella forza lavoro:
- Orari di lavoro flessibili
- Congedi parentali senza distinzione di genere
- Partnership con strutture di assistenza per l’infanzia
Implementare queste azioni in azienda aiuta a realizzare una cultura inclusiva e a favorire l’integrazione delle lavoratrici.