Tempi duri si profilano per AirBnB, il sito di sharing economy per gli affitti brevi. Accusato di favorire la gentrification, il fenomeno che descrive la borghesizzazione ovvero la trasformazione socioculturale di un’area urbana, da proletaria a borghese, in seguito all’acquisto di immobili e la rivalutazione sul mercato, magari proprio per affittarli ai turisti che non possono permettersi una vacanza in albergo.
La gentrificazione ha impatti significativi con varie sfaccettature, ma l’Europa sta correndo ai ripari, spingendo sull’adozione di nuove regole, come i portali unici nazionali.
Tuttavia “più che di gentrificazione”, commenta Lilia Giugni, docente universitaria presso l’Università di Bristol e Research fellow presso l’Università di Cambridge, autrice anche del saggio “La rete non ci salverà” (Longanesi editore), “nei centri storici di tante città italiane l’impatto di AirBnb ha assunto la forma di una ‘turistificazione’ imperante“.
AirBnB: l’effetto della gentrification e della turistificazione
La piattaforma digitale di intermediazione di affitti brevi turistica nacque quindici anni fa come forma di condivisione di stanze in appartamenti abitati o intere case, da scambiare con sconosciuti iscritti al sito di AirBnB.
Ma, fin dalle origini, il nuovo modello di ospitalità non nascondeva la sua vera natura: era un’impresa finanziaria. Al centro c’era la transazione economica fra l’affittuario e l’affittacamere, perché la condivisione non era uno scambio di case come Couchsurfing e Craiglist.
Per rendere più sicuri e soprattutto impersonali i pagamenti degli alloggi, negli anni AirBnB ha introdotto, prima PayPal e poi, dal 2009, il sistema di pagamenti digitali di Amazon. In qualità di intermediario dei pagamenti, Airbnb trattiene una percentuale sugli affitti.
In pratica, “gli spazi sia abitativi che pubblici diventano sempre più a misura di turista di passaggio, e sempre meno a misura di abitante (che vi risiede, ndr)”, spiega Lilia Giugni: “Perché ad aumentare a seguito dell’esplosione delle locazioni a breve termine non sono soltanto gli affitti. Aumenta anche il costo della vita quotidiana: quello di un caffè nei bar di quartiere (che iniziano a rivolgersi soprattutto alla clientela turistica), o della spesa in salumeria (con i negozi di prima necessità che vengono rapidamente sostituiti da ristoranti e boutique di souvenir). A farne le spese sono studentesse e studenti, privati di alloggi nei pressi delle università, ma anche, in generale, tutte le fasce più vulnerabili: migranti, madri single, giovani lavoratrici”.
Le nuove regole europee in cantiere per gli affitti brevi
Il commissario del Mercato interno e tutela dei consumatori del Parlamento europeo ha dato il primo semaforo verde al pacchetto che mira all’efficienza e alla trasparenza delle procedure. Il pacchetto ha incassato 31 voti a favore, nessun voto contrario e un’astensione. Il mandato negoziale dovrà quindi ircevere l‘approvazione dell’Europarlamento nella sessione plenaria del 2-5 ottobre. A quel punto, potranno prendere il via i negoziati con il Consiglio europeo, che ha già preso posizione.
“Occorre agire su almeno due fronti”, evidenzia Lilia Giugni: “Uno è quello delle politiche sulla casa: ci servono con urgenza seri piani abitativi che includano alloggi popolari in zone accessibili e ben servite. Il secondo fronte su cui bisogna impegnarsi è quello
della regolamentazione delle grandi piattaforme, che negli ultimi anni stanno
profondamente rivoluzionando sia il tessuto urbano che la vita cittadina (penso non solo ad AirBnB, ma anche a Uber, Glovo o Deliveroo). Tra le varie questioni scottanti, c’è la scarsa trasparenza dei meccanismi algoritmici che questi device utilizzano per allocare servizi e lavoro nelle nostre città (si tratti di un appartamento in affitto, o di una consegna o una corsa in auto)”.
Armonizzazione delle regole nella Ue
Per rendere più trasparenti gli alloggi a breve termine, bisogna infatti procedere con l’armonizzazione delle regole, a parte dalla raccolta e dalla condivisione dei dati. L’urgenza è infatti illustrare il loro impatto per offrire agli Stati membri gli strumenti per elaborare e poi passare all’applicazione di misure politiche proporzionate.
Ma la Ue arriva seconda, dal momento che New York già ad agosto ha varato una legge per regolamentare AirBnB e porre un argine alla gentrification, consentendo di affittare al massimo a due turisti e solo la casa in cui si vive. Quindi, bloccando il fenomeno – che spopolain città turistiche come Firenze – dell’acquisto di più case per vivere da rentier, affittandole ai turisti per brevi soggiorni, come albergatori.
Anche le nuove regole europee puntano ad imporre alle piattaforme un equilibrio fra le opportunità di crescita e la tutela di obiettivi politici. Frenare la gentrification significa permettere ai residenti e agli studenti fuori sede di trovare alloggi a prezzi accessibili, ma anche proteggere i centri urbani e le aree rurali, al fine di promuovere un turismo più sostenibile e sicuro.
Il portale unico digitale europeo
In base alle regole in via di definizione, gli Stati membri dovranno aprire un portale unico digitale per ottenere dalle piattaforma, su basi mensili, dati sull’attività degli host: per esempio url, indirizzo, numero di registrazione corrispondente.
Da parte sua, la Commissione dovrà agevolare le procedure per la semplificazione della condivisione dei dati e assicurare l’interoperabilità dei sistemi, in modo tale che i dati aggregati possano aiutare la compilazione di statistiche e il rispetto delle politiche.
In 18 mesi, gli Stati membri dovranno adeguare i sistemi di registrazione e realizzare l’infrastruttura informatica. Le proprietà destinate agli affitti brevi dovranno inoltre predisporre una procedura di registrazione online negli Stati membri dov’è prevista.
Gli effetti perversi legati ad AirBnB e gentrification
Gli affitti brevi, che aiutano magari giovani famiglie con più figli o a studenti low-budget, a fare la vacanza dei sogni in una capitale europea dove non potrebbero sostenere la spesa di una settimana in albergo per tutti, presentano dunque il risvolto della medaglia. Infatti rendono la vita complicata e costosa a quelle stesse famiglie e a quegli studenti nelle città dove risiedono o dove studiano. Città, sempre più turistificate, in stile Disneyland, dove scompaiono progressivamente le case date in affitto a famiglie o studenti. Ma anche i negozi per sopravvivere, anche per gli anziani soli. A queste persone si preferiscono invece i turisti a caccia di affitti a breve termine. Ed è un serpente che si morde la coda.
Infatti, secondo Lilia Gigni, oltre alle regole, occorre agire sul fronte delle politiche sulla casa: “Ci servono con urgenza seri piani abitativi che includano alloggi popolari in zone accessibili e ben servite.
Piani come quelli richiesti a gran voce in città quali Bologna e Napoli dai movimenti
studenteschi e per il diritto alla casa, che negli ultimi anni hanno portato avanti esperienze originali di occupazioni abitative poi trasformatesi in progetti di rigenerazione urbana per il bene comune. Credo che proprio questi esperimenti dal basso possano fungere da perno di nuove politiche di sviluppo territoriale”.
Effetto domino a vari livelli
In Italia sono sufficienti 150 giorni di affitti brevi per guadagnare quanto un canone annuale di locazione ordinario. Poiché osserviamo quotidianamente l’effetto dannoso delle rendite di posizione fra tassisti e balneari, analogo discorso vale per i rentier di AirBnB. I proprietari di case, pur mettendo in affitto gli appartamenti per “difendersi” dalle tasse altissime sul lavoro, hanno un impatto. Non solo su gentrification e turustificazione.
“C’è sicuramente un effetto domino che si dispiega a vari livelli nella società”, sottolinea Lilia Giugni: “Da un lato l’economia turistica favorita da AirBnb è principalmente un’economia di rendita, che non crea sviluppo uniforme nei territori e rischia di aumentare tanto il lavoro sottopagato o addirittura in nero quanto le disuguaglianze sociali. Dall’altro, abbiamo città sempre più care, meno accessibili e meno ‘abitabili’. Per le giovani generazioni, questo può tradursi in scelte forzate: non studiare da fuori sede, non aspirare a professioni che richiedono lunghi percorsi di formazione, limitare la propria socialità“. E già l’Italia, che non è un Paese per giovani, potrebbe così provocare un’altra “generazione perduta”: hanno superato la soglia dei 5 milioni e 800 mila, secondo i registri Aire, i giovani connazionali che vivono all’estero.
Conclusioni
“La crescita espansiva degli alloggi in affitto a breve termine”, ha dichiarato Kim Van Sparrentak, il relatore dei Verdi/Ale, Nl , “ha portato a una minore disponibilità di alloggi sul mercato per gli abitanti, ha fatto salire gli affitti e i prezzi delle case e ha anche un impatto sul vivibilità dei quartieri. Le regole che abbiamo adottato oggi garantiscono che le città abbiano accesso ai dati necessari per far rispettare le regole locali. Le piattaforme stanno assumendo maggiori responsabilità nel sostenere la rimozione di elenchi illegali, in linea con il Digital Services Act (Dsa). Sono fiducioso che potremo chiudere i negoziati con il Consiglio già quest’anno”.
Infine, “per orientarsi nel dibattito su AirBnB”, conclude Lilia Giugni, “penso sia fondamentale demistificare slogan manichei e semplicistici come ‘il turismo crea lavoro o ‘AirBnB crea ricchezza sul territorio’. Quel che rende la ‘turistificazione’ un fenomeno così complesso è proprio il suo generare vincitori e vinti, categorie favorite e categorie schiacciate dalla nuova economia degli affitti brevi.
Qualunque intervento di regolamentazione territoriale dovrebbe quindi mettere al centro i bisogni delle fasce più fragili e marginalizzate”.
Lasciare un terzo degli affitti brevi ai turisti nelle città italiane (succede a Firenze, Palermo, Bologna, invece a Roma il 17%), è comunque rischioso, perché il turismo, da opportunità, può trasformarsi in freno allo sviluppo urbano. Servono regole, perché una risorsa non diventi mai un limite.