Il dottor Annthok Mabiis, nell’anno 2333, ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia totale, dalla Sindrome della Noia Assoluta”, perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, con la base di copertura su un ricostruito antico bus rosso a due piani, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”.
S’era svegliato. Immobile da sempre. Dal XXI secolo. Ora sbatteva gli occhi. Lo vedeva respirare. Ora affaticato. Ora boccheggiante. Stremato. Acquattato. Il mostriciattolo. Nel giardino. Da oltre tre secoli. Fajiah Senni lo temeva. Lo fissava per attimi. Solo lei lo vedeva. Aveva ancora un tablet mille volte riparato. Un server lontano o un dio vicino lo teneva in vita. La teneva in vita. Così era da diciannove generazioni.
La notte ferma. Alle tre del mattino. La notte scura. Il mare voiola. Le rocce picchiate. Le onde a frustate. Il bus rosso a due piani abbrancava le curve della scogliera. I fari acquattati.
Gli agenti intenti: “Memoria connessa a venti minuti da qui… Strano, ci siamo passati altre volte e non l’abbiamo intercettata…”
Stefano Magli, l’agente di Memoria Antica della squadra: “È una memoria secolare. È connessa ma si rileva solo quando arriva alla fine… solo al termine si fa sentire… salvo strapparla prima! Strapparla a…”
La comandante Khaspros con le mani al collo. A stringerlo: “Questo vuol dire che la memoria sta morendo!… Correre agenti, correre a perdifiato! La dobbiamo prendere viva!… Vale quanto la galassia! Deve essere nostra! Come la vita…”
Il mostriciattolo cercato. Coccolato. Abbarbicato. Amato. Assecondato. Sedotto. Acciuffato. Speso. Sprecato. Inseguito. Sciupato. Perso. Preso. Afferrato. Goduto. Donato. Il mostriciattolo della vita. Immolato.
Fajiah spiava dalla vetrata. Capiva. Atterriva. La mente devastava. Vide la macchia del bus rosso a due piani oltre i cespugli vicini. Luccicava un poco.
Fajiah sagomò gli agenti avanzare silenti. Quatti. Feroci. Rapaci. Spense le luci del giardino. Gli agenti fendevano nella pece. Fajiah appiattiva. Il pavimento polveroso. Il respiro azzerato. Strisciava in giardino. Verso il mostriciattolo.
“Non era una memoria connessa agenti!… era il suo cuore!… il nostro cuore… siamo tutti degli stupidi assassini…”
Farjiah si accumulò sull’erba. La sua vita soffiava via. Spirava: “Addio mio ultimo Pokémon… go!…”
(135 – continua la serie. Episodio “chiuso”)
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