Il dottor Annthok Mabiis, nell’anno 2333, ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia totale, dalla Sindrome della Noia Assoluta”, perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, con la base di copertura su un ricostruito antico bus rosso a due piani, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”.
Ore 3 e 36. Una gara furibonda. Il minareto fischiava. Una frusta. Nell’aria. Della notte. Di luna. Il campanile scrocchiava. I rintocchi. Percuotevano il cuore della terra. Il grattacielo infinito. Sgrullava i mille piani. Lampeggianti. Vetranti. Affollanti.
Sgolavano gli astanti. Urlavano gli abitanti. Gioiavano gli appartamenti. Applaudivano gli appartenenti. Come ogni anno. Il 24 agosto. In ogni punto del globo.
In questo emisfero, nella piccola vallata, il bus rosso a due piani barcollava. S’aggrappava. Vetrava. Metallava. Gli agenti della Memory Squad 11 sapevano: “Come ogni anno qui qualcuno prova a imbrogliare, agenti…” ammaestrava la comandante Akila Khaspors. Gli occhi sospirati. Le labbra ammucchiate. “Prima del grande ictus mnemonico la competizione era praticamente fra le varie memorie connesse… ora è tutto affidato ai precedenti sistemi antisismici…”
“Ora sono di nuovo i cervelli umani che hanno la prima e l’ultima parola…” svelava la comandante Khaspros.
“O almeno dovrebbero, agenti… In realtà, in mezzo alla gara, che come sapete dura 24 ore, potremmo individuare una squadra che è riuscita a non far crollare o danneggiare proprio nulla… Ma barando! Usando le memorie connesse per creare un’immagine fittizia agli occhi degli spettatori… mentre invece tutto intorno crolla, si sbriciola… sono quelle memorie connesse, che noi cerchiamo, che dobbiamo portaci a casa!… da sempre…”
Le assi gemevano. I tetti sbalzavano. I letti scaracollavano. I piatti volavano. Le vetrate respiravano. Le cantine fluttuavano. I tappeti sventolavano. Le scale ululavano. Le volte gemevano. I tubi fischiavano. I tavoli fremevano. I bicchieri ridevano.
Gli spettatori sfrenavano. Irrompevano. Dirompevano. Volteggiavano. Swingavano. Arringavano. Olavano per i giocatori in campo.
I pompieri danzavano. Nei costumi antichi. Schioccavano i caschi. Capriolavano i cani nel sotterrare i bocconcini. Le sirene spianavano. I lampeggianti alluciavano i vicoli. I tornanti. L’afa d’agosto tramortita. Le stelle s’incantavano. Altrove la neve. Altrove. Il sole a mezzogiorno.
“Sono questi che hanno delle memorie connesse! Questi stanno barando!… Sono in testa alla gara troppo facilmente! Solita procedura, agenti… Accostate una mano alla loro nuca e assorbite le memorie connesse…” Gli agenti sguinzagliati. Protesi. Inattesi. Ammanacciavano le nuche a piene mani. Si ritiravano dalle nuche a mani vuote.
“Niente da fare comandante, questi sono pieni di memorie profonde, ma non c’è traccia di memorie connesse… questi sono bravi davvero!”
Le squadre sferzavano le piazze. Piegavano le vie. Scrollavano le facciate. Flettevano le porte. Martoriavano le verande. Torcevano i ponti. Assalivano le finestre. Percuotevano le torri.
Non una crepa. Neppure un soffio d’intonaco al vento.
Vinceva la squadra di Accumoli, Norcia, Arcuata del Tronto, Pescara del Tronto e Amatrice. Col loro immenso, felice terremoto.
(134 – continua la serie. Episodio “chiuso”)
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