Con l’avvento delle tecnologie digitali e la riduzione dei costi dei dispositivi, le persone comuni sono sempre più propense a fare uso di videocamere di vario genere per riprendere le attività quotidiane in cui sono impegnate e che si trovano ad osservare, anche incidentalmente.
Assistiamo quindi al moltiplicarsi – complici anche le numerose opportunità di comunicazione e diffusione offerte dai social network e dai vari programmi di instant messaging di ultima generazione – di registrazioni prese letteralmente dalla strada, a documentare sprazzi di vita quotidiana del diretto interessato ma anche di tutti quelli che finiscono nel raggio d’azione di tali dispositivi.
Tutte le videocamere che ci circondano
Dalla dash-cam installata a bordo dei veicoli (auto, moto, camion, ecc.) per documentare eventuali incidenti e poter ricostruire eventuali responsabilità, alla action-cam montata sull’attrezzatura sportiva (bici e moto, prevalentemente, ma anche sci, snowboard, surf, canoa, ecc.) che riprende le gesta di atleti improvvisati quanto quelle dei professionisti, fino alle riprese aeree realizzabili tramite droni, sempre più autonomi nel sorvolo e nelle inquadrature. Quantità sempre più rilevanti di dati personali e comportamenti sono affidati alle memorie dei dispositivi digitali e spesso condivise con la collettività tramite i vari canali di diffusione.
A tali videoregistrazioni si aggiungono quelle di telecamere sempre più piccole e prive di collegamenti: dalle fototrappole a batteria che i cacciatori possono utilizzare per studiare i movimenti della selvaggina, alle videocamere wifi installate nelle abitazioni private per finalità di tutela del patrimonio, fino alle microcamere destinate alle investigazioni, tanto lecite nella distribuzione e vendita quanto inutilizzabili nella sostanza, almeno dal punto di vista giuridico, per la facilità con la quale consentono di violare il diritto altrui alla riservatezza.
Le tutele privacy del Gdpr
Il Regolamento Europeo per la tutela dei dati personali (meglio noto come GDPR 2016/679) prevede che ogni attività di trattamento sia ispirata ai principi di liceità, correttezza e trasparenza, affinché i dati siano raccolti e gestiti nella piena consapevolezza dell’individuo al quale si riferiscono e nel rispetto delle norme che regolano la materia. Gli scopi del titolare devono essere determinati, espliciti e legittimi e non devono essere incompatibili con i diritti e le libertà dell’interessato. I dati raccolti, inoltre, possono essere conservati per il tempo necessario a raggiungere le finalità dichiarate, termine oltre il quale devono essere distrutti se non destinati al soddisfacimento di altri scopi, comunque conformi ai principi già richiamati.
Nel caso di videoregistrazioni eseguite per il tramite di droni, dashcam, actioncam e videocamere private, il trattamento dei dati personali può avvenire anche senza l’autorizzazione delle persone interessate, a condizione che le riprese siano fatte in un luogo pubblico, che l’interessato – entro i limiti della ragionevolezza – sia informato di quanto sta accadendo e che l’attività non leda i diritti e le libertà dei soggetti ripresi o, quantomeno, che l’interesse di questi ultimi sia soccombente rispetto al diritto che il titolare intende tutelare (come nel caso della videosorveglianza a tutela del patrimonio o della sicurezza delle persone)
Le riprese, inoltre, non devono porsi in contrasto con i diritti dei lavoratori tutelati dall’art. 4, della L. 300/1970, circostanza che rileva, ad esempio, quando le telecamere, pur installate in un’abitazione privata, riprendono dipendenti del proprietario impegnati nelle attività quotidiane in qualità di collaboratrici domestiche, giardinieri, artigiani, ecc.
Il perimetro del concetto di “uso personale o domestico”
Il passaggio che fa maggiormente discutere, nel Regolamento UE 2016/679, è quello relativo al c.d. “uso personale o domestico” dei dati trattati, previsto dall’art. 2, co. 2, lett. c), che si applica, ovviamente, anche alle riprese realizzate tramite videocamere di qualsiasi natura. Ciò che è difficile comprendere, nell’applicazione quotidiana e nella inevitabile commistione tra la vita privata e la presenza di ciascun individuo su Internet, è il perimetro all’interno del quale può effettivamente ricondursi il concetto di “…uso personale o domestico”, anche perché la Corte Suprema di Cassazione, per consolidata giurisprudenza, tende a restringere con sempre maggiore rigore i luoghi all’interno dei quali è esercitabile il diritto alla riservatezza.
Le Sezioni Unite, infatti, hanno da tempo chiarito che “…rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale…”
Nella stessa pronuncia sono state quindi definite tre categorie di luoghi nei quali possono svolgersi le attività dell’interessato: “…il domicilio, per il quale vale la tutela di cui all’art. 14 Cost.; i luoghi riservati, che pur non rientrando nel concetto di domicilio sono caratterizzati da un’aspettativa di riservatezza superiore a quella dei luoghi pubblici e per questo tutelati dall’art. 2 Cost.; i luoghi pubblici o aperti al pubblico, per i quali non vi è alcuna aspettativa di riservatezza”.
Appare evidente come tale ultima definizione sia in aperto contrasto con quanto ripetutamente affermato dall’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, secondo la quale anche le videoriprese realizzate in luoghi pubblici o soggetti a pubblico passaggio devono necessariamente sottostare ad una rigida disciplina ed essere evitate per i rischi che comporterebbero per i diritti e le libertà degli interessati.
Le due interpretazioni, in realtà, sono solo apparentemente in contrasto se si considera che, ad essere rilevante, è la finalità cui sono destinati i dati trattati, che non deve ledere i diritti e le libertà degli interessati. La tutela della privata dimora muove dall’esigenza di accordare la massima tutela agli ambienti in cui si estrinsecano gli aspetti più intimi della vita privata del cittadino, dovendosi ritenere tali anche gli spogliatoi nei quali si cambiano i dipendenti o i frequentatori di una struttura (palestra, piscina, ecc.), le camere degli alberghi, l’abitacolo di un veicolo, ecc.
Al contrario, il presupposto da cui muove la disciplina europea per la tutela dei dati personali è il diritto del cittadino di tenere sotto controllo i proprio dati personali per evitare abusi da parte di terzi interessati a trattarli.
Le due discipline sono quindi complementari e in tale ottica possono essere risolte le perplessità dell’interprete che si trova a dover valutare l’uso delle videocamere di varia natura.
L’uso di droni per le riprese video
L’uso di droni per le riprese video consente di catturare immagini di ampi spazi pubblici senza che le persone che li frequentano siano consapevoli di essere riprese e ciò avviene, in particolare, quando l’uso del drone è di tipo “personale”, ossia finalizzato alla realizzazione di una ripresa amatoriale, da mostrare agli amici o da pubblicare su Internet. Nelle riprese di tipo professionale vengono diffusi avvisi alla popolazione o fatta adeguata informazione sulla presenza dei droni, attività che per il privato, oltre a non essere facilmente realizzabile dal punto di vista pratico, sarebbe anche eccessivamente dispendiosa ed irragionevole rispetto ai diritti da tutelare. A ciò si aggiunga che, solitamente, il video ripreso dal drone non dovrebbe consentire l’identificazione di una persona, essendo peraltro generalmente vietato il sorvolo di aree pubbliche affollate, sebbene, anche in ampi spazi aperti, il soggetto che transita potrebbe essere riconoscibile per via dell’abbigliamento o di altri elementi che lo caratterizzano e dar luogo ad un potenziale conflitto con il suo diritto a non essere ripreso
Escluso l’utilizzo commerciale del video, che classificherebbe immediatamente l’attività al di fuori dell’ambito di applicazione dell’uso personale o domestico, appare evidente che una eventuale tutela può essere accordata all’interessato solo a posteriori, garantendogli la facoltà di chiedere la rimozione dei fotogrammi che lo riguardano, dovendosi ritenere sproporzionato un eventuale onere di informazione preventiva a carico del titolare del trattamento.
L’uso delle dash-cam dei veicoli
Viceversa, l’uso delle dash-cam presenti sui veicoli a motore dovrebbe essere limitato all’acquisizione dei dati necessari a chiarire la dinamica di eventuali incidenti stradali o a documentare eventuali aggressioni al patrimonio del proprietario, dovendosi ritenere non conforme alla finalità principale la diffusione dei filmati che riprendono veicoli e persone in transito per mero diletto. Se, da un lato, si può ritenere giustificabile con l’uso “personale” anche la pubblicazione dei filmati che abbiano finalità semplicemente ludica, sarebbe comunque opportuno, nel bilanciamento di interessi che va sempre eseguito rispetto ai diritti e alle libertà dell’interessato, oscurare quegli elementi che potrebbero portare all’identificazione dei soggetti che transitano per caso e non sono coinvolti direttamente nelle scene.
Le action-cam
Le action-cam utilizzate dagli atleti o dagli appassionati nel corso delle loro attività sono chiaramente finalizzate a riprendere gli ambienti attraversati e gli eventuali altri concorrenti o partecipanti, per cui è ampiamente giustificabile l’uso personale delle stesse, alla luce dei principi sanciti dalla Cassazione ma anche nell’esecuzione del già citato bilanciamento di interessi per il quale non sembra potersi ravvisare alcun predominante diritto dell’interessato rispetto alle finalità della raccolta e diffusione da parte del soggetto realizzatore.
Del tutto illecito va invece considerato l’uso “domestico” di videocamere nascoste o invisibili, come spesso se ne vedono nelle vetrine di negozi specializzati in non meglio precisate investigazioni e sicurezza, poiché chiaramente idonee a violare la riservatezza della privata dimora e i diritti dei lavoratori eventualmente interessati dalle riprese. Si potrebbe eccepire che all’interno della privata dimora vige il solo diritto di riservatezza del proprietario ma nella realtà quotidiana appare evidente come non sia corretto tale assunto, poiché eventuali ospiti o abituali frequentatori dell’abitazione hanno ugualmente diritto a non veder violata la loro intimità nel momento in cui fruiscono del bagno o si intrattengono con gli altri soggetti presenti.
Conclusioni
Concludendo, anche in caso di utilizzo “personale o domestico” occorre tener presente che la disciplina posta a tutela dell’interessato non è limitata alle prescrizioni del Regolamento Europeo ma anche da altre norme imperative che riguardano la tutela dell’individuo e dei luoghi di privata dimora, il diritto a disporre della propria immagine e a tutelare il proprio onore e la propria reputazione, i diritti dei lavoratori.