sanità digitale

Verso una Sanità data-based: telemedicina e formazione i pilastri



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Per realizzare il pieno potenziale della telemedicina e mantenere sostenibile il sistema sanitario nazionale, servono nuovi modelli di gestione clinica e di programmazione delle figure professionali. Ecco come fare

Pubblicato il 25 ott 2023

Gabriella Borghi

Cefriel – Esperta in progettazione e gestione progetti di sanità digitale

Loredana Luzzi

Regione Lombardia Direzione istruzione formazione lavoro – Componente direttivo Aisdet



L’IA è al centro della trasformazione digitale della sanità: le tre sfide principali

Lo scorso 13 settembre alle ore 14 si è conclusa la gara bandita da ARIA[1] per conto di Agenas e di quasi tutte le Regioni e Province Autonome italiane[2] volta alla realizzazione della piattaforma regionale di telemedicina e quindi dell’intero impianto tecnologico prefigurato nel PNRR (Missione 6 Componente 1 Investimento 1.2 Casa come primo luogo di cura e telemedicina, sub investimento 1.2.3 Telemedicina per un miglior supporto ai pazienti cronici).

Verso una sanbità basata sui dati e l’integrazione dei sistemi

È iniziata la fase di valutazione e di aggiudicazione per cui non era indicata una scadenza.

Il 2 marzo si era conclusa la procedura (gestita da Agenas) per la Piattaforma Nazionale di Telemedicina (PNT) con l’aggiudicazione al Raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) realizzato da Engineering e Almaviva. Ritenuto a livello ministeriale un progetto strategico per il paese con l’obiettivo di realizzare una governance ed un controllo centralizzato dei processi di Telemedicina svolti a livello regionale.

Tutto ciò in linea con quanto indicato nel PNRR per avere finalmente una Sanità che programma l’erogazione dei servizi sulla base dei dati e con l’integrazione e l’interoperabilità fra sistemi. Una sanità più digitale e sicura che possa essere più vicina e rispondere alle esigenze di cura dei cittadini. A luglio 2023 è stata poi costituita la società di progetto PNT Italia[3] per attuare il contrato di concessione, con durata decennale – fino al 2033 – per la realizzazione e gestione della Piattaforma nazionale di Telemedicina.

Ora ci sono le condizioni per poter disporre, entro tempistiche note, di piattaforme tecnologiche per la telemedicina che però devono, per poter essere pienamente operative, essere collocate in un contesto socio-assistenziale definito e conosciuto affinché siano chiare le procedure/modalità d’uso delle stesse.

Il percorso e la successione degli atti

Vediamo il percorso e la successione degli atti: regione Lombardia, individuata nel 2022 come capofila per implementare la piattaforma regionale di telemedicina, con DGR XII/180 del 27/4/2023[4], ha approvato la convenzione con AGENAS che disciplina gli aspetti operativi, organizzativi e normativi di tale collaborazione e prevede che Regione, per il tramite di ARIA SPA, gestisca la procedura di selezione di soggetti qualificati a fornire i servizi minimi di Telemedicina a cui le Regioni interessate dovranno poi rivolgersi. L’iter è proseguito con la DGRXII/474[5] del 19 giugno scorso che ha individuato la “Strategia di gara” per le Infrastrutture Regionali di Telemedicina e posto in evidenza gli aspetti per l’affidamento della realizzazione delle diverse Infrastrutture che devono garantire “la fornitura dei servizi software necessari alla messa in atto e all’implementazione di un’architettura digitale integrata a disposizione degli operatori sociosanitari e dei cittadini, che garantisca l’erogazione dei servizi di Televisita, Teleassistenza, Teleconsulto e Telemonitoraggio, all’interno della singola regione provincia autonoma secondo le Linee di indirizzo riportate nel DM 30 set 2022”.

In particolare:

  • la gara si configura come una procedura aperta ai sensi dell’art. 60 del D.Lgs. n. 50/2016, suddivisa in due lotti;
  • la durata dell’Accordo Quadro è di 27 mesi dalla data della stipula;
  • la durata di ciascun Contratto Applicativo stipulato dalle Amministrazioni Contraenti non potrà superare i 48 (quarantotto) mesi;
  • il valore massimo stimato complessivo dell’appalto è pari a 260.300.041,00 € al netto di Iva e/o di altre imposte e contributi di legge.

Tali indicazioni vengono sviluppate nel bando, pubblicato sul sito di ARIA[6] e in particolare il capitolato tecnico ne precisa i contenuti e i servizi di supporto inclusi (riquadro a sinistra nella Figura1), ma anche quelli esclusi, fra cui i dispositivi e i relativi servizi logistici, nonché la fornitura di postazioni di lavoro per la Telemedicina, come indicato nella Figura seguente.

Ovviamente è previsto che l’Infrastruttura Regionale di Telemedicina debba utilizzare e interoperare con l’Infrastruttura Nazionale di Telemedicina, in particolare per i Servizi Abilitanti, e con gli altri Servizi e Sistemi Centrali (SPID/CIE, ANA, TS, PagoPA, FSE, etc).  In tal senso si sottolinea il rilievo dell’integrazione con il Fascicolo Sanitario Elettronico, pure oggetto di finanziamento del PNRR (M6 Componente2- sub Investimento 1.3.1 Rafforzamento dell’infrastruttura tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione, l’analisi dei dati e la simulazione FSE), il cui percorso attuativo è tuttora in salita in relazione agli aspetti di trattamento dei dati personali evidenziati dal Garante.  

Gli aspetti del capitolato dai risvolti clinico-operativi

Nel capitolato tecnico di ARIA sono tre, a nostro avviso, gli aspetti da sottolineare dai risvolti più clinico-operativi; mentre per gli aspetti più tecnologici si rinvia alle considerazioni di Paolo Colli Franzone nel suo articolo “Infrastruttura regionale di Telemedicina: la gara”[7].

Come primo aspetto si riporta il contenuto del capitolo relativo all’oggetto di fornitura che prevede più espressamente, rispetto alla precedente Figura1, i servizi che “non sono inclusi in questa procedura”:

  • la fornitura dei dispositivi medicali per il telemonitoraggio di livello 1;
  • il servizio di logistica dedicato alla distribuzione, messa in funzione e sanificazione degli stessi DM per il telemonitoraggio di livello 1;
  • la fornitura di postazioni di Lavoro di Telemedicina dedicate da collocare presso le Strutture del SSR e presso gli studi dei Medici di Medicina Generale;
  • i servizi professionali di PMO (Project Management Office) e Change Management presso le singole aziende sanitarie.

Il paradigma della Clinical Collaboration

Come secondo aspetto si segnala il richiamo al paradigma della Clinical Collaboration.

Un sistema di Clinical Collaboration “deve mettere a disposizione dei servizi digitali che consentano agli operatori sociosanitari di comunicare tra loro in modo semplice ed efficace, di condividere informazioni e dati rilevanti per lo studio di un caso clinico o per lo svolgimento di attività scientifiche, di definire e implementare autonomamente nuovi processi clinici strutturati e condivisi che possano facilitare l’attuazione organizzata di percorsi di collaborazione professionale.” Auspicando che si trovino modalità di semplice e facile uso da parte di operatori e pazienti, che vadano oltre la loro profilazione e l’individuazione dei rispettivi ruoli, l’attenzione a questo aspetto è sicuramente di interesse e utilità. Potrebbero forse agire in tal senso in particolare i Servizi di programmazione (checklist di eleggibilità, programmazione del servizio di telemedicina e gestione dei piani di cura) indicati come “Servizi funzionali comuni dell’Infrastruttura” presenti nella Figura2 seguente.

Fonte: capitolato tecnico di gara

Terzo aspetto su cui porre attenzione è la presenza per ognuno dei servizi minimi di telemedicina previsti di una flowchart del servizio che consente di visualizzare il percorso del servizio stesso. Peccato che la flowchart indicata, ad esempio per la televisita nel DM del 29/4/2022 “Modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare” sia diversa da questa presente nel capitolato. Speriamo possa esserci poi una convergenza in fase attuativa onde evitare passi divergenti che comprometterebbero la messa in atto di analoghi servizi a livello di ospedale e di territorio.

L’impatto sulle reti clinico-assistenziali

A fronte di questo rilevante impianto tecnologico e dei nuovi modelli strutturali per il territorio, indicati nel DM 77/2022 ci si chiede quale sia l’effettiva conoscenza e consapevolezza da parte dei gestori dei percorsi clinico assistenziali rispetto all’impatto nei confronti dei modelli clinici di intervento in uso, in particolare, per i pazienti cronici nei diversi contesti regionali e come si prevede possano evolvere con l’utilizzo di questa piattaforma di telemedicina.

L’Accordo Stato-Regioni e province autonome del 24/1/2018 (Rep. Atti 14/CSR) “Linee guida per la revisione delle Reti cliniche – Le reti tempo dipendenti”, seppur in attuazione del DM 70/2015, avrebbe potuto costituire un utile punto d’inizio. Ma il Covid prima e il DM 77/22 ora evidenziano che non solo è necessario proseguire tale evoluzione, ma che è significativamente cambiato lo scenario di riferimento dal 2015.

La notizia che a giugno 2023 è stato istituito, con Decreto, un tavolo ministeriale per l’aggiornamento dei due DM 70 e 77 per rafforzare l’integrazione tra l’ospedale e il territorio non sembra però poter portare a breve reali soluzioni perché il gruppo di lavoro già numeroso, era così sbilanciato sull’ospedale che il 4 luglio è stato rivisto portandone a 76 i componenti (comprensivi ora di rappresentati anche di farmacisti e professioni sanitarie).  Sono stati quindi costituiti 5 tavoli tematici (Società Scientifiche Cliniche Università e Ricerca; Federazioni Ordini e Collegi; Organizzazioni sindacali medici; Organizzazioni sindacali del comparto; Integrazione Pubblico Privata Sistema Reti e Percorsi) che dovrebbero concludere i lavori entro il 31 ottobre con la possibilità di attivare audizioni con ulteriori esperti e soggetti terzi.

Il tema delle Reti cliniche sembra quindi diventare marginale in tale contesto di gruppi di lavoro, anche se, a seguito dell’Accodo citato del 2018, diverse Regioni avevano iniziato ad approfondirne le possibili attuazioni.

Ad esempio, in Regione Lombardia la DGR N° XI/913 del 3/12/2018 “Determinazioni in merito all’organizzazione dell’offerta sociosanitaria: approvazione delle linee guida per l’attivazione e il consolidamento delle Reti clinico-assistenziali regionali” arrivava ad individuare la costituzione di 28 Reti clinico-assistenziali (da quella cardiologica a quella urologica).

Per ciascuna di esse veniva indicato un Ente attuatore, fornendo anche in allegato al provvedimento le “Linee guida per l’attivazione e il consolidamento delle Reti clinico-assistenziali”, mettendo in luce il significato del passaggio dalle reti di patologia alle reti clinico-assistenziali con richiamo al Piano nazionale della cronicità, ma non all’accordo Stato-Regioni sulle Reti.

Analogamente a fronte di obiettivi condivisibili di attivazione e implementazione delle reti nei tre ambiti integrati come quelli gestionale, clinico/professionale e quello di informazione-comunicazione al cittadino, nessun riferimento viene fatto rispetto al ruolo strategico delle tecnologie digitali e della telemedicina per il raggiungimento di tali obiettivi.

Basandosi anche sulla lunga esperienza lombarda relativamente ad  alcune reti, si pensi ad esempio a quella oncologica, le linee guida prefigurano i diversi aspetti che devono essere presidiati, a partire dal governo (si veda riquadro), ma anche dal monitoraggio e valutazione per cui le Commissioni Tecniche delle singole reti definiscono Indicatori “considerando esperienze ed indicatori già condivisi nel Nuovo Sistema di Garanzia coordinato dal Ministro della Salute, nel Piano Nazionale Esiti (PNE) coordinato da AGENAS e in progetti attivi tra Regioni, quale il Network delle Regioni coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.”

Modello organizzativo della Rete clinico-assistenziale

Ogni rete clinico-assistenziale è una aggregazione di strutture e di figure professionali, il cui governo, ai fini di un efficace funzionamento, si articola su due livelli integrati:

A) Governo Regionale coordinato da una Cabina di Regia, la quale, in merito a specifici temi, può avvalersi del contributo scientifico di Commissioni Tecniche costituite ad hoc.

B) Ambito territoriale ognuno con un proprio Coordinamento (Dipartimento aziendale/interaziendale) quale insieme funzionale dei nodi erogativi, ossia di tutti i soggetti che partecipano alla rete stessa e delle Associazioni di Volontariato coinvolte nel percorso assistenziale che operano nel territorio di una o più ASST.

L’importanza del “Piano di Rete”

Ma viene considerata, oltre alla necessità di garantire l’appropriata presa in carico, quella di assicurare la continuità delle cure tra i diversi professionisti intra ed extra ospedalieri, attraverso strumenti come il lavoro in team, l’elaborazione ed implementazione di percorsi di presa in carico condivisi perché un approccio multidisciplinare/multiprofessionale puòconsentire risultati migliori nel trattamento di molte patologie.

Il Piano di Rete iniziale, da aggiornare poi annualmente, identifica tutte le strutture presenti nel territorio attive in interventi di prevenzione, cura e riabilitazione e questa analisi riguarda le risorse umane e tecnologiche disponibili in ambito ospedaliero e territoriale.

La Rete clinico assistenziale deve poter contemplare un’analisi della domanda da parte dei cittadini e sui Punti di Accesso in grado di intercettarla prendendo in carico tempestivamente il singolo caso. Il documento pone rilievo anche al ruolo delle associazioni di volontariato e dei pazienti, ed agli aspetti di Ricerca, parte integrante della rete. Si pone attenzione, infine, alla Formazione per garantire il potenziamento delle competenze ed abilità degli operatori della rete clinico assistenziale.

A fronte di questo impianto generale vengono date, con ulteriori provvedimenti, indicazioni sulle singole reti, come ad esempio con la DGR n° XI/3522 del 05/08/2020 “Indicazioni e requisiti per l’ulteriore efficientamento organizzativo della Rete cardiovascolare regionale” che fra l’altro approva dei documenti tecnici fra cui la “Classificazione e requisiti delle strutture territoriali e ospedaliere coinvolte nella cura del paziente con scompenso cardiaco acuto, cronico ed avanzato” che prevede nell’allegato b) “Il monitoraggio remoto dei pazienti con SC: modalità “stand alone” e dai dispositivi impiantabili”.

Viene quindi evidenziato il ruolo del monitoraggio remoto nel follow-up clinico di dispositivi cardiaci impiantabili (CIED), i benefici clinici ed economici di tale monitoraggio, la necessità di un riconoscimento tariffario, già presente in altre Regioni, e i modelli organizzativi possibili con il ruolo centrale della figura infermieristica. Ma anche nella descrizione del percorso del paziente all’interno della rete cardiologica si indica solo la possibilità, tramite strumenti di telemedicina, di gestione territoriale del paziente, forse sottovalutando le significative esperienze di utilizzo di strumenti di telemedicina nei Percorsi di Telesorveglianza domiciliare attivi dal 2006 e attuati a regime dal 2012 in diverse realtà ospedaliere lombarde (Percorsi di Nuove Reti Sanitarie).  

Formazione e reclutamento

In questo contesto appare rilevante il tema della formazione e del reclutamento delle figure professionali che dovranno utilizzare la/le piattaforme di telemedicina per erogare le prestazioni ed i servizi ai pazienti.

I dati OECD ci dicono che in Italia abbiamo un numero di 4 medici per 1000 abitanti in linea con il dato dei 27 Paesi dell’Europa, mentre abbiamo un numero nettamente inferiore di infermieri, per 1000 abitanti:nei 37 Paesi OCED iinfatti l dato è di 8,3 infermieri, per mille abitanti, in Italia siamo fermi a 6,3.

Un ulteriore dato interessante è rappresentato dal rapporto fra medici e infermieri. Come si vede dalla tabella il nostro rapporto è di 1,5 infermiere ogni medico mentre la media paesi OECD è di 2,6 ed in Finlandia, ad esempio è di 4,4.

Un altro tema è quello del numero complessivo dei “lavoratori della salute” per mille abitanti, anche in questo caso il nostro Paese si trova in fondo alla classifica con 10,7 “Health workers” ogni 1000 abitanti mentre la media è di 14,7 e se guardiamo ad un Paese a noi vicino, come la Svizzera impallidiamo.

Cosa è successo, cosa sta succedendo, cosa accadrà

Pper decenni il nostro sistema sanitario non ha investito nel reclutamento di nuovo personale e che quando abbiamo “aperto” nel post pandemia, ci siamo resi conto di avere pochi professionisti formati.

Ma in Italia mancano i medici? A vedere i dati si direbbe di no, inoltre sembra che l’aver aumentato così significativamente il numero delle borse per le scuole di specializzazione medica abbia comportato l’effetto di avere borse non assegnate.

A livello nazionale già nel 2023 si prospetta un differenziale di circa 32 mila posti tra stima delle uscite per quiescenza (113.000) dei medici attivi nel 2020 e posti di iscrizione al Corso di laurea in Medicina e Chirurgia (145.000). Nel 2023 sono circa 20/25 mila i medici, tra specialisti e MMG che vanno in pensione.

Lo scarso appeal delle professioni sanitarie è un altro punto di riflessione necessario.

Se si dà uno sguardo ai dati di iscrizione per accedere alle le selezioni del 14 settembre scorso per immatricolarsi in uno dei corsi di laurea delle professioni sanitarie possiamo constatare che, a fronte dell’aumento del numero dei posti disponibili, corrisponde una diminuzione del totale del numero degli aspiranti. Aumentano i posti ma diminuiscono i candidati.. Il dato è interessante sia con riferimento alle singole professioni, sia con riferimento alle regioni. Per quanto riguarda le regioni la cosa che colpisce sono le percentuali con il segno meno davanti nelle regioni del nord (Piemonte -7%; Lombardia – 8,5%; Emilia …) ed un incremento nelle regioni del sud, come ad esempio il Molise e la Calabria che hanno aumentato l’offerta di posti o istituito per la prima volta alcuni corsi di laurea.

Stiamo programmando bene?

  • Abbiamo aumentato le borse di studio nelle scuole di specializzazione medica da 7.500 posti annui nel 2008 a 14.000 nel 2023;
  • I pensionamenti attesi di specialisti nel decennio 2022-2031 sono circa 10.000 all’anno (5.000 dal SSN) anche se negli anni è aumentata l’età per il pensionamento di vecchiaia;
  • Le effettive immatricolazioni ai posti dei numeri programmati per i corsi di laurea delle professioni sanitarie, in particolare infermieristica, negli ultimi anni sono in diminuzione con alcuni posti addirittura non assegnati.
  • Le professioni sanitarie non sono «appetibili» ed il tasso di chi conclude il percorso del ciclo unico di medicina e chirurgia è oltre il 94% mentre per le professioni sanitarie solo il 75% riesce a finire gli studi.
  • Quindi pensioniamo più infermieri di quanti ne formiamo (14.000). Mancano circa 65.000, qualcuno dice oltre 70.000, infermieri rispetto ai bisogni.

Conclusioni

Il nostro Paese sta da alcuni anni incrementando in modo significativo l’offerta formativa per le professioni mediche e meno per le professioni infermieristiche, forse, in considerazione degli strumenti ora disponibili –vedi le piattaforme per l’erogazione dei servizi attraverso la telemedicina– potrebbe essere più adeguato investire sulle professioni sanitarie tutte ed anche su quelle tecniche.

E che dire delle numerose attività amministrative che il nostro sistema riserva a medici ed infermieri e che, forse più efficacemente potrebbero essere svolte da altro personale? Ma dire agli “stakeholder” e agli amministratori che in sanità abbiamo bisogno di profili amministrativi è un tabù: speriamo che il programma 110 e lode e le iniziative che le università stanno mettendo a punto siano offerte adeguate per formare professionisti esperti per la gestione della pubblica amministrazione e delle aziende sanitarie e che questo gap possa essere colmato!


[1] “ARIA_2023_807 – Procedura aperta, ai sensi dell’art. 60 del D.lgs. n. 50/2016, per la stipula di un Accordo Quadro per l’affidamento del servizio di Infrastruttura Regionale di Telemedicina” – Valore economico € 279.360.588,00

[2] Non hanno aderito solo Valle d’Aosta, Provincia Autonoma di Bolzano e Regione Basilicata.

[3] https://digitalhealthitalia.com/pnt-italia-la-nuova-societa-che-realizzera-la-piattaforma-nazionale-di-telemedicina/#:~:text=La%20prima%20fase%2C%20attualmente%20in,e%20finir%C3%A0%20entro%20novembre%202025.

[4] “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – Missione 6, Componente 1, sub-Investimento 1.2.3, Investimento 1.2.3.2. – Convenzione servizi di telemedicina”

[5] “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – Missione 6, Componente 1, sub-Investimento 1.2.3, Investimento 1.2.3.2. – Incarico per lo svolgimento della procedura di gara per l’affidamento dell’infrastruttura regionale di telemedicina e successive determinazioni in ordine alla DGR XII/180 del 27/04/2023”

[6] https://www.ariaspa.it/wps/portal/Aria/Home/bandi-convenzioni/bandi-di-gara/avvisi-sui-bandi/DettaglioAvvisoGare/ARIA_2023_800_899/avv-22-giu-aria-2023-807/avv-22-giu-aria-2023-807

[7] https://www.healthtech360.it/telemedicina/infrastruttura-regionale-telemedicina-gara/

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